Commentando i risultati elettorali dell’Emilia-Romagna, la direttrice di questo giornale ha invitato il Pd a «restare con i piedi per terra», a non pensare che sia possibile vincere solamente «con la solita storia dei cespugli da usare per abbellire il giardino».
Ma i «cespugli», in particolare quello dei «coraggiosi» che sta nella parte sinistra del giardino, cosa ne pensano? Già poco dopo la formazione del secondo governo Conte il deputato Fratoianni aveva fatto delle «alleanze» la pietra di paragone per essere ammessi in una «rete di sinistra». Ora, dopo il «successo» in Emilia, ripropone con più forza per tutto il paese «una lista alleata con le caratteristiche di Coraggiosa» (il manifesto, 29 gennaio).
«Alleanza», quindi, è il vocabolo indice dell’operazione politica in corso, non facile a definire in assenza di qualsiasi determinazione temporale. Non sembra che i pensieri lunghi siano la preoccupazione principe, sono piuttosto gli appuntamenti elettorali le scansioni su cui misurare i pensieri. Vengono in mente le risposte che alcuni senatori democratici dettero al grande scrittore americano Gore Vidal nel periodo in cui faceva campagna elettorale a favore per partito che fu di Roosevelt. Vidal aveva chiesto le loro opinioni a proposito della possibilità di un nuovo New Deal. Quei senatori gli risposero, in tutta confidenza, che il proprio orizzonte progettuale si muoveva tra i tempi delle elezioni generali e quelle di medio termine.
Nell’Italia di oggi (e non solo in Italia) una sinistra non può non avere come asse caratterizzante l’ispirazione sottesa al New Deal. Il che significa l’impegno prioritario per un governo in grado effettuare una politica industriale, ed in senso più lato una vera politica economica. Cioè di una radicalità rispetto all’attuale barbarie economico-sociale, e non quella radicalità generica ed evanescente che ha aleggiato nei discorsi sulla «rigenerazione» di una sinistra senza confini, priva di un proprio nocciolo duro analitico (il manifesto 16 febbraio).
È affatto ovvio che un tale governo politico non si pone, realisticamente, in un orizzonte di tempi brevi, per cui è necessario operare anche in termini tattici, ma di una tattica coniugata ad una strategia. E la strategia rimane la grande assente dal processo in corso.
Il tutto è reso ancora più complicato dalla presenza di una destra pericolosa e dalla possibile, anzi probabile, sua affermazione in campo nazionale. Per cercare di batterla è certo necessaria la tattica, ma senza una visione strategica è insufficiente, completamente sterile. Le alleanze sono aspetti integranti della tattica, nessuno può essere contrario per principio alle alleanze, ma è indispensabile averne chiari limiti e prospettive. Quando si usa il termine di «alleanza» ci si deve riferire a «forze» contraenti.
E sempre nel nostro contesto di «forze» ce n’è una sola, per cui è decisamente improprio parlare di «alleanza». Si tratta piuttosto di aggiungere un’area corpuscolare di buoni propositi, di buoni sentimenti, di buone speranze, di civile comportamento politico, espressione del «ceto medio riflessivo», ad una forza che ha una struttura di pensiero e prassi politica consolidate in una storia di ormai trent’anni. Non è che la forza-Pd debba restare sempre uguale a sé stessa, può avere bande di oscillazione piuttosto ampie: da Renzi all’attuale «apertura» nei confronti dei «cespugli» (di destra e di sinistra peraltro) e all’ «ascolto» delle voci che provengono dalla società civile. Con un partito che subisse davvero l’influenza di Elly Schlein sarebbe certamente più facile studiare le forme possibili per opporsi alla destra senza rimanere, sostanzialmente, nell’ambito di una «sinistra per simmetria». Ma non per questo, senza un salto di paradigma, si potrà recuperare la fiducia dei ceti subalterni, dei «proletari».
Dobbiamo far riapparire sulla scena politico-sociale i «padroni» che da tempo si sono ritirati nell’empireo, dal quale, tuttavia, conducono un’efficacissima lotta di classe. E per questo occorre una sinistra autonoma e saldamente ancorata all’universo delle teorie critiche dell’economia e della società.
Opera difficilissima considerata l’attuale riduzione ai minimi termini elettorali di coloro che, nonostante tutto, provano a muoversi in tale prospettiva. Opera che abbisogna di «tanto troppo coraggio» per i «coraggiosi»?
Commenta (0 Commenti)Coronavirus. Può essere l’occasione per prendere coscienza del punto esatto nel quale è iniziata la deriva inarrestabile che mette in discussione le basi della civiltà fin qui realizzata: in discussione è l’intero modello di sviluppo globale, le gerarchie di mercato della globalizzazione reale, senza regole, che sembrava inarrestabile e che invece all’improvviso si scopre vulnerabile ma senza ammetterlo
Codogno deserta © Ap
Per paradosso che possa sembrare, ecco che l’epidemia terribile del Coronavirus sembra riportare in primo piano i contenuti di fondo della politica, quelli che fatichiamo a rendere evidenti in primo luogo alle nostre coscienze.
Perché viviamo nella stagione storica nella quale precipita la crisi del modello energetico basato su fonti non rinnovabili, mentre è sotto gli occhi di tutti – meno che dei potenti – la calamità che non dà speranza del riscaldamento climatico, e la guerra che si diffonde nel mondo come in un supermercato producendo esodi di massa.
A ben vedere sono tutti argomenti che richiamano in primo piano le scelte sul destino di una sola razza, quella umana, e che riportano alla luce temi decisivi, quali le forme della democrazia necessaria, dell’eguaglianza e della libertà nell’epoca dell’assolutismo del capitalismo finanziario e della iperconnessione dell’informazione; e insieme ripropongono la residua resistenza del bene comune di fronte alla logica e alla pratica istituzionale della privatizzazione generalizzata che ha colpito quel 99% di esseri umani subalterni che non hanno potere, espropriati di ogni possibilità e ricchezza nel presente e nel futuro.
L’epidemia del Coronavirus, nella sua pericolosità reale e in quella enfatizzata dai media, sembra rappresentare così una sorta di malefica sfida e di epocale occasione.
Un’occasione per prendere coscienza del punto esatto nel quale è iniziata
Leggi tutto: L’epidemia come sfida e occasione - di Tommaso Di Francesco
Commenta (0 Commenti)Per fronteggiare l’emergenza Coronavirus utilizzeremo i cacciabombardieri F35 comprati dall’americana Lockheed Martin? Forse in questo frangente potevano fare comodo i miliardi di euro destinati allo scopo. Solo per l’ultimo l’acquisto di 27 aerei sono stati investiti oltre 3,5 miliardi di euro, costo medio per aereo di quasi 130 milioni di euro (escluse le spese di armamento e di manutenzione e aggiornamento del software). Altri 10 sono già stati consegnati e 8 sono in produzione. Quindi 45 aerei per un totale di circa 5,8 miliardi di euro. Non li avessimo spesi, forse adesso farebbero comodo per gli ospedali, medici e ricerca di medicine e vaccini nonché per compensare le fabbriche chiuse e i lavoratori a casa.
Davide Patuelli, Faenza
Commenta (0 Commenti)https://www.lapressa.it/articoli/societa/rifiuti-zero
Il sovradimensionamento degli inceneritori come quello di Modena che hanno bisogno di grandi quantità di rifiuti indifferenziati (e di plastica), per funzionare e per fare business è contrario ed ostacola la diffusione di buone pratiche verso rifiuti zero. Pratiche che dove applicate, come nei comuni dell'area nord della provincia di Modena gestiti da Aimag o in capoluoghi di provincia come Forlì (dove da 4 anni Alea ha sostituito Hera) hanno portato a risultati impensabili fino a qualche anno fa.
Abbassando radicalmente, migliorando la qualità della raccolta e della differenziazione e del riciclo, la quantità pro-capite di rifiuti indifferenziati prodotti all'anno.
Per questo Regione ed Hera, portatori fino ad ora di un modello basato dul core-business dello smaltimento, sul sistema degli inceneritori sovradimensionati anche rispetto al fabbisogno via via inferiore del territorio regionale e provinciale, sono obbligati ed invitati alla sfida della riconversione ecologia, rispettivamente sul piano politico e gestionale ed industriale.
La sfida che oggi la rete regionale rifiuti zero ha rilanciato da Soliera al convegno 'Sotto il muro dei 100 kg'. Occasione per premiare i comuni virtuosi che si sono distinti per l'applicazione di buone pratiche e per il raggiungimento di obiettivi importanti sia nella
Leggi tutto: Rifiuti zero, sfida a Bonaccini ed Hera: 'La svolta è possibile, basta scuse'
Commenta (0 Commenti)Guarda l'intervento su youtube :
https://www.youtube.com/watch?v=TLW7e3gEan0
Commenta (0 Commenti)Intervista all'ex sindaco di Cagliari. Serve una coalizione ampia e plurale, come in Emilia. Con Pisapia l’abbiamo già praticata. Guardiamo con interesse al percorso dem. Ci confronteremo, del resto lo stiamo facendo da tempo. c’è già una classe dirigente nuova, Elly Schlein è stata votata per la sua coerenza
Il voto in Emilia Romagna ha ridato slancio all’idea di coalizione di un centrosinistra plurale che alcuni esponenti della sinistra, di generazioni diverse, hanno incarnato da tempo. Massimo Zedda, ex sindaco di Cagliari e oggi capo dell’opposizione progressista alla regione Sardegna, l’ha proposta già alle politiche del 2018, con Giuliano Pisapia. Alla guida del Pd c’era Renzi, non se ne fece niente.
Zedda, il tempo è galantuomo?
In realtà Pisapia l’aveva già proposta a livello nazionale e poi realizzato nel 2011 a Milano. E noi a Cagliari. E con successo. È l’idea della costruzione di un centrosinistra nuovo, cioè rinnovato nei temi, coerente rispetto ai programmi presentati. E che soprattutto sappia andare oltre il Pd. Ora in Emilia Romagna il Pd ha ottenuto un ottimo risultato, ma per vincere sono state necessarie altre liste, come «Coraggiosa», quella del presidente e le altre che compongono un centrosinistra plurale che ha dato uno spazio anche gli elettori delusi. L’obiettivo non è «solo» la vittoria ma il buongoverno del territorio che ci si candida ad amministrare.
Oggi la destra nazionalista ha il vento in poppa. Un’idea di coalizione larga è l’ultima chiamata per non farla straripare?
Non so se si può parlare di ultima chiamata. Anche in aeroporto dopo l’ultima chiamata può succedere che qualcuno perda il volo. Mi lasci dire fuor di metafora: oggi il volo lo stanno perdendo i sardi. È saltata la ‘continuità territoriale’: in Sardegna con il presidente leghista, anche se lui si definisce sardista, da un mese non si può prenotare un volo per Roma o Milano dopo il 16 aprile. Le ho fatto questo esempio per dire che la nostra necessità non è quella di fare un’alleanza per vincere, ma per non consentire a questa destra di devastare il paese.
Lunedì pomeriggio a Cagliari con Fratoianni e Elly Schlein discuterà di obiettivi comuni e autonomia. Come ha fatto ieri a Sassari.
L’autonomia che vuole la destra viene è la libertà di fare azioni contro le leggi e senza controllo. Abbiamo iniziato una serie di incontri sul territorio con le candidate e i candidati e con tante cittadine e cittadini che hanno sostenuto il centrosinistra alle regionali del 2019. Lunedì parleremo anche di quello che sta accadendo in Regione. Il punto è questo: qui la destra nazionalista interpreta l’autonomia con la paura, la chiusura in sé e senza volontà di competizione con le altre realtà. Isola le istituzioni, isola le persone. Noi dobbiamo essere capaci di declinare il nostro senso di appartenenza all’opposto: i problemi sono comuni, la solidarietà è un elemento di forza per tutti, l’unità di intenti, di forza, di relazioni, fa crescere tutto e tutti. Non l’interesse particolare. Il problema del lavoro non riguarda un solo individuo ma milioni di persone. Servono politiche unitarie che guardino a tutto il territorio nazionale. E invece la destra si disinteressa del meridione, lo concepisce come un bacino di voti, non investe sul suo sviluppo. È l’elemento che genera la paura sul quale loro fondando il consenso.
Immagina una lista «Coraggiosa» a livello nazionale?
Non mi sono appassionato mai ai nomi. Il senso delle prossime iniziative è stare insieme, in alcuni casi anche tornare insieme. Il nome verrà, di nomi ne abbiamo tirato fuori anche troppi, quando dietro quei nomi c’erano poche cittadine e cittadini.
La sinistra è segnata da fratture in alcuni casi antichissime. C’è il problema di una nuova classe dirigente che chiuda con l’eterna pulsione alle divisioni?
Credo che una classe dirigente nuova ci sia già, e lo dimostra per esempio il voto a Elly Schlein: è stata riconoscibile per l’elettorato della sua regione, che chiede alla sinistra maggiore coerenza. Penso alle politiche ambientali. Non significa ‘solo’ tutela dell’ambiente. Intendiamoci, c’è chi lo devasta, ma le leggi italiane sono tra le più avanzate al mondo. Oggi il tema è basare lo sviluppo sull’ambiente, cioè sulla conversione, sulle rinnovabili. È elemento fondamentale per abbattere la spesa sanitaria: il 70 per cento dei tumori è legato a fattori ambientali e alla qualità della vita. Investire in bonifiche, innovazione, ricerca scientifica significa creare nuovi posti di lavoro.
Il centrosinistra governa con i 5 stelle. Nella sua regione c’è la possibilità di un avvicinamento?
Sta accadendo. Non dall’oggi al domani. Ed è possibile perché dall’inizio manteniamo una disponibilità al confronto, che giorno dopo giorno determina l’eliminazione dei sospetti reciproci. L’altro elemento, per noi di sinistra, è la riconoscibilità. In particolare i 5s della prima ora, quelli nati sull’ambientalismo e sulla trasparenza nella pubblica amministrazione, sanno come abbiamo governato Cagliari. Oggi spesso facciamo insieme le battaglie d’opposizione in regione. Ovviamente ci sono differenze caso per caso, e nel resto del paese regione per regione. In alcuni posti il dialogo è più avanzato, in altri meno. Ma la tendenza c’è.
Zingaretti ha lanciato un congresso o, meglio, una conferenza programmatica ‘aperta’ anche a chi sta fuori dal Pd. È interessato?
Siamo dell’idea che nel centrosinistra ci sia il bisogno di creare una coalizione ampia e non un unico partito che ricomprenda tutti. Alle regionali bisogna presentare delle liste, e così alle comunali. Alle politiche vedremo quale sarà la legge. Guardiamo con interesse al percorso del Pd, penso che sia opportuna questa apertura sui temi. Vedremo che cosa accadrà, Zingaretti ha parlato di un ripensamento profondo, forse un cambio di nome. Ma la mia opinione è che per noi, per ora, il discorso è prematuro. Seguiremo il dibattito con attenzione, ci confronteremo, del resto lo stiamo già facendo da tempo. Ma continuo a pensare che nel paese manchi una forza organizzata di sinistra vera, forte, coerente.