da il Manifesto del 5 gennaio 2015
Domenico Gallo
Quest’anno la befana porterà un dono molto velenoso a tutti gli italiani: il 7 gennaio infatti inizierà al Senato la discussione sulla nuova legge elettorale, l’Italicum, portata in aula a tambur battente, prima che venisse esaurito l’esame in Commissione, per soddisfare l’esigenza di Renzi di confezionare il regalo agli italiani prima che le Camere siano distolte dal lavoro legislativo per l’elezione del capo dello Stato.
Com’è noto, molte ed autorevoli critiche sono state sollevate nei confronti della prima versione dell’Italicum concordata fra Renzi e Berlusconi ed approvata, senza troppe varianti, dalla Camera dei Deputati. In particolare, l’appello dei giuristi, pubblicato dal manifesto del 27/1/2014, (vedi allegato) ha segnalato lo sconcerto della cultura giuridica democratica di fronte ad una riforma elettorale che riproduce con poche modifiche lo stesso sistema elettorale che la Consulta ha annullato con la sentenza n. 1/2014, mantenendo un enorme premio di maggioranza, le liste bloccate ed addirittura raddoppiando le soglie di sbarramento.
Nel passaggio al Senato si annuncia un peggioramento decisivo della pur pessima riforma approvata dalla Camera: il premio di maggioranza non verrà più attribuito alla coalizione ma alla singola lista che, superando una certa soglia, otterrà un voto in più delle altre, ovvero che prevarrà nel ballottaggio. In questo contesto il prevedibile dissenso dei partiti minori, esclusi dai vantaggi della coalizione, verrebbe tacitato con un abbassamento al 3% delle soglie di sbarramento, mentre il privilegio delle liste bloccate verrà sostanzialmente conservato, rendendo bloccato il capolista in un sistema elettorale fondato su liste corte.
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L'imminente scadenza elettorale in Grecia ha provocato la reazione scomposta di tutto l'establishment economico finanziario e politico europeo. Come un sol uomo tutti gridano al lupo, ma non perché credono davvero ad una vittoria della formazione di sinistra. Syriza è data come vincente ma molto difficilmente potrà anche solo sfiorare la maggioranza assoluta ed avrà quindi bisogno di molti alleati per poter governare; lo scopo è quello di creare un fuoco di sbarramento che ricatti gli elettori greci in una riedizione deformata del '48 italiano. Allora in Italia si trattava di dire si al piano Marshall, pane e lavoro; oggi in Grecia si agita lo spauracchio di un destino di povertà fuori dall'Unione dopo tutti i sacrifici fatti dalla gente per salvare le banche ed il sistema economico dentro l'euro.
Al diavolo gli stessi valori fondanti dell'Unione europea; della sovranità del popolo greco non gliene frega niente a nessuno! Come già in occasione del mancato referendum proposto da Papandreu, l'Europa dei finanzieri vuole imporre la sua volontà: le elezioni sono solo un fastidio.
Lo stesso capo del governo italiano ci tiene a distinguere le sorti dell'Italia da quelle della Grecia. Infatti sono passati i mesi del semestre italiano e se ne sono accorti tutti che le rivendicazioni renziane verso l'Europa erano soltanto chiacchiere e tweet. Forse Tsipras è più sincero ed ha qualche idea e un po' di determinazione in più.
In un articolo pubblicato sul Corriere della sera del 7 gennaio bene fa dunque Alexis Tsipras, leader di Syriza, a mettere in chiaro che in queste elezioni la sinistra greca incarna l’aspettativa di un mutamento di rotta per l’intera Europa, che non uscirà dalla crisi senza una profonda revisione delle sue scelte politiche. La vittoria di Syriza darà slancio alle forze che spingono per il cambiamento. Perché se la Grecia è finita in una strada senza uscita, l’Europa di oggi è destinata a fare la stessa fine. ...
... È impossibile salvare l’euro quando il debito pubblico è fuori controllo. Ma il debito è un problema europeo, non solo greco: e l’Europa deve accollarsi il compito di cercare una soluzione sostenibile. ...
Leggi tutto l'articolo «La mia Grecia non danneggerà l’Europa» di Alexis Tsipras
Commenta (0 Commenti)Un'interessante riflessione di Nadia Urbinati sui problemi strutturali della cooperazione messi in luce dal coinvolgimento diretto di alcune coop nello scandalo romano di "Mafia Capitale" su Repubblica del 2 gennaio 2015. Così scrive l'illustre politologa :
"La bufera giudiziaria Mafia Capitale che ha coinvolto alcune cooperative mette in luce i problemi strutturali della cooperazione rubricabili sotto due grandi capitoli: la debolezza della politica e l’opacità della sussidiarietà. Sul primo fronte, valgono le parole del presidente di Coop Italia, Marco Pedroni, al Congresso nazionale della Lega delle Cooperative: «nessuna giustificazione può avere l’ignoranza» e la cooperazione che deve fare di più «per arrivare anche prima dei magistrati». La politica della trasparenza è figlia dei principi sui quali si regge la cooperazione: la mutualità e l’associazionismo solidale. Sul secondo fronte, la questione si fa più seria perché la crescita della cooperazione è avvenuta in concomitanza con la politica della sussidiarietà, entrata a far parte della Costituzione con il Titolo V.
Delineando il programma futuro al Congresso della Lega, Mauro Lusetti ha messo tra i settori in espansione «la sussidiarietà rispetto a uno Stato non più in grado di mantenere l’universalità dei servizi». La cooperazione a sfondo sociale vive di finanziamento pubblico, è in crescita e si è dimostrata permeabile all’infiltrazione mafiosa e alla corruzione." ...
Vi segnaliamo un'acuta e pregevole riflessione di Giovanni Bianchi, già presidente del PPI e fondatore e presidente dei Circoli Dossetti di Milano, sul tema del populismo e delle derive plebiscitarie di cui il nostro paese sembra essere più che mai vittima.
Nell'articolo "La democrazia ai tempi del populismo" Giovanni Bianchi dopo aver messo a fuoco i caratteri del populismo odierno ed la difficoltà del binomio governabilità-democrazia conclude osservando:
"... mi parrebbe meglio rimettere mano alle forme del politico piuttosto che picconare la Costituzione (oltre il bicameralismo perfetto, e poi basta) e pasticciare con i sistemi elettorali (oltretutto il mattarellum ha dimostrato di funzionare) ed istituzionali."
Giovanni Bianchi
"La democrazia ai tempi del populismo"
12/12/2014
Siamo entrati nella stagione dei populismi, non solo in Italia. Il populismo cresce sulle metamorfosi e sulla dissoluzione dei partiti di massa, ma trae linfa dall'assetto dei poteri globali. E lascia aperti numerosi problemi: la partecipazione, la condivisione delle decisioni, le derive plebiscitarie, il ruolo degli enti intermedi, la fine delle ideologie, l'esercizio della critica e i partiti personali. Forse è giunto il momento di lavorare sulle forme di partecipazione, sui soggetti della politica.
Nell'ambito del dibattito in corso, anche su questo sito, sulle conseguenze politiche dei risultati delle recenti elezioni regionali e sulle prospettive della sinistra in Italia (vedi anche il Convegno di Roma) è pertinente e può essere utile leggere questo intervento di Luciano Gallino pubblicato da Repubblica il 16 dicembre.
Gallino parte dall'esigenza che si sviluppi una forza politica di opposizione capace di raccogliere la "domanda di sinistra" emersa con forza da coloro che hanno partecipato, determinandone il successo, allo sciopero generale del 12 dicembre. Passa poi in rassegna il panorama europeo soffermandosi sulle differenti esperienze di Syriza in Grecia e di Podemos in Spagna: nessuna di queste, però, può essere meccanicamente trasferita in Italia o a causa dei detriti della vecchia nuovasinistra o per i limiti di capacità autorganizzativa dei movimenti presenti nel Paese. In ogni caso è urgente una tale costruzione, attorno ad un programma che ponga al centro l'Europa dei cittadini e all'ordine del giorno la riforma dei Trattato Ue ad esempio sul ruolo della Bce. Osserva Gallino:
"Nessuno ha mai sentito un solo politico che mostri di avere una conoscenza minimale dei trattati Ue, e ammetta che non sono scolpiti nel granito. In realtà si possono cambiare, ed è indispensabile farlo, a condizione di costruire una forza politica all’altezza del compito"
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Commenta (0 Commenti)"Perché il 12 dicembre – una data quanto mai evocativa – l’Italia si fermerà per lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil?
Per difendere la dignità dei lavoratori, da cui dipende tra le altre cose la democrazia nel lavoro e siccome il lavoro è il fondamento costituzionale su cui si regge il nostro paese, si sciopera e si manifesta per difendere la democrazia tout court."
Così scrive Loris Campetti sul Manifesto dell'8 dicembre. Leggi Qui l'intero articolo "12 dicembre 2014: lo sciopero generale e la dignità dei lavoratori"