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Politica La premier promuove il modello Albania poi lascia il vertice causa febbre. L’esponente di Fdi Lucaselli straparla su Mattarella: «Il presidente usa la Costituzione per esprimere le sue posizioni»

Giorgia Meloni con il primo ministro olandese Dick Schoof al vertice Ue Giorgia Meloni con il primo ministro olandese Dick Schoof ieri al vertice Ue

A Bruxelles la premier è allettata ma soddisfatta. Prima che i colleghi stessi la invitassero a mettersi sotto le coltri col febbrone facendosi rappresentare in sede di Consiglio europeo dal premier greco Kyriakos Mitsotakis si era incontrata con i capi di governo di altri nove paesi, due dei quali socialisti, e con la presidente Ursula von der Leyen.

Tema all’ordine del giorno la lettera della presidente della Commissione Ue sull’immigrazione di due giorni fa: accordo generale e dato che potrebbe averla scritta Giorgia Meloni di suo pugno va da sé che la febbricitante è molto contenta. Nuovo quadro giuridico in tema di rimpatri entro i primi mesi del prossimo anno, definizione più precisa di cosa si intenda per Paesi sicuri, sia d’origine che terzi, ma anche ricerca delle «soluzioni innovative», formula con la quale si allude direttamente al protocollo italo-albanese che la premier non ha alcuna intenzione di considerare sepolto. Insomma, come al solito Giorgia Meloni procede a stento in patria ma si rifà con gli interessi in un’Unione europea che per lei se non ci fosse bisognerebbe inventarla.

TUTTO BENE DUNQUE? No, perché come al solito si mettono in mezzo i Fratelli, anzi in questo caso una Sorella d’Italia, Ylenja Lucaselli, non l’ultima arrivata, relatrice sulla manovra. In televisione prende di mira di brutta quel capo dello Stato col quale la premier cerca in tutti i modi di evitare frizioni: «Secondo me utilizza spesso il riferimento alla Costituzione per esprimere la propria posizione rispetto ai provvedimenti del governo».

Poi, se possibile, peggiora la situazione: «Sicuramente c’è molto interventismo che poi non si traduce in blocco dei provvedimenti, come sull’immigrazione o sul ddl Foti sulla revisione della Corte dei Conti perché sono misure imprescindibili e necessarie». Come se Sergio Mattarella non si fosse sgolato per spiegare che il presidente non firma solo le leggi che gli piacciono e se le firma non vuol dire che le condivida ma solo che l’approvazione è stata costituzionalmente in regola.

L’opposizione tutta si scatena, la richiesta rivolta alla premier di prendere le distanze dall’incauta “sorella” è corale. Un po’ tutti segnalano che la parlamentare in tutta evidenza non ha proprio idea di cosa sia la Costituzione. Ma i più costernati non sono gli oppositori: si trovano a palazzo Chigi e se la cavano con un eloquente «E che dobbiamo fare?». Lei, Lucaselli, alla fine non può far altro che tirare fuori un super classico: «Parole strumentalizzate», perché «ho sempre considerato e considero il presidente della Repubblica Sergio Mattarella un punto di riferimento per tutte le forze politiche e per gli italiani».

È UN COPIONE che si ripete. In Europa la premier galoppa. Ieri, nella riunione dei dieci Paesi, la presidente della commissione ha difeso per intero la linea dura e “innovativa” proposta dall’italiana. Se c’è una spina è rappresentata non dall’establishment di Bruxelles ma dai “cugini” Patrioti, o almeno dalla francese Marine Le Pen che boccia senza mezzi termini la trovata albanese: «Non credo che centri come quello in Albania siano la soluzione. Dobbiamo invece attuare una politica di dissuasione. I casi di asilo dovrebbero essere trattati nei consolati e nelle ambasciate straniere».

TRA LE DUE PRIME DONNE della destra europea la competizione sta prendendo piede ma la leader di Rassemblement National non è presidente e non partecipa al Consiglio europeo. Nella riunione di ieri, in compenso, c’era l’Ungheria, d’accordo con la linea Meloni-von der Leyen.

In Italia le cose vanno molto peggio e per vari motivi, alcuni dei quali oggettivi come la crisi europea che mette in ginocchio anche la produzione industriale italiana, che arretra costantemente da mesi. Ma agli strali, pochi, dell’opposizione, e a quelli, molti, della realtà, si aggiunge puntualmente uno stato maggiore tricolore che per l’opposizione è una mano santa. Come è successo anche ieri.