Governo Pranzo a palazzo Chigi con il presidente del Senato. Ok al passo indietro della ministra, ma dovrà affrontarla la stessa premier
La premier vuole risolvere lo spinoso caso Santanché rapidamente. Possibilmente prima che il prossimo 29 gennaio arrivi la decisione sullo spostamento dell’inchiesta Inps da Milano a Roma come chiesto dalla difesa della ministra del Turismo o al più tardi subito dopo. Il caso Sangiuliano ha fatto scuola: rinviare e prendere tempo, una volta chiaro che non c’è via d’uscita, serve solo a peggiorare le cose. Molto meglio un taglio quanto più netto e rapido possibile, anche per evitare che montino fantasie pericolose sullo sfruttare la circostanza per reclamare rimpasti. La parola, si sa, è tabù.
PERÒ NON PUÒ ESSERE Giorgia Meloni a rimuovere Daniela Santanchè: significherebbe ammetterne la colpevolezza senza contare il rischio, improbabile ma non impossibile, che la ministra punti i piedi. Non avendo la presidente del consiglio il potere di revocare l’incarico ai ministri ed essendo surreale l’ipotesi di una mozione di sfiducia della maggiorianza o peggio di un semaforo verde a quella già presentata dal Movimento5S sarebbe un bel guaio. Insomma Santanchè deve convincersi e fare da sola il sospirato passo indietro. Al momento ancora non lo è.
A Roma per tutto il pomeriggio si rincorrono voci su un possibile e imminente incontro a palazzo Chigi. Le dimissioni a ore sembrano una possibilità reale. A gettare acqua sul focherello ci pensa la diretta interessata. «Sono a Milano per un impegno importante», esordisce quando l’agenzia Ansa la raggiunge al telefono e l’ipotesi dell’incontro serale con la premier sfuma così. «Mi sembrano cose surreali», aggiunge candida. Se non ieri, magari oggi? Possibile che si decida al gran passo in giornata? «Nulla da aggiungere», taglia corto Santanchè e il drastico taglio delle comunicazioni lascia intendere che la sofferta scelta non la ha fatta e ancora spera di non farla. Intanto però la ministra ha rinviato due impegni ufficiali nei prossimi giorni: la cerimonia per l’attracco del Vespucci a Gedda del 27 gennaio con la stessa Giorgia Meloni, occasione nella quale evitare di affrontare il problemino sarebbe stato difficile, e la fiera del turismo a Madrid, da oggi al 26 gennaio. Segno forse che il pressing su di lei sta ottenendo qualche risultato.
La premier ha in compenso superato un ostacolo di prima grandezza: il muro del presidente del Senato Ignazio La Russa, padre nobile di FdI e intimo della ministra. Ieri il secondo cittadino della Repubblica ha pranzato a palazzo Chigi con la premier. Discussione a tutto campo, argomenti importanti a volontà, fanno sapere da palazzo Madama. Tra i quali, effettivamente, figurava anche la delicata e nota questione. Il semaforo verde di La Russa c’è o così pare. Il presidente del Senato non si opporrà alla scelta della premier, qualunque essa sia. Ma a occuparsi della faccenda deve essere lei.
QUANDO IL FATIDICO e inevitabile colloquio arriverà, Meloni la metterà giù con massima diplomazia. Chiederà alla ministra se la somma di guai che la sta sommergendo le lasci il tempo e la serenità d’animo necessari per espletare i suoi compiti. Una formula diplomatica appunto: il senso della domanda sarà un indice puntato verso la porta d’uscita. Ma a decidere se ottemperare o meno alla richiesta sarà poi la ministra, tipo tra i più caparbi. È dunque probabile che nel pranzo di ieri l’ospite abbia chiesto a La Russa di spingere e consigliare.
L’unica cosa certa è che, una volta strappate le dimissioni, Meloni procederà di corsa per evitare che anche solo si parli di rimpasto. Nuovo ministro in quattro e quattr’otto, con l’ex consigliere politico della medesima ministra Gianluca Carammana, deputato tricolore, al posto dell’attuale titolare. Santanchè permettendo.