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QUALCOSA IN COMUNE. Questa destra si può battere e si può sconfiggere anche il suo progetto di cambiare i connotati della repubblica

Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni durante il corteo promosso dall'Associazione Libera contro le mafie. Roma, 21 marzo 2024. ANSA/ANGELO CARCONI Elly Schlein, Giuseppe Conte e Nicola Fratoianni durante il corteo promosso dall'Associazione Libera contro le mafie. Roma, 21 marzo 2024 - ANSA/ANGELO CARCONI

Una tripletta nelle principali sfide – Firenze, Bari, Perugia – e, a conti fatti, una tripletta anche tra europee e primo e secondo turno delle amministrative. Che Elly Schlein abbia reali motivi di soddisfazione per l’esito delle elezioni di giugno lo dicono i numeri. Quelli assoluti del voto per Strasburgo, che ha visto il partito di Giorgia Meloni crescere in percentuale ma perdere 700mila elettori mentre il Pd ha guadagnato sia in percentuale che in termini assoluti, e quelli del numero di città (in tutto sei capoluoghi di regione) in cui il centrosinistra, nelle sue diverse articolazioni, ha vinto: in tre casi, Cagliari, Perugia e Potenza, le amministrazioni uscenti erano di centrodestra.

Ma se il risultato puntella senza dubbio la segretaria alla guida sia del Partito democratico che di un campo dentro il quale anche Giuseppe Conte sembra ormai aver deciso di piantare le tende seppure, a malincuore, da comprimario (uscire da questo campo, del resto, significherebbe per l’ex premier consegnarsi a mani alzate ai “puristi” del Movimento pronti a impallinarlo), è la stessa Elly Schlein a segnalare involontariamente il punto debole del centrosinistra: «Le città hanno bocciato la destra che governa e mandato un messaggio chiaro a Giorgia Meloni», sottolineava ieri la leader dem.

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Le città, appunto. I centri più piccoli, non necessariamente «Italia profonda», continuano a guardare prevalentemente a destra. Non è una novità e non è una tendenza solo italiana o solo europea. Ma è comunque segno che nei famosi “territori”, dove spesso agiscono anche rendite di posizione e trasformismi, il centrosinistra ha ancora molto lavoro da fare.

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Tra le città capoluogo di regione, il segnale più interessante viene da Perugia, dove il centrodestra governava da dieci anni. La candidata sindaca vincitrice, Vittoria Ferdinandi, non solo è riuscita a mettere insieme un’alleanza larghissima, ma ha cementato un’alleanza vera – non un mero cartello elettorale – tra partiti, comitati, associazioni in un confronto continuo con la cittadinanza su temi concreti. E forse non è un caso che Ferdinandi, a fronte di un calo dell’affluenza tra il primo e il secondo turno di 5 punti percentuali, abbia riportato alle urne tutti i suoi elettori. Dato allarmante dei ballottaggi è infatti il crollo della partecipazione, scesa dal 62,83% del 9 giugno al 47,71% di ieri. Il 15% dei votanti al primo turno ha pensato di avere fatto già abbastanza allora.

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Alle opposizioni al governo Meloni (quelle che pensano davvero a sconfiggere la destra più che agli sgambetti tra leader, a Matteo Renzi il giochino stavolta è andato malissimo), l’inizio dell’estate porta una boccata d’aria fresca: questa destra si può battere e si può sconfiggere anche il suo progetto di cambiare i connotati della repubblica. Ma, come ribadiscono sia i dem che Avs, altra forza in piena salute, e ora ammette anche un ridimensionato Giuseppe Conte, va costruita quell’unità non di facciata che gli elettori di centrosinistra confermano di premiare. Opponendo al disegno di Meloni e alleati progetti, visione e un po’ di fantasia per non ricadere nei vecchi e logori schemi