Palazzo chigi smentisce a metà Appaltare ai settemila satelliti di Starlink le comunicazioni criptate del governo e dell’esercito potrebbe costare all’Italia 1,5 miliardi di euro per cinque anni di servizio
Tecnici installano antenna satellitare Starlink – foto Ap
L’Italia sarebbe in trattative avanzate per chiudere un contratto di fornitura di telecomunicazioni sicure con Space X, società di tecnologie spaziali di proprietà di Elon Musk.
Secondo Bloomberg l’affare Space X sarebbe stato uno degli argomenti del vertice lampo di sabato 4 gennaio in Florida tra il presidente eletto statunitense Donald Trump e la presidente del consiglio Giorgia Meloni. Indiscrezione parzialmente smentita da Palazzo Chigi che ieri, in una nota, ha spiegato che i colloqui tra il governo e Space X «rientrano tra i normali approfondimenti che gli apparati dello Stato hanno con le società» e che non è stato preso nessun accordo né firmato alcun contratto. La trattativa non si è ancora conclusa, ma c’è e prevede un contratto di fornitura da 1,5 miliardi di euro per cinque anni con cui l’Italia appalterebbe all’azienda di Musk la gestione delle telecomunicazioni criptate e sicure del governo e dell’esercito italiano nell’area del Mediterraneo. L’accordo includerebbe anche l’implementazione di servizi satellitari direct-to-cell a disposizione del Paese in situazioni di emergenza come una calamità naturale o un attacco terroristico.
Indiscrezioni rese pubbliche nell’ottobre del 2024 parlavano anche di usare i settemila satelliti di Starlink per portare la banda ultralarga nelle zone previste dal piano «Piano Italia 1 Giga».
IL PIANO, affidato a Tim e Openfiber, è stato finanziato con parte dei fondi del Pnrr ma procede a rilento: al momento le operazioni di cablaggio hanno portato la fibra solo a un terzo dei 3,4 milioni di edifici previsti dal piano. Bucare la scadenza di giugno 2026 comporterebbe la
Leggi tutto: Telecomunicazioni criptate: Meloni vuole i satelliti di Musk - di Matteo Miavaldi
Commenta (0 Commenti)L’ambasciatrice ha confermato la decisione all'Adnkronos dopo l'anticipazione di Repubblica: "Ho comunicato le mie dimissioni a partire dal 15 gennaio"
Elisabetta Belloni conferma le dimissioni dalla guida del Dis. "Ho comunicato le mie dimissioni a partire dal 15 gennaio, è una mia decisione", dice l'ambasciatrice all'Adnkronos dopo l'anticipazione di Repubblica. "Non c'è nessun altro incarico", chiarisce Belloni riferendosi a indiscrezioni che la vorrebbero a Bruxelles con la presidente della commissione europea Ursula von der Leyen.
Si legge su Repubblica:
Il rapporto tra Meloni e l’ambasciatrice si è a lungo caratterizzato per essere stato molto stretto.
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Alcune migliaia di persone sono scese nuovamente in piazza ieri sera, sabato 4 gennaio, a Tel Aviv per chiedere la fine della guerra a Gaza e il rilascio degli ostaggi in mano ad Hamas, oltre alle dimissioni del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, dopo la diffusione del video che mostrava la soldatessa-ostaggio Liri Albag ancora viva.
Lo si legge sui media israeliani. Parlando ai manifestanti da un sovrappasso sulla Begin Road, nel centro della citta' - si legge sul Times of Israel -, Shahar MNor, nipote dell'ostaggio ucciso Avraham Munder ha chiesto di "fermare la campagna di vendetta a Gaza", chiedendo al governo di farsi da parte dopo aver mancato di liberare chi e' ancora in prigionia.
Dopo il comizio si e' tenuta una fiaccolata e sono stati accesi dei falo', spenti dalla polizia e poi riaccesi una volta che gli agenti si sono allontanati, scrive il Toi. Poi la polizia ha fermato sei manifestanti che cercavano di bloccare la Begin Road.
Commenta (0 Commenti)Ann Telnaes si è dimessa dal giornale di proprietà del fondatore di Amazon: "È la prima volta che un mio disegno è stato respinto in tanti anni di lavoro per il Post, la democrazia muore nelle tenebre"
La vignettista del Washington Post ha dichiarato di aver deciso di dimettersi dopo che gli editori hanno rifiutato il suo schizzo del proprietario del giornale e di altri dirigenti dei media che si inchinano al presidente eletto Donald Trump. Ann Telnaes ha pubblicato un messaggio venerdì sulla piattaforma online Substack dicendo di aver disegnato una vignetta che mostrava un gruppo di dirigenti dei media, inclusi il proprietario del Post Jeff Bezos, mentre si inchinavano a Trump offrendogli sacchi di denaro.
Commenta (0 Commenti)Striscia di sangue Il presidente Usa propone al Congresso la vendita a Tel Aviv di bombe per altri 8 miliardi di dollari. Nessuna tregua all’orizzonte. L’esercito ha ammesso l’arresto di Hussam Abu Safiya, il direttore del Kamal Adwan
Gaza: la zona di Deir Al-Balah distrutta da un attacco israeliano – foto di Omar Ashtawy/Zuma Press
È stata una assistenza militare continua, fino all’ultimo giorno, quella che Joe Biden durante il suo mandato ha garantito a Israele impegnato in una offensiva lunga 15 mesi che ha ucciso almeno 46mila palestinesi e distrutto Gaza. Tra un paio di settimane il suo successore Donald Trump entrerà alla Casa Bianca, ma il presidente uscente ha trovato il tempo per notificare al Congresso una proposta di vendita di armi a Israele per otto miliardi di dollari: munizioni per aerei ed elicotteri d’attacco, proiettili di artiglieria e bombe. Ad agosto, gli Stati Uniti avevano approvato la vendita di 20 miliardi di dollari in aerei da combattimento e altre attrezzature militari a Israele.
Tutto ciò mentre piovono su Tel Aviv condanne e critiche per l’attacco israeliano che ha portato Gaza sul baratro della carestia e generato accuse di genocidio, oltre a richieste di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità da parte della Corte penale internazionale nei confronti del premier Benyamin Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant.
TRA LA FINE DEL 2024 e i primi quattro giorni dell’anno i palestinesi uccisi dai bombardamenti israeliani a Gaza, secondo i dati del ministero della Sanità, sono stati almeno 200. Bombe made in Usa, sganciate da jet israeliani, ieri hanno ucciso oltre 30 palestinesi, tra cui 12 membri della famiglia Al Ghoula a Gaza city. Soccorritori e volontari hanno cercato per ore possibili sopravvissuti intrappolati sotto le macerie. «Verso le 2 di notte siamo stati svegliati dal boato di una forte esplosione. La maggior parte donne e bambini, nessuno aveva sparato missili in quella zona», ha raccontato Ahmed Ayyan, un vicino degli Al Ghoula, aggiungendo che nella casa vivevano 15 persone. Non ci sono stati commenti su questa ennesima strage da parte dell’esercito israeliano. Si è limitato a comunicare che le sue forze hanno continuato l’attacco alla città di Beit Hanoun dove hanno distrutto un complesso militare in apparenza usato da Hamas. A Jabaliya un attacco aereo ha ucciso tre palestinesi, altri tre sono stati colpiti un’auto a est di Deir Al Balah.
GAZA ALLO STESSO TEMPO sta diventando una trappola per le forze di occupazione israeliane. Giornalisti locali hanno spiegato al manifesto che gli uomini di Hamas e di altre formazioni armate hanno cambiato le loro tattiche di combattimento e reclutano nuovi uomini a un tasso superiore al numero di quelli uccisi. Le Brigate Qassam (Hamas) ora fondano la loro capacità di colpire sull’uso di trappole esplosive nascoste all’interno di mobili che esplodono all’arrivo dei soldati. I giornali israeliani riportano i commenti del comandante della Brigata Givati: «Per ogni due militanti uccisi, ce ne sono altri quattro che prendono il loro posto». E dell’ex ministro Haim Ramon che ha descritto, in un articolo pubblicato venerdì da Maariv, l’offensiva in corso a Gaza come un «clamoroso scandalo strategico privo di risultati». Per il quotidiano Yediot Ahronot Israele «non sarà mai in grado di eliminare tutti i simpatizzanti di Hamas, poiché il loro numero a Gaza costituisce una riserva infinita… Se non approfittiamo ora dei risultati ottenuti nei mesi scorsi, ci ritroveremo ad annegare e a sanguinare lì per anni e senza gli ostaggi vivi».
I MEDIA ISRAELIANI sollecitano con crescente insistenza la chiusura di un accordo di tregua che però non arriva. Un video diffuso ieri da Hamas mostra la soldatessa Liri Albag, in ostaggio a Gaza dal 7 ottobre 2023, in vita, ma in cattive condizioni di salute. La famiglia ha chiesto la sua liberazione e rivolto un appello al primo ministro Benyamin Netanyahu affinché raggiunga una intesa con Hamas per uno scambio tra ostaggi e prigionieri politici palestinesi.
Intanto Israele dopo averlo inizialmente negato ha confermato di aver arrestato il direttore dell’ospedale Kamal Adwan, il dottor Hussam Abu Safiya, aggiungendo che è «indagato dalle forze di sicurezza» perché è sospettato di essere un «terrorista» e di «occupare un posto» in Hamas.
Abu Safiya, che si troverebbe nel centro di detenzione di Sde Teiman (tristemente noto per abusi e violenze sui detenuti palestinesi), è stato arrestato nei giorni scorsi mentre l’esercito israeliano costringeva i pazienti e il personale medico ad abbandonare il Kamal Adwan, nel nord di Gaza, descrivendo l’ospedale come una «roccaforte terroristica di Hamas».
NON È CIÒ CHE PENSANO i centri per i diritti umani, inclusi anche l’israeliano Physicians for Human Rights. La presidente di Amnesty, Agnès Callamard, ha denunciato che «centinaia dimedici ed operatori sanitari palestinesi di Gaza sono detenuti da Israele (dopo il 7 ottobre 2023) senza accusa né processo» e «sottoposti a tortura e altri maltrattamenti e tenuti in isolamento»
Commenta (0 Commenti)Migranti Il tribunale di Catania libera un richiedente asilo egiziano: lo Stato di diritto lì non esiste. Prima disapplicazione della nuova legge. Tra una settimana la competenza passerà alle Corti d’appello, ma cambierà poco
Un giovane migrante trattenuto in Italia – Ansa/Massimo Percossi
Attraverso le schede del ministero degli Esteri e le fonti qualificate indicate dalla normativa europea il tribunale di Catania ha constatato che in Egitto persistono «gravi violazioni dei diritti umani che investono, in maniera generale e costante, non solo ampie categorie di persone, ma anche il nucleo stesso delle libertà fondamentali che connotano un ordinamento democratico». La conseguenza, scrive il giudice Rosario Cupri, è questa: «In Egitto non è “configurabile uno Stato di diritto che si possa definire realmente sicuro per tutti”». Ci sono le doppie virgolette perché l’ultima frase cita l’ordinanza interlocutoria firmata dalla Cassazione giovedì scorso. Quella su cui gli esponenti della maggioranza erano intervenuti in batteria dicendo: «dà ragione all’esecutivo» (Sara Kelany, FdI), «conferma la linea del governo» (Nicola Molteni, Lega) o «boccia sinistre giudiziarie e politiche che ci boicottano» (Maurizio Gasparri, Fi).
Meno di una settimana dopo, proprio basandosi su quella decisione, le toghe etnee hanno liberato un richiedente asilo egiziano di 30 anni che l’altro ieri era stato rinchiuso nel centro di Modica-Pozzallo. È la prima disapplicazione della legge varata un mese e mezzo fa dal governo Meloni per rendere la lista dei «paesi sicuri» norma primaria. «Nel momento in cui l’elenco è inserito in una legge il giudice non può disapplicarla, se ritiene sia incostituzionale può fare ricorso alla Corte [costituzionale, ndr]», aveva detto il 22 ottobre scorso il ministro della Giustizia Carlo Nordio annunciando la misura pensata per rispondere alle non convalide dei trattenimenti in Albania. A differenza di quanto sostenuto dal Guardasigilli, però, anche una norma primaria può essere disapplicata se contrasta con il diritto europeo.
COSÌ HANNO FATTO a Catania seguendo ciò che ha stabilito la Corte del Lussemburgo prima e la Cassazione poi: il giudice deve verificare che la designazione di un paese come sicuro, che spetta al governo, sia legittima. Ovvero rispetti i criteri della direttiva 32/2013. Per il massimo tribunale nazionale questa classificazione è corretta anche se le condizioni di sicurezza sono prevalenti e non assolute, cioè se esistono dei rischi per alcune categorie di persone. A patto che «la presenza di eccezioni soggettive tanto estese nel numero, accompagnata da persecuzioni e menomazioni generalizzate ed endemiche, non incida, complessivamente, sulla tenuta dello Stato di diritto». In caso contrario sarebbe violata la direttiva e si pregiudicherebbe il valore costituzionale della dignità.
Proprio quello che secondo il tribunale di Catania avviene in Egitto, dove si ritrovano: pena di morte, per impiccagione, con un numero di esecuzioni tra i più alti; detenzioni arbitrarie e arresti senza mandato; sparizioni forzate; violazioni verso avvocati, attivisti, giornalisti e oppositori; discriminazioni di minoranze religiose, donne, persone lgbt; uso sistematico di tortura e maltrattamenti. Lo dice la stessa scheda-paese redatta dai ministeri italiani per inserire, a maggio 2024, lo Stato nordafricano tra quelli sicuri: un’evidente finzione che è andata a sbattere contro l’esame dei giudici.
ERANO DUE MESI che i richiedenti asilo non venivano messi dietro le sbarre del centro di Modica-Pozzallo per sottoporli alle «procedure accelerate di frontiera» sulla loro domanda d’asilo. Nello stesso periodo era rimasta vuota anche l’analoga struttura di Porto Empedocle, dove cinque cittadini del Bangladesh sono stati rinchiusi martedì scorso, il giorno dopo l’ordinanza della Cassazione. I giudici di Palermo li hanno liberati in 48 ore, ma seguendo un’altra strada giuridica. La doppia mossa era un test per l’Albania, dove il governo vuole riprendere i trasferimenti.
Da sabato prossimo, intanto, la competenza su queste convalide passerà dalle sezioni specializzate in immigrazione alle Corti d’appello. Lo ha stabilito la legge approvata il 4 dicembre scorso. L’esecutivo spera di ottenere risultati migliori, ma non si capisce in base a quali presupposti: anche per i tribunali di secondo grado valgono diritto Ue e pronunce di Cassazione e Corte del Lussemburgo. Tra l’altro a Roma sono stati arruolati dal presidente Giuseppe Meliadò, per esigenze tecniche, i giudici che si sono già espressi sull’Albania dal tribunale ordinario, dove erano stati aggiunti per far fronte all’aggravio di lavoro. A Catania la sezione della Corte cui spetteranno le convalide sarà presieduta da Massimo Escher: era a capo della locale sezione immigrazione del tribunale civile e prenderà servizio nei prossimi giorni. Il trasferimento è stato proposto all’unanimità dalla commissione del Consiglio superiore della magistratura (Csm) a fine settembre, quando lo spostamento di competenze non era neanche un’ipotesi, e deliberato dal plenum il 20 novembre, quando la modifica era solo una proposta.
IN OGNI CASO più che le toghe conta la legge: se la Cassazione ha sospeso il giudizio sul tema per attendere la decisiva sentenza della Corte Ue è difficile credere che le Corti d’appello possano dare il via libera ai trattenimenti. O non li convalideranno o rinvieranno tutto in Lussemburgo, liberando comunque i richiedenti asilo. La decisione dei giudici europei è attesa per la primavera. Prima di allora i centri di trattenimento in Albania, o quelli in Sicilia, non si riempiranno.
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