Oggi ricorre il 34° anniversario della tragedia al cantiere Mecnavi di Ravenna, dove all'interno della nave Elisabetta Montanari trovarono la morte 13 operai.
Hanno perso la vita dentro la stiva di una nave in manutenzione, soffocati dai gas innescati dalla fiamma di un carpentiere a contatto con la melma oleosa che gli sventurati dovevano ripulire con stracci e raschietti.
Alcuni di loro erano giovanissimi e al primo giorno di lavoro, finiti nel tritacarne di appalti e subappalti. Secondo diverse testimonianze, subito dopo la tragedia, alcuni responsabili del cantiere contattarono i parenti di alcune vittime non per informarli dell'accaduto ma per ottenere il "libretto di lavoro", che serviva a regolarizzarli...lavoravano in nero.
Una tragedia di questa portata dovrebbe avere insegnato qualcosa, e invece nulla. Oltre mille decessi ogni anno per infortunio sul lavoro (spesso taciuti o messi in secondo piano dai media e dalla politica) sono troppi, per un paese che si definisce civile e all'avanguardia.
Mirco Mazzotti
Una stiva che si trasforma in una bara. Accade la mattina del 13 marzo 1987 nel cantiere navale di Ravenna. Tredici operai, alcuni giovanissimi, restano soffocati all'interno della gasiera Elisabetta Montanari mentre erano impegnati in lavori di manutenzione e pulizia.
Le indagini riveleranno la disapplicazione delle più elementari misure di sicurezza, dalla disponibilità di estintori e presidi antincendio alla previsione di vie di fuga in caso di pericolo. Mostreranno anche la disorganizzazione del cantiere, di proprietà della Mecnavi Srl, il reclutamento di manodopera attraverso il caporalato, la presenza di lavoratori in nero.
Uomini e topi. Uomini trattati e morti come topi. Questa sarà la denuncia che rimbomberà durante i funerali e poi nei mesi e negli anni successivi. "Mai più" si dirà quel giorno. Eppure accadrà tante altre volte ancora.
Per approfondire: https://bit.ly/30Idu9e