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Con ogni probabilità il Consiglio regionale approverà il 13 luglio una nuova legge sulla gestione dei rifiuti confezionata su misura per le grandi multiutility. Per il nostro territorio questo vuol dire Hera, un’azienda che tutti ben conoscono. Non solo per i disservizi verificatisi lo scorso anno e per gli impegni presi e finora non rispettati (sconti sulle bollette Tari, anche per i materiali riciclabili conferiti all’isola ecologica), ma soprattutto per i costi sensibilmente più alti a carico delle famiglie rispetto a quelli sostenuti in provincie vicine.

La rendicontazione 2015 dei diversi gestori in ambito regionale, infatti, conferma che a fronte di 90-120 euro pro-capite pagati altrove, nei Comuni in cui opera Hera il costo oscilla fra 150 e 155 euro.

Per evitare che si configuri di fatto una situazione di monopolio, le associazioni ambientaliste hanno chiesto ripetutamente alla Regione :

  • La separazione della raccolta dallo smaltimento;

  • La durata degli appalti fissata in cinque anni (prorogabili a sette) e in 15 come ora previsto:

  • Bacini di raccolta di 30-100mila abitanti per consentire la partecipazione alle gare anche da parte di aziende piccole e medie;

  • L’indicazione precisa nei bandi di come dev’essere svolto il servizio e le penalizzazioni in caso di inadempienza;

  • La definizione dei bandi con il coinvolgimento dei Consigli comunali, e quindi delle popolazioni interessate, e non demandando tutto ad Atesir, l’agenzia regionale che si occupa di servizi pubblici per acqua e rifiuti.

A queste richieste – che L’Altra Faenza condivide appieno – la Regione non ha fornito alcuna risposta. Anzi, invece di aprire un confronto di merito su problematiche che riguardano tutte le famiglie (costi, salute, ambiente, economia), ha inserito in un progetto di legge per “i territori colpiti da eventi sismici” modifiche che puntano goffamente ad aggirare le fondate osservazioni alle scelte che intende far passare. Riccorendo ad un metodo che ricalca le peggiori pratiche dei governi centrali in fatto di emendamenti.

Si tratta – affermano ancora le associazioni ambientaliste – di una vera e propria manovra “ad aziendum” per garantire le grandi multiutilities, già in posizione dominante, assicurando loro la gestione dell’intero ciclo dei rifiuti.

Un appalto di 15 anni, vale a dire di un tempo lunghissimo rispetto alle continue innovazioni tecnologiche e concettuali, significherebbe “ingessare” la situazione rimandando a chissà quando la raccolta porta a porta e la tariffazione puntuale (ciascuno paga per quello che conferisce), rendendo più difficile il necessario incremento della percentuale di raccolta differenziata e la prospettiva di un graduale superamento delle grandi discariche. E mortificando il legittimo diritto dei cittadini a pagare meno, così come avviene in altre province.

E’ necessario che la voce degli utenti si faccia sentire.

Dal canto loro le associazioni ambientaliste hanno già annunciato la volontà di ricorrere al Garante della concorrenza e all’Anac, l’Autorità anticorruzione.

Tutta questo capita in Emilia Romagna, la regione un tempo portata ad esempio per la qualità dei servizi e per i rapporti che gli amministratori pubblici sapevano tenere con le comunità. Un tempo.

 

Faenza, 6 luglio 2017

 

 

L’Altra Faenza