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Unione Europea Gruppo ecologista spaccato, defezioni tra socialisti e liberali. Oggi a Strasburgo il voto per la nuova Commissione Ue

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni - Ansa Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni – Ansa

Rischia di fermarsi sotto la soglia dei 401, con cui von der Leyen è stata eletta a luglio dall’Europarlamento, il voto finale sul collegio dei commissari guidato dalla presidente tedesca. Molte le defezioni all’interno di tutti i gruppi parlamentari che la sostengono, in particolare a sinistra. Il voto si terrà a mezzogiorno nell’emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo. Sarà palese e per appello nominale, tanto da rendere impossibili le sorprese in aula e costringe invece le famiglie politiche a giocare a carte scoperte.

I NODI DEL PROSSIMO ciclo politico sono tutti sul tavolo. E consegnano una maggioranza litigiosa e dai confini incerti, nonostante i tentativi di ricompattaela. Quando il leader Ppe Manfred Weber si proclama soddisfatto per aver compiuto il disegno di un orizzonte largo «dai Verdi a Ecr», viene subito stoppato da socialisti (S&D) e liberali (Renew) che ribadiscono come i Conservatori non sono in maggioranza né può esserci con loro alcuna «cooperazione strutturata». Eppure, FdI darà la sua benedizione, ovviamente nel nome di Fitto e della realpolitik europea.

Di sicuro la coalizione Ursula bis, ovvero Ppe-S&D-Renew, appoggiata dai Verdi ha tremato potentemente di fronte all’opzione (realizzata nei fatti) dell’allargamento a destra. Nelle audizioni per i singoli commissari e in vista del voto di oggi sull’intero esecutivo, il plenipotenziario Ppe Manfred Weber e sponsor dell’accordo con Ecr, sembra aver agito più come avversario interno che come alleato di Ursula. Per questo la presidente della Commissione è tornata a tessere in prima persona la tela delle alleanze. Lo ha fatto riproponendo come base di partenza il patto pro-Europa, facendo breccia sul lato più sofferente: i Verdi.

Il corteggiamento verso la famiglia ecologista si è concretizzato con l’annuncio della scelta dell’ex leader Philippe Lamberts a consigliere di von der Leyen per il Green deal. «I negoziati per la sua nomina erano in corso da tempo e non hanno nulla a che fare con la nostra decisione», si è giustificata la co-capogruppo dei Greens Terry Reintke. Ma la tempistica dell’annuncio, a poche ore dal voto finale di conferma, lascia pochi dubbi.

LA LEADERSHIP DEI VERDI si è fatta convincere da von der Leyen e dalle sue rassicurazioni sul perimetro europeista. Reinke è arrivata a concedere che la scelta del ruolo di Fitto è stata operata «nella logica del Consiglio», ovvero quella delle alleanze tra stati, dove von der Leyen ha bisogno dell’appoggio del governo italiano. O ancora, che le nomine dei vicepresidenti sono state fatte nell’ottica di redistribuzione geografica tra i grandi paesi, dove Germania, Francia e Spagna sono presenti. Altra cosa, ragionano i Greens il percorso parlamentare nei prossimi cinque anni di legislatura. «Negozieremo su qualsiasi cosa la Commissione proporrà, dalla sicurezza interna alla migrazione, dalla giustizia sociale al Green deal», assicura Reintke in evidente affanno.

Però il gruppo dei Greens è sostanzialmente spaccato. La componente italiana è stata la prima ad annunciare voto contrario. Ieri si sono aggiunti i francesi di Les écologistes, seguiti dalle delegazioni di Spagna, Belgio e Croazia. Se infine si sommassero anche gli svedesi, i no potrebbero arrivare alla metà dell’intero raggruppamento parlamentare.

MENO VERTICALE ma comunque importante la frattura che attraversa il gruppo S&D. Digerito l’annuncio del no da parte degli eurodeputati socialisti di Francia a Belgio, saranno i tedeschi a prendere posizione questa mattina, per ultimi, proprio a ridosso del voto. Fonti interne al gruppo S&D anticipano la possibilità di astensione, che nel caso specifico equivale a contrarietà, da parte della componente tedesca. «Alla fine un quarto dell’intero gruppo socialista potrebbe dire no a von der Leyen II», tira le somme un eurodeputato S&D.

Anche tra chi darà certamente il suo ok alla nuova Commissione, le sofferenze non mancano. I socialisti attendono un segnale chiaro dal discorso che la presidente terrà in aula questa mattina. «Dopo la scelta da noi osteggiata di dare una vicepresidenza della Commissione a Ecr, von der Leyen deve chiarire una volta per tutte il perimetro politico della sua presidenza riconfermando l’impianto di luglio», conferma l’eurodeputato Pd/S&D Brando Benifei. «Deve assicurare che su diritti sociali, Stato di Diritto, transizione ecologica e riforma dell’Unione l’agenda della Commissione non segnerà una svolta a destra», auspica. Il Pd, dilaniato dall’affaire Fitto, alla fine voterà a favore