Germania Al congresso di Bonn restrizioni ai migranti, made in Germany ma anche Palestina
Sahra Wagenknecht al congresso di Bonn – Ap
Lontano dai riflettori mediatici concentrati sull’evoluzione sempre più nera di Alternative für Deutschland, senza più il boom di consenso nei sondaggi come ai tempi delle vittorie a Est, Turingia e Brandeburgo, e con i primi dissidenti interni da gestire. L’Alleanza di Sahra Wagenknecht (Bsw) celebra il suo congresso nazionale nel cono d’ombra della politica, provando a recuperare il terreno perduto nei confronti degli avversari che ormai parlano più o meno il suo stesso linguaggio su immigrazione, sicurezza e difesa del made in Germany.
«Dobbiamo differenziarci dagli altri. Alzare la nostra voce» è la priorità del Bsw un mese prima del voto espressa con massima chiarezza da Amira Mohamed Ali, co-segretaria del partito, domenica nel parteitag organizzato nel centro-congressi di Bonn, nella vecchia capitale della Germania-Ovest, esattamente dall’altra parte del Paese rispetto al congresso di Afd a Riesa in Sassonia.
Seguono 53 minuti di monologo di Wagenknecht, diventata ora anche ufficialmente candidata-cancelliera del Bsw; è un attacco serrato a Spd, Cdu, liberali e Afd accusati a vario titolo di avere svenduto il paese. «Le sanzioni alla Russia non hanno nulla a che fare con la guerra in Ucraina. Sono un piano di stimolo per l’economia americana e un programma-killer per l’economia tedesca ed europea» denuncia la leader del Bsw raccogliendo la standing-ovation dei 600 delegati del partito.
È IL PRIMO PUNTO da portare avanti nella battaglia elettorale, insieme alla Pace e al «nein al 5% del Pil tedesco da destinare alla Nato»: gli altri due temi che distinguono il Bsw dagli altri partiti, insieme al tabù della Palestina.
«Gli avversari ci detestano perché portiamo avanti le questioni politiche più scomode, e soprattutto ci temono. Il vostro odio ci ispira, la vostra rabbia ci onora» sottolinea Mohamed Ali, dando sfogo alla retorica sul senso di appartenere all’unico «partito dei conservatori di sinistra» come riassume l’unica definizione accettata da Sahra Wagenknecht.
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Alice nel paese di Elon, «Hitler era un comunista»MA IL BSW ALLA VIGILIA del voto non dimentica la vecchia pandemia, nel senso dei milioni di tedeschi critici con le misure di emergenza introdotte all’epoca dell’ultimo governo di Angela Merkel (di cui era vice-cancelliere Olaf Scholz): «Si è trattato di una forte limitazione della libertà di opinione» sentenzia Wagenknecht, proprio come il fact-checking sui social, la cui abolizione da parte di Facebook è stata da lei salutata con un elogio.
UN MODO ANCHE per cavalcare l’onda mediatica da cui il Bsw è rimasto sostanzialmente tagliato fuori. Dopo l’endorsement di Elon Musk per Alice Weidel che ha lanciato Afd nella dimensione internazionale, Wagenknecht liscia il pelo al “concorrente” Mark Zuckerberg, che rimane un simbolo del capitalismo Usa ma almeno non è schierato con chi le contende il bacino di voti dei nazionalisti nel suo paese.
«Per una Germania forte e sovrana non c’è altra alternativa che votare Bsw» è lo slogan partorito dal congresso di Bonn per il rush finale della campagna elettorale prima dell’apertura delle urne il 23 febbraio. Mentre Wagenknecht continua a rappresentare il faro del partito che, politicamente, pende dalle sue labbra. «Abbiamo la migliore candidata-cancelliera possibile», ricorda la sua numero due, anche se per ora – così dicono i numeri – resta un auspicio politico da training-autogeno più che una possibilità reale.
L’ultimo sondaggio inchioda il Bsw al 5% del consenso; pericolosamente a cavallo della soglia di sbarramento al Bundestag. Soltanto un punto percentuale in più della Linke: il partito da cui Sahra Wagenknecht si è separata 13 mesi fa dimettendosi dalla carica di capogruppo. Se il Bsw non dovesse entrare in Parlamento, sarebbe un disastro politico che aprirebbe crepe insanabili nella sua forza politica già non monolitica.
A margine del parteitag di Bonn è andata in scena la sintomatica lite fra i vertici del Bsw e Dejan Lazic e Norbert Weber, i due rappresentanti di Amburgo che avevano fondato un’associazione parallela senza l’approvazione della segreteria. Chiedevano «strutture più democratiche e un vero confronto con chi occupa le posizioni chiave, perché oggi non c’è quasi contraddizione con la leadership. Non vogliamo diventare un Afd 2.0». Sono stati accompagnati alla porta.