Al Presidente della Camera dei Deputati
Il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segna una svolta nella storia del nostro Paese.
Con questo referendum il popolo italiano non solo ha respinto la deformazione della Costituzione contenuta nella proposta Renzi- Boschi ma ha anche rifiutato l'Italicum, un sistema elettorale disegnato a misura della riforma costituzionale, espressione dello stesso disegno neoautoritario ed accentratore.
La Corte Costituzionale il 25 gennaio ha cancellato il ballottaggio demolendo un pilastro dell’Italicum, ma sono rimasti in piedi altri due pilastri che tendono a svilire le elezioni riducendole ad una mera procedura per l’attribuzione del potere di Governo ad un ristretto gruppo, attraverso il controllo del Parlamento, a scapito della rappresentanza.
Per rendere omogeneo e coerente il sistema elettorale nelle due Camere, come richiesto dal Capo dello Stato, sarebbe inaccettabile la soluzione di estendere al Senato i meccanismi dell’Italicum. Al contrario è indispensabile che, con un sussulto di dignità, il Parlamento intervenga per cancellare gli aspetti inaccettabili non rimossi dalla sentenza della Corte costituzionale.
Riteniamo
che due interventi di fondo siano assolutamente necessari per ripristinare il modello di democrazia costituzionale che le elettrici e gli elettori hanno solennemente riconfermato con il voto del 4 dicembre.
Occorre:
- assicurare con le elezioni la piena rappresentatività del Parlamento, delle province e delle aree metropolitane, ripristinando l’eguaglianza del voto dei cittadini;
- garantire la possibilità per i cittadini di scegliersi i rappresentanti, oggi designati dai capi partito.
Il premio di maggioranza rimane inaccettabile, anche con la soglia del 40 % dei voti, in quanto comporta l'attribuzione alla lista "vincitrice" di oltre 90 seggi in più rispetto ai voti ricevuti, sottraendoli agli altri partiti, dando vita ad una profonda divaricazione fra la volontà espressa dagli elettori e la composizione del Parlamento.
Ugualmente inaccettabile è il sistema dei capilista bloccati che, combinato con collegi di dimensioni ridotte, porterebbe al risultato che la stragrande maggioranza dei deputati sarebbero nominati dai capi dei partiti senza che gli elettori possano concorrere in alcun modo alla scelta dei loro rappresentanti.
In questo modo rimarrebbe confermato il carattere oligarchico dei partiti e l’impermeabilità del Parlamento alle domande che vengono dalla società e alle ragioni della giustizia sociale e dell’uguaglianza (lavoro, sanità, scuola, previdenza, ambiente).
Per questi motivi, prima che si giunga allo scioglimento delle Camere è indispensabile che siano approvate profonde modifiche alla normativa elettorale vigente.
CHIEDIAMO
che la riforma delle leggi elettorali in discussione nel Parlamento sia informata ai seguenti principi.
Il sistema elettorale deve ripristinare la rappresentanza, garantire l’eguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto, restituire ai rappresentati il diritto di scegliere i propri rappresentanti, ricondurre i partiti alla loro funzione costituzionale di canali di collegamento fra la società e le istituzioni, piuttosto che di strutture di potere autoreferenziali.
Questi risultati possono essere ottenuti con modelli diversi, a condizione che venga garantita l'elezione proporzionale sulla base dei voti di lista.
Per questo chiediamo fermamente:
– che si rinunci ad ogni forma di premio maggioritario;
– che si rinunci ai capilista bloccati;
– che si rinunci alle candidature multiple.
Non esistono formule magiche, ed è possibile valutare sistemi misti (come quello tedesco, per esempio): quello che conta è che sia raggiunto l’obiettivo di rendere il Parlamento realmente rappresentativo.
Occorre ripristinare la piena credibilità e rappresentatività del Parlamento perché i cittadini debbono tornare ad essere protagonisti del voto ed artefici, con il concorso dei partiti, della scelta delle rappresentanze parlamentari, come richiede il principio fondante della Costituzione che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo.
Rivendichiamo sulla base della vittoria del No, che ha confermato la validità della Costituzione, una legge elettorale in grado di eleggere Camere pienamente rappresentative, che rispondono agli elettori del loro operato.
Conosco l’immobile, lo frequentavo da bambina: era il Forno di Sant’Ippolito gestito dai genitori di una mia compagna di classe. Oggi ampie vetrine, curate nei particolari, coi colori che accompagnano la primavera. Oggetti da collezione che hanno attraversato il tempo, portabiti in ordine a seconda del genere di capo, due punti sono dedicati agli accessori, un banco essenziale, come essenziale è il resto dell’arredamento.
Mi accoglie Mirella, una signora pensionata che fa volontariato in più associazioni cittadine. Dice che oggi, giovedì mattina, dedica il suo tempo a DRESS AGAIN, ha un’esperienza ventennale nel commercio. Come lei, altre volontarie collaborano a quest’iniziativa messa in campo da Farsi Prossimo Caritas di Faenza, in attività dal dicembre scorso. Il progetto attinge all’8 per mille ed è in fase di programmazione un finanziamento europeo. Riutilizza abiti ormai in disuso e stoffe che vengono conferiti alla Caritas e, con interventi di sartoria, dà loro una nuova vita.
Motore dell’attività principale è Maria Teresa Dal Pozzo dell’associazione “Maria Bianconi” di Faenza che, in un laboratorio in via Cavour, occupa nell’attività sartoriale donne in stato di disagio economico e i richiedenti asilo, offrendo loro anche una formazione professionale.
Il progetto muove i primi passi, ma certi risultati sono già visibili e il negozio-laboratorio è qui a dimostrarlo. Mirella accende le luci e mostra gli angoli che diventeranno vivi al momento in cui tutta l’attività si trasferirà qui. È precisa, controlla le vendite fatte il giorno precedente prima di aprire la cassa e le consegne per le riparazioni. Sì, qualche sartina si offre per orli, interventi a prezzi bassissimi per contribuire all’attività. Con l’entusiasmo di chi ha scoperto qualcosa, rivela che cercando, con un po’ di pazienza, si possono trovare anche capi di valore a un costo simbolico. Infatti, sui portabiti ci sono cartellini con prezzi incredibili: 5, 10, 8 euro. In sostanza, un’offerta.
Lamenta poi la perdita di un valido collaboratore, un pakistano, che stira in modo eccellente – gli abiti devono presentarsi bene – e che ora segue un corso di informatica. In attesa di un ulteriore aiuto, nel momento in cui non ci sono clienti, stira qualcosa lei. Ad ascoltarla si capisce quanto possa coinvolgere un’attività simile tutti coloro che vi operano, dall’operaia in pensione all’ex dirigente, tutti insieme perché l’obiettivo è collaborare nel presente per un futuro diverso nell’accoglienza e nell’integrazione, puntando sul mantenimento della dignità di chi ha rischiato la vita per non perderla.
Guardo negli scaffali, belle camicie, e sul manichino una felpa blu, sarà il mio primo acquisto. Pago in fretta, sono entrati clienti e Mirella deve lasciarmi; ma qui ci torno e non da sola. Oggi ho scoperto un posto che ragazze come mia nipote adorano e che, sempre secondo lei, sprovincializzano, ampliano gli orizzonti.
De Andrè aveva ragione: “dai diamanti non nasce niente …dal letame nascono i fior”.
Antonella Baccarini
Ospedale, il Piano dell’Ausl non convince
I contenuti del documento dell’Azienda Usl Romagna “Linee di indirizzo per la riorganizzazione ospedaliera” – redatto il 12 dicembre scorso e approvato dalla Ctss (Conferenza territoriale sociale e sanitaria) il 9 gennaio – restano un mistero. I vertici dell’Usl intendono renderli pubblici solo dopo la loro validazione da parte della Regione, ovvero quando non sussisterebbero più margini per ulteriori modifiche.
Se a Faenza questi contenuti sono noti in un ambito ristretto è grazie all’interpellanza presentata in Consiglio comunale da Edward “Eddy” Necki, consigliere de L’Altra Faenza. Non sappiamo se ciò sia avvenuto in altre città.
Sosteniamo da tempo che su una materia importante come questa è invece doveroso procedere con la massima trasparenza e con il coinvolgimento delle comunità interessate. E’ questo, d’altra parte, il significato di due OdG votati all’unanimità a Palazzo Manfredi.
Una lettura attenta del documento e il confronto fra quanto esso prevede a proposito dell’ospedale di Faenza, la situazione in essere e i bisogni di un territorio comprendente zone collinari e montane penalizzate per distanze, tempi di percorrenza e condizioni socio-economiche, evidenzia fondati motivi di preoccupazione.
1 – Posti letto: Si afferma che attraverso tagli, trasformazioni in day surgery e redistribuzioni, in provincia di Ravenna essi si attesteranno sul parametro di 3,92 per mille abitanti; i tagli previsti, non quantificati, potrebbero essere principalmente a carico degli ospedali di Faenza e di Lugo.
2 – Area assistenza alla donna e al bambino: Per Faenza e Lugo sono previste Unità operative semplici (Uos) pur registrando assieme oltre 1.300 parti (il dato è riferito presumibilmente al 2015) e pur avendo a riferimento un bacino d’utenza di oltre 200mila persone, ovvero requisiti che secondo il decreto Balduzzi 70/2015 richiedono un’Unità operativa complessa, come del resto il Piano prevede per Ravenna e Forlì; nulla si dice a proposito dei parti in emergenza dirottati su Ravenna e dei rischi che ciò comporta proprio in ragione di distanze e tempi di trasporto.
3 – Pediatria: Il documento si limita alla conferma di quattro Unità operative complesse (Ravenna, Forlì, Cesena e Rimini). Per Faenza il capitolo non prevde nulla di preciso. Il ripristino dal 1º marzo scorso del servizio di guardia medica pediatrica anche di notte, importante quanto necessario, sa molto di precario.
4 – Breast unit (senologia multidisciplinare): Pur essendo Faenza e Lugo gli ospedali in cui viene eseguito il maggior numero di interventi in ambito provinciale, pare di capire che il polo chirurgico si sposti a Ravenna; lo confermerebbe il mancato avvio delle procedure per la sostituzione a Faenza del chirurgo prossimo al pensionamento.
5 – Medicina interna e specialistiche: Per Faenza è prevista la presenza di un’Unità complessa per epatologia, allergologia e geriatria; non si capisce invece se per pneumologia, nefrologia, malattie infettive e neurologia resterà in funzione almeno un’attività ambulatoriale.
6 – Gastroenterologia: Sono previste Unità operative complesse a Ravenna, Forlì e Rimini, più una semplice a Cesena; sparisce invece Faenza dove l’endoscopia digestiva è ora presente 12 ore al giorno.
8 – Dermatologia: Il Piano prevede la presenza di Unità operative complesse a Ravenna e a Rimini, nulla si dice per Faenza e Lugo.
9 – Resta nel vago il futuro della diagnostica strumentale: radiologia, Tac, risonanza magnetica ed ecografia (la loro diffusione capillare sul territorio pare risolversi nella telemedicina). Non è chiaro se la radioterapia sia destinata a sparire da Ravenna per essere concentrata a Rimini. Incerta infine la sorte, stando a quanto si evince dal documento, del servizio trasfusionale e della raccolta di prossimità del sangue.
Infine, pur prevedendo momenti di integrazione fra Faenza e Lugo per ambiti specifici, il Piano non fa alcun riferimento ai parametri previsti dal decreto Balduzzi per gli ospedali di 1º livello. Insistiamo su questo aspetto essenziale perché costituirebbe un fattore di certezza fra tante incertezze.
Restano inoltre irrisolti i problemi dovuti alla carenza di personale di ogni ordine e grado, col conseguente sovraccarico di lavoro per gli attuali organici.
Ci pare che tutti questi elementi suggeriscano la necessità di tenere alta l’attenzione, di non considerare chiusa la partita. Di sanità e di assetto del nostro ospedale si deve continuare a discutere alla luce del sole.
Faenza, marzo 2017
L’Altra Faenza
Lettera aperta al Sindaco Giovanni Malpezzi
Perché L’Altra Faenza ha votato
contro il Regolamento per gli incentivi alle imprese
Signor Sindaco,
abbiamo ascoltato la sua replica in Consiglio comunale e letto le sue dichiarazioni alla stampa a proposito di sviluppo economico e in particolare del Regolamento sugli incentivi alle imprese, sul quale abbiamo votato contro.
E' opportuno ribadire in termini chiari le ragioni del nostro “no”, a lei se vorrà intenderle, ma sopratutto ai faentini.
L’Altra Faenza continua a pensare che il lavoro non si crei con gli incentivi fiscali: quelli erogati col Jobs act sono costati tantissimo e hanno prodotto risultati risibili (con l'aggravante dei tagli ai diritti del lavoro, vedi Art.18).
A Faenza la logica che si vuole perseguire è la stessa. Pensiamo che essa produrrà anche qui scarsi risultati, sia per alcune criticità contenute nel Regolamento stesso (potrebbe favorire le imprese maggiori a danno delle piccole, considera equivalenti contratti a tempo indeterminato e da apprendista, ecc.), ma soprattutto perché non orienta l'innovazione e la qualità dello sviluppo, limitandosi a distribuire modesti aiuti a pioggia sull’esistente.
Tuttavia, noi non siamo mai stati per il “tanto peggio tanto meglio”, per cui ci auguriamo che tanti nuovi posti di lavoro, stabili e di qualità, si creino a Faenza. Li conteremo nei prossimi mesi assieme alle organizzazioni imprenditoriali e ai sindacati (rispetto ai quali non c'è mai stata da parte nostra nessuna denigrazione) e assieme a chi la “seguirà nella prossima campagna elettorale” (a proposito, è l'annuncio di sua ulteriore ricandidatura?).
Leggiamo che lei avrebbe affermato: "Lavorare per favorire lo sviluppo economico di un territorio significa mettere le imprese in condizioni di crescere e assumere. Questo in futuro sarà possibile seguendo tre direttrici: alleggerimento della pressione burocratica e fiscale sulle piccole e medie imprese, crescita dell'innovazione e sostegno alla cultura d'impresa".
Immaginiamo che il primo intendimento si sia concretizzato nel “Regolamento per gli incentivi” che, lei sostiene, “rappresenta una delle azioni principali del Patto per lo Sviluppo sottoscritto a fine gennaio”. Vorremo sapere in cosa consiste il secondo, ossia la crescita dell'innovazione. Non le chiediamo cosa significa per lei sostegno alla cultura d'impresa: ci è bastato leggere quanto sta scritto nel documento-base per la Conferenza economica, laddove si auspica una città “come organizzazione imprenditoriale il cui output è la creazione d’impresa”.
Noi invece ci battiamo per una città inclusiva e solidale, capace di mobilitare tutte le sue energie per uno sviluppo sostenibile e necessariamente innovativo. Non ci è stato concesso – così come ad altri – di avanzare nostre proposte, di portare un contributo al confronto, di misurare le nostre idee con quelle di altri. Cosa avremmo voluto proporre l’abbiamo riassunto in un recente comunicato:
“Si può sostenere l’intraprendenza dei giovani attraverso l’istituzione di una linea di credito che coinvolga il sistema bancario. Possono essere incentivati interventi di efficientamento energetico degli edifici, per lo smaltimento dell’amianto, per la messa a norma degli impianti, per il miglioramento delle condizioni abitative. Si dovrebbe dare applicazione al Piano di Azione per l’Energia sostenibile (Paes) deliberato due anni fa e di fatto non ancora partito. Si possono compiere scelte a sostegno dell’economia circolare, per la riduzione degli sprechi e dei rifiuti. Si può aprire uno sportello in grado di fornire ai cittadini informazioni, suggerimenti e supporto per l’attivazione di pratiche virtuose e tali da consentire risparmi”.
Alcune di queste cose trovano qualche parziale riscontro nel Patto per lo sviluppo, ma abbiamo l'impressione che non si vogliano mettere in pratica. É così?
Facciamo un solo esempio: alcune delle cose sopra richiamate sono già previste, o possono essere inserite, nelle azioni del Piano di Azione per l'Energia Sostenibile (Paes), ma perché queste azioni non partono?
Per tutto il 2016 ci è stato risposto che manca un ufficio apposito e che serve un Energy manager.
Nel corso di un convegno sulla “sostenibilità ambientale” tenutosi nel gennaio scorso alla presenza del ministro Galletti e del presidente della Regione Bonaccini, lei Sig. Sindaco ha fatto un'ottima figura annunciando, tra le prossime assunzioni, anche quelle di un Energy manager e di un Mobility manager.
In seguito ha poi sostenuto che, almeno per quanto riguarda l'esperto di energia, non se ne fa niente. Per quale motivo? Mancano le risorse per retribuirlo?
Ciò significa che l'avvio delle azioni del Paes sarà ancora rimandato? Leggendo le schede inserite nel Documento Unico di Programmazione, allegato al Bilancio di prossima approvazione, pare di sì, vista la fumosità con la quale se ne parla.
Gradiremmo avere delle risposte precise, da lei e dalla maggioranza che la sostiene. Anche per capire se si intende dar seguito alle dichiarazioni del nuovo gruppo consigliare di Mdp. Ci riferiamo all’appello rivolto al Pd, alle forze di maggioranza e anche a quelle di opposizione, per “riprendere un lavoro comune di elaborazione per politiche che creino buona occupazione”.
Noi siamo disponibili.
Restiamo in attesa di qualche risposta.
L’Altra Faenza
L’Anpi ricorda Francesco Renzini
In questi giorni abbiamo appreso una triste e dolorosa notizia: si è spento Francesco Renzini, partigiano del Gruppo Corbari. Era nato il 12 febbraio del 1922 a Santa Maria in Castello tra Tredozio e Portico di Romagna da una famiglia poverissima e fieramente antifascista. Suo padre Edgardo, consigliere comunale a Tredozio eletto nelle 1921 nelle fine del partito comunista, fu costretto a trasferirsi a Faenza per evitare le continue persecuzioni da parte dei fascisti quando Francesco aveva appena quattro anni.
Anche a Faenza fu perseguitato e addirittura incarcerato. Francesco, di fronte alle difficoltà economiche in cui venne a trovarsi la famiglia, ritornò a vivere dai nonni a Tredozio dove frequentò la scuola. A tredici anni la famiglia si ricompose nuovamente a Faenza e Francesco iniziò a lavorare come garzone nelle case mezzadrili. Riuscì quindi a farsi assumere come apprendista dall’ebanisteria Casalini dove imparò il mestiere di falegname che avrebbe svolto per tutta la vita.
Dopo l’8 settembre, per sfuggire al reclutamento imposto dalla Repubblica Sociale, Francesco si nascose tra i monti di Tredozio, che ben conosceva e dopo qualche mese incontrò Silvio Corbari e Aldo Celli, che proprio in quel periodo stavano organizzando il primo nucleo di partigiani. Le Brigate Nere intanto avevano arrestato sua madre per ricattarlo e Francesco, per farla uscire dal carcere, si consegnò ai “repubblichini”, che ovviamente lo arruolarono, ma durante un trasferimento verso il nord, insieme ad altri giovani, riuscì a fuggire e a ritornare nel tredoziese, negli stessi giorni della cattura e della fucilazione di Aldo Celli.
Nei primi mesi del 1944, come tanti altri partigiani, si aggregò all’8.a Brigata Garibaldi nella zona del Monte Falterona, dove rimase fino al mese di aprile, quando sotto un durissimo attacco tedesco le formazioni partigiane subirono molte perdite e in parte furono disperse. Francesco con altri partigiani del faentino rientrò sui nostri monti riunendosi al gruppo di Silvio Corbari. Nei mesi successivi partecipò a molte azioni guidate da Corbari, tra le quali il famoso aviolancio di armi da parte degli inglesi sul Monte Lavane. Dopo la morte di Corbari, Casadei, Spazzoli e Iris Versari, il gruppo si trasformò in Battaglione e continuò l’attività partigiana sotto la guida di Romeo, fratello di Silvio.
Francesco partecipò alle fasi finali della Liberazione, prima a Brisighella dove svolse anche per alcune settimane il compito di Polizia partigiana e poi a Faenza, entrandovi lo stesso giorno delle truppe alleate. Anche qui, insieme a molti altri partigiani, partecipò alla gestione dei servizi essenziali per fronteggiare l’emergenza del dopo-guerra. Infine, si arruolò volontario nelle ricostituite formazioni partigiane, nella Compagnia “Falco” con il ruolo di vice-comandante, che affiancarono il rinato esercito italiano e le truppe alleate fino alla fine della guerra, e il 20 maggio 1945 sfilò a Ravenna nel giorno della smobilitazione della 28.ma Brigata Garibaldi.
Francesco Renzini tonò al suo lavoro di artigiano ebanista e nel 1947 ricevette la Croce di Guerra al merito in quanto partigiano combattente. Alcuni anni fa pubblicò il Diario degli anni della Resistenza, straordinaria testimonianza di una scelta di vita che rimane di grande esempio per le nuove generazioni. Noi lo ricordiamo sempre presente alle manifestazioni di Cà Cornio, del Monte Lavane, di Crespino e della Liberazione di Faenza.
Lo immaginiamo a Cà Malanca seduto dietro ad un tavolo pieno di libri dedicati alla Resistenza, intento a suggerire ai più giovani di non dimenticare coloro che si sono sacrificati per la nostra democrazia. L’Anpi di Faenza si associa al dolore della famiglia Renzini, con l’impegno di mantenere viva la passione di Francesco nel trasmettere la memoria della lotta di Liberazione alle nuove generazioni.
SEZIONE ANPI FAENZA
Il testo dell’interpellanza presentata in Consiglio comunale da Edward “Eddy” Necki, consigliere de L’Altra Faenza
La condizione di dissesto in cui sono ridotte tante strade del territorio comunale è sempre più causa di pericolo, di disagi, di rumori fastidiosi, di danni alle automobili e agli altri mezzi coi quali Le persone si muovono. Ed è, come tutti sanno, oggetto di commenti che vanno dal sarcastico all’irritazione.
Gli interventi di manutenzione che riguardano piccole porzioni di asfalto – e ancora di più le toppe che si moltiplicano e si stratificano – non risolvono per nulla il problema. Anzi, in certi casi lo accrescono rendendo ancor più accidentata la circolazione. Sono in molti a ritenere che così facendo si spenda male il denaro pubblico e che quando finalmente si deciderà di procedere al rifacimento del manto stradale i costi risulteranno ancor maggiori.
Altrettanto dissestati sono i marciapiedi, soprattutto nelle strade della periferia. Irregolarità, buche e ostacoli costituiscono “barriere” per anziani, carrozzine e disabili e limitano il diritto alla mobilità in condizioni di sicurezza.
Sappiamo di cadute ed incidenti, causati proprio da questo stato di cose, che hanno coinvolto numerose persone.
E’ vero che i danni vengono indennizzati dalla Compagnia assicuratrice (l’austriaca Uniqa) con la quale il Comune di Faenza ha sottoscritto un contratto apposito. Ed è vero, stando alle notizie delle quali disponiamo, che solo in pochi casi il contenzioso si trasforma in cause giudiziali.
Ma questo non assolve nessuno. Non si deve infatti dimenticare che cadute e incidenti, oltre ai danni materiali, provocano ferite, sofferenze, difficoltà in ambito familiare, lavorativo e relazionale.
A nome de L’Altra Faenza chiedo di conoscere nel dettaglio:
il numero degli incidenti imputabili alla condizione delle strade verificatisi dall’insediamento dell’attuale Giunta ad oggi;
se risulta al Comune che le persone vittime di tali incidenti siano state indennizzate con soddisfazione;
se sono attualmente pendenti vertenze legali dovute a queste problematiche.
Chiedo inoltre di sapere se l’Amministrazione ha predisposto un piano di interventi, con le relative tempistiche e i preventivi di spesa, per avviare a soluzione nel modo dovuto – e non con altre toppe – una questione che sta davvero assumendo carattere di emergenza. Si rende conto l’attuale Giunta della pesante eredità che rischia di consegnare a chi in futuro amministrerà Faenza?