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Rinunce a cure sanitarie e alimentazione, preoccupazione per il futuro: queste le ripercussioni del carovita sulle famiglie, secondo l'Osservatorio Futura

 

Acausa dell’inflazione un italiano su tre ha dovuto rinunciare alle cure sanitarie, uno su quattro ha limitato la spesa per l’alimentazione. Le aspettative per il futuro non sono migliori: per un terzo ci sarà un impatto sulle spese essenziali, la metà pensa che a essere sacrificate saranno le non essenziali e quelle per gli svaghi. Solo il 14 per cento afferma che gli aumenti generalizzati dei prezzi avranno un effetto minimo sul proprio tenore di vita.

Il quadro è delineato dall’indagine demoscopica realizzata dall’Osservatorio Futura per conto della Cgil, da cui emerge una forte preoccupazione per il caro vita per più della metà del campione (il 52 per cento su 800 intervistati), quota che sale a 57 se lo sguardo si volge ai prossimi mesi.

 

 

 

Bollette, benzina, cibo

Bollette di luce e gas, benzina e carburanti, prodotti alimentari sono le tre categorie che per gli intervistati risentono maggiormente dei rincari e che potrebbero registrare ulteriori aumenti nel prossimo anno. Decisamente più contenuti i valori relativi a trasporti, viaggi e ristoranti.

Secondo il campione, tra i fattori che scatenano l’inflazione ci sono l’aumento dei prezzi delle materie prime e la speculazione finanziaria, responsabili rispettivamente per il 61 e il 46 per cento della perdita di valore del denaro. Impattano anche i problemi geopolitici (40 per cento) e la stagnazione dei salari (37 per cento).

 

 

 

Risparmi & dintorni

Per fronteggiare la situazione, le famiglie hanno eliminato nel 64 per cento dei casi le attività del tempo libero e dello svago, le più penalizzate dalle rinunce, a seguire ci sono le spese per l’abbigliamento. Ma se il taglio dei beni non essenziali è la misura più adottata, anche il risparmio ha risentito negativamente della perdita di potere di acquisto dei redditi.

Il 52 per cento è in serie difficoltà economiche, di questi il 25 circa deve chiedere aiuto ad amici e familiari, prelevare dai risparmi, fare debiti per arrivare a fine mese.

Un dato che va a braccetto con quello emerso nella prima indagine di Eurostat sulle condizioni di vita delle persone in Europa: in Italia il 63 per cento delle famiglie fa fatica ad arrivare a fine mese, a fronte di una media Ue del 45,5 per cento e di una quota più bassa, inferiore al 25 per cento, di Germania, Svezia, Paesi Bassi.   

Sul fronte finanziario la cosa che preoccupa di più, secondo il sondaggio di Futura, è la limitata possibilità di continuare a risparmiare per il futuro. Al secondo posto, a pari merito, l’aumento delle spese mediche e la riduzione delle opportunità di crescita economica. Come se non bastasse, un intervistato su tre è anche in apprensione per la possibile perdita del posto di lavoro.

 

 

 

Quali soluzioni?

E il governo, in tutto questo, che cosa dovrebbe fare per alleviare il peso dei crescenti costi? Gli italiani interpellati non hanno dubbi: il 53 per cento pensa che dovrebbe ridurre le tasse, il 52 per cento sostiene che occorre regolamentare i prezzi, il 51 che bisognerebbe aumentare i salari minimi. Anche perché una grandissima fetta del campione, il 75 per cento, ritiene che l’aumento dei prezzi avrà una durata di qualche anno o di parecchi anni, fino a diventare una situazione strutturale. Decisamente pochi gli ottimisti, convinti che si tratti di una contingenza limitata a qualche altro mese (2 per cento).

Dall’altro lato, tra le soluzioni che gli intervistati hanno preso in considerazione, c’è anche quella di cambiare città o Paese a causa del costo della vita: uno su tre ci ha pensato almeno una volta, soprattutto se giovani e residenti nel Nord-Est. Il 9 per cento conta di farlo in un futuro prossimo.

Il ruolo dei sindacati

L’indagine ha chiesto al campione, rappresentativo della popolazione di età superiore ai 18 anni e con accesso a Internet, qual è il ruolo dei sindacati rispetto al carovita: il 35 per cento ritiene che siano determinanti. Inoltre, il 61 per cento pensa che dovrebbero tutelare i lavoratori maggiormente colpiti dall’aumento dei prezzi, il 59 che dovrebbero battersi anche politicamente per contrastarli, il 55 che dovrebbero avere una funzione più centrale in merito alle politiche adottate dall’esecutivo per combattere l’inflazione.  

SCARICA L'INDAGINE COMPLETA

Il drammatico quadro internazionale e i riflessi su economia e finanza mondiale e italiana, con un nuovo rischio inflazione. L'analisi dell'economista Pianta

 

l conflitto mediorientale genera incertezza a livello internazionale con l’effetto immediato di aumentare l’instabilità finanziaria. L’economista Mario Pianta, ordinario di Politica economica alla Scuola normale superiore a Firenze e presidente della Società italiana di economia, spiega che le prospettive di crescita per il 2023-2024 sono intorno allo zero con oscillazioni modeste e ora la situazione potrebbe divenire ulteriormente critica con una nuova spinta verso l’alto dei prezzi dell’energia. “Quanto sta accadendo in Medio Oriente – afferma - porta a un’impennata del petrolio, che è già arrivato a oltre 90 dollari al barile, vicino alle quotazioni raggiunte con l’esplosione della guerra in Ucraina. L’effetto dell’aumento dei prezzi dell’energia è immediato in Paesi come l’Italia, perché siamo dipendenti dalle importazioni di gas e petrolio”.  

Energia inflattiva

Come abbiamo visto anche nel 2022, il costo dell’energia determina l’aumento dei prezzi, Pianta sottolinea però il ruolo che ha avuto la mancanza di politiche di controllo, “perché si è lasciato che le grandi imprese petrolifere come l’Eni facessero crescere i prezzi quanto desideravano. Senza politiche di controllo succede che la spinta inflazionistica si trasmette a tutta l’economia e tutte le imprese sono spinte ad aumentare i prezzi. Nel 2023 il motore principale dell’inflazione non più stato l’energia ma l’aumento dei profitti guidato dalle imprese che hanno potere di mercato e non temono di perdere quote di fronte alla concorrenza. Questo accade nei settori dei viaggi, dei trasporti, degli alimentari e in tutte le attività di servizi con domanda rigida rispetto ai prezzi". 

 

L'eventuale nuova impennata dell’inflazione, secondo l'economista, potrebbe portare a "un ulteriore inasprimento della politica monetaria della Bce e una recessione molto più grave per l’Europa. A quel punto alcuni problemi diventerebbero intrattabili: il peso del debito pubblico, i vincoli sulla spesa, la ulteriore caduta dei salari, l’aumento della disoccupazione, i licenziamenti. Si tratta quindi di uno scenario di grande fragilità, ma rendiamoci conto che gli strumenti a disposizione vengono usati male. Le risposte politiche della Bce troppo restrittive partivano dall’illusione di azzerare l’inflazione in poco tempo e così si è rinunciato alla politica del controllo dei prezzi, fondamentale invece per il recupero della stabilità". 

La speculazione

C'è inoltre da capire quanto le impennate dei prezzi dipendano da un reale maggiore costo delle materie prime e quanto da manovre speculative. "Le dinamiche alle quali assistiamo creano spazi per la speculazione finanziaria che guida i mercati - dice Pianta -. I prezzi di gas e petrolio sono legati ai contratti future, quindi a scommesse finanziarie il cui costo effettivo è meno importante dell’operazione speculativa. Il fatto che il governo europeo e italiano non abbiano messo in discussione radicalmente questo modo di fissare i prezzi di beni essenziali ha permesso la speculazione in modo grave. L’instabilità internazionale ha sempre portato a dinamiche speculative sulle quotazioni in borsa che provocano a loro volta ulteriore instabilità e rischio di crisi: anche su questo fronte non ci sono stati interventi che limitino i comportamenti speculativi".

L'industria delle armi 

I conflitti provocano poi un aumento di profitti legati alle produzioni militari: "In risposta alla guerra in Ucraina - ci ricorda l'analista economico - l'Europa si è impegnata ad aumentare la spesa militare, che ha all’interno una voce importante per le armi. Quindi le relative imprese europee hanno aumentato significativamente le commesse, la produzione, i profitti, le vendite e le quotazioni in borsa. Questa traiettoria della trasformazione dell’economia europea è molto pericolosa perché concentra risorse pubbliche nella spesa militare e attiva un meccanismo di ricerca di sicurezza attraverso l’aumento della forza militare che crea però maggiore insicurezza, quindi una spirale di corsa al riarmo con esiti di instabilità. È importante ci sia una politica che riduca l’incertezza e sappia, ridurre la potenzialità dei conflitti sul piano internazionale, attraverso la cooperazione e le prospettive di disarmo". 

Questione di scelte

Nonostante gli scenari che si prospettano e ai quali abbiamo già assistito, il governo italiano sta mettendo a punto una legge di bilancio "inadeguata, perché gestisce alcuni blocchi di interessi della base elettorale di destra con interventi di respiro molto corto, un esempio su tutti le agevolazioni fiscali. Non c’è una strategia per tutelare i redditi reali di fronte all’inflazione, specialmente per quelli più bassi, e difendere le retribuzioni e in questo caso l’esempio è il rifiuto di affrontare la questione del salario minimo".

Manca il riconoscimento dell’emergenza della spesa pubblica e Pianta porta l'esempio di come si stanno affrontando i gravi problemi in campo sanitario, "come non c’è nemmeno un intervento strutturale sul nostro modello di sviluppo per affrontare il cambiamento climatico e la sostenibilità ambientale. Siamo sempre in un contesto di corto respiro con effetti non particolarmente positivi sulla crescita dell’economia italiana e la riduzione delle disuguaglianze, aumentate con pandemia e inflazione. La manovra - conclude - sembra proprio non tenere conto dei problemi strutturali del Paese e nemmeno della drammatica situazione internazionale"

Appello
a tutte le donne e gli uomini che, dentro e fuori le istituzioni, non hanno smesso di credere nell’impegno per la pace, i diritti umani e la giustizia.


“E’ indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione” (Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)

Fermiamo le stragi!
Anche se sembra difficile, facciamo l’impossibile per spezzare la spirale della violenza.
Bomba su bomba, raid dopo raid, assassinio dopo assassinio, razzo dopo razzo, attentato dopo attentato, strage dopo strage, la violenza sta superando ogni immaginazione.
Ad un’esplosione così straordinaria di violenza occorre contrapporre un’azione altrettanto straordinaria di segno contrario.
Condanniamo “senza se e senza ma” l’attacco ad Israele e la reazione che ne sta seguendo. Come abbiamo sempre, puntualmente, condannato tutti gli atti di guerra, di terrorismo e di violenza in ogni dove. Ma non limitiamoci a condannare! Salviamo le vite umane che possiamo ancora salvare. Non arrendiamoci all’escalation! Non lasciamoci trascinare nel baratro. Non assecondiamo la spirale della morte.

Facciamo pace a Gerusalemme
A trent’anni dalla firma degli Accordi di Oslo, dopo decenni di denunce e allarmi inascoltati, i responsabili delle istituzioni e della politica internazionale devono recitare il “mea culpa” e riconoscere la necessità pressante di fare quello che non è ancora stato fatto: la pace tra i “nemici”, la pace a Gerusalemme.

C’è un solo modo per mettere fine a questo incubo che sta insanguinando la Terra Santa e minaccia di infiammare il mondo intero: riconoscere ai palestinesi la stessa dignità, la stessa libertà e gli stessi diritti che riconosciamo agli israeliani. Tanti lunghi e dolorosi decenni di occupazione militare, uccisioni mirate, bombardamenti, guerre, arresti, repressione indiscriminata, abusi, umiliazioni, deportazioni, apartheid e violazione di tutti i fondamentali diritti umani, ampiamente documentati delle Nazioni Unite, dimostrano il fallimento di tutte le opzioni militari. Non ci sarà mai pace senza giustizia.

Rinnoviamo dunque, ancora una volta, un accorato appello a tutti i responsabili della politica nazionale, europea e internazionale perché intervengano energicamente per mettere fine a questa tragedia facendo rispettare il diritto internazionale dei diritti umani, la legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni Unite. Israele e Palestina: due Stati per due Popoli. Stessa dignità, stessi diritti, stessa sicurezza.
 
 
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In appello ribaltata la sentenza di primo grado. Cade la condanna per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e altri reati. Per Sposato, Cgil Calabria: "La sentenza rende giustizia”

 Foto: Ansa

Oggi la Corte di appello di Reggio Calabria ha deciso, cancellata la pena a 13 anni e mezzo emessa in prima grado, rimane una condanna a un 1 anno e 6 mesi per abuso d’ufficio, ma la pena è sospesa. La sentenza è stata emessa questo pomeriggio e a salutarla positivamente sono stati in tanti.

Accogliere e aiutare chi arriva dal mare non è reato, l’ex sindaco di Riace non ha lucrato, non si è arricchito, non ha commesso reati. E quanto Mimmo Lucano realizzò nella sua cittadina rimane un ottimo modello che, se ci saranno altri amministratori lungimiranti e coraggiosi, potrà essere replicato.

 

 

La sentenza della corte d'appello di Reggio Calabria rende giustizia a Mimmo Lucano”. Questo il commento del segretario generale della Cgil della Calabria Angelo Sposato all’arrivo della sentenza d’appello, che ha aggiunto: “Noi che conosciamo Mimmo non avevamo alcun dubbio. Il modello di accoglienza di Riace è salvo e richiama da subito una forte discussione sulle politiche dell'immigrazione e sul superamento della legge Bossi Fini. È ancora possibile un altro modo di intendere e praticare l'umanità”.

Lucano ha atteso la sentenza lontano dal tribunale, nella sua Riace: “È la fine di un incubo che in questi anni mi ha abbattuto tanto, umiliato, offeso. È la fine di incubo che per anni, ingiustamente, mi ha reso agli occhi della gente come un delinquente. Lucano è stato attaccato, denigrato e accusato, anche a livello politico e non solo, quindi, giudiziario, per distruggere il 'modello Riace”.

E la sentenza è arrivata proprio nelle stesse ore in cui un altro Tribunale, quello di Catania, rimetteva in libertà 4 migranti arrivati da Tunisi non convalidando i trattenimenti nel Cpr di Pozzallo stabiliti dal questore della città dell’Etna.

SOCIALISTI. La leader Pd incassa il sostegno di Franceschini: «Elly ha vinto il congresso, guai a indebolirla». Bersani: un pezzo di establishment la tratta come una macchietta. Bonaccini: è ora di andare in piazza

Schlein vede il leader portoghese Costa: «Battaglie comuni su salari e ambiente» Elly Schlein con il premier portoghese Antonio Costa

Un incontro di due ore con il premier portoghese e leader socialista Antonio Costa. Elly Schlein, dopo aver ospitato alla festa di Ravenna l’ex vicepremier spagnola Yolanda Diaz, prosegue nei suoi incontri con i leader socialisti e di sinistra europei. «Con Costa abbiamo parlato del progetto pilota di una trentina di aziende sul tema della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. In Portogallo lo stanno facendo e io credo che questa strada vada seguita anche in Italia perché si è verificato che aumenta anche la produttività», le parole della segretaria Pd.

Sono molti i temi, sia internazionali e europei, che di politiche economiche del governo portoghese che Schlein guarda con interesse. «Stanno facendo delle scelte per rilanciare l’economia e ridurre le disuguaglianze», ha spiegato. Citando poi altri temi come salario minimo, sanità pubblica, misure di sostegno al potere d’acquisto delle famiglie e politiche abitative. Si tratta di «priorità comuni delle forze socialiste europee nel rilancio dell’economia e del lavoro dignitoso, nella lotta ai cambiamenti climatici. Alle prossime europee la sfida è tutta qui, tra chi guarda al passato e ai confini come se risolvessero i problemi delle persone, e chi invece le prende per mano per migliorarne le condizioni di vita e di lavoro», il ragionamento della segretaria dem.

Prossimo appuntamento in agenda è quello con Pedro Sanchez, che potrebbe presto tornare al governo della Spagna.

Sul fronte interno, la leader Pd ieri ha incassato il sostegno di uno dei suoi grandi elettori, Dario Franceschini, e anche di Pier Luigi Bersani, fresco di rientro nel Pd. «Troppe volte abbiamo mostrato un partito diviso e litigioso», ha detto Franceschini alla festa Pd di Napoli. «Troppe volte abbiamo eletto un leader e dal giorno dopo abbiamo iniziato a indebolirlo: sono tutte cose che abbiamo pagato e non dobbiamo ripetere questo errore».

«Elly Schlein è stata eletta in un confronto democratico, sereno e vero – ha aggiunto l’ex ministro – ha vinto le primarie e dal giorno dopo bisogna che lavoriamo tutti in squadra. Non uniformando tutte le idee, perché il Pd ha al suo interno sensibilità, personalità e visioni culturali diverse, ma facendo una battaglia comune. Serve molta lealtà, compattezza, far diventare le diversità tra di noi un elemento di ricchezza e non di divisione. Se faremo queste cose ci metteremo nelle condizioni di avere un grande successo alle europee, poi via via iniziare il cammino per tornare alla guida del Paese».

Bersani, in un’intervista, ha rincarato: «Se guardassero Schlein dal basso invece che dall’alto vedrebbero che le perplessità di una parte delle nostre generazioni sono la speranza di una parte delle nuove». «Attenzione alle manovrette di un certo establishment che pensa: c’è una destra in difficoltà, una sinistra che balbetta, troveremo qualcosa di extracorporeo, di extrapolitico, che sopperisca», ha aggiunto Bersani. «Questo desiderio c’è. Lo sento, inutile fare gli ingenui. C’è un pezzo di sistema che sta trattando Elly come una macchietta».

Non è mancata una stoccata a Conte dopo gli attacchi del leader 5s ai dem sui migranti: «Spero siano solo tatticismi. Pensare che sia il più divisivo a vincere la competizione significa star fuori come un balcone: da qui a sei mesi ci sarà un’onda che chiederà unità per l’alternativa. Io sono convinto che fra Pd, 5S e sinistra-verdi una quadra si trova. Poi però occorre l’altro filone, quello liberal-democratico. Calenda non vuole? Dovremo trovare qualche altra soluzione. Trovo alcune sue posizioni condivisibili e lo stimo anche, il problema è che sembra non voglia mai tenere i piedi alla sera dove li ha messi la mattina».

Bonaccini ha incalzato Schlein sulla piazza: «Il tema è di provare ad andare in piazza, non solo con la Cgil. Io penso che il Pd, come Elly ha detto molto bene, debba prevedere ogni tanto di organizzarle anche lui le manifestazioni, alle quali chiamare tutti quelli che ci vogliono venire. E credo che con le opposizioni, su due temi, la battaglia sulla sanità, così come sul sanitario minimo legale, ci siano battaglie che si possono condividere insieme»

IMMIGRAZIONE. Schlein contro la premier: hanno fallito. Majorino: puntiamo sugli arrivi legali per stroncare il traffico di essere umani, come ha detto Mattarella. Bisogna rendere obbligatoria la redistribuzione tra i paesi Ue
«Ingressi legali e via la Bossi-Fini»: la ricetta Pd Pierfrancesco Majorino - LaPresse

La destra sull’immigrazione ha fallito. Se vogliamo affrontare seriamente il tema, abbiamo bisogno di vie legali e sicure per l’ingresso che è esattamente il contrario di ciò che fa la legge Bossi-Fini». Elly Schlein ieri ha riunito la segreteria Pd per affrontare il tema migranti. E alla premier che accusa i dem di volere una immigrazione di massa e di avere proposte «boomerang», replica con durezza: «Lei si è dimostrata campionessa mondiale di boomerang che tornano addosso al Paese. Si ricordi che al governo c’è lei e si impegni a gestire il fenomeno migratorio anziché attaccare l’opposizione, perché a Lampedusa dei suoi slogan traditi non se ne fanno nulla».

Nel merito, il Pd ha preparato un pacchetto di controproposte: la principale è una proposta di legge – che sarà pronta nelle prossime settimane- che prevede l’abolizione della Bossi-Fini e l’apertura di vie legali per l’accesso in Italia, per stroncare il traffico di essere umani sui barconi. Segue la richiesta all’Ue di una missione navale di soccorso europea e la revisione del trattato di Dublino, che prevede l’accoglienza dei migranti a carico dei paesi di primo approdo come l’Italia, senza meccanismi automatici e obbligatori di redistribuzione tra i paesi europei. E ancora, accordi con i paesi di partenza ma «solo dove ci sia la garanzia del rispetto dei diritti umani che non possono essere considerati una variabile».

E ancora: attuare con i sindaci «un grande piano per l’accoglienza diffusa», per evitare grandi concentrazioni di persone in poche singole strutture e in poche città. C’è poi la proposta di un «Fondo nazionale per le politiche migratorie» a cui possano accedere i Comuni. Infine, un cambio di strategia nel sostegno allo sviluppo dei paesi africani «con il coinvolgimento dell’Onu».

Al centro della proposta dem c’è l’abolizione della Bossi Fini che prevede che possa entrare legalmente in Italia chi ha già un contratto di lavoro. «L’Italia non ha mai davvero investito sui canali legali per l’immigrazione», spiega Pierfrancesco Majorino che cura questo dossier in segreteria. «E invece questa è l’unica strada per rispettare i diritti umani e governare il fenomeno, come ha spiegato il presidente Mattarella».

C’è poi il tema europeo. «Nel 2022 cinque paesi Ue su 27, tra cui l’Italia è quinta, hanno affrontato da soli l’85% delle richieste d’asilo presentate in tutta Europa. Non è questa la solidarietà europea prevista dai Trattati», spiegano i dem. Majorino attacca la destra: «Avevano spiegato che l’immigrazione era responsabilità nostra e delle ong, e invece i fatti di questi giorni dimostrano che non era vero». Quanto ai dem, l’europarlamentare spiega che «non c’è nessuna divisione tra la linea liberal della segretaria e quella più dura dei sindaci: «Su queste proposte siamo tutti d’accordo