Un tema caldo di questa estate, che pure di elementi di discussione ne avrebbe avuti molti altri (ma da anni la nostra politica sa operare il trucco di distogliere l’attenzione), è stato il decreto Lorenzin in tema di vaccinazioni ed in particolare sulla reintroduzione dell’obbligo vaccinale per dieci vaccinazioni.
Ora, da medico infettivologo sono perfettamente consapevole che i vaccini hanno rappresentato uno dei più grandi progressi medici della storia della medicina. Si tratta di interventi di salute pubblica con un grande ritorno in termini di salute, a basso costo e con bassi effetti collaterali.
Sono anche consapevole che la carenza vaccinale sta determinando il riaccendersi di focolai epidemici per malattie come il morbillo, che lungi dall’essere una patologia”per bambini” come è descritta nella narrazione popolare, è un’infezione severa gravata da consistenti complicanze anche a lungo termine.
Quindi non è sull’utilità delle vaccinazioni e sulla loro sicurezza, né sul numero di vaccini co-somministrati (la stimolazione immunitaria nel neonato assomiglia già in via naturale ad un ”bombardamento” e per fortuna la nostra specie è perfettamente attrezzata a rispondere proficuamente agli stimoli immunogeni) che trovo da discutere.
Due sono gli elementi che vorrei evidenziare.
Da un lato, il governo Renzi prima e il governo Gentiloni ora, ci stanno dando un raro esempio di incapacità legislativa promulgando editti che cozzano con l’impianto giuridico in vigore nel Paese e su cui è già intervenuta la Corte Costituzionale, in diversi. casi dichiarandone l’incostituzionalità.
Il decreto Lorenzin non fa eccezione e si conferma “figlio di cotanti padri”, basta pensare alla sventolata possibilità di togliere la patria potestà al genitore che rifiuta di vaccinare il figlio. Ma il diritto di famiglia italiano prevede che la patria potestà possa essere tolta in fattispecie ben diverse.
In sostanza il decreto apre la porta a numerose occasioni di contenzioso, che come al solito peseranno sui conti pubblici e in ultimo sulle nostre tasche. E mi taccio sull’aggravio di lavoro burocratico che ricadrà sugli Uffici di Igiene cui spetterà l’onere delle certificazioni vaccinali ad uso scolastico che fino ad ora non dovevano redigere, né mi risulta che saranno fatte assunzioni ad hoc (sarebbe almeno una ricaduta positiva di questi tempi) per evitare sovraccarichi di lavoro.
L’altro lato – e questo mi preoccupa molto – è stato il tono del dibattito che ha diviso le fazioni fra “colti” e “ignoranti”, mentre le sfumature erano evidenti. Per molti cittadini le perplessità sui vaccini erano una semplice richiesta di chiarimenti, informazioni e rassicurazioni che purtroppo trovano sempre meno tempi e modi di risposta, dato il perdurare dell’impoverimento di organico del Servizio Sanitario Nazionale. In tale senso, probabilmente, reintrodurre la visita con il medico in occasione del calendario vaccinale sarebbe stata la migliore risposta e il modo più efficace di aumentare l’adesione alle vaccinazioni.
Tuttavia la risposta istituzionale è stata arrogante, ha presentato modi da caccia alle streghe e non sono mancate voci autorevoli che suggerivano di fare votare solo chi ha un determinato grado di istruzione.
Così ho una domanda nella testa: quando reintrodurranno il diritto di voto in base al censo e al sesso?