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Fatti vostri Berlino la prima, poi le altre capitali. Tra loro Roma. E qualcuno pensa già alle espulsioni. Germania e Regno Unito vogliono togliere l’Hts, che ha preso il potere a Damasco, dalla lista dei terroristi internazionali

Gli esuli siriani celebrano la caduta del regime di Assad a Stoccarda, in Germania, sventolando la bandiera nazionale siriana foto Andreas Arnold/Ap Gli esuli siriani celebrano la caduta del regime di Assad a Stoccarda, in Germania, sventolando la bandiera nazionale siriana – Andreas Arnold/Ap

La reazione a catena sui rifugiati. Prima Berlino, poi Vienna e Bruxelles, seguono Roma, Atene, Copenaghen, Oslo, Helsinki e Amsterdam: scatta all’unisono lo stop alle domande di asilo presentate dai cittadini siriani. Fuori dall’Ue sulla stessa linea ci sono Londra, Stoccolma e Berna. Tra i paesi membri valuta la Francia, si oppone la Spagna. La decisione vale per le migliaia di richieste di protezione compilate in queste ore da chi sta prova a non essere travolto dal cambio di regime a Damasco, ma anche per le decine di migliaia depositate in attesa di approvazione.

L’ITALIA di Giorgia Meloni lavorava da tempo su diverse ipotesi per sbarrare la strada ai siriani, che nel 2024 sono la seconda nazionalità nella classifica degli sbarchi: 12mila persone, poco dietro al Bangladesh, su un totale di 63mila. Per questo era stato recentemente nominato l’ambasciatore a Damasco, unico tra i colleghi Ue. L’obiettivo era studiare con il vecchio regime di Assad delle zone sicure dentro un Paese che sicuro non poteva essere considerato (magari in vista delle nuove regole europee che entreranno in vigore nel 2026).

«Prendiamo atto della segnalazione relativa alla sospensione – dice l’Unhcr – Ai richiedenti asilo siriani in attesa di una ripresa del processo decisionale sulle loro domande dovrebbero continuare a essere concessi gli stessi diritti degli altri richiedenti asilo. Nessuno di loro dovrebbe essere rimpatriato forzatamente». Mentre si bloccano le domande d’asilo, infatti, c’è già chi guarda oltre. L’Austria coglie l’occasione per avviare il giro di vite totale: l’ espulsione dei profughi siriani. Solo una versione meno edulcorata della clamorosa soluzione proposta ieri in Germania dall’ex ministro della Sanità, Jens Spahn, attuale vice-capogruppo della Cdu al Bundestag: «Dovremmo incentivare il ritorno in Siria dei profughi man mano che la situazione lì si stabilizza. Bisognerebbe fare un’offerta economica a chi accetta: biglietto aereo di sola andata per Damasco più un assegno di mille euro a ciascun rifugiato». Di «rimanere concentrati sulla questione dei ritorni», del resto, lo consiglia anche Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

IL MURO SUI MIGRANTI siriani non si limita ai confini Ue. A Londra il governo

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A seguito della perdita di liquido durante le operazioni di ricarica delle autobotti

Vigili del Fuoco hanno domato le fiamme nel deposito Eni di Calenzano, vicino Firenze, in modo da evitare la propagazione ai depositi vicini.

 Fire at Eni plant put out (2)

I tecnici dell'Agenzia regionale Toscana per la protezione ambientale sono sul posto per valutare le potenziali ricadute degli inquinanti, inclusi eventuali effetti sui corsi d'acqua". Lo scrive il governatore della Toscana Eugenio Giani sui social spiegando che l'incendio nel deposito carburanti, che ha causato almeno due morti, 9 feriti - tre dei quali ricoverati in codice rosso - e 3 dispersi "è stato contenuto rapidamente e la colonna di fumo si è alzata notevolmente a causa della differenza di temperatura tra i fumi e l'atmosfera. La situazione - assicura Giani - è sotto controllo. Sono state spente le fiamme evitando che ci fossero contatti con i depositi di carburante. I depositi sono rimasti intatti".

Secondo una prima ricostruzione, l'esplosione sarebbe avvenuta a seguito della perdita di liquido durante le operazioni di ricarica delle autobotti. E' quanto si apprende dagli inquirenti. L'area in cui è avvenuta la deflagrazione è stata posta sotto sequestro.

È stato identificato il corpo di una delle persone morte,  farebbe parte della lista delle cinque persone che mancano all'appello, due morti e tre dispersi, tutti operai che stavano guidando le autocisterne. Nella lista ci sono un operaio originario di Catania di 57 anni, un operaio di Napoli di 62 anni, un operaio originario della provincia di Novara di 49 anni, un operaio nato in Germania ma italiano di 45 anni e un operaio di Matera di 45 anni.

Il Dipartimento della protezione civile ha attivato un alert per un raggio di 5 km dalla zona di esplosione avvenuta a Calenzano, "con cui si chiede di tenere chiuse le finestre e di non avvicinarsi alla zona".   Il Dipartimento ha attivato l'unità di crisi ed è in stretto coordinamento con il Centro di coordinamento dei soccorsi attivato dalla Prefettura. Il Dipartimento sta continuando a seguire la situazione e ha inviato a Firenze un team per supportare le autorità locali.

 La deflagrazione è avvenuta in un'area definita punto di carico dove le autobotti effettuano il rifornimento di carburante. La colonna di fumo è visibile anche dai comuni vicini. Nell'area interessata dall'esplosione è presente un forte odore acre dovuto alla combustione di idrocarburi, tanto che alle persone presenti vengono distribuite mascherine per potersi riparare le vie respiratorie 

VideoEsplosione Calenzano, l'incendio non interessa i serbatoi

 https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2024/12/09/esplosione-alleni-di-calenzano-due-morti-9-feriti-e-3-dispersi-operai-tra-i-45-e-i-62-anni_5bf024ce-8d5c-41df-8227-3b5591f8b107.html

Riaperto dopo alcune ore in entrambe le direzioni l'uscita di Calenzano dell'A1.  Alle 15 "sulle linee convenzionali Firenze - Bologna e Firenze - Prato - Pistoia la circolazione ferroviaria è in graduale ripresa dopo un intervento dei Vigili del Fuoco e delle Forze dell'Ordine a seguito di una esplosione avvenuta al di fuori della sede ferroviaria in località Calenzano". Così Rfi su infomobilità. La circolazione era stata interrotta stamani dopo l'esplosione, avvenuta intorno alle 10:22, con l'attivazione di un servizio sostitutivo con bus. Nel tratto interessato i treni procedono a velocità ridotta e si registrato rallentamenti e possibili variazioni, spiega sempre Rfi.

 
"Abbiamo udito un'esplosione enorme, tutti i vetri sono andati in frantumi e le scaffalature sono cadute per terra. Siamo usciti fuori terrorizzati per proteggerci e capire che cosa era successo.
Qualcuno ha pensato che avessero gettato una bomba, come in guerra". E' la testimonianza di alcuni operai che lavorano nelle ditte accanto all'area Eni di Calenzano (Firenze) dove questa mattina è scoppiata una cisterna. "Il mio furgone si è alzato di due metri da terra e per il boato ora sento poco" racconta un corriere di una ditta di trasporti che ha la sede vicina al luogo dell'esplosione. 

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni segue con apprensione le conseguenze dell'accaduto e ed esprime il più sentito cordoglio per le vittime, la vicinanza ai feriti e alle famiglie colpite e il ringraziamento a quanti si stanno prodigando nei soccorsi.

"Ci sono 15 aziende nei dintorni che sono state evacuate a scopo cautelativo, e che hanno subito danni. Sno in corso valutazioni per capire se si può tornare a lavorare in quei luoghi. Le scuole del territorio sono invece tutte aperte e Arpat è rassicurante sulla qualità dell'aria. La colonna di fumo densa che si è sviluppata era anche molto calda e si è alzata molto. Il vento era piuttosto importante oggi, e quindi si è tutto disperso e non ci sono problemi per la qualità dell'aria". Lo ha detto l'assessore regionale alla Protezione civile Monia Monni parlando con i giornalisti nell'area vicino all'esplosione avvenuta oggi a Calenzano (Firenze). Evacuati da parte del Comune anche una piscina e il palazzetto dello sport che sono non molto distanti dal luogo dell'incidente.

"Sara aperto un procedimento penale per appurare eventuali responsabilità". Lo annuncia con una nota il procuratore capo di Prato Luca Tescaroli che stamattina ha fatto un sopralluogo nel deposito Eni a Calenzano, dove e' avvenuta l'esplosione. "Un'esplosione con conseguente incendio e danneggiamento del deposito Eni" - prosegue il comunicato - ha prodotto la morte di due persone e il ferimento di nove soggetti, di cui due molto gravi". "Allo stato è possibile evidenziare che al momento dell'esplosione erano presenti diverse autobotti parcheggiate all'altezza degli stalli di approvvigionamento del carburante", conclude la nota.

"La situazione più grave è quella del grande ustionato che è a Pisa, e di una delle persone che sono qui che verrà accompagnata dal Pegaso a Pisa: là il centro grandi ustionati opererà su queste due persone". Lo ha detto Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, parlando dell'esplosione di Calenzano. Giani, che si è recato all'ospedale fiorentino di Careggi, dopo la sua visita ha spiegato ai cronisti che "in questo momento le situazioni problematiche sono queste due, naturalmente sono coloro che erano vicini al luogo dell'esplosione, dell'incendio, che quindi hanno ustioni gravissime", mentre "gli altri sono feriti più o meno lievi: per alcuni, soprattutto all'ospedale di Prato, proseguono gli accertamenti

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FOTO | Le immagini della struttura

Uno dei feriti: 'Sembrava ci avesse attraversato un tuono'

 "Non ho mai visto niente del genere nella mia vita, sembrava ci avesse attraversato un tuono". Sono le parole di uno dei feriti in seguito all'esplosione avvenuta allo deposito Eni di Calenzano. L'uomo, 50 anni, si trovava nel suo ufficio a circa 100 metri dal luogo dell'esplosione. Si tratta di uno dei cinque feriti che sono stati trasportati direttamente da lì al pronto soccorso dell'ospedale Santo Stefano di Prato. Nessuno di loro ha subito ferite gravi, ma solo tagli e traumi apparentemente riassorbibili in pochi giorni. "Non abbiamo capito che cosa è successo, perché tutto è accaduto in pochi secondi. L'esplosione - racconta il testimone ferito - è stata così forte da farci saltare per diversi metri all'interno del nostro ufficio, i vetri si sono sfondati e ci hanno ferito. E' stata l'esperienza più traumatica di tutta la mia vita. Sono ancora stordito". 

Società di medicina ambientale: rischi per salute e ambiente

 "La nube di fumo nero sprigionata in seguito all'incendio verificatosi questa mattina presso il deposito della raffineria Eni a Settimello, nel comune di Calenzano, è potenzialmente pericolosa per la salute umana e per l'ambiente". Lo afferma in una nota la Società italiana di medicina ambientale (Sima) che ricorda come incendi di questo tipo possano liberare nell'aria sostanze tossiche con effetti acuti e cronici sull'uomo.
"Tra le principali sostanze che possono rappresentare un rischio per la salute troviamo il monossido di carbonio (CO), gas inodore e tossico che interferisce con il trasporto di ossigeno nel sangue, causando vertigini, nausea e, in alte concentrazioni, danni neurologici o fatali; diossine e furani (PCDD/Fs), con effetti cancerogeni, alterazioni del sistema endocrino e immunitario, policlorobifenili (PCB) e Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici), composti cancerogeni che si sprigionano durante combustioni incomplete e possono provocare danni cellulari e tumorali, Particolato Fine (PM10 e PM2.5), particelle ultrafini in grado di penetrare nei polmoni e nel circolo sanguigno, aggravando patologie respiratorie e cardiovascolari, con un impatto significativo su anziani, bambini e individui vulnerabili, Composti Organici Volatili (COV), tra cui il Benzene, responsabile di leucemie e disturbi al sistema nervoso. "Gli incendi in raffinerie rilasciano sostanze inquinanti che contaminano l'aria, il suolo e le acque - aggiunge poi il presidente Sima Alessandro Miani - le nubi nere sono composte da particolato, gas tossici e metalli pesanti, che si disperdono rapidamente e possono ricadere su un'ampia area circostante, con contaminazione del suolo e dei terreni agricoli, compromettendo la sicurezza alimentare, e inquinamento delle acque, con le particelle e le sostanze tossiche che possono raggiungere le falde acquifere e corsi d'acqua, danneggiando l'ecosistema e l'approvvigionamento idrico". In attesa dei risultati delle analisi ambientali da parte delle autorità competenti, Sima consiglia alla popolazione di rimanere al chiuso, chiudendo porte e finestre per limitare l'esposizione ai fumi, spegnere sistemi di ventilazione e aria condizionata, evitare attività all'aperto nelle aree interessate, monitorare eventuali sintomi respiratori (tosse, difficoltà respiratorie) e contattare i servizi sanitari in caso di necessità". Ancora "non consumare acqua di superficie o prodotti agricoli provenienti dalla zona interessata fino a ulteriori indicazioni". 

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Nella foto: Truppe islamiste nel palazzo presidenziale a Damasco  via Ap

Oggi un Lunedì Rosso dedicato ai simboli.

È fatto di piccole stelle gialle su uno sfondo blu, quello dell’Unione Europea che compare tra le strade di Tiblisi, in Georgia, dove da giorni imperversano le manifestazioni contro il governo filo russo.

Da molti anni è un luogo simbolo dello sfruttamento degli immigrati nei campi, della marginalità sociale ma anche di un grande attivismo solidale di gruppi e associazioni, il comune di Castel Volturno in provincia di Caserta, un reportage ne racconta le contraddizioni.

Emblema della Ville Lumière e testimone oculare dei destini di Francia, la cattedrale di Notre Dame ha riaperto a Parigi con lustro internazionale, dopo l’incendio che la devastò nel 2019. 

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Alluvionati nuovamente in corteo a Faenza.

 

La nuova manifestazione però questa volta è organizzata dalla Rete per la Romagna Alluvionata e la Resistenza Climatica e dal Comitato Borgo Alluvionato.

GUARDA IL VIDEO

 

Tanti i territori e le associazioni che si sono dati appuntamento a Faenza: presenti anche le comunità della provincia di Forlì-Cesena.

 

La marcia è partita dal parco Gatti, nel borgo, ha attraversato i principali quartieri manfredi devastati dall’alluvione di maggio 2023 e ha poi raggiunto PIazza del Popolo.

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Siria Russia, Iran e Turchia sostengono l’integrità della Siria, ma i jihadisti sono ormai alle porte della capitale. Assad resta nel paese

Combattenti dell'opposizione siriana dopo la presa di Hama in Siria foto Ghaith Alsayed/Ap Jihadisti siriani dopo la presa di Hama

Al vertice di Doha i ministri degli Esteri di Russia, Iran e Turchia ieri hanno confermato l’impegno per la «sovranità, l’unità e l’integrità territoriale della Siria» e per l’avvio di «negoziati e dialogo» sulla base della risoluzione 2254 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Russi e iraniani hanno parlato di un summit «molto positivo». A dettare legge però è la Turchia sponsor dei gruppi islamici anti-Assad e anti-curdi. Come aveva fatto venerdì, anche ieri Recep Tayyip Erdogan ha cantato vittoria. Bashar Assad, prevede, si arrenderà presto, poi sarà il turno dell’Autonomia curda nel nord-est della Siria. «Spero che la Siria trovi la pace che sogna da 13 anni. I nostri fratelli e sorelle siriani meritano libertà, sicurezza e pace nella loro patria», ha detto durante una visita a Gaziantep. Parole che indicano la volontà di rispedire a casa al più presto i tre milioni di profughi siriani sul suolo turco.

I giochi in effetti sembrano fatti. La reazione fiacca degli alleati di Damasco (Iran, Iraq, Russia e Hezbollah) e il crollo delle forze armate governative – solo ieri non meno di 2000 soldati siriani hanno disertato passando, con le loro armi, la frontiera con l’Iraq – che non hanno opposto alcuna resistenza ai miliziani jihadisti ad Aleppo e Hama, ha aperto la strada alla prossima caduta della città strategica di Homs e, probabilmente, alla stessa Damasco. A facilitare l’avanzata delle formazioni armate guidate da Hay’at Tahrir al Sham (Hts, l’ex ramo siriano di Al Qaeda) verso la capitale è stato il ritiro dell’esercito in pratica da quasi tutto il sud del paese, inclusa la fascia di territorio a ridosso delle linee di armistizio con Israele sul Golan occupato. Deraa, Suwaida, Quneitra sono ora nelle mani di gruppi di opposizione e miliziani drusi. Ieri sera Hts era a pochi chilometri, pare meno di dieci, da Damasco. Secondo voci, i suoi miliziani contavano di entrare subito dei quartieri periferici della città. Il governo ha smentito che il presidente Assad non sia più in Siria. La moglie e i figli e altri membri della famiglia invece sarebbero partiti in parte per Mosca e in parte per gli Emirati. La Giordania ha seccamente smentito il Wall Street Journal che aveva riferito ieri di funzionari egiziani e giordani pronti ad esortare Assad a lasciare il Paese e a formare un governo in esilio. Ieri in serata era previsto un discorso alla nazione del presidente siriano. Poi è stato annullato e al suo posto ha parlato un portavoce dei comandi militari.


Il capo di Hts, Abu Mohammed Al Julani

«Le autorità lanciano appelli alla calma, a non ascoltare comunicati non ufficiali e a resistere stringendosi intorno alle forze armate, ma a Damasco i negozi di generi alimentari sono già vuoti, la valuta siriana perde valore ora dopo ora, ad Aleppo pare che non venga più usata, e la popolazione ha fatto provvista di cibo in vista di tempi a dir poco incerti», diceva ieri al manifesto un cooperante straniero nella capitale siriana. «Non c’è panico, tanti però vanno via e lo fanno attraverso il valico di Masnaa con il Libano che è ancora aperto mentre quello per la Giordania ormai è chiuso. Abbiamo notizie di code lunghe centinaia di metri al confine formate da siriani che lasciano Damasco prima che venga presa dai miliziani. Le ong e le agenzie umanitarie hanno mandato via gran parte dello staff. Noi internazionali attendiamo disposizioni dall’Onu e dai nostri governi», ha aggiunto. L’ambasciata italiana che aveva riaperto qualche mese fa a Damasco, lavora per assistere i cittadini italiani e aiutarli, se vogliono, a lasciare la Siria. I fedelissimi di Bashar al Assad e i clan alawiti al potere da più di mezzo secolo vanno verso le roccaforti lungo la costa mediterranea da dove, in caso di necessità, potranno imbarcarsi. Lì sorgono le due importanti basi russe: a Tartus quella navale e a Hmeimim (Latakiya) quella aerea.

Come l’Iran, alleato di ferro della Siria che sta ora ritirando i suoi consiglieri militari e ufficiali della Guardia rivoluzionaria considerati nemici dai jihadisti, anche la Russia è frastornata, incerta sui passi da muovere. La vittoria di Hts ormai all’orizzonte minaccia di minare la sua influenza geopolitica in Medio Oriente. Mosca cercherà di garantirsi, grazie a una intesa con la Turchia, che le sue basi restino dove sono. I cittadini russi però sono pessimisti considerando che negli anni passati la Russia è stata determinante con la sua aviazione nell’assistere le forze armate siriane e che è accusata di aver ucciso con i bombardamenti centinaia se non migliaia di civili. L’influente blogger Rybar, con oltre 1,3 milioni di follower su Telegram, prevede che i filoturchi «cercheranno di infliggere il maggior danno possibile alla Russia e in particolare di distruggere le nostre basi militari». Sui social i russi scrivono che Mosca ha pagato un prezzo elevato per aver messo piede in Siria tra militari morti e miliardi di rubli spesi per armi e bombe. La Siria, affermano alcuni, è l’Afghanistan della Russia.

Silenzio, colmo di sgomento, anche nei ranghi di Hezbollah. Centinaia, forse di più, di combattenti sciiti libanesi sono morti negli anni passati per difendere la Siria dal jihadismo e per aiutare un esercito che ora è svanito nel nulla

 

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«Abbiamo realizzato l’impossibile». Macron inaugura il restauro di Notre-Dame e si incorona davanti al presidente eletto degli Usa e a Zelensky. Mette in scena il quadretto di una leadership mondiale, ma non sa come risolvere la crisi politica interna da lui stesso creata

TRUMP-L’ŒIL Macron punta tutto sulla scena internazionale: incontro all’Eliseo con il presidente eletto americano e quello ucraino

Il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente eletto Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy all'Eliseo a Parigi foto Aurelien Morissard/Ap Il presidente francese Emmanuel Macron, il presidente eletto Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy all'Eliseo a Parigi foto Aurelien Morissard/Ap

Dal palco montato al centro della grande navata di Notre-Dame, Emmanuel Macron ha espresso «la gratitudine della nazione francese». «Abbiamo riscoperto quello che le grandi nazioni possono fare: realizzare l’impossibile» ha detto il presidente della Repubblica francese durante la cerimonia di riapertura della cattedrale riferendosi al restauro in soli cinque anni della cattedrale devastata dall’incendio nel 2019.

Per Macron è stata l’occasione per accantonare la profonda crisi politica, istituzionale e finanziaria nella quale versa la Francia. Dopo la mozione di sfiducia che ha fatto cadere il governo di Michel Barnier, la prima volta che succede in Francia dal 1962, il paese è privo tanto di una legge di bilancio quanto di un governo.
Prima di pronunciare il suo discorso solenne, Macron ha accolto un nutrito parterre di capi di stato e di teste coronate, tra i quali Sergio Mattarella, Donald Trump, Volodymyr Zelensky e il principe William.

Stati Uniti, Ucraina e Francia. Insieme in questo giorno storico. Riuniti per Notre-Dame. Continuiamo i nostri sforzi congiunti per la pace e la sicurezza. Emmanuel Macron


IL NEO-ELETTO presidente americano era stato ricevuto nel pomeriggio all’Eliseo. «È un mondo un po’ matto», aveva detto Trump, arrivando a Parigi. Meno di un’ora dopo il suo arrivo alla residenza del presidente francese, Trump è stato raggiunto dal presidente ucraino Zelensky per un incontro a sorpresa.
I tre capi di Stato hanno posato con aria grave davanti ai fotografi, prima di discutere a porte chiuse per circa 35 minuti. «Vogliamo tutti che questa guerra finisca il prima possibile e in modo giusto», ha poi detto Zelensky, che ha definito l’incontro «positivo e fruttuoso».

«Stati Uniti, Ucraina e Francia. Insieme in questo giorno storico. Riuniti per Notre-Dame. Continuiamo i nostri sforzi comuni per la pace e la sicurezza», ha scritto Macron in un post su X, corredato da una foto che lo raffigura al centro, con Trump e Zelensky da ciascun lato.

AL SUO ARRIVO ALL’ELISEO, Donald Trump ha sottolineato le proprie

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