Difesa comune La Nato non è riuscita, di fatto, a raggiungere il suo 76° compleanno, che cadrà il 4 aprile prossimo. Lunedì scorso l’amministrazione Trump ha presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu […]
La Nato non è riuscita, di fatto, a raggiungere il suo 76° compleanno, che cadrà il 4 aprile prossimo. Lunedì scorso l’amministrazione Trump ha presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione che chiedeva una rapida fine del conflitto in Ucraina senza alcun riferimento all’invasione russa o all’integrità territoriale di quest’ultima. Dopo varie schermaglie, con la bocciatura degli emendamenti proposti da Francia, Slovenia, Grecia, Danimarca e Regno unito, il documento è stato approvato con i voti di Stati uniti, Russia e altri otto paesi mentre Parigi e Londra si sono astenute. In altre parole, sulla guerra in Ucraina gli Stati uniti hanno votato assieme a Vladimir Putin.
I leader europei si ostinano a pensare che l’alleanza atlantica, solennemente entrata in vigore il 24 agosto 1949, esista ancora. Emmanuel Macron e Keith Starmer si sono precipitati a Washington per chiedere a Trump di usare almeno le buone maniere, e la risposta del gangster-in-chief non si è fatta attendere: insulti e umiliazioni a quello che dovrebbe essere il principale alleato, Volodymyr Zelensky, in mondovisione, l’altro ieri.
C’è da stupirsi? Per chi ha una visione realistica delle relazioni tra Europa e America non proprio. La Nato è sempre stata un’appendice degli Stati uniti: chi volesse farne parte, per esempio, dovrebbe depositare «il proprio strumento di adesione presso il governo degli Stati uniti d’America» che poi informerà gli altri membri (art. 10). E se l’articolo 1 precisa che i membri devono «astenersi nei loro rapporti internazionali dal ricorrere alla minaccia o all’uso della forza assolutamente incompatibile con gli scopi delle Nazioni unite» ci si potrebbe chiedere quante volte i governi di Washington hanno rispettato questa clausola fino ad oggi (grosso modo, mai). Consultare le cronache di ciò che è avvenuto in Serbia, Libano, Iraq e Afghanistan, giusto per citare i soli casi avvenuti dopo lo scioglimento dell’Unione Sovietica nel 1991.
Oggi i leader europei sono «inorriditi» da Trump ma quanto tempo è passato dalle sue dichiarazioni sull’annettersi la Groenlandia, parte della Danimarca quindi di un altro paese fondatore della Nato? Meno di due mesi: era il 7 gennaio e Trump non era neppure entrato in carica. Qualcuno ha fatto caso alle dichiarazioni, lo stesso giorno, riguardanti il Canada, che secondo lui dovrebbe diventare il 51° stato dell’Unione? Apparentemente no, benché il Canada sia un altro dei paesi fondatori dell’alleanza. Meloni, Macron e Starmer hanno letto l’articolo 4 del Trattato, che specifica: «Le parti si consulteranno ogni volta che (…) l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata»? Magari una telefonata al primo ministro danese Mette Frederiksen o a quello canadese Justin Trudeau sarebbe stata un gesto di cortesia.
La realtà è che la situazione attuale viene da lontano e che i governi europei hanno sempre fatto la politica dello struzzo, pensando che gli Stati uniti fossero un protettore affidabile, benché a tratti bizzoso. Adesso Trump ha detto, fatto e mostrato al mondo che gli “alleati” non esistono più: esistono soltanto dei paesi collocati alla periferia dell’Impero, che devono pagare il giusto tributo a Washington. Che il tributo venga versato sotto forma di acquisti di aerei, missili, droni, satelliti o altra chincaglieria bellica oppure sotto forma di dazi del 25% sulle auto tedesche, il prosecco italiano, la moda francese o il tè inglese ha poca importanza, purché paghino.
Oggi l’Italia spende circa 32 miliardi di euro l’anno per la difesa, l’1,3% del prodotto interno lordo, ma l’amministrazione Trump chiede il 3%, ovvero 74 miliardi di euro, se non il 5%, che sarebbero 123 miliardi di euro. Una bella sommetta: oggi spendiamo circa 79 miliardi per l’istruzione: chiuderemo asili, scuole e università per trasformarli in aerei F-16 e altri gadget? Se dovessimo arrivare a 123 miliardi chiuderemo ospedali, ambulatori e farmacie, che oggi assorbono poco di più, 136 miliardi?
Queste cifre rimangono tali anche nell’improbabile ipotesi che l’Unione europea decida di fare quello che non ha fatto tra il 1957 e oggi e cioè dotarsi di una difesa comune. Se ci fosse un sussulto di orgoglio europeo causato dalla maleducazione di Trump, un buzzurro che non sa tenere le posate a tavola, mettere in piedi un esercito ex novo richiederebbe spese enormi non solo per gli armamenti veri e propri ma anche per il coordinamento e l’addestramento di truppe provenienti da 27 paesi con altrettante lingue diverse, tradizioni diverse e quant’altro. Senza contare il fatto che la Costituzione italiana «ripudia la guerra» (art. 11) e quella tedesca ammette l’uso delle forze militari soltanto nell’ambito di «un sistema di reciproca sicurezza collettiva». Quella sicurezza collettiva che Trump ha esplicitamente ripudiato lunedì scorso.