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Proposte della Lega per gli agenti. Il pacchetto verso il ritorno alla Camera per accogliere solo i rilievi del Colle

La polizia pattuglia Piazza Duomo a Milano durante i festeggiamenti del capodanno foto Piero Cruciatti/Getty Images La polizia pattuglia Piazza Duomo a Milano durante i festeggiamenti del capodanno foto Piero Cruciatti/Getty Images

Il Ddl Sicurezza potrebbe tornare alla Camera per una terza lettura «veloce» delle sole correzioni al testo suggerite dal Quirinale (schede telefoniche vietate ai migranti e detenute madri). È quanto trapela da fonti di Palazzo Chigi mentre si apprende che il governo sta lavorando, insieme ai tecnici del ministero di Giustizia, per capire come e dove inserire uno “scudo penale” speciale per le forze dell’ordine, iniziativa che mette d’accordo tutti nella maggioranza litigiosa e che prende a pretesto i recenti fatti di cronaca.

Nel frattempo la Lega ieri ha presentato alla Camera una proposta di legge che supera di fatto l’articolo 22 del ddl Sicurezza: al posto del rimborso delle spese legali per gli appartenenti alle forze dell’ordine sottoposti a procedimenti penali contenuto nel pacchetto sicurezza, la nuova pdl prevede direttamente il gratuito patrocinio, ossia un avvocato d’ufficio a spese dello Stato, per tutte le divise «ad ordinamento civile e militare oggetto di indagini e procedimenti per atti compiuti nell’esecuzione del proprio lavoro», «a prescindere dal reddito posseduto». D’altronde, Matteo Slavini prosegue ogni giorno la sua personale sfida al legittimo inquilino del Viminale. Il campo è sempre quello dell’ossequio alle forze dell’ordine, quasi un’icona della destra sovranista.

IL PROVVEDIMENTO è a sé e non interrompe l’iter del ddl Sicurezza al Senato, dove ieri le commissioni Affari costituzionali e Giustizia riunite hanno ripreso l’esame degli emendamenti. Perché, come ha spiegato il capogruppo leghista alla Camera Riccardo Molinari presentando la nuova proposta di legge, «la nostra posizione è diversa da Fd’I: noi riteniamo che il ddl Sicurezza vada approvato senza modifiche». La pdl è composta di un unico articolo di legge che mette insieme le forze dell’ordine con «le persone offese dai reati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro» tra i destinatari del gratuito patrocinio.

Intanto a Palazzo Chigi si discute e si cerca una strada per uno “scudo penale” da introdurre in un ddl ad hoc, con tanto di corsia preferenziale, oppure in un decreto legge. L’idea iniziale era di lasciare che a gestire i procedimenti a carico delle forze dell’ordine fosse solo la Procura generale presso le corti d’Appello, con la speranza di rendere più facile l’archiviazione dei fascicoli riguardanti agenti e carabinieri. E contemporaneamente – proposta già ventilata in passato sia dal ministro Nordio che dal sottosegretario leghista Ostellari – ampliare le maglie dell’articolo 51 del codice penale che ascrive l’adempimento del proprio dovere e l’obbedienza a un ordine tra le cause di esclusione della punibilità di un pubblico ufficiale, adeguandolo anche alle forze dell’ordine. Ma, come lasciano trapelare da Palazzo Chigi, si potrebbe anche intervenire sul codice di procedura penale, «immaginando forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati quando è evidente che l’appartenente alle forze dell’ordine ha usato l’arma di ordinanza nell’esercizio delle sue funzioni», in modo da non intervenire «sul diritto sostanziale». Difficile però trovare una soluzione che non cozzi contro la Costituzione.

TUTTI I PARTITI di opposizione protestano, mentre alcuni sindacati di polizia penitenziaria alzano la voce affinché lo scudo penale copra anche «l’uso legittimo della forza in carcere». Secondo l’associazione Antigone, «ogni forma di protezione penale o di immunità di qualunque professione è ingiustificata. Così si dà un orribile messaggio di legittimazione di abusi attraverso una protezione legale. La stragrande maggioranza dei poliziotti non ha bisogno di scudi penali perché si comporta in maniera conforme alla legge. E ad oggi si sono già tutti gli strumenti legislativi nel codice penale e nel testo unico di polizia per fronteggiare gli eventuali reati commessi nelle piazze».

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Atteso oggi l’annuncio della tregua a Gaza. Sul tavolo lo stesso accordo proposto da Joe Biden a maggio: nel mezzo il massacro di decine di migliaia di palestinesi e l’abbandono degli ostaggi. Israele ha aspettato l’arrivo di Trump: un regalo di benvenuto in cambio della mano libera in Cisgiordania

Medio Oriente Atteso per oggi l’accordo tra Hamas e Israele. L’ultradestra protesta ma non troppo: si passerà all’incasso sulla Cisgiordania con il nuovo presidente Usa. Blinken parla del futuro di Gaza e piange i civili uccisi. Contestato: «Sei il segretario del genocidio»

Ragazzi palestinesi davanti a un edificio residenziale distrutto da un raid israeliano a Deir al-Balah foto Ap/Abdel Kareem Hana Ragazzi palestinesi davanti a un edificio residenziale distrutto da un raid israeliano a Deir al-Balah – Ap/Abdel Kareem Hana

L’ufficialità della tregua è rimandata. Dovrebbe arrivare oggi dopo il meeting in notturna del gabinetto israeliano e dopo il definitivo via libera di Hamas che ieri sera diceva di non aver ancora ricevuto la mappa del ritiro israeliano.

SI È CONCLUSA così la lunghissima giornata d’attesa della fine della mattanza a Gaza, ore segnate da un profluvio di parole. Dopo mesi di silenzi e negazione della realtà, all’improvviso hanno tutti qualcosa da dire. Le parole probabilmente più oneste le aveva pronunciate lunedì Yehuda Cohen, padre di Nimrod Cohen, soldato di 19 anni morto a Gaza.

In un incontro alla Knesset ha accusato il primo ministro Benjamin Netanyahu di «crimini di guerra» nella Striscia e di «ideologia assassina che viola il diritto internazionale». «Si chiama fascismo», ha gridato Cohen dicendo di sostenere il mandato d’arresto contro il premier emesso lo scorso novembre dalla Corte penale internazionale.

Netanyahu ieri pomeriggio ha incontrato il Forum delle famiglie degli ostaggi che un accordo lo chiedono da mesi, memori della prima tregua, nel novembre 2023, che permise di liberare (vivi) 105 ostaggi, contro gli otto liberati con la forza e un prezzo di sangue enorme pagato dai palestinesi. Ieri hanno ribadito la richiesta: si lavori subito alla seconda fase dell’accordo. Non si fidano.

Secondo il piano reso noto ai media dai negoziatori, nei primi 42 giorni saranno rilasciati 33 dei 98 ostaggi totali (donne, bambini, malati) e 50 prigionieri politici palestinesi per ogni donna soldata e 30 per ogni civile. Israele manterrà il controllo del corridoio Filadelfia tra Gaza ed Egitto (più volte ritenuto inutile dall’esercito ma usato da Netanyahu per far deragliare il negoziato di maggio) ma inizierà a ritirarsi dal corridoio Netzarim, che taglia Gaza in due. Un milione di palestinesi sfollati dal nord saranno autorizzati a rientrare, sotto la supervisione di una forza terza (Egitto e Qatar?) per verificare che non portino con sé armi. Dai valichi di terra arriveranno 600 camion di aiuti al giorno.

Manifestanti a Tel Aviv chiedono l’accordo tra Hams e Israele (foto Ap/Ohad Zwigenberg)
Manifestanti a Tel Aviv chiedono l’accordo tra Hams e Israele (foto Ap/Ohad Zwigenberg)

NELLA SECONDA FASE (di durata non definita) si negozierà il rilascio dei restanti ostaggi vivi e dei corpi dei morti e la liberazione di un numero non ancora noto di prigionieri palestinesi (probabilmente un migliaio, tra loro anche condannati all’ergastolo che finiranno deportati all’estero). Il ritiro definitivo delle truppe israeliane avverrà solo dopo il ritorno in Israele di tutti gli ostaggi. La terza fase sarà dedicata al

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Germania Al congresso di Bonn restrizioni ai migranti, made in Germany ma anche Palestina

Dalle stelle all’incubo 5%, in pista Sahra Wagenknecht

 

Sahra Wagenknecht al congresso di Bonn – Ap

Lontano dai riflettori mediatici concentrati sull’evoluzione sempre più nera di Alternative für Deutschland, senza più il boom di consenso nei sondaggi come ai tempi delle vittorie a Est, Turingia e Brandeburgo, e con i primi dissidenti interni da gestire. L’Alleanza di Sahra Wagenknecht (Bsw) celebra il suo congresso nazionale nel cono d’ombra della politica, provando a recuperare il terreno perduto nei confronti degli avversari che ormai parlano più o meno il suo stesso linguaggio su immigrazione, sicurezza e difesa del made in Germany.

«Dobbiamo differenziarci dagli altri. Alzare la nostra voce» è la priorità del Bsw un mese prima del voto espressa con massima chiarezza da Amira Mohamed Ali, co-segretaria del partito, domenica nel parteitag organizzato nel centro-congressi di Bonn, nella vecchia capitale della Germania-Ovest, esattamente dall’altra parte del Paese rispetto al congresso di Afd a Riesa in Sassonia.

Seguono 53 minuti di monologo di Wagenknecht, diventata ora anche ufficialmente candidata-cancelliera del Bsw; è un attacco serrato a Spd, Cdu, liberali e Afd accusati a vario titolo di avere svenduto il paese. «Le sanzioni alla Russia non hanno nulla a che fare con la guerra in Ucraina. Sono un piano di stimolo per l’economia americana e un programma-killer per l’economia tedesca ed europea» denuncia la leader del Bsw raccogliendo la standing-ovation dei 600 delegati del partito.

È IL PRIMO PUNTO da portare avanti nella battaglia elettorale, insieme alla Pace e al «nein al 5% del Pil tedesco da destinare alla Nato»: gli altri due temi che distinguono il Bsw dagli altri partiti, insieme al tabù della Palestina.
«Gli avversari ci detestano perché portiamo avanti le questioni politiche più scomode, e soprattutto ci temono. Il vostro odio ci ispira, la vostra rabbia ci onora» sottolinea Mohamed Ali, dando sfogo alla retorica sul senso di appartenere all’unico «partito dei conservatori di sinistra» come riassume l’unica definizione accettata da Sahra Wagenknecht.

MA IL BSW ALLA VIGILIA del voto non dimentica la vecchia pandemia, nel senso dei milioni di tedeschi critici con le misure di emergenza introdotte all’epoca dell’ultimo governo di Angela Merkel (di cui era vice-cancelliere Olaf Scholz): «Si è trattato di una forte limitazione della libertà di opinione» sentenzia Wagenknecht, proprio come il fact-checking sui social, la cui abolizione da parte di Facebook è stata da lei salutata con un elogio.

UN MODO ANCHE per cavalcare l’onda mediatica da cui il Bsw è rimasto sostanzialmente tagliato fuori. Dopo l’endorsement di Elon Musk per Alice Weidel che ha lanciato Afd nella dimensione internazionale, Wagenknecht liscia il pelo al “concorrente” Mark Zuckerberg, che rimane un simbolo del capitalismo Usa ma almeno non è schierato con chi le contende il bacino di voti dei nazionalisti nel suo paese.

«Per una Germania forte e sovrana non c’è altra alternativa che votare Bsw» è lo slogan partorito dal congresso di Bonn per il rush finale della campagna elettorale prima dell’apertura delle urne il 23 febbraio. Mentre Wagenknecht continua a rappresentare il faro del partito che, politicamente, pende dalle sue labbra. «Abbiamo la migliore candidata-cancelliera possibile», ricorda la sua numero due, anche se per ora – così dicono i numeri – resta un auspicio politico da training-autogeno più che una possibilità reale.

L’ultimo sondaggio inchioda il Bsw al 5% del consenso; pericolosamente a cavallo della soglia di sbarramento al Bundestag. Soltanto un punto percentuale in più della Linke: il partito da cui Sahra Wagenknecht si è separata 13 mesi fa dimettendosi dalla carica di capogruppo. Se il Bsw non dovesse entrare in Parlamento, sarebbe un disastro politico che aprirebbe crepe insanabili nella sua forza politica già non monolitica.

A margine del parteitag di Bonn è andata in scena la sintomatica lite fra i vertici del Bsw e Dejan Lazic e Norbert Weber, i due rappresentanti di Amburgo che avevano fondato un’associazione parallela senza l’approvazione della segreteria. Chiedevano «strutture più democratiche e un vero confronto con chi occupa le posizioni chiave, perché oggi non c’è quasi contraddizione con la leadership. Non vogliamo diventare un Afd 2.0». Sono stati accompagnati alla porta.

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L’accordo tra Israele e Hamas è a un passo, annunciano i negoziatori: nelle prossime ore, al massimo nei prossimi giorni. Intanto, però, a Gaza è un giorno come un altro: raid aerei su tutta la Striscia, almeno cinquanta palestinesi uccisi e corpi sparsi per le strade

Prima della tregua Ieri sera era dato per imminente un accordo tra Israele e Hamas. Sarà in tre fasi. Protesta la destra estrema: non voteremo la resa

 Svolta su Gaza vicina. Tornano liberi ostaggi e prigionieri politici Una manifestazione in Israele a sostegno dell'accordo di tregua e per la liberazione degli  ostaggi – APGaza

Occhi puntati su Doha dove i negoziati indiretti tra Hamas e Israele sono giunti alla svolta decisiva. L’accordo di cessate il fuoco a Gaza e di scambio di prigionieri, secondo i mediatori – Qatar, Egitto e Usa – e varie fonti sarebbe una questione di ore, al massimo di qualche giorno. Questa mattina potrebbe arrivare l’annuncio. Un contributo, nel convincere (anche alzando la voce con il premier israeliano Benyamin Netanyahu, scrive Times of Israel), l’avrebbe dato Steve Witkoff, l’inviato speciale di Donald Trump, oltre a Jake Sullivan, Consigliere per la sicurezza dell’Amministrazione Biden uscente.

Altre fonti riferivano ieri sera di una risposta del movimento islamico, attesa nella notte, alla «bozza finale» dell’accordo di tregua. Hamas, che ha consegnato al Qatar una lista di ostaggi israeliani ancora vivi, ha replicato che la palla è nel campo di Israele e che solo Netanyahu può far saltare l’accordo, come fece la scorsa estate chiedendo a sorpresa la presenza/occupazione dell’esercito israeliano sul Corridoio Filadelfia, tra Gaza e l’Egitto: una condizione respinta all’epoca da Egitto e Hamas. Ora invece le condizioni dettate da Israele sarebbero state accolte in parte. Gli inviati di Netanyahu hanno presentato ai mediatori un piano che descrive nei dettagli l’occupazione israeliana a Gaza durante e dopo le varie fasi del potenziale accordo in tre fasi. In particolare, Israele ha chiesto di controllare la «zona cuscinetto» larga circa un chilometro e mezzo lungo il confine di Gaza che l’esercito ha costruito nell’ultimo anno distruggendo migliaia di case palestinesi.

Israele manterrebbe i suoi soldati sul Corridoio Filadelfia e anche nel Corridoio Netzarim che taglia in due Gaza, da est o ovest. Si tratterebbe di una presenza militare «temporanea»: l’esperienza però insegna che di temporaneo c’è ben poco quando si parla di occupazioni territoriali da parte di Israele. Si attende inoltre di conoscere quando, se e in quale misura i civili palestinesi potranno tornare in ciò che resta del nord di Gaza.

L’attuale formulazione dell’intesa prevederebbe il rilascio nelle prime due fasi di tutti gli ostaggi e dei prigionieri palestinesi concordati. Hamas, scriveva ieri il

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Corte Appello Milano revocato misura cautelare su istanza Nordio

(ANSA) - MILANO, 12 GEN - E' stato liberato questa mattina poco dopo le 9, e sarebbe già arrivato a casa, Mohammad Abedini
Najafabadi, l'ingegnere iraniano che era stato arrestato per l'estradizione lo scorso 16 dicembre a Malpensa su richiesta
degli Stati Uniti.
Da quanto si è appreso stamane, non appena arrivata la richieste di revoca della misura cautelare firmata dal Ministro Nordio, si è riunito d'urgenza un collegio della quinta Corte d'Appello che ha rimesso in liberà l'ingegnere 38enne, poco dopo decollato per Teheran. (ANSA).

2025-01-12T17:37:00+01:00
BRU
ANSA
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Passeggeri inferociti contro Salvini per un guasto al Frecciarossa nella stazione di Milano che blocca mezza Italia. L’opposizione attacca il ministro dei trasporti per l’ennesimo caos alla circolazione dei treni. Lui si fa difendere da una nota del Mit: tutta colpa dei governi precedenti

Quando c'è lui Ore di attesa, corse sparite, passeggeri inferociti contro il ministro dei Trasporti. Ma il Mit lo difende: colpa dei governi precedenti

La giornata di passione alla stazione di Milano foto LaPresse La giornata di passione alla stazione di Milano – foto LaPresse

Dalla stazione di Milano centrale è partito l’ennesimo guasto alla linea ferroviaria che ha bloccato la circolazione dei treni in mezza penisola. Il problema tecnico è avvenuto alle 7 del mattino di ieri e la situazione è tornata alla normalità solo dopo le 15. A generare il guasto, ha detto la polizia, è stato un treno dell’alta Velocità che col suo pantografo ha danneggiato la linea aerea, provocando l’interruzione della linea elettrica. Poco dopo sarebbe passato un altro convoglio, amplificando il guaio.

L’incidente ha causato ingenti ritardi e cancellazioni sulle linee Milano-Genova e Milano-Venezia. Colpita anche la linea verso Bologna, che è stata gestita su percorsi alternativi più lenti, per attenuare in parte i disagi. Sono stati più di cento i treni soppressi o partiti diverse ore dopo, e migliaia i viaggiatori che hanno dovuto rinunciare al viaggio. In mattinata Trenitalia ha addirittura suggerito di «evitare o limitare gli spostamenti in treno a quelli strettamente necessari e di riprogrammare i viaggi rinviabili», assicurando comunque i rimborsi integrali.

TRA I PASSEGGERI vittime del problema, che hanno atteso per ore invano nelle stazioni di mezzo nord, gli improperi contro Matteo Salvini fioccavano. Da quando il leader leghista è ministro delle infrastrutture e trasporti, è avvenuta una lunga serie di guasti e problemi che hanno dimostrato l’inadeguatezza della linea ferroviaria italiana. Quello di ieri è l’ultimo di una lista che ha visto l’apice il 2 ottobre scorso, quando un operaio ha piantato per errore un chiodo in una canalina elettrica alla stazione di Roma Termini, provocando il blocco della circolazione su quasi tutte le linee dell’alta velocità.

IL MINISTRO «precetto-la-qualunque» Salvini ha spesso puntato il dito contro i frequenti scioperi degli ultimi mesi, accusando il personale ferroviario dei disagi subìti dai pendolari; ma i guasti come quello di ieri dimostrano che la vera criticità riguarda le infrastrutture. Ogni volta che c’è un

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