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Secondo attacco terroristico di Israele in Libano. Dopo i cercapersone, ora esplodono gli walkie-talkie di Hezbollah: 14 uccisi e 450 feriti si aggiungono alle tremila vittime di martedì. A Gaza colpita un’altra scuola. Sorpresa in Germania: stop alle armi a Tel Aviv

L'ammazzapersone Continua l’attacco in Libano: ieri sono esplosi i walkie-talkie di Hezbollah. 14 morti, oltre 3.000 feriti. Oggi parla Nasrallah

«Presagio» di un conflitto

 

Continua l’attacco in Libano. Ieri altri 14 morti e circa 500 feriti in esplosioni simili a quelle che martedì hanno ucciso dodici persone e causato il ferimento di altre tremila. Questa volta non si tratta di cercapersone, ma di walkie talkie, in dote ai membri militari e non di Hezbollah. Martedì, contemporaneamente in varie zone del Libano ad alta densità sciita e in Siria, migliaia di cercapersone erano esplosi. Il bilancio è stato di circa 3.000 feriti e di 14 morti. I cercapersone, al cui interno con buona probabilità era stato aggiunto dell’esplosivo fatto saltare attraverso delle frequenze radio specifiche, erano di marca Gold Apollo, taiwanese, ma erano stati prodotti secondo la casa madre dalla compagnia BacConsuting con sede a Budapest. Victor Orban, in un comunicato ufficiale, ha dichiarato che i cercapersone non sono mai stati in Ungheria. Si prova a capire adesso il percorso di questi dispositivi, che quasi sicuramente sono stati manomessi.

BEIRUT, IERI come martedì, è stata tutta un avanti e indietro di ambulanze, camionette dell’esercito, polizia, vigili del fuoco, elicotteri. L’ospedale di Marjayouneh, nel Libano del sud, ha fatto un pubblico appello per un rifornimento di sangue 0 rh negativo e Ab positivo, più raro. Il paese intero e gli ospedali libanesi anche oggi sono stati e sono in massima allerta. Occhi, mani, addome, genitali, sono queste le parti maggiormente colpite dalle esplosioni.
Solo nella periferia a sud di Beirut, enclave di Hezbollah nella capitale, si sono registrate ieri dalle 15 alle 20 esplosioni, con alcuni incendi di appartamenti. Stessa cosa a Saida, nel Libano del sud e dell’ovest, la valle delle Beka’a. I walkie talkie, in numero ridotto rispetto ai cercapersone, ma probabilmente contenenti più esplosivo perché più grandi, hanno danneggiato anche case e auto, con incendi nel sud e nell’ovest del paese e a Beirut.

Esplosioni anche in Iraq, al quartier generale delle milizie sciite di al-Hashd al-Shaabi a Mosul, nello stesso momento di quelle avvenute in Libano. L’Iraq ha quindi in giornata annunciato di aver rafforzato i controlli alle frontiere per evitare infiltrazioni.

IL GOVERNO ISRAELIANO non ha rilasciato alcun commento sulle esplosioni di ieri e di martedì, ma sia il Libano che Hezbollah hanno accusato pubblicamente Tel Aviv.
Oltre all’indescrivibile tensione che si taglia con il coltello, in Libano sembra ci sia una nuova consapevolezza, dopo questo durissimo colpo profondamente psicologico oltre che militare. Hezbollah ha rivelato al Libano e al mondo alcune importanti debolezze. «Sicuramente c’è stato qualcosa che non ha funzionato nella comunicazione. E sicuramente ci sono delle talpe all’interno, altrimenti tutto quello che è successo non si spiega» commentano i familiari delle vittime fuori dall’ospedale di Geitawe, uno dei tanti di Beirut il cui pronto soccorso è stato ed ancora è sovraffollato. Altri parlano di infiltrati del Mossad. In queste ore, ciò che comunque appare evidente è che Hezbollah ha perso quell’aura di impenetrabilità e compattezza che l’ha sempre contraddistinto, riconosciuta anche dagli avversari più accaniti. Si trova adesso ad affrontare, ora oltre a una sconfitta militare e strategica, anche un enorme problema interno di sicurezza, comunicazione, penetrabilità. Si tratta di un colpo pesantissimo, a meno di due mesi dell’omicidio a Beirut con un drone israeliano di Fuad Shukr, secondo del partito-milizia, poche ore prima di quello di Ismail Haniyeh, capo di Hamas, a Teheran. Oggi pomeriggio Hassan Nasrallah terrà un attesissimo discorso nel quale darà, oltre a delle spiegazioni per ciò che è successo, la linea per i giorni a venire.

L’ATTACCO è stato definito dagli analisti un «crimine di guerra», in quanto viola la convenzione di Ginevra del 1949. I civili non devono essere infatti colpiti: far esplodere i cercapersone in dotazione ai membri di Hezbollah (militari, politici, logistici) in contesti non militari, ma in mezzo ai civili, è considerato un crimine.
Dall’altro lato del confine, dove si continua a combattere senza sosta, il ministro della difesa israeliano Yoav Gallant, proprio mentre l’esercito amplia lo schieramento sul fronte nord, ha dichiarato che «siamo in una nuova fase del conflitto che richiede coraggio, determinazione e perseveranza». Ieri pomeriggio Hezbollah ha rivendicato tre bombardamenti a Nafeh Zeif, Habouchite (nel Golan) e Beit Halal, tutti su obiettivi militari. L’aviazione israeliana ha invece bombardato Kfarchouba, Halta e Adaysse, villaggi civili, senza però causare vittime.

Le Nazioni unite hanno condannato l’attacco e hanno convocato una riunione straordinaria per domani sulla questione libanese-israeliana. Il ministro degli affari esteri di Beirut, Abou Habib, ha parlato dell’esplosione come del «presagio di qualcosa di più grande». La Germania ha ieri interrotto la fornitura di armi a Israele, che però non tiene conto degli ammonimenti internazionali che arrivano anche dai vertici del partito democratico statunitense. Nessun commento del governo italiano sugli attentati libanesi, ma ieri l’Italia, assieme ad altri 42 paesi, si è astenuta sulla mozione palestinese all’Onu per «porre fine senza indugio alla sua presenza illegale nei territori palestinesi occupati entro e non oltre 12 mesi dall’adozione della risoluzione».
La guerra è più che mai vicina. Si aspetta. Il Libano è in allerta massima e c’è la convinzione tra la gente che questavolta sarà inevitabile. Ieri le scuole sono rimaste chiuse, mentre oggi, nonostante le detonazioni, sono state riaperte. Tutti gli ospedali, gli organi militari e civili sono in uno stato di allerta altissimo.

UNA GUERRA in Libano farebbe inevitabilmente da effetto domino in tutta la regione e coinvolgerebbe potenze come Iran, Usa o Russia. Le parole di Nasrallah di oggi e le intenzioni del governo Netanyahu – che ha schierato più truppe al confine – avranno un peso specifico sulle sorti non solo del Libano, ma dell’intera area