Le relazioni della Ue con Mosca degli ultimi decenni mostrano la sproporzione tra gli inesistenti rapporti politici e la crescita esponenziale di quelli economici ed energetici
Milano 1982, la marcia della pace che per raggiungere Comiso per contestare la base missilistica - Ansa
È paradossale che per trovare parole nuove sulle prospettive di una futura convivenza in Europa siamo dovuti ricorrere a quelle pronunciate dal Presidente francese Emmanuel Macron, nel discorso tenuto il 9 Maggio scorso di fronte al Parlamento Europeo a Strasburgo in occasione della festa dell’Europa e alla conclusione della Conferenza sul futuro dell’Europa.
Il presidente francese, che rappresenta i poteri forti europei, è stato in grado di alzare lo sguardo e prospettare una visione del futuro capace di influenzare anche i tragici eventi in cui la insensata guerra di Putin ci ha precipitati e che rischia di ora in ora di ottenere i risultati opposti a quelli che egli stesso si era prefissato.
Macron, pur riaffermando la solidarietà e il sostegno all’Ucraina, ha affermato che “non siamo in guerra con la Russia” e, soprattutto, che “non dovremo mai cedere alla tentazione dell’umiliazione o allo spirito di vendetta”.
Il suo sembra il tentativo, purtroppo per il momento abbastanza isolato, di evitare all’Europa un futuro nefasto che non è neanche paragonabile a quello della guerra fredda in cui , seppure nella divisione in blocchi, esistevano dei codici di comunicazione capaci di evitare la catastrofe nucleare e in cui, nonostante tutto, almeno due generazioni possono dire di aver conosciuto il più lungo periodo di pace, al netto dei numerosi conflitti regionali e locali.
Analoghe parole, con molto più rimpianto forse dovuto all’età, le ho trovate nell’intervista che il Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha rilasciato al Venerdì di Repubblica. Egli ha parlato di un senso di colpa e di un fallimento europeo e dell’occidente per non aver saputo costruire una relazione con la Russia capace di assicurare alla stessa, all’Europa ed agli Stati Uniti la possibilità di una convivenza pacifica. A questo proposito ha ricordato il tentativo di Javier Solana, primo Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea, a metà degli anni 2000, di costruire quel partenariato tra Russia e Nato che proprio Vladimir Putin si era dichiarato disposto ad intraprendere.
Gli eventi successivi sono noti, compreso il famigerato vertice Nato di Bucarest del 2008 in cui, il Presidente G. W. Bush, nella costernazione della sua consigliera Fiona Hills, pretese che nel comunicato finale fosse resa esplicita la apertura della Nato a Ucraina e Georgia, con buona pace di chi, ancora oggi, nega che vi sia stata una tale apertura. Il riconoscimento al Presidente Macron è anche dovuto al fatto che egli appartiene ad un’altra generazione ed è uno dei pochi leader politici a riferirsi a fatti storici quali la proposta di Confederazione comprendente la Russia, che il presidente Mitterrand avanzò subito dopo la caduta del muro di Berlino e che egli ha voluto citare come ipotesi di lavoro per il futuro. Può sembrare poco ma, di fronte all’ignavia che ha caratterizzato la politica europea degli ultimi decenni, è molto.
Non sono tra coloro i quali giustificano la debolezza europea di fronte all’intraprendenza della Nato; quest’ultima è proporzionale all’opportunismo di una Ue che ha delegato ad essa l’intera politica estera europea, ben al di là del suo essere un’alleanza difensiva. Nel frattempo, ciascun Paese europeo ha curato più o meno bene i propri interessi , il più delle volte ex coloniali, come dimostrano le tragedie libiche e mediorientali.
Se si esaminano le relazioni Ue- Russia degli ultimi decenni, salta agli occhi la sproporzione tra il sistema di relazioni politiche, praticamente inesistenti, e la crescita esponenziale delle relazioni economiche e soprattutto della dipendenza energetica.
La strategia Ue-Russia presentata dall’Alto Rappresentante per la Politica Estera di Sicurezza Europea Borrell, non più tardi del maggio 2021, è risibile già dal titolo : «Respingere- Contenere- Interagire», queste le parole d’ordine che sintetizzano una politica basata su «bastone e carota» applicata ad una potenza cui abbiamo affidato le chiavi di settori economici fondamentali. Ciò è conseguenza del fatto che l’Unione europea è soprattutto un mercato e come tale è percepita e come tale ha operato, giovandosi degli scambi commerciali assicurati dalla globalizzazione economica e finanziaria e delegando agli Stati Uniti e alla Nato le responsabilità della politica estera e di difesa.
Il risveglio è traumatico e non è affatto detto che questa Unione sia in grado di trarne tutte le conseguenze a cominciare da come si appresta ad affrontare la Politica Estera e di Sicurezza Comune che non può esistere senza una Costituzione Europea ed un assetto istituzionale federale ed autonomo.
Infine, a chi continua a dire, come se fosse oggi, che lo stesso Enrico Berlinguer, nel lontano 1976 avesse dichiarato di sentirsi più sicuro nella Nato che nel Patto di Varsavia, bisognerebbe ricordare che nel 1973, lui stesso pare fosse scampato ad un attentato a Sofia, e che nel 1976 c’era ancora il Patto di Varsavia e l’Urss con tutti i cascami dello stalinismo, che Breznev già nel 1968 si era reso responsabile dell’invasione della Cecoslovacchia, condannata dal Pci – ma Praga restava «sola» come denunciò nascendo Il Manifesto – , e che, nel 1981, lo stesso Berlinguer dichiarò la “fine della spinta propulsiva della Rivoluzione di Ottobre”. Qualunque comunista, che non fosse dogmaticamente o nostalgicamente devoto all’Unione Sovietica (e Berlinguer non lo era), avrebbe preferito vivere nel campo occidentale. Il che non significava, nemmeno per Berlinguer, una acquiescenza alla Nato, come dimostrano le lotte dei comunisti italiani nel 1982 contro i missili a Comiso – era già l’allargamento militare degli Usa e della Nato.
Ci si dimentica che nel frattempo, vi è stato Gorbaciov, e grazie a lui è caduto il muro di Berlino, si è unificata la Germania, è cambiata la geografia politica dell’Europa senza alcuno spargimento di sangue. È da quel momento che l’esistenza della Nato non si è più giustificata se non come strumento della potenza unipolare statunitense. Oggi siamo in un altro mondo e, purtroppo, non è detto che sia migliore.
Non è dato sapere come Enrico Berlinguer avrebbe giudicato questa situazione; ciò che disturba è che proprio a 100 anni dalla sua nascita, che ricorre il 25 maggio, se ne debba fare un uso arbitrario e propagandistico.