VACCINI. I giudici costituzionali si sono attenuti a un modello imperniato sulla discrezionalità del legislatore, da esercitare secondo precauzione quanto alla valutazione del rischio, secondo necessità e proporzionalità per l’incidenza su interessi contrapposti, e con fermo aggancio alle risultanze della scienza medica
Manifestazione No vax a Roma - LaPresse
La Corte costituzionale ha respinto le questioni sollevate in tema di vaccinazione e contrasto alla pandemia. Ha ritenuto infondate quelle relative all’obbligo vaccinale del personale sanitario e alla sospensione dello stipendio per il personale inadempiente. Inammissibile, invece, la questione sollevata sulla sospensione dal lavoro di personale sanitario nel caso di assenza di contatti interpersonali. L’informazione data dal comunicato della Corte è inevitabilmente scarna. I rumors ci consegnano il quadro di una camera di consiglio segnata da tensioni e contrasti.
Attendiamo le motivazioni. Ma intanto alcune immediate considerazioni sono possibili, anche perché la decisione era prevedibile nei tratti generali. Come era giusto e opportuno, la Corte si è attenuta al solido modello che ha costruito negli anni. Un modello imperniato sulla discrezionalità del legislatore, da esercitare secondo precauzione quanto alla valutazione del rischio, secondo necessità e proporzionalità per l’incidenza su interessi contrapposti, e con fermo aggancio alle risultanze della scienza medica. La Corte è guardiano di ultima istanza, sostanzialmente un ruolo residuale, da esercitare con prudenza e self-restraint. Come il legislatore, la Corte è legata al modello che ha disegnato. Soprattutto considerando che nel decidere guarda alla pandemia di oggi, ma rimane attenta al possibile impatto della pronuncia sulla pandemia che verrà.
Nel modello descritto si risolve il bilanciamento tra diritto individuale e interesse collettivo di cui all’art. 32 della Costituzione. È decisivo il ruolo del sapere medico. Un esempio. Se tale sapere fosse unanime nell’indicare una specifica scelta legislativa, quella sarebbe per il legislatore l’unica possibile, e la Corte non potrebbe che seguire. Il punto è che il sapere medico non è mai univocamente granitico. La verità medica è inevitabilmente statistica, mai assoluta. E la scienza medica è in un continuo divenire, con un cambiamento accelerato dall’avanzamento tecnologico.
Allora la domanda è: quale verità, scuola, orientamento il legislatore deve seguire nell’assumere le proprie decisioni? Quale sua scelta sarà razionale? Ovviamente, deve seguire gli orientamenti prevalenti, come consegnati dalla ricerca scientifica e dalle istituzioni preposte alla vigilanza e tutela del bene salute su scala nazionale e internazionale. Così, se per l’orientamento prevalente la vaccinazione è necessaria, e gli effetti collaterali sono statisticamente accettabili, la scelta legislativa di imporre una vaccinazione sarà razionale. Potrebbe poi la Corte affermare il contrario, dichiarandone la incostituzionalità? E in base a cosa? A una diversa valutazione del rischio? Al pensiero medico minoritario? Ci sarà sempre qualcuno che sosterrà l’inutilità o persino la dannosità del vaccino.
Ma non sarebbe corretto assumere quelle convinzioni come parametro di razionalità della scelta legislativa.
Il rigetto delle questioni era prevedibile perché nei fatti il legislatore ha seguito il pensiero medico prevalente, in Italia e sul piano internazionale. Forse, spiragli potevano aprirsi per punti che nel quadro generale rimanevano sostanzialmente marginali e ininfluenti. Ad esempio, l’assegno alimentare, o la sospensione dal lavoro pure in assenza di rapporto interpersonale. Vedremo leggendo le motivazioni.
È possibile che si alzi una critica alla Corte sulla linea di una subalternità agli interessi di Big Pharma, o magari al complotto mondiale autoritario di compressione delle libertà costruito da alcune rappresentazioni oniriche no-vax sull’obbligo o suggerimento di vaccino. Certo, le scelte fatte hanno toccato enormi interessi economici, generato profitti stellari per alcuni, persino inciso su profili geopolitici globali. Ma non c’è da inventare complotti. Sono soprattutto gli effetti dell’aver rimesso al libero mercato la salute e la ricerca scientifica ad essa indirizzata.
La pandemia ha senza dubbio suggerito di ripristinare il ruolo di politiche e soggetti pubblici smarrito in molti anni di mercificazione della salute, tagli alla spesa sanitaria, privatizzazioni più o meno striscianti, sostanziale dissolvimento del servizio sanitario pubblico nazionale. Una correzione di rotta rilevante, e un compito – ci permettiamo di sottolineare – assolutamente proprio per una sinistra che volesse abbreviare la propria lista di attesa e uscire dal coma vegetativo in cui è caduta.