Nella Giornata internazionale del migrante il docufilm della Funzione pubblica Cgil. Una riflessione sui lavoratori della filiera della solidarietà
In occasione della giornata internazionale del migrante, la Funzione pubblica Cgil offre uno spaccato delle condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto dell’accoglienza e sulla loro operatività che segna ogni giorno dell'anno.
Da questa consapevolezza nasce “In-visibili: i professionisti dell’accoglienza”, il docu-video che ricostruisce alcune tappe del percorso dei migranti, scandito dalla professionalità di chi lavora nei servizi pubblici: da chi li soccorre in mare a chi offre loro le prime cure cura, dagli operatori legali che li prendono in carico a chi valuta le loro richieste di asilo. Dai mediatori culturali, agli assistenti sociali fino al personale dei centri di accoglienza che si occupano, tra le molte cose, della loro istruzione, degli aspetti psicologici e sociali del loro vissuto e del loro inserimento nella società.
Sono davvero molte le figure professionali che rendono viva e possibile la filiera dell’accoglienza per dare a chi arriva nel nostro Paese la legittima opportunità di vivere una vita dignitosa. E proprio per questo la loro professionalità andrebbe valorizzata e i servizi rafforzati. Nulla di più lontano dalle scelte della politica che ha optato per la via dei respingimenti, della detenzione inumana nei CPR, del decreto Cutro e dei decreti Sicurezza, e dello smantellamento del sistema pubblico di accoglienza.
Ma un migrante che arriva e non è supportato dall’assistenza legale come può sapere a cosa ha diritto? Se si elimina l’insegnamento dell’italiano dalle attività dei centri, quale prospettiva di inclusione si può dare a chi arriva senza parlare la lingua? Un migrante che arriva, spesso al termine di percorsi che mettono a dura prova la salute fisica e mentale, come può integrarsi senza assistenza sanitaria e sociale, senza politiche per l’istruzione e per l’attivazione lavorativa?
Per questo la Funzione Pubblica Cgil sceglie, con convinzione, di andare in direzione contraria, verso la valorizzazione di chi è impegnato ogni giorno per accogliere i popoli e dare loro una possibilità di integrazione, verso canali di accesso umani e legali nel nostro Paese. Si tratta di condizioni necessarie e non più rinviabili.
“Persona che si sposta verso nuove sedi, una persona che si muove dal suo paese di origine per migliorare le sue condizioni di vita”.
È quanto si legge nel dizionario italiano alla voce “migrante”. Sono migranti i giovani italiani che scelgono di vivere all’estero in cerca di una valorizzazione professionale, sono migranti i popoli che fuggono dalla guerra, sono migranti quelli che scelgono di spostarsi a causa dei disastri climatici.
A nessuno verrebbe in mente di respingere un giovane europeo che sceglie di vivere in Italia, né di isolarlo e non coinvolgerlo nella società, di negargli possibilità di studio e di lavoro. Non ci viene in mente perché sappiamo e diamo per scontato che ognuno di noi abbia il completo diritto di spostarsi, di scegliere dove vivere, di varcare confini che sono solo immaginari.
Eppure, il termine "migrante”, nel tempo, è stato utilizzato con un’accezione volutamente negativa che mirava ad orientarne l’effetto di senso suggerendo l’associazione a una situazione di illegalità, delinquenza, pericolo ed estraneità. Si è messo in atto un vero e proprio processo di demonizzazione del fenomeno della migrazione di tutti quei popoli che “danno fastidio”. E non vale per migranti economicamente facoltosi, che al contrario sono ben accetti, ma solo per chi arriva in cerca di un’opportunità.