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in allegato al c.s. inviato alla stampa locale da Legambiente regionale.

di seguito breve nota a seguito delle ultime ...uscite salla stampa ( allegata copia )

Non sappiamo come il Sindaco di Casola Sagrini traduca il termine “Buffer zone”, l'Unesco ne da una definizione precisa:
-Buffer Zone (Zona Tampone) L’UNESCO, nelle Linee Guida Operative per l’applicazione della Convenzione sul Patrimonio Mondiale del 1977, definisce la zona tampone come “un’area che deve garantire un livello di protezione aggiuntiva ai beni riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità”. Nella versione più recente delle Linee Guida Operative (2005) l’inclusione di una buffer zone nella candidatura di un sito all’ingresso nella WHL (Lista del Patrimonio Mondiale) è fortemente raccomandata, benché non obbligatoria.
 
Per il Sindaco invece si tratterebbe non solo di permettere di continuare a scavare entro i confini dell'attuale cava e l'area già precedentemente individuata, ma anche in quella gran parte di Monte Tondo di proprietà della Saint Gobain (…..una proposta ancora più invasiva di quella prospettata dall'azienda).
E' evidente che quest'area non garantirebbe “un livello di protezione aggiuntiva ai beni riconosciuti patrimonio mondiale dell’umanità” e quindi il risultato sarebbe il non riconoscimento della vena del Gesso come patrimonio dell'Unesco.
E' questo che vuole il Sindaco?
Legambiente sostiene da tempo la necessità di affrontare insieme la tutela del patrimonio naturale e occasioni di lavoro qualificato, per i lavoratori oggi occupati e per la comunità locale, per questo abbiamo avanzato alcune proposte, riportate da ultimo nel nostro comunicato regionale (allegato).
Di questo vorremmo poter discutere con tutti gli interlocutori in campo: le Istituzioni locali e regionali, le rappresentanze sindacali e dei lavoratori, le associazioni sociali e ambientali e le comunità locali e non di proposte estemporanee che faranno danni per tutti.

Grati per l'attenzione
Cordiali saluti
Circolo Legambiente Lamone Faenza
 
 

VERSO IL 5 NOVEMBRE. Un messaggio al governo (che nasce), alle forze politiche, al parlamento per invitarli a prendere un’iniziativa autonoma nella direzione della via diplomatica: l’invio delle armi è una scelta sbagliata che invece di avvicinare la pace, fa incancrenire la guerra. Le guerre hanno fallito in questi anni: in Afghanistan, in Libia, in Medio Oriente, in Kosovo. Non ci sono alternative. La nonviolenza è una politica diretta a disarmare il conflitto e a costruire le condizioni di una pace giusta

Da oggi cento città in piazza per la pace Manifestazione per la pace - LaPresse

Sarà una grande manifestazione per la pace, quella del 5 novembre a Roma. Una grande mobilitazione, lanciata da “Europe for Peace” contro l’aggressione di Putin all’Ucraina, per chiedere l’immediato cessate il fuoco e l’apertura di un negoziato su basi giuste.

La continuazione della guerra sulla pelle della popolazione ucraina è inaccettabile. È l’ora della tregua e della via diplomatica, della trattativa, cui devono concorrere le Nazioni Unite e altri paesi che possono avere un ruolo di mediazione e di facilitazione del dialogo.

PENSARE che si possa “vincere la guerra” è completamente illusorio: senza l’avvio di una soluzione diplomatica, il conflitto armato continuerà tra offensive e contro-offensive, tra avanzate e ritirate, tra vittorie e disfatte delle forze in campo. A pagarne il prezzo le popolazioni civili in Ucraina, ma anche i pacifisti e gli obiettori di coscienza russi che vengono perseguitati e incarcerati. Con in più il rischio della guerra nucleare sullo sfondo.

Di fronte a questo scenario c’è una sostanziale irresponsabilità della comunità internazionale, a partire dalla Nato che presta il fianco all’escalation della criminale aggressione di Putin all’Ucraina. E in Italia, il governo che sta nascendo non ha sicuramente le carte in regola: al di là delle

LIBERTÀ D'ESPRESSIONE. Ieri la presentazione a Roma nella sede della Federazione della stampa
«La mia voce per Assange»: parte la campagna per la liberazione 

Ieri si è tenuta a Roma, presso la sede della federazione nazionale della stampa, la presentazione della campagna «La mia voce per Assange», curata dall’omonimo comitato formato al momento da Paolo Benvenuti, Daniele Costantini, Marianella Diaz, Flavia Donati, Giuseppe Gaudino, Laura Morante, Armando Spataro, Grazia Tuzi (coordinatrice) e chi scrive. L’iniziativa ha avuto come riferimenti la stessa Fnsi, l’Associazione degli autori cinematografici, l’Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, Free Assange Italia. Era presente Transfom Italia. E tre testate -il manifesto, Avvenire e il Fatto Quotidiano- daranno appoggio attivo all’attività.
Sono stati mostrati alcuni dei 79 video di testimonianza fatti da personalità del mondo della cultura e dello spettacolo. Il materiale è visibile sul canale Youtube del comitato e l’intera conferenza si può rintracciare sulla pagina Facebook della Fnsi.

TUTTO PARTÌ dall’appello contro l’estradizione del fondatore di WikiLeaks lanciato dal premio Nobel per la Pace Pérez Esquivel e ampiamente sottoscritto. I messaggi audiovisivi rappresentano un mosaico assai interessante di presenze di voci: da Marriead Corrigan pure premio Nobel, al Pulitzer Ewen MacAskill, all’avvocato dei diritti umani e commentatore di The Guardian, a Davide Dormino, a Giuseppe Giulietti, Riccardo Iacona, a Gad Lerner, Gianni Marilotti animatore di iniziative importanti al senato; Ken Loach, John Malkovich, Peter Stein, Maddalena Crippa, Giuliana De Sio, Ginevra Bompiani, Marco Paolini, Stefania Casini, Valerio Magrelli, Fiorella Mannoia, Piero Pelù, Marco Bellocchio, Sergio Castellitto, Carlo Petrini, Daniela Poggi, Domenico Gallo, Luciana Castellina, Moni Ovadia, Giovanni Veronesi, Gianrico Carofiglio, Gianni Tognoni segretario generale del Tribunale permanente dei popoli, Sarantis Thanopulos presidente della Società psicoanalitica italiana, Corinne Vella Head of media della fondazione intitolata a Daphne Caruana Galizia. La lista è lunga e comprende coloro che hanno parlato alla conferenza stampa.

INNANZITUTTO Stefania Maurizi, che da tredici anni segue la vicenda. La giornalista e scrittrice (è in uscita l’edizione in lingua inglese del suo testo Il potere segreto) ha raccontato i kafkiani passaggi di una tragedia shakespeariana il cui esito presunto potrebbe essere rovesciato da un nuovo clima di opinione. Assange e WikiLeaks hanno fatto un lavoro enorme di scandaglio nelle aree oscure delle guerre e dei crimini di stato, pur nel rispetto della segretezza delle fonti e delle aree sensibili, dell’incolumità delle figure evocate nei lanci delle notizie, del dovere di informare se si hanno notizie di interesse pubblico (Carlo Bartoli). Grande è la delusione per il comportamento delle democrazie anglosassoni, pur evocate come patrie dei diritti liberali e appoggio ad una campagna di chiarificazione così importante (Armando Spataro). Disagio per la scelta oscurantista di fare di Assange il capro espiatorio e la vittima sacrificale di politiche guerrafondaie (dall’Iraq, all’Afghanistan, alla Libia) e ciniche (Alberto Negri). Necessità di unire alla mobilitazione l’impegno nel processo con argomenti solidi e puntuali (Riccardo Noury).

MA È EMERSO il retrogusto amaro delle disattenzioni, delle colpevoli omissioni, delle volute falsità propagate (ad esempio sul presunto rapporto con la Russia, del resto escluso dal procuratore speciale Robert Mueller) per costruire l’immagine di un nemico pubblico per di più in odore di spionaggio. Oltre a Negri sull’argomento ha parlato con efficacia il direttore di Avvenire Marco Tarquinio, che ha collegato la lotta specifica a quella generale per la pace. Sul tema ha parlato, poi, Gianni Barbacetto, sarcastico e critico verso tanta parte dello stesso giornalismo ufficiale che si è voltato dall’altra parte.

ADERISCONO alla campagna la rivista Left, che con la testata online Pressenza ha organizzato la 24 ore di mobilitazione internazionale tenutasi lo scorso sabato. E in quella sede Patrick Boylan suggerì di coordinare i vari comitati nati in questi anni, cui ieri ha dato voce – per Free Assange Italia – Marianella Diaz.
Si entra, dunque, in una fase nuova, in cui – secondo Noury- si intravvede qualche luce.

 

I segnali sono chiari, formalmente non si tocca la Legge 194 ma la si rende inutilizzabile. La Cgil farà argine contro il tentativo di arretramento sui diritti civili e sociali

 Foto: Agenzia Sintesi

Colpire le donne e la loro autodeterminazione è evidentemente una priorità per le destre. Siamo dentro a una guerra folle che rischia di mettere a repentaglio la vita sul nostro pianeta e nel mezzo di una crisi economica ed energetica senza precedenti, che sta causando gravissime difficoltà a molte famiglie italiane, ma la nuova maggioranza parlamentare parte presentando tre disegni di legge che non solo mettono a rischio l’accesso all’aborto sicuro ma anche, e soprattutto, il diritto delle donne a decidere del proprio corpo. 

Le prime due proposte provengono dal senatore di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che oltre a proporre l’istituzione di una Giornata della vita nascente, ripresenta per la terza volta il disegno di legge per la modifica dell’articolo 1 del Codice civile che sancisce: "La capacità giuridica si acquista al momento della nascita", sostituendolo con la formulazione: "Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento", e ponendo così di fatto fuori legge il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza. 

Modificare l’articolo 1 del Codice civile significa mettere in discussione la superiorità dei diritti del concepito rispetto a quelli della donna, come da anni chiedono le associazioni antiabortiste. 

Un terzo disegno di legge è stato poi presentato dal senatore della Lega Massimiliano Romeo anche questo incentrato sulla tutela del concepito e sulle iniziative che lo Stato dovrebbe adottare a questo scopo.

Segnali chiari che se non smentiscono le promesse della probabile futura presidente del Consiglio sul fatto che la nuova maggioranza non avrebbe toccato la Legge 194, non smentiscono nemmeno le preoccupazioni della Cgil, delle associazioni femministe e della politica che da anni denunciano l’esistenza di una ricca rete sovranazionale ultraconservatrice e ultracattolica strettamente collegata ai partiti sovranisti come Fidesz in Ungheria, Diritto e Giustizia in Polonia e Fratelli d’Italia e Lega in Italia. 

D’altro canto, nel nostro Paese, la strategia delle destre che accolgono le istanze dei movimenti antiabortisti e no choice, era già ben chiara guardando le Regioni in cui governano: in Piemonte è stato istituito un fondo di 400 mila euro a favore delle associazioni antiabortiste; in Liguria, i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia, e in parte quelli di Forza Italia, si sono astenuti dal votare l’ordine del giorno sull’accessibilità all’interruzione di gravidanza nelle strutture sanitarie del territorio; nelle Marche così come in Umbria è stato fortemente ostacolato l’accesso alla RU486, l’aborto farmacologico, meno invasivo e pericoloso per la donna. 

La messa in discussione del diritto a un aborto sicuro e libero avviene quindi attraverso due diverse modalità tra loro complementari: la colpevolizzazione della donna e il tentativo di modificare fondamentali principi giuridici.

La Cgil continuerà a monitorare sia la corretta applicazione della Legge 194 e il diritto a un aborto libero e sicuro nei territori, sia eventuali incursioni di carattere legislativo. Non è il primo attacco alla libera scelta delle donne che contrastiamo, e non sarà l’ultimo.

Lara Ghiglione, responsabile delle Politiche di genere della Cgil

Ucraina: Landini, 5 novembre in piazza per fermare la guerra e aprire un negoziato di pace

Roma, 18 ottobre - “La Cgil, insieme a numerose associazioni, promuove e sostiene la manifestazione per la pace che si terrà sabato 5 novembre a Roma, e invita la cittadinanza, le lavoratrici e i lavoratori, gli studenti e i pensionati a scendere in piazza per chiedere il cessate il fuoco e porre fine al sanguinoso conflitto armato in corso in Ucraina”. È questo l’appello lanciato dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, in vista della mobilitazione nazionale ‘Europe for peace’.

“La sofferenza della popolazione e le vittime civili aumentano di giorno in giorno, la minaccia nucleare è sempre più concreta. È tempo - afferma il leader della Cgil - che chi detiene il potere comprenda che le guerre sono insostenibili dal punto di vista sociale, umano e climatico: è messa a repentaglio l’esistenza stessa del Pianeta".

“Abbiamo da subito condannato l'aggressione russa e l’inaccettabile invasione dell’Ucraina, ci siamo fatti parte attiva - aggiunge Landini - per sostenere e soccorrere il popolo ucraino attraverso progetti di solidarietà realizzati anche con il sindacato locale. Continueremo ad essere concretamente solidali nei confronti dei rifugiati costretti ad abbandonare il proprio Paese e la propria occupazione, e in particolare nei confronti delle rifugiate, spesso vittime di violenze, discriminazioni, stupri e torture”.

“Il mondo del lavoro - sottolinea il segretario generale della Cgil - sta pagando un prezzo altissimo:  l’inflazione ha raggiunto livelli insostenibili con conseguenze drammatiche sulle fasce sociali più povere, interi settori economici rischiano il collasso per mancanza di materie prime e per il caro energia, le crisi alimentari mondiali mettono a rischio Paesi già instabili”.

“Chiediamo quindi - prosegue Landini - l’immediato cessate il fuoco in Ucraina e l’apertura immediata di un reale negoziato. La diplomazia, con il pieno coinvolgimento delle Nazioni Unite, deve condurre ad una rapida soluzione politica del conflitto. La Cgil ripudia la guerra e continuerà a richiedere con convinzione una Conferenza Internazionale per la pace che impegni tutti gli Stati al rispetto del diritto internazionale, alla riduzione delle spese militari, all’eliminazione delle armi nucleari a favore di investimenti per combattere le povertà, per favorire la transizione ecologica e per garantire un lavoro dignitoso, facendo proprio l’appello di Papa Francesco che ha definito in più occasioni la guerra una scelta scellerata”. “La guerra non si può fermare con la guerra, per questa ragione - conclude Landini - invitiamo tutte e tutti a partecipare alla manifestazione del 5 novembre a Roma”.





Ufficio Stampa CGIL Nazionale
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