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Da Ravennanotizie

Come riportano i quotidiani Il Mattino e Il Piccolo, l'ANAC di Cantone avrebbe evidenziato criticità sulle attività contrattuali di Hera. "Violazioni del Codice dei contratti, con affidamenti «non improntati» ai principi di libera concorrenza, non discriminazione e trasparenza, ma anche un prolungarsi del regime di "prorogatio" delle convenzioni di affidamento. Sono alcune delle «molteplici criticità» evidenziate dall'analisi dell'Autorità nazionale anticorruzione sulle attività contrattuali di Hera e Herambiente, contenute nelle conclusioni della delibera 626 del consiglio di Anac, firmata dal presidente Raffaele Cantone e pubblicata sul sito dell'Autorità" così riporta Il Mattino di Padova. 

 

L'atto dell'ANAC arriva dopo l'ispezione sui contratti dell'ultimo triennio per la gestione del servizio integrato dei rifiuti e segue la relazione dell'ufficio ispettivo, le controdeduzioni delle società e documentazione dell'Agenzia territoriale dell'Emilia-Romagna per i servizi idrici e i rifiuti (Atersir). L'ANAC ha deciso poi l'invio della delibera anche alla Procura di Bologna e alla Procura regionale della Corte dei Conti «per gli aspetti di rispettiva competenza». La delibera viene inviata anche al presidente e all'ad di Hera e Herambiente, ai vertici di Atersir e al presidente della Regione Emilia-Romagna perché «possa espletare le funzioni di regolazione e vigilanza di competenza».

 

Secondo quanto riportano i quotidiani, l'indagine ANAC si sarebbe concentrata sull'analisi di un campione di 48 affidamenti di Hera e 133 di Herambiente da cui erano emerse criticità e le conseguenti contestazioni della relazione ispettiva. L'Autorità Anti Corruzione ha deliberato che l'analisi su Hera Spa e sulla sua controllata, ha evidenziato «molteplici criticità», riassunte in 12 punti. Il primo è «il prolungarsi del regime di "prorogatio” delle convenzioni di affidamento del servizio di gestione dei rifiuti urbani ad Hera spa, determinato da una complessa e rallentata gestione delle fasi propedeutiche alle gare» che concretizza «un improprio vantaggio per la società affidataria, la violazione dei principi di efficacia e speditezza dell'azione amministrativa» e «la sottrazione di significative risorse al mercato di riferimento».

 

Rispetto ai rinnovi, Anac sottolinea che hanno violato la normativa vigente i rinnovi contrattuali fatti da Hera «senza che l'opzione di rinnovo, ancorché la previsione del rinnovo fosse prevista nei documenti di gara, fosse accompagnata da adeguate e analitiche motivazioni che giustificassero il ricorso al rinnovo, strumento alternativo al principio generale del ricorso della gara». Per l'Autorità hanno violato il Codice dei contratti, invece, quelli fatti «senza che il valore del rinnovo fosse calcolato ai fini della determinazione delle modalità di affidamento». Avrebbe poi violato la libera concorrenza «la richiesta ai concorrenti di requisiti discriminanti quali quelli che pongono limitazioni territoriali ai fini della partecipazione alla gara».

 

In una nota sempre riportata dai quotidiani in questione il gruppo Hera afferma: «Non possiamo che ribadire che l'azienda ha sempre assicurato il miglior rispetto delle disposizioni in materia di contratti, come testimoniato dalle numerose sentenze favorevoli dei giudici amministrativi. Nel riservarsi ogni opportuna iniziativa - prosegue il gruppo - si ricorda che Hera ha comunque collaborato e collaborerà con Anac, con l'obiettivo di chiarire che l'azienda ha sempre agito nel rispetto delle disposizioni pertinenti, anche in un contesto normativo in continua evoluzione e non sempre puntualmente definito».

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http://www.eddyburg.it/2017/07/urbanistica-la-legge-regionale-riflette.html

«L’architetto Piero Cavalcoli, sentito oggi in commissione Seta, esprime le critiche di Articolo 1 alla legge voluta da Bonaccini». LaPressa, 6 luglio 2017 (m.c.g.)

Si è tenuta oggi l'audizione degli esperti in commissione consiliare Seta del Comune di Modena sulla legge urbanistica in fase di discussione in Regione. Per Articolo UNO-MDP è intervenuto l’architetto Piero Paolo Cavalcoli. Secondo i bersaniani la nuova Legge regionale va cambiata radicalmente a partire dal ripristino della pianificazione e della potestà reale dei Consigli comunali su questa materia. 

«Come Articolo UNO-MDP Modena, assieme ai consiglieri presenti nei comuni della Regione, siamo convinti che la nuova Legge urbanistica inciderà e influenzerà parecchio il futuro dello sviluppo del territorio dei comuni emiliano romagnoli e per questo chiediamo con forza che i Consigli comunali possano ricoprire un ruolo determinante nella stesura definitiva e nel potere decisionale sugli Accordi Operativi che giungeranno in discussione nei Consigli comunali. Fra i punti richiesti ci sono: il ripristino di un vero ruolo centrale dei Consigli comunali sulla pianificazione urbanistica e non uno svilimento con inserimento della negoziazione diretta con i privati tramite Accordi Operativi; l’acquisizione preventiva, da parte della Regione, dei pareri di tutti i Consigli comunali della Regione; la riduzione delle troppe deroghe che di fatto concedono altro consumo di suolo ; una rigenerazione urbana meno occasionale e più mirata; limitare gli espropri solo nei casi di aree con progetti di destinazione pubblica; ruolo attivo dei cittadini e dei Consigli comunali sulla pianificazione del territorio, inteso come prezioso bene comune» -ha detto Vincenzo Walter Stella a nome del gruppo. 

«Se si è d’accordo sull’individuazione dei problemi, non lo si è affatto sulle proposte di soluzione. Il disegno di legge non mantiene l’equilibrio tra i quattro temi che disciplina: i provvedimenti predisposti per la semplificazione rendono inoperanti quelli della difesa dell’ambiente, mentre quelli dello sviluppo economico e della riqualificazione urbana tendono a comprimere quelli necessari per garantire la legalità e il controllo. In questo senso ci sentiamo di affermare che l’impianto riflette in gran parte il punto di vista dei costruttori» - ha affermato l’architetto Piero Paolo Cavalcoli. 

«Il “telaio” a cui riferire gli emendamenti che si vogliono proporre, costruito sui quattro punti citati, rappresenta una soglia “di minima” al di sotto della quale ogni modifica risulterebbe poco significativa ed in definitiva finirebbe col confermare un punto di vista che non può più appartenere alla disciplina e al suo carattere di pubblico interesse». Secondo Cavalcoli, quello proposto è dunque un insieme di modifiche che ha senso se viene discusso ed accettato nel suo insieme: 

1. Sul tema dell’ambiente e del consumo del suolo è necessario portare a coerenza la proposta formulata dal progetto di legge innanzitutto cancellando le numerose limitazioni disposte (deroghe riguardanti interventi da sottrarre al calcolo), contrastando la vaghezza degli strumenti di verifica e di controllo ad essa collegati, ed infine, proponendo meccanismi di distribuzione delle quote concesse, sia sotto il profilo delle loro relazioni con le differenti caratteristiche dei luoghi (da disciplinare attraverso un consolidamento della pianificazione territoriale di area vasta) sia sotto il profilo dei tempi della loro attuazione (da programmare in funzione dell’obiettivo 2050), i soli strumenti che possono garantire un’ordinata e documentata applicazione dei dispositivi di limitazione del consumo di suolo. Ulteriori misure vanno poi proposte a rafforzamento delle procedure di verifica della sostenibilità degli interventi di trasformazione territoriale (VALSAT), in particolare riferimento all’esigenza, indispensabile per l’esercizio di questi strumenti di valutazione, di definire quantità e qualità delle previsioni 

2. Sul tema della semplificazione e del contenuto dei piani comunali sembra necessario tornare a condizionare l’attività di negoziazione pubblico/privato alla definizione, pubblica e preventiva, del progetto di città che si vuole perseguire, da ottenere mediante definizione inequivoca delle quantità e delle destinazioni d’uso previste sia all’interno che all’esterno del TU. In questo quadro è necessario ripristinare le regole del dovuto rispetto dei centri storici e dei beni da tutelare nell’ambito del costruito e nel contempo eliminare ogni possibile contraddizione con i principi della legge nazionale, sia per quanto riguarda le necessarie dotazioni di spazi pubblici sia per quanto riguarda i parametri minimi di definizione dell’”ingombro” delle previsioni 

3. Sul tema della legalità e delle procedure di approvazione e di controllo è necessario affiancare alle misure di adeguamento dei dispositivi di legge ai recenti indirizzi dell’ANAC un robusto rafforzamento del ruolo dei processi partecipativi alle decisioni di pianificazione e di attuazione, anche in attuazione della L.R 9 febbraio 2010, n.3, a partire dalle procedure di accordo previste per la maggioranza delle pratiche di attuazione dei piani, che vanno sottratte alla vaghezza delle prescrizioni dei PUG ed alla contemporanea responsabilità affidata prevalentemente agli organi tecnici comunali. Ulteriori misure vanno peraltro proposte per le procedure di controllo sugli effetti delle decisioni assunte nell’ambito degli accordi, introducendo clausole di dissolvenza in caso di mancato rispetto degli impegni o in caso di effetti negativi sotto il profilo ambientale o sociale valutati dopo l’esecuzione delle opere 

4. Sul tema dello sviluppo economico e della rigenerazione urbana va decisamente contrastata la convinzione degli estensori del progetto di legge che la prospettiva di ripresa del settore edilizio sia esclusivamente fondata sugli interventi di“sostituzione e densificazione”, convinzione che esclude dagli incentivi il territorio urbano “consolidato” che è viceversa la parte più bisognosa di alleggerimento sul terreno delle pratiche burocratiche nonché bisognosa di strategie di riqualificazione dotate di qualità sia nella progettazione che nella esecuzione delle opere. Per quanto riguarda la parte “non consolidata” va viceversa riaffermata la necessità che essa sia prevalentemente dedicata al recupero delle dotazioni ambientali e di pubblico servizio della cui carenza soffre la maggioranza dei territori urbanizzati.

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 ll forum con D'Alema, Fratoianni, Falcone, Acerbo, Asor Rosa e Villone. Identità, programma, unità. Per parlare a chi resta a casa e a chi ha cambiato partito. In questa delicata fase che precede le prossime tempeste elettorali, cerchiamo di capire se le iniziative al Brancaccio e a piazza Santi Apostoli abbiano isolato i protagonisti o al contrario abbiano mescolato le carte

Il manifesto lavora, non da oggi, per la costruzione di un processo unitario della sinistra, a volte anche spingendo il cuore oltre l’ostacolo. Lo abbiamo fatto avventurandoci in un dibattito, largo e partecipato, dal titolo «C’è vita a sinistra», per contrastare la penosa coazione del «pochi ma buoni», quella sindrome tafazziana che spinge la sinistra a riprodursi per scissioni infliggendosi una sconfitta dopo l’altra.

A volte ci sembra di combattere una battaglia donchisciottesca perché di fronte alle nostre divisioni, da un lato c’è una destra aggressiva e dall’altro un partito renziano neocentrista: liberale sui diritti civili, liberista sui diritti sociali.

In questa delicata fase che precede le prossime tempeste elettorali, cerchiamo di capire se le recenti iniziative – l’assemblea del Brancaccio e la manifestazione di piazza Santi Apostoli – abbiano avuto l’effetto di recintare e isolare i protagonisti in campo, o al contrario siano stati positivi tentativi di mescolare il panorama e allargare l’orizzonte. (Norma Rangeri)

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Sinistra. E la legge elettorale aiuta a scansare il rischio di essere minoritari o integrati. Parlare di centrosinistra crea solo disorientamento. Non c’è più alcun «campo» che possa definirsi così perché Renzi ha privato il Pd di qualsiasi sistema di alleanze. D'altra parte si deve dichiarare da subito la totale disponibilità a mettersi in gioco, dopo le elezioni, per contrattare il possibile programma di governo. Per rispondere a chi teme una deriva minoritaria

Dopo il Brancaccio e Santi Apostoli, sono aumentate o stanno diminuendo le possibilità che, alle prossime elezioni, si possa presentare una lista unitaria di sinistra sorretta da un progetto credibile?

Non bisogna nascondersi la realtà: molti non ci credono, e non pochi lavorano perché queste possibilità svaniscano. L’idea che si fa strada – un po’ per rassegnazione, un po’ per convinzione – è che sia inevitabile una divisione: tra una sinistra-sinistra, da una parte, e una sorta di neo-ulivismo, dall’altra.

Pesa anche l’incertezza circa le regole elettorali con cui andremo al voto: e forse qualcuno accarezza l’idea che una soglia al 3% possa facilitare questa sorta di divisione del lavoro. Ma è una illusione che tutti rischiano di pagare caro. Vediamo i termini essenziali della questione.

È CONVINZIONE comune che una prospettiva unitaria si possa fondare solo una piattaforma programmatica condivisa. Bene. I richiami ascoltati al Brancaccio sulla Costituzione come asse politico-culturale e programmatico della sinistra, i discorsi di piazza Santi Apostoli (soprattutto quello di Bersani) sulla radicale discontinuità con le politiche seguite dal Pd renziano, sono una buona base di partenza: lotte alla diseguaglianze, diritti e dignità del lavoro, politiche economiche neo-keynesiane, difesa dell’universalismo dei diritti alla salute e all’istruzione, valorizzazione dei beni comuni.

Ciò che crea divisioni sono i discorsi sulle prospettive politiche e di schieramento. Ma su questo punto, oltre a differenze reali, ci sono anche molte ambiguità che è possibile eliminare. Qualcuno – nell’area Pisapia e Mdp tende ancora a parlare di «centrosinistra»: ma cosa intende? Una qualche coalizione preventiva? A parte il fatto che la legge elettorale probabilmente non imporrà nulla in questo senso, è evidente come questa prospettiva sia sempre meno credibile e sostenibile.

Troppo stridente il contrasto con i giudizi sulle politiche del Pd renziano e con la discontinuità che pure viene evocata. Si ha l’impressione che questo richiamo (peraltro, in sé, sempre meno attrattivo e mobilitante) sottenda la preoccupazione di non appiattire la nuova offerta politica entro i confini ristretti delle forze che tradizionalmente si sono collocate a sinistra del Pd. Preoccupazione sacrosanta, che però non viene fugata dalla genericità di un richiamo ad un «centrosinistra» che, oggi, non esiste; non esiste alcun «campo» pre-definito che si possa definire tale.

E non esiste perché radicale è stata la rottura maturata in questi anni tra le scelte di governo, e prima ancora la cultura politica, del Pd renziano, e tutto ciò che può essere ricondotto ad una qualche idea di sinistra. Radicale è stato anche il distacco dai mondi sociali che della sinistra dovrebbero costituire il naturale punto di riferimento.

ESISTE UN ELETTORATO di sinistra disperso e silenzioso, che avrebbe bisogno di trovare nuovi punti di riferimento e nuovi motivazioni, anche solo per tornare a votare. Ed esiste un partito di centro, il Pd, che il suo leader megalomane ha privato di un qualsiasi sistema di alleanza, e che tende a guardare a destra. In queste condizioni, parlare ancora di centrosinistra crea solo incertezza e disorientamento. E del resto (come ha fatto notare giustamente D’Alema all’assemblea romana di Mdp), che senso avrebbe avuto una scissione, se si pensa di ritrovare una base politica comune? Le prossime elezioni saranno un terreno di scontro molto aspro: solo dopo, a conti fatti, si potrà vedere se e come saranno possibili accordi e mediazioni.

A questo punto, qualcuno obietta: si rischia una sinistra di testimonianza, minoritaria, destinata all’irrilevanza. È un rischio, certo, ma può essere scongiurato. Una lista unitaria della sinistra si deve caratterizzare per un suo orizzonte ideale e per un suo programma di governo; ma anche per una precisa opzione politica: dichiarare apertamente la piena disponibilità a mettere in gioco la forza che gli elettori le vorranno dare per contrattare un possibile programma di governo (qualora, ovviamente, ce ne siano le condizioni numeriche). Questa disponibilità non deriva solo dalla probabilità che un nuovo governo possa formarsi solo sulla base di accordi in parlamento: è una strategia politica che si rivolge agli elettori del Pd e del M5S per incalzare queste forze politiche e metterne a nudo le ambiguità. Ed è un atteggiamento politico in grado di esprimere una proiezione egemonica, evitando il pericolo di un auto-confinamento in una posizione minoritaria e ininfluente.

MOLTI SI RICHIAMANO all’esempio positivo di Padova. Ma, appunto, è un caso che dimostra come la famosa «doppia cifra» si può raggiungere a due condizioni, una proposta autonoma e originale e un messaggio forte agli elettori: ci siamo, vogliamo governare, e non abbiamo timore di mediare e contrattare con altre forze (come dimostra l’alta partecipazione al voto e l’esito del ballottaggio, l’elettorato che si è riconosciuto nella coalizione civica padovana non ha per nulla esitato nell’esprimersi a favore di una coalizione, costruita dopo il primo turno).

Il sistema politico italiano sta cambiando rapidamente. È saltato lo schema che voleva ingabbiare tutto in un astratto e artificioso bipolarismo. Le culture politiche degli italiani si esprimono già attraverso una più articolata distribuzione lungo l’asse destra-sinistra: una destra xenofoba e nazionalista, una destra conservatrice, un’area centrista moderata (forse), un partito di centro (il Pd), una (potenziale) area di sinistra. E poi, naturalmente, il M5S: una forza politica che finora ha goduto di una comoda rendita di posizione, catalizzando le più svariate ragioni di risentimento sociale, ma che – in un diverso scenario competitivo – non è detto riesca a mantenere queste caratteristiche.

In tale contesto, attardarsi a parlare di coalizioni preventive non ha senso. Ancor meno senso ha, come ha fatto Prodi, invocare sistemi elettorali che le prevedano, per evitare la «frammentazione», come se non fossero stati proprio i sistemi maggioritari a esaltare il potere di veto dei piccoli gruppi (e Prodi dovrebbe saperlo!). No, è tempo di tornare ad offrire agli elettori proposte politiche chiare, con una loro identità e autonomia. Una lista unitaria non è un escamotage per aggirare le soglie: è una precondizione, necessaria anche se non sufficiente, perché l’elettorato di sinistra possa tornare a sperare di avere una voce.

 

 

 

 

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Le corvette dell' Isola d' Elba

lunedì 3 luglio 2017

Oggi è ufficiale !!-Armi all' Arabia Saudita-Il governo italiano direttamente impegnato nella vendita

 

 

 





La Rete No War in una manifestazione nel novembre 2015 in occasione della visita di Renzi in Arabia Saudita espose  questo cartello "Renzi piazzista di armi dai Saud". La nota stampa di oggi della Moby Lines conferma il ruolo del governo nel commercio delle armi spiegando che " Il trasporto (di bombe n.d.r.) è stato effettuato su precisa richiesta del Ministero della Difesa".
Ora o avremo una smentita del comunicato stampa della Moby o una conferma che il governo italiano è direttamente impegnato nella vendita di armi all' Arabia Saudita.

M.P.


Di seguito la  nota stampa della Moby di oggi 3 luglio sollecitata da un articolo di Francesco Santoianni su www.lantidiplomatico.it

NOTA STAMPA

In riferimento agli articoli apparsi su alcuni organi di stampa negli ultimi giorni riguardanti il carico trasportato il 29 giugno scorso sulla nave merci (senza passeggeri a bordo) Giuseppe Sa, Moby precisa che quest’ultima è l’unica unità della Compagnia adibita ad accogliere questa tipologia di merce. Il trasporto è stato effettuato su precisa richiesta del Ministero della Difesa, e nel pieno rispetto di tutte le normative vigenti in materia di sicurezza

Pubblicato da lecorvettedellelb08:04 Nessun commento: 

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Etichette: Arabia SauditasbombeMinistero DifesaMobySardegna

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Nelle miniere dove nascono gli Smartphone

(10) Nelle miniere dove nascono gli smartphone - Nemo - Nessuno Escluso 25/05/2017 - YouTube

GUARDA LA PUNTATA INTEGRALE https://goo.gl/xlYRvC
http://www.raiplay.it/programmi/nemo-... - Tutti i nostri dispositivi elettronici contengono un minerale, il coltan, che viene estratto in Congo in un inferno di miniere dove lavorano anche bambini. Si parla di "minerali insanguinati", ma nessuno parla di telefoni insanguinati. Il reportage di David Chierchini e Matteo Keffer

 

https://m.youtube.com/watch?v=WCFKWgu4u1g
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