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08/08/2017 Tomaso Montanari

Huffington Post

Disumano. Tutto, in questa terribile estate 2017 ci pare disumano. Il caldo mostruoso e il fuoco che divorano l'Italia: e le piogge che iniziano a sgretolarlo, al Nord. E disumano appare un discorso politico che di fronte alla più grande questione del nostro tempo, la migrazione di una parte crescente dell'umanità, reagisce invocando la polizia. Un muro di divise che faccia nel Mediterraneo quello che vorrebbe fare il muro di Trump al confine col Messico.

Eppure no: è tutto terribilmente umano. È stato l'uomo a cambiare il clima. È stato l'uomo a innescare la grande migrazione: sono state la diseguaglianza, l'ingiustizia, la desertificazione, lo sfruttamento selvaggio dell'Africa, la stolta politica internazionale e le guerre umanitarie. "Ascoltate, e intendetemi bene: è dal cuore dell'uomo che escono i propositi di male", dice Gesù nel Vangelo di Marco.

Umano, dunque: terrificantemente umano. Di una umanità sfigurata dalla paura, dalla rabbia, dall'avidità. Parliamo di tutto questo quando parliamo della vittoria della destra: peggio, di una egemonia culturale della destra che si estende sul discorso pubblico. Una egemonia culturale che domina – piaccia o non piaccia: è un fatto – il maggior partito italiano: già di centro-sinistra, oggi inequivocabilmente vittima del pensiero unico della destra della paura e dell'odio. E ci sono almeno tre differenti tipi di destra che si stanno mangiando oggi il corpo del Pd.

La prima è quella che ha dominato il pensiero unico del centrosinistra negli ultimi decenni: quella del neoliberismo appena travestito da terza via blairiana. Quella per cui ormai siamo non solo in una economia, ma in una società, di mercato. A cui non c'è alternativa. Per esempio: nella legge sulla concorrenza approvata la settimana scorsa c'è un articolo che distrugge alla radice l'idea stessa di tutela dei beni culturali. Che si potranno esportare con una semplice autocertificazione basata sulle soglie di valore. Il denaro come unico metro, la totale libertà dell'individuo, l'abdicazione dello Stato. Un articolo esplicitamente scritto dalla lobby dei mercanti d'arte, un cui rappresentante sedeva nella commissione, nominata dal ministro Franceschini, che ha scritto la legge.

Un provvedimento settoriale, certo: ma che confermando ancora che il denaro è l'unica misura della libertà chiarisce molto bene l'orizzonte anti-umano di questo "centrosinistra".

La seconda destra è quella, più tradizionale, del ministro Minniti. Una destra law and order che vuole mettere la polizia a bordo delle navi Ong: una destra perfino un po' grottesca, perché vorrebbe resuscitare la faccia poliziesca dello Stato avendo però smontato del tutto lo Stato. Se non è la Guardia Costiera a governare la situazione, nel Mediterraneo, è perché centrodestra e centrosinistra hanno indistinguibilmente distrutto lo Stato, definanziando e disprezzando tutto ciò che è pubblico, dalle forze di polizia alla scuola, dalla sanità alla forestale, dalle biblioteche ai pubblici ministeri. E non è certo militarizzando le Ong che si ricostruisce lo Stato. Come non è con il reato di immigrazione clandestina che si può sperare di affrontare l'età delle migrazioni.

La terza destra è quella di Matteo Renzi. Una destra anarcoide, individualista e populista. Una destra che sostituisce allo Stato una somma di gated communities: comunità separate dai soldi, divise per censo. Una destra che non ha nessuna chiusura verso le libertà individuali, anzi le incoraggia in chiave antisociale. Gratificando privatamente i cittadini a cui si toglie ogni dimensione pubblica, sociale, comunitaria.

E, come ha scritto Guido Mazzoni in una analisi molto fine:

Se un certo fondo di anarchismo unisce la destra populista al modello liberale classico, ciò che li separa è l'ethos. La destra populista costruisce se stessa attorno a un'antitesi netta, identitaria, fra Noi e Loro. ... Il senso comune cui la destra populista si richiama nasce dall'arcaico: è l'ethos dei primi occupanti, che separa i legittimi dagli illegittimi, i normali dagli anormali, gli autoctoni dai barbari. Il gruppo dei primi occupanti trasforma la propria identità nel corso del tempo, includendo gruppi di secondi occupanti radicati, o mostrandosi più tollerante verso identità di genere e comportamenti che fino a qualche anno fa avrebbero portato all'esclusione, ma non viene mai meno l'asimmetria fra chi viene-prima e chi viene-dopo.

È esattamente questa la chiave culturale che permette di comprendere l'affermazione di Renzi sull'"aiutiamoli a casa loro".

Dove il punto è la contrapposizione delle case: la nostra, la loro. Un fortissimo richiamo identitario: il conflitto tra "Noi" e "Loro" che prende il posto del conflitto di classe e di censo, negato, rimosso, depotenziato. E questa terza destra, si badi, non è solo del leader: la mutazione riguarda tutto il partito, come dimostrano le affermazioni di una esponente della segreteria Pd sulla "razza italiana" da perpetuare, quelle di un senatore sul fatto che salvare vite umane non è un obiettivo (perché sono le Loro vite, beninteso), quelle della sindaca che aumenta le tasse a chi accoglie Loro.

Mi pare che se non si prenda atto di questa triplice involuzione destrorsa del Partito democratico tutti i discorsi sul futuro della Sinistra italiana non faranno i conti con la realtà. È davvero possibile un centrosinistra se il centro è questo? E una forza come Mdp (che vota la legge sulla concorrenza e sostiene il governo del Codice Minniti) ambisce a contrastare l'egemonia culturale di questa nuova destra espansiva, o ne è a sua volta vittima? Sono questi i nodi da sciogliere.

Perché oggi un progetto per una nuova sinistra non può che ripartire da quel "pieno sviluppo della persona umana" che l'articolo 3 della Costituzione indica come bussola alla Repubblica. Mai come in questa estate essere e restare umani appare un obiettivo rivoluzionario.

 

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L’appello. Solidarietà a Medici senza Frontiere e a tutte le Ong impegnate nel Mediterraneo

Noi sottoscritti esprimiamo pubblicamente una incondizionata solidarietà a Medici senza Frontiere e a tutte le Ong impegnate nel Mediterraneo a salvare la vita dei disperati che fuggono da guerre e miseria in gran parte provocate dai Paesi ricchi che oggi li vogliono respingere.

 

Esprimiamo inoltre una critica radicale al Codice Minniti che riteniamo sia il Manifesto della diserzione dell’Italia e dell’Europa da ogni etica umanitaria.

***

 

Piero  Bevilacqua, Tomaso Montanari (Presidente di Libertà e Giustizia), Ilaria  Agostini , Enzo Scandurra, Andrea Ranieri, Laura  Marcreati, Ignazio Masulli, Tonino Perna, Tiziana Drago, Giuseppe Aragno, Lucinia Speciale, Piero Di Siena, Franco Trane, Luigi Vavalà, Mario Fiorentini, Giovanni Attili, Francesco Santopolo, Laura Marchetti, Renato Accorinti (Sindaco di Messina), Maurizio Zavaglia (Presidente Consiglio comunale di Gioiosa Jonica), Vittorio Boarini, Maria Pia Guermandi, Alessandro Bianchi, Piero Caprari, Francesca Leder, Cristina Lavinio, Stefano Sylos Labini, Carmelo Buscema, Giorgio Nebbia, Rossano Pazzagli, Antonella Golino, Lidia Decandia, Velio Abati, Bia Sarasini, Ugo Olivieri, Giuseppe Saponaro, Daniele Vannetiello, Alessandro Giangrande, Luisa Marchini, Amalia Collisani, Ginevra Virginia Lombardi, Vezio De Lucia, Sandra Bonsanti, Nadia Urbinati, Maria Luisa Boccia.

Per aderire all’appello inviare la firma a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.googlegroupsQuesto indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

 

 

 

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08/08/2017 – Salta l’accordo per il recupero dell’ex colonia di Castel Raniero. Diennea Magnews, l’azienda faentina specializzata in strategie e progetti di digital direct marketing, ha deciso di non proseguire nel piano di recupero dello stabile come da accordi presi con l’Asp della Romagna Faentina, proprietaria dell’edificio. Dopo un approfondito esame, terminati gli studi e i progetti riguardanti il recupero dell’ex colonia, si è rivelato troppo alto l’investimento necessario per il piano di ristrutturazione, giudicato di gran lunga superiore a quello preventivato.

Vedi tutto su FaenzaWebtv

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 Il Forum “C’è vita a sinistra” (il manifesto, 8 luglio) ha avuto il merito di mettere finalmente di fronte alcuni interpreti potenziali della costruzione di una lista di sinistra e forse, obiettivo ancor più ambizioso, di un processo unitario, facendoli interloquire direttamente.

 

Cosa che prima era avvenuta solo a distanza e in modo separato. Il guaio è che con qualche variante è ancora quello che sta accadendo ora.

Le chance «da uno a dieci» di avere una «lista si sinistra capace di raccogliere il consenso di quei milioni di ex elettori che non votano più» – la domanda iniziale del Forum – sembrano assottigliarsi. C’è bisogno del classico colpo di reni e sarebbe bene avvenisse prima della cesura estiva, tracciando fin d’ora un road map che ci metta al sicuro da indecisioni e tentennamenti autunnali, che sarebbero letali.

I singoli hanno le loro responsabilità, passate e presenti, anche per quella sorta di irrigidimento autodifensivo generato da debolezza, ma sarebbe ingeneroso e fuorviante fermarsi a questo. Il nodo da sciogliere è che cosa si vuole ottenere con una presentazione elettorale. Va detto con nettezza che la posta in gioco non è il governo del paese. Dirlo con onestà non allontanerebbe voti. Anzi. Un obiettivo di simile natura è completamente fuori dalla portata di ciò che esiste a sinistra.

Non è poi così banale affermarlo, dal momento che dietro la ripetitività della formula del cosiddetto nuovo centrosinistra, si cela l’ambizione se non la convinzione della possibilità di ricoprire ruoli di governo seppure in forma subordinata. Un senso di responsabilità completamente travisato. Anche quando ce ne si rende conto, poi lo si nega nel passaggio successivo.

Ad esempio, D’Alema – persona attenta con le parole – afferma nel forum che la domanda è “volete o no che ci sia la sinistra?” Giustissimo, è esattamente questo l’interrogativo che dovremmo porre al nostro potenziale elettorato. Riguarda sia una lista che un eventuale soggetto politico. E’ un interrogativo che segna un’epoca, proprio perché la risposta è tutt’altro che scontata. Quindi ci si dovrebbe presentare a un simile appuntamento con l’intelligenza dell’umiltà che non significa affatto la dismissione di ruoli e responsabilità ma la loro giusta riconsiderazione alla luce delle attuali condizioni.

Ma poi lo stesso D’Alema ripropone il centrosinistra, la “bandiera gettata nel fango” da Renzi, negando quindi l’assunto iniziale. Invece qui bisogna scegliere. O si lavora per ricostruire una sinistra, di cui il passaggio elettorale può essere un primo atto, oppure ci si prepara ad essere come l’intendenza che segue e a un più che probabile fiasco elettorale. Obiettivo, esiti e credibilità della lista vanno assieme. Se non è chiaro il primo non si ottengono gli altri e viceversa. D’altro canto in questi dieci giorni – guardando per ora solo lo scenario nazionale, ma con la consapevolezza che agiamo in un ambito europeo interdipendente chiamato anch’esso tra meno di due anni a elezioni – alcune cose si sono venute chiarendo.

Se qualcuno avesse avuto qualche dubbio sulla vocazione centrista con sguardo fisso a destra del Pd – ed è la definizione più tenera – se li è potuti togliere. Basti pensare alla vergogna della rinuncia allo ius soli o alla stessa ipotesi di agitare la carta dell’allontanamento del fiscal compact per abbassare le tasse anziché per rilanciare la spesa sociale e per investimenti, malgrado si sia coscienti, o si dovrebbe esserlo, che gli effetti reflattivi della prima scelta sono ben inferiori alla seconda. Mentre la repentina conversione destrorsa del M5Stelle libera forze in attesa di una credibile rappresentanza che non andrebbero deluse.

La stessa rinuncia di Pisapia a candidarsi alle elezioni – un episodio in sé minore – è sintomatica di una irrisolta identità e autonomia. Era già chiara la differenza fra il Brancaccio e Piazza Santi Apostoli. Il primo era percorso dalla domanda “cosa proponiamo?”, la seconda da “chi siamo?”.

Questioni di per sé non confliggenti, ma che necessitano un ordine di percorso (crono)logico-politico per essere risolte. Per questa ragione conviene partire dal Brancaccio e necessita una maggiore e tempestiva presa di responsabilità da parte di chi vi ha dato vita e vi ha partecipato.

I tempi sono brevissimi e impietosi. A quell’appuntamento sono seguite assemblee di territorio e altre ne seguiranno. Così pure approfondimenti tematici. Come si vede una scelta ben diversa da quella di improbabili primarie non si capisce fra chi, con chi e per cosa, alla ricerca del nuovo o del perduto leader.

L’esperienza di altri paesi europei ci dice che non esiste un’unica formula o un modello di percorso per dare o ridare vita a una sinistra. Ma un principio di base, sì. Un principio che rifiuta di essere confuso con un generico e indistinto populismo, considerando quest’ultimo come un terreno di lotta fra destra e sinistra.
Sul tema dei migranti questo è di una chiarezza solare. Ed è il legame dialettico, cioè non monodirezionale, con persone e figure sociali, diffuse e/o organizzate, portatrici di pensiero, di idee, di bisogni, di diritti.

Solo questo può evitare la frantumazione sia del giorno prima come del giorno dopo la scadenza elettorale.

Certo ci vuole coraggio. E il coraggio non ama modelli né continuismi: è sempre originale.

 

 

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Diritto alla città. Il sindaco Merola: «Non c’entro, è un'iniziativa dei magistrati. Ora soluzione alternativa». I movimenti: «Dov’è stato fino a ora? Ha avuto quattro anni per trovare una soluzione». La Fiom: «Gli sgomberi sono una vigliaccata». Davanti all'ex caserma Masini cariche violente contro gli attivisti. Corteo nazionale il 9 settembre

Doppio sgombero ieri mattina a Bologna. Ad essere chiusi i centri sociali Làbas e Crash. Il primo occupato dal 2012 quando alcuni attivisti riaprirono una caserma abbandonata da tempo in centro città e di proprietà di Cassa depositi e prestiti. Il secondo, alla periferia nord di Bologna, era attivo dal 2009 quando fu occupato uno stabile attualmente di proprietà di un fondo immobiliare.

L’OPERAZIONE ha messo in contemporanea i sigilli su due centri sociali che negli ultimi anni sono stati protagonisti, in città e non solo. Crash ha appoggiato i grandi scioperi dei facchini Si-Cobas in Emilia e nel 2014 è stato il regista delle occupazioni abitative che hanno fatto esplodere a Bologna la discussione sulle soluzioni da dare a chi finiva travolto dalla crisi. Làbas invece, oltre a intrecciare le proprie attività col tessuto cittadino diventando un punto di riferimento per moltissimi abitanti della zona, è stato uno dei cuori pulsanti dell’esperienza di Coalizione civica, rete della sinistra cittadina che ha sfidato il sindaco Pd Virgilio Merola alle ultime amministrative e ha portato in Consiglio comunale due eletti.

UN DOPPIO SGOMBERO che è piombato su una città mezza vuota per le ferie agostane, e che ha sorpreso molti. Sicuramente gli attivisti di Crash che a luglio avevano concordato con l’ufficiale giudiziario un rinvio dello sfratto a settembre, e che invece hanno scoperto con l’arrivo della celere che venerdì scorso era stato emanato un decreto di sequestro urgente. «Non ho potuto vedere il provvedimento ma potrebbe essere stato emesso in assenza dei presupposti di legge, quindi arbitrariamente» commenta la legale Marina Prosperi.

GLI ATTIVISTI DI LÀBAS sapevano dello sgombero in arrivo, e due sere fa hanno lanciato l’allarme con una catena di sms. Ieri mattina si sono fatti trovare di fronte al cancello dell’ex caserma: sono stati trascinati via a forza dagli agenti e manganellati. Nella mischia oggetti di ogni tipo sono stati lanciati contro le forze dell’ordine e una balla di fieno usata come barricata ha preso fuoco forse a causa di un petardo. La questura ha lamentato sei feriti, una decina invece i manifestanti. Contro lo sgombero si sono espressi Cgil, Fiom (che ha parlato di «vigliaccata»), Arci, Legambiente, Sinistra Italiana con i deputati Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia, Possibile con l’europarlamentare Elly Schlein. Che fine faranno i due stabili sgomberati? Sono destinati alla «valorizzazione». L’ex Crash è di proprietà del fondo immobiliare Prelios, Làbas di un fondo controllato da Cdp che annuncia per l’ex caserma la «realizzazione di un complesso con prevalente funzione residenziale».

È PROPRIO SU LÀBAS che si gioca una partita politica importante. Più volte il sindaco Merola ha espresso apprezzamento per le attività del centro sociale, e da anni era in corso una trattativa per trovare uno spazio alternativo visto che la proprietà dell’ex caserma aveva più volte fatto capire che ad un certo punto sarebbe rientrata in possesso del suo stabile, su cui per altro pendeva un decreto di sequestro disposto dalla procura. Così è successo, lo sgombero è arrivato e nella polemica è finito Merola, colpevole per molti (e anche per alcuni consiglieri della sua maggioranza Pd) di non avere trovato per tempo una via d’uscita. Il primo cittadino ha spiegato che il doppio sgombero è stato attivato da «un’autonoma attività della magistratura» sulla quale «non ho titolo per interferire». Poi l’apertura: «Auspico che si riesca ad avviare un percorso per trovare una soluzione alternativa».

A RILANCIARE LA SFIDA gli stessi attivisti di Làbas, che per il 9 settembre annunciano un corteo per riaprire la caserma sgomberata a meno che non si trovino prima «soluzioni anche alternative ma concrete e all’altezza». Una trattativa informale tra le parti negli ultimi anni c’è sempre stata e almeno una proposta è stata scartata, tutto questo però senza mai portare a soluzioni tangibili o a rotture. Si vedrà se Merola riuscirà in un mese a tirare fuori dal cilindro quello che non si è mai visto in due anni.

DOPO AVER FESTEGGIATO il doppio sgombero la destra si prepara ad ogni evenienza. «Se Merola troverà spazi pubblici per queste persone mi rivolgerò alla Corte dei Conti e depositerò un esposto in Procura» ha detto la consigliera comunale della Lega Lucia Borgonzoni. Quella dell’esposto è una strategia classica, che non sempre ha pagato ma che è riuscita a portare Merola a chiedere lo sgombero del centro sociale Atlantide nel 2015.

L’EFFETTO IMMEDIATO dello sgombero è stato l’interruzione di tutte le attività di Làbas, compreso il dormitorio che dava un tetto a 20 persone. «Bologna si ritrova più povera – attacca Federico Martelloni di Coalizione Civica – lo dicono le migliaia di persone che hanno frequentato Làbas. E mentre succede vedo un Pd che discute del suo congresso, marziani che non si accorgono di quel che capita. Questo sindaco mi sembra estremamente fragile di fronte agli altri poteri cittadini».

GLI ATTIVISTI DI CRASH fanno sapere che rioccuperanno. «Sgombero dopo sgombero, scontro su scontro, abbiamo sempre continuato ad occupare spazi abbandonati sia pubblici che privati mettendoli a servizio di un laboratorio di politica antagonista, di culture radicali e alternative, di aggregazione giovanile e non solo. E così faremo in assenza di risposte al forte bisogno che esprime il nostro territorio di spazi legati alla pratica dell’auto-gestione e dell’auto-organizzazione».

 

 

 

 

 

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Neet, l’Italia è maglia nera in Europa - Rassegna

 

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