Intervista. Il coordinatore di «Energiaperlitalia», professore emerito a Bologna, ha lanciato un appello accorato contro il via libera estivo alle ricerche di gas a Lugo (Ravenna): mi hanno lasciato sbalordito
Le cattive notizie non vanno mai in ferie», così Vincenzo Balzani, professore emerito dell’Università di Bologna e coordinatore di Energiaperlitalia.it, inizia il suo appello diffuso via social contro le nuove trivellazioni a Lugo, nel ravennate. All’inizio del mese di agosto, il ministero della Transizione Ecologica ha infatti emesso un provvedimento di autorizzazione ai lavori di perforazione del pozzo «Longanesi 3 Dir» allo scopo di estrarre metano nella concessione «San Potito». Il nuovo pozzo avrà una profondità di circa 2.800 metri. L’autorizzazione, che fa riferimento a passate deliberazione regionali (n. 1332/2019) e alla Valutazione di impatto ambientale (n. 2266/2016), è stata concessa alla società Padana Energia s.p.a, del gruppo Gas Plus, che si autodefinisce «uno dei principali operatori nella produzione di gas onshore dell’Italia settentrionale».
Professor Balzani, perché ha lanciato questo appello contro le perforazioni a Lugo?
Questa autorizzazione mi ha lasciato sbalordito. Mi sono chiesto come sia stato possibile concederla, dopo il lancio del Next Generation Eu, il Pnrr e il recente documento dell’Ipcc sui cambiamenti climatici. I combustibili fossili attualmente estratti sono in quantità già molto superiore a quella che si potrebbe utilizzare se si vuole salvare il clima. La cosa ridicola è che il documento di autorizzazione inizia citando un Regio Decreto del 1927. Non so cosa dica quel decreto, ma so che da più di settanta anni abbiamo la Repubblica Italiana, che la prima cella fotovoltaica è stata inventata nel 1954, e che il fotovoltaico converte l’energia solare in energia elettrica con un’efficienza cento volte maggiore di quella della fotosintesi naturale senza generare inquinamento e gas serra. Oltretutto siamo il paese del Sole!
Questa autorizzazione però non è nuova, sembra un atto dovuto di un iter già avviato da anni?
Dicono che si tratta di provvedimenti già da tempo approvati e che, in caso di mancata autorizzazione finale, la compagnia petrolifera avrebbe potuto far causa al governo. A mio parere, sarebbe stata un’ottima occasione per far conoscere ai cittadini la realtà del cambiamento climatico, definito dalla conferenza di Parigi come «la minaccia più grave per l’umanità», minaccia che, come sanno bene gli scienziati e come scrive Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’, è possibile scongiurare solo smettendo di usare i combustibili fossili. Dal Ministero della Transizione Ecologica e dalla Regione Emilia Romagna, se veramente si fosse trattato di un atto dovuto, mi sarei aspettato almeno una dichiarazione per ammettere l’errore fatto negli anni passati concedendo questa autorizzazione, che ora ritengono irrevocabile.
Il ministro Cingolani ha definito gli ambientalisti dei «radical chic» accusandoli di essere «peggio della catastrofe climatica». Un’accusa pesante, non crede?
In molti abbiamo auspicato la costituzione di questo ministero, ma il ministro non si dimostra all’altezza di questo compito. Anziché incoraggiare i cittadini, fa dichiarazioni sconsiderate. Ad esempio, anziché parlare della necessità di riqualificare i lavoratori del comparto fossile per sviluppare le energie rinnovabili, parla del rischio di «bagno di sangue». Eppure è noto che la transizione energetica porterà ad un aumento dei posti di lavoro. Ugualmente, delinea un futuro funesto con frasi del tipo «morire di ambiente o morire di fame». Se il Ministero vuole informarci sui disastri, lo faccia ricordandoci che dal 1970 al 2019 si sono verificati 11.000 eventi estremi climatici che hanno causato più di 2 milioni di morti e danni per 3.600 miliardi di dollari. Ma per distrarre da questi numeri e per ostacolare la transizione alle energie rinnovabili, parla spesso di altri argomenti come il nucleare di IV generazione e della fusione nucleare, tutte tecnologie queste sì non mature e collegate a gravi problemi economici e sociali.
Il territorio italiano può produrre energie rinnovabili a sufficienza?
Ci sono già molti studi che dimostrano che la conversione dall’uso dei combustibili fossili alle energie rinnovabili (solare, eolica e idroelettrica) è non solo possibile, ma anche economicamente conveniente. In particolare, uno studio dell’Università di Stanford si interessa anche della specifica situazione italiana e dimostra che entro il 2050 l’Italia potrebbe affrancarsi dall’uso dei combustibili fossili e produrre tutta l’energia che serve con fotovoltaico (57%), eolico (26%), solare a concentrazione (13%) e idroelettrico (4%), con un aumento di 770.000 posti di lavoro e un risparmio medio per persona do 6.800 euro.
Eni e le altre compagnie Oil & Gas definiscono il metano necessario per la transizione. La stessa cosa la dice anche il ministro Cingolani.
Quello che i sostenitori del gas non ci dicono mai è che il metano è un gas serra 70 volte più potente della CO2 e che nella lunga filiera del metano (pozzi di estrazione, tubi, valvole, rubinetti) ci sono inevitabili e poco monitorate fuoriuscite di gas. Si stima che questo «metano fuggitivo» sia circa il 3% di quello consumato, per cui il metano contribuisce in maniera non trascurabile al cambiamento climatico.
L’Europa potrebbe fermare questi progetti di trivellazioni?
Non so se può entrare nei dettagli dei piani nazionali, ma grazie alla Commissione Europea il governo ha dovuto ridurre da 4,2 a 2,8 miliardi i fondi dedicati nel Pnrr all’idrogeno e ha così dovuto rinunciare a finanziare il progettato impianto Ccs (Carbon Capture and Storage) che Eni vorrebbe costruire a Ravenna e che una forte azione di lobby (102 incontri fra industria fossile e ministeri sul Pnrr) era riuscita ad inserire nel piano per produrre il cosiddetto idrogeno blu.