Intervista al sociologo Domenico De Masi
Professor Domenico De Masi, come interpreta questa irruzione dei non iscritti che ribalta il risultato finale delle primarie del Pd?
Si capisce che l’iscrizione al partito era diventata una selezione di persone che in molti casi amavano lo status quo, agivano all’interno di un luogo che si autoperpetuava, era autoreferenziale, non usciva da una visione circoscritta del partito. C’è stata in effetti questa irruzione di gente come me, che non ho mai votato Pd ma sempre per forze a sinistra del Pd. Eppure sono andato a votare. Al gazebo dove ho votato io almeno quattro sulle sette alle ultime elezioni non avevano votato ma speravano in un cambiamento. Ed è lampante come i due candidati in campo fossero due idealtipi diversi.
Cosa l’ha convinta di Elly Schlein?
Mi piace la sua parte global. Mi ci riconosco: anche io ho studiato in Francia e ho la cittadinanza a Rio De Janeiro. Tutto ciò è antitetico a Meloni. Ci siamo scandalizzati perché Putin l’altro giorno ha criticato il fatto che l’Occidente ammetta le nozze gay, ma si tratta della stessa cosa che stigmatizza Meloni!
Che difficoltà incontrerà la nuova segretaria?
La cultura conservatrice sta pure dentro il Pd. Non vedo cosa ci sia di sinistra in Franceschini o in Bersani, che ha fatto le privatizzazioni. Vede, abbiamo avuto un periodo storico importantissimo, i dieci anni tra il 1991 e il 2001, che sono stati la cartina tornasole. Quel periodo va ancora studiato. Ci furono nove governi, dei quali tre di centrosinistra: quelli retti da Amato, Prodi e D’Alema. Le cose più di destra le fecero. Il neoliberismo nasce da Von Hayek e Von Mises, viene costruita come ideologia per arginare il socialismo: la prima cosa da fare secondo loro erano le privatizzazioni. Dentro il Pd ci sono ancora persone che sono figlie di quell’equivoco. Non lo fecero per perfidia, lo fecero perché non avevano capito che quello che veniva dall’America in quel caso non era modernità o progresso.
Parlando del M5S lei ha sempre sottolineato la necessità di un’organizzazione efficace. Schlein riuscirà a impossessarsi di quella del Pd?
Quando si sceglie un nuovo amministratore delegato ci sono i cosiddetti tagliatori di testa, ci si rivolge a società che fanno veri e propri esami ai candidati. Se si potesse fare così anche per i segretari di partito bisognerebbe accertare la loro capacità organizzativa e quella formativa. L’organizzazione serve a gestire quelli che stanno dentro, l’azione pedagogica si rivolge a quelli che stanno fuori. L’organizzazione politica richiede un’ideologia: organizzo un partito e formo gli uomini sulla base del mio modello di società. Se facessimo come i tagliatori di teste, che vanno per competenze e per consenso, dovremmo accertare se Schlein sa cos’è un modello di società di sinistra, se conosce i principi e le tecniche dell’organizzazione e della formazione. Se possiede un modello di sinistra. Questo lo vedremo, anche se come me altri l’hanno votata per questo.
Il M5S avrà un problema di concorrenza con il Pd della segreteria Schlein?
Il Pd in questi anni si è radicato nella borghesia, adesso c’è il pericolo che quella parte sia tentata da Calenda. Io ritenevo che le tre sinistre dovessero dividersi i compiti e i referenti sociali: il Pd alla borghesia, il M5S al proletariato e del sottoproletariato e la sinistra come voi e come me avrebbe dovuto pensare alla dimensione più movimentista. Il quadro ora si ingarbuglia, Schlein vuole occuparsi anche del disagio sociale dunque pesca nella riserva di caccia del M5S. Prima potevano essere tre regioni che diventano un continente, ora serve arriva a un accordo programmatico tra il M5S di Conte Pd di Schlein. Oppure pescano nello stesso silos: se aumenta una rischia di diminuire l’altra