A Faenza (Ravenna) un'anziana ha dovuto lasciare la propria casa dopo la prima ondata di maltempo. E poi quella della badante, allagata dalla seconda alluvione
C'è chi l’alluvione ha avuto la sfortuna di viverla due volte. La prima a inizio maggio, adesso la seconda. È successo a Ortensia, 90 anni, che vive con la badante Letizia a Faenza all’ultimo piano di una palazzina, seguita a distanza dalle attenzioni e dalle cure della figlia. Il 2 maggio è rimasta intrappolata da sola per due giorni nel suo appartamento, senza luce e senza cibo, anzi con i viveri forniti dai vigili del fuoco. L’acqua era arrivata a tre metri e mezzo di altezza, nella zona più colpita di Faenza, via Cimatti, dove un fiume ha rotto un argine: da lì era impossibile andarsene senza aiuti esterni.
“Meno male che c’era la vicina di casa, che già normalmente fornisce a mamma protezione e assistenza – racconta la figlia di Ortensia, Annalisa, dello Spi Cgil locale -. Dopo due giorni abbiamo deciso di farla evacuare, è arrivato un gommone dei vigili del fuoco, quindi l’ambulanza e infine l’abbiamo recuperata con l’auto. È stata accolta a casa di Letizia, un alloggio al piano terra, quindi senza barriere architettoniche, a differenza del mio che è inaccessibile”.
Quando è arrivata la seconda ondata di maltempo, la seconda alluvione, l’acqua ha invaso il centro storico di Faenza, è entrata anche in casa di Letizia, cantine, cortili, piani terra, tutto allagato. “Così mamma ha dovuto sfollare di nuovo, questa volta si è spostata a casa del fratello della badante – continua Annalisa -. E dire che avevamo già ripristinato tutto, buttato via i mobili inservibili, ripulito dal fango. Ora dobbiamo ricominciare da capo, con un’aggravante: non sappiamo se lo stabile è agibile, dobbiamo aspettare la certificazione dei tecnici”.
Per fortuna Ortensia ha trovato una famiglia che l’ha accolta. “Se ha sofferto le alluvioni? – conclude Annalisa -. Certo, è preoccupata ed è anche un po’ stanca, perché è fuori di casa dal 3 maggio, ma riesce ancora a trovare la pazienza e l’ironia giusta per affrontare la situazione. Se prima fumava 25 sigarette al giorno, adesso però è arrivata a due pacchetti, per via dell’ansia. Come faccia, nessuno lo sa”.
Cosa rischiano le auto elettriche alluvionate? Le probabilità che scoppino incendi sono concrete e come bisogna comportarsi?
In queste ore, dopo le inondazioni che hanno colpito l’Emilia Romagna, ci sono anche queste domande cui rispondere.
Effettivamente per le auto plug-in c’è il rischio di eventuali incendi ritardati delle batterie al litio, causati da potenziali corto circuiti, dopo che il veicolo è stato sommerso dall’acqua, soprattutto se è salata. E gli stessi costruttori raccomandano di parcheggiare temporaneamente i veicoli recuperati dall’acqua a una distanza di sicurezza da altri veicoli o edifici, dopo aver disattivato il sistema ad alto voltaggio.
Il Comune di Ravenna ha pubblicato online un avviso rivolto a chi possiede veicoli elettrici, imponendo una quarantena di 15 giorni alle vetture che sono state sommerse:
“A scopo precauzionale, i concessionari e i soggetti privati che a qualsiasi titolo possiedono veicoli elettrici e ibridi che hanno subito immersione in seguito agli eventi meteorologici dei giorni scorsi, o che si trovano in ambienti particolarmente umidi, devono adottare alcune misure preventive a tutela della pubblica incolumità. In particolare tali veicoli devono essere posti per 15 giorni in quarantena, devono cioè essere tenuti in spazi esterni, con una distanza tra un veicolo e l’altro, da edifici e da altri veicoli di almeno cinque metri. Tali misure sono state disposte su richiesta dei Vigili del fuoco”.
Cerchiamo di capire meglio le ragioni di queste precauzioni.
Secondo le linee guida 2019 dei Vigili del Fuoco per gli incidenti che coinvolgono auto elettriche e ibride, queste ultime sono progettate per essere sicure anche in caso di immersione in acqua dolce.
Le batterie e gli elementi ad alta tensione sono elettricamente isolati dalla carrozzeria e non è possibile che l’acqua intorno al veicolo venga caricata elettricamente.
In sostanza, spiegano i Vigili, “il sistema ad alta tensione (HV) è isolato dal telaio ed è progettato per non provocare uno shock e non eccitare l’acqua circostante”, quindi basta “procedere alle medesime operazioni che si effettuano in caso di immersione di un veicolo tradizionale”.
Maggiori problemi possono insorgere se il veicolo è stato immerso in acqua salata.
Quest’ultima può danneggiare componenti elettrici a bassa ed alta tensione e ciò potrebbe causare “un cortocircuito elettrico e un potenziale incendio una volta che il veicolo non è più immerso”, anche se si specifica che non è un evento comune.
Bisogna quindi osservare diverse precauzioni quando si lavora con veicoli che sono stati immersi in acqua: ad esempio, il personale deve indossare dispositivi di protezione individuale antincendio (DPI) e un autorespiratore, deve disattivare il veicolo bloccando le ruote, posizionare il cambio in modalità parcheggio, e rimuovere la chiave di accensione e/o scollegare la batteria da 12 V.
Si raccomanda di “non interagire con i veicoli che presentano segni di batterie ad alta tensione danneggiate o surriscaldate, tra cui perdite di liquidi, scintille, fumo, rumori di bolle e/o odori insoliti”.
Altre informazioni si possono ottenere dai singoli costruttori di veicoli.
Ad esempio, Tesla nel manuale di sicurezza della Model 3 spiega che “i veicoli che sono stati immersi in acqua devono essere maneggiati con maggiore cautela a causa del potenziale rischio di incendio della batteria elettrica ad alta tensione”.
Quindi i soccorritori “devono essere preparati a rispondere a un potenziale rischio di incendio” e dopo che il veicolo è stato rimosso dall’acqua, occorre eseguire le normali procedure di disabilitazione delle batterie e dei componenti elettrici.
Raccomandazioni analoghe, come quella di parcheggiare le auto alluvionate in aree di quarantena a distanza di sicurezza da altri veicoli o edifici, si trovano nelle istruzioni di emergenza di altre case automobilistiche, ad esempio Volkswagen (si veda l’elenco pubblicato dalla National Fire Protection Association americana).
Anche le linee guida del dipartimento Usa dei Trasporti, aggiornate nel 2014, prevedono diverse precauzioni per le auto elettriche alluvionate. In particolare, si raccomanda di non conservare un veicolo gravemente danneggiato con una batteria agli ioni di litio all’interno di un garage o entro 15 metri da qualsiasi struttura, veicolo o combustibile.
Inoltre, bisogna continuare a ispezionare il veicolo per eventuali perdite di fluidi, scintille, fumo, fiamme o suoni gorgoglianti provenienti dalla batteria.
Fino ad ora il nostro Coordinamento si è astenuto dall’emettere comunicati e fare commenti, perché di fronte alla catastrofe che si è avverata nelle nostre zone, ci è sembrato prioritario concentrare ogni sforzo nell’aiuto alle persone e alle zone più colpite, evitando di soffiare sul fuoco delle litigiosità e delle polemiche.
Ci sarà tempo per valutare se la gestione dell’emergenza in corso sia stata adeguata, e intanto inviamo un fraterno saluto e la più sentita gratitudine a tutte e tutti coloro che – in collegamento con le Istituzioni o in forma autorganizzata – si stanno facendo in quattro per alleviare le sofferenze.
Ma non possiamo del tutto tacere, di fronte all’aggressività con la quale in questi giorni è partito all’attacco il partito trasversale della vera e propria “caccia agli ambientalisti”, che cerca di dipingere, con un misto di disinformazione e vere e proprie calunnie, un quadro quanto mai lontano dalla realtà. Si cerca il capro espiatorio a tutti i costi, probabilmente per deviare l’attenzione da una discussione seria su cause e responsabilità. E dobbiamo registrare con amarezza che a questo partito trasversale si è definitivamente iscritto anche il Sindaco di Ravenna Michele De Pascale, che nelle sue numerose apparizioni televisive e sulla stampa nazionale e locale, si è scagliato contro i movimenti ambientalisti, a suo dire fra i principali responsabili del disastro.
Come se al governo in questi decenni ci fossero stati i movimenti ambientalisti, come se la necessità di ridurre in maniera significativa le emissioni di gas serra e contenere le conseguenze sempre più disastrose del cambiamento climatico (posizione portata avanti in maniera condivisa da tutta la comunità scientifica competente, non solo dalle associazioni e dagli attivisti) fosse una pura e semplice ipotesi, come se non fosse vero che il consumo di suolo ha impermeabilizzato vaste aree di territorio.
Secondo tutti gli studi seri a livello internazionale l’uso delle fonti fossili è fra le principali cause delle emissioni climalteranti e del conseguente riscaldamento globale, e gli eventi estremi sono direttamente proporzionali ad esso. Si ponga l’attenzione al fatto che a livello europeo, nel decennio 1970-1980 si erano registrati quarantasei eventi estremi, che nel periodo1990-2000 erano diventati 353, e nel decennio 2010-2020 sono arrivati a diecimila. E minacciano di raggiungere la spaventosa cifra di quarantamila nel decennio 2030-2040. Di qui a decidere di iniziare subito e con la massima decisione, in tutto il mondo (ma anche ovviamente cominciando dalle scelte locali) ad abbandonare il sistema delle fonti fossili il passo dovrebbe essere immediato, e invece si continuano a promuovere rigassificatori (anche prevedendo ulteriori semplificazioni di procedura, come si afferma nell’ ultima deliberazione del Governo), trivellazioni, nuovi gasdotti e ogni altra struttura legata all’ estrattivismo.
Che aver cementificato in maniera scriteriata sia una delle cause del progressivo dissesto è opinione diffusa fra i geologi. Anche studiosi e tecnici non particolarmente schierati su posizioni ambientaliste, affermano che bisognerebbe dare spazio ai fiumi, allargarne le aree a disposizione delle acque, evitando di insediare in esse ulteriori attività e abitazioni. E invece oggi si propone di alzare argini e cementificare di più e si accusano gli ecologisti di aver ostacolato le scelte a tutela dei territori, quegli ambientalisti che spesso hanno organizzato anche di propria iniziativa le pulizie dei fiumi infestati da rifiuti di ogni genere.
Purtroppo dobbiamo per l’ennesima volta prendere atto che il grosso del mondo politico e delle Istituzioni stanno caparbiamente schierati dalla parte del mercato e del profitto fossile, e dato che l’ unico vero contrasto alla realizzazione dei disegni più distruttivi e anacronistici è rappresentato da quella parte della società civile che propone alternative diverse, si cerca di screditarla inventando storie che non esistono Come quella di un esercito ambientalista schierato a difesa delle tane delle nutrie e degli istrici, quando anche tecnici della Regione giudicano tale problema assolutamente marginale, perché monitorato e bonificato durante le consuete manutenzioni; o come quella della vegetazione golenale come causa delle esondazioni, quando vi è documentazione di come gli argini dove la vegetazione è stata eliminata siano stati erosi dall’ acqua anche maggiormente. Bisognerebbe invece, per esempio, andare avanti nel completamento della costruzione delle casse di espansione per i nostri corsi d’acqua, attività che non è stata adeguatamente portata avanti da De Pascale, il quale – Sindaco da sette anni – ora accusa chi questo comune non lo ha mai amministrato.
E gli esempi possono continuare all’infinito.
Per questo noi non solo respingiamo al mittente tutte le accuse ottuse, offensive e in mala fede che vengono rivolte a chi propone una vera transizione ecologica, ma chiediamo anche alla base delle forze politiche che governano Regione e Comune di far sentire la propria voce. Abbiamo sentito non poche voci di dissenso verso il Governo, verso il Presidente della Regione e il Sindaco di Ravenna anche fra le persone che fanno parte dei loro partiti.
A Ravenna, il 6 maggio, come in marzo a Piombino e in aprile a Cagliari, molta gente è scesa in piazza per sbarrare la strada alle scelte dannose per tutte e tutti e per il futuro delle giovani generazioni. Dobbiamo continuare su quella strada, anche per contrastare il ripetersi sempre più frequente di eventi estremi come quelli di questo periodo.
Oggi viviamo i giorni del dolore e della solidarietà. Ma non sono mai cessati i giorni della lotta e della costruzione delle alternative dal basso.
Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”
Si cercano persone disponibili a dare una mano nell'hub di Faenza gestito da Emergency. Nel sito web è presente un link per proporre la propria candidatura.
https://www.emergency.it/progetti/alluvione-in-emilia-romagna-cosa-stiamo-facendo/
L'amministrazione comunica
--- DONAZIONI DI BENI DI PRIMA NECESSITÀ E MATERIALE
Abbiamo allestito un centro di raccolta delle donazioni di beni di prima necessità e di materiale vario presso il centro fieristico di Faenza di via Risorgimento.
La struttura operativa di Emergency, che ringraziamo per le forze che ha messo a disposizione della nostra città, si occuperà della logistica.
--- COME FUNZIONA SE DESIDERI DONARE MATERIALE
Sono graditi i seguenti beni:
• Generi alimentari a lunga conservazione
• Prodotti per l’igiene della persona
• Power bank
• Prodotti per la pulizia e sgombero come
- Stivali
- Guanti
- Pale
- Secchi
- Caschi
- Stracci
- Tira acqua
- Tute da lavoro
- Occhiali protettivi
- Carriole
- Spazzoloni
- Cassette di plastica
• Attrezzature specialistiche:
- Pompe di sollevamento
- Idrovore
- Idropulitrici
- Generatori
- Bobcat con la pala
---I beni indicati nella lista possono essere direttamente consegnati presso il centro fieristico senza preventiva autorizzazione. Quelli non segnalati, saranno accettati solo previa autorizzazione, da richiedere via email a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. prima di mettersi in viaggio per avere la sicurezza della disponibilità di ricezione.
---Indirizzo di consegna: Via Risorgimento 2, c/o centro fieristico.
--- Orari di consegna: tutti i giorni, dalle ore 9 alle 18.
---COME FUNZIONA PER RICHIEDERE UNO DI QUESTI BENI
È possibile recarsi direttamente presso il centro fieristico, dove è organizzato un punto di accesso dedicato.
A partire da oggi domenica 21 maggio 2023, è aperto tutti i giorni dalle 9 alle 18.
ℹ️ Quantitativi: il materiale per pulizia e sgombero può essere richiesto senza obbligo di restituzione con un massimo di 10 pezzi per tipologia, per persona.
Chiederemo di lasciare nome cognome e area dove si vuole operare.
Presto comunicheremo i dettagli sulla distribuzione di generi alimentari e prodotti per l'igiene della persona.
Le 4 Leggi d’Iniziativa Popolare presentate a settembre da Legambiente Emilia-Romagna e Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale Emilia-Romagna non sono state discusse dalle Commissioni competenti. Si rischia un passaggio lampo in Aula e la bocciatura
A settembre 2022 quattro leggi d’iniziativa popolare sono state presentate in Regione con il sostegno di 7000 firme, grazie all’impegno di Legambiente Emilia-Romagna e Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale che, con una intensa mobilitazione, hanno raccolto 2000 firme in più rispetto alla soglia necessaria per il deposito dei testi.
Sei mesi dopo, questo grande esercizio di democrazia dal basso rischia di venire ignorato: le leggi sono state assegnate a novembre alle commissioni competenti, ma non è mai stata avviata la discussione. Ora c’è la possibilità che siano discusse direttamente in plenaria e che siano respinte.
“Riteniamo molto grave che le Commissioni consiliari, nei 6 mesi previsti, non abbiano trovato il tempo per discutere le proposte di legge, anche in un’ottica di valorizzazione degli istituti democratici partecipativi previsti dallo Statuto regionale.” – commenta Davide Ferraresi, presidente di Legambiente Emilia-Romagna. “L’Assemblea legislativa non può sottrarsi a una discussione di merito sui contenuti di queste proposte, che affrontano argomenti cruciali per il futuro della nostra regione. La scelta di redigere queste proposte nasce infatti dalla scarsa ambizione, quando non dalla poca efficacia, delle politiche regionali in materia ambientale.”
L’obiettivo delle 4 proposte di legge è quello di promuovere un’evoluzione sostanziale delle politiche ambientali della Regione, mettendo al centro il riconoscimento e la promozione dei beni comuni, il contrasto al cambiamento climatico e la transizione ecologica ed energetica. Di fronte al disastro ambientale in corso in Emilia-Romagna, è più che mai necessario accelerare su politiche di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici in atto. In questo senso, le 4 leggi possono essere un importante riferimento per orientare le politiche regionali, grazie al supporto dimostrato dalle organizzazioni che hanno affiancato la campagna e alla cittadinanza che ha sottoscritto le proposte in un grande esempio di democrazia partecipativa.
"Anche le drammatiche vicende di questi giorni che hanno interessato la Romagna e altri territori della regione ci dicono che occorre cambiare radicalmente le politiche sin qui seguite a livello nazionale e regionale. Qualche commentatore politico dice in modo strumentale che ci sono responsabilità dell'ambientalismo del no. Ebbene, non da oggi, con le nostre proposte di legge, indichiamo che per contrastare il cambiamento climatico occorre abbandonare le fonti fossili e promuovere quelle rinnovabili, per fermare il dissesto idrogeologico e l'impermeabilizzazione del suolo è necessario fermare da subito il consumo dello stesso, per affermare scelte utili in materia ambientale si deve investire nei beni comuni, come l'acqua e il ciclo dei rifiuti. Di questo dovrebbero discutere le istituzioni a tutti livelli, a partire dall'Assemblea regionale, e la società nel suo insieme" – afferma Corrado Oddi, referente di RECA.
Legambiente Emilia-Romagna e RECA Emilia-Romagna chiedono dunque che l’Assemblea legislativa si pronunci per riassegnare le proposte di legge alle Commissioni consiliari competenti. Questo passaggio è considerato fondamentale per garantire un confronto di merito sul contenuto delle leggi stesse e sul contributo che esse potranno portare alla creazione di un nuovo modello produttivo e sociale per l'Emilia-Romagna.
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Ufficio Stampa - Legambiente Emilia Romagna