Sulla vicenda dell'urbanizzazione dell'orto della Ghilana (collocato a metà di via Firenze verso le Bocche dei Canali) da tempo abbiamo espresso la nostra posizione: “in un contesto paesaggistico sensibile, la costruzione di nuovi edifici andrebbe ad alterare l’identità di un luogo rurale che circonda la storica villa Ghilana. Il nuovo cemento, e relativo consumo di suolo, restringerebbe l’attuale area rurale davanti alla villa; spezzando l’unità paesaggistica, e visiva, con l’ansa del fiume”.
Ed inoltre abbiamo rilevato che, nella specifica situazione del nostro territorio con tanti edifici vuoti, aree inutilizzate già previste per urbanizzazioni, cantieri lasciati a metà, meno nuove urbanizzazioni si fanno, meglio è.
Per questo, Legambiente ribadisce la sua netta contrarietà a questo progetto di nuova urbanizzazione.
Il passato Consiglio Comunale aveva approvato, a maggioranza, questo progetto subordinandolo a specifiche “compensazioni”:
“ passerella ciclo-pedonale che congiunga l’argine del fiume lato Orto Bertoni – parco Baden Powell con l’argine di via Sarna;
procedere alla realizzazione del Parco Fluviale nell’ansa del fiume o diversamente alla sistemazione, per una più facile ed intuitiva fruizione, di entrambi gli argini del Fiume Lamone nel tratto compreso tra il Ponte delle Grazie e la futura passerella di collegamento.”
Nel progetto finale i proponenti intenderebbero intervenire solo sul Parco Fluviale, infatti scrivono:
“REALIZZAZIONE OPERE SUL PARCO FLUVIALE da eseguirsi su indicazione dell’Amministrazione Comunale per la valorizzazione e potenziamento del Parco Fluviale Fiume Lamone per la somma complessiva di € 40.000,00 oltre a IVA”.
Questa compensazione è sufficiente a garantire “l'interesse pubblico” ?
A nostro avviso no, visto che le altre opere sono necessariamente funzionali all'urbanizzazione stessa.
Questa peraltro è la verifica che l'Amministrazione Comunale e poi il Consiglio, dovranno fare.
Quindi, chi sostiene che il progetto e l'urbanizzazione non possono essere fermati, non considera che se l'Amministrazione e il Consiglio ritenessero questa compensazione insufficiente o non adeguata, il progetto non potrebbe avere il via libera.
Con queste specificazioni diamo l'adesione a tutte le iniziative che pongono l'accento sulla necessità di evitare ulteriore consumo di suolo, come sta scritto nei programmi dell'attuale Amministrazione.
Questo non solo rispetto alla vicenda della Ghilana, ma sopratutto rispetto alle prossime scelte, in particolare sui criteri del futuro Piano Urbanistico Generale.
E anche rispetto ad altri progetti, che noi riteniamo inutili e dannosi, come la nuova ipotesi di utilizzo del mai nato outlet delle Perle, o come si chiamerebbe oggi “Faenza shopping park”.
Perché dovremmo andare in macchina sull'autostrada a fare acquisti e non possiamo invece fare la spesa dentro la città, con una mobilità più sostenibile, senza usare l'automobile?
Faenza, 9 aprile 2021
Circolo Legambiente Lamone Faenza
Carissime e carissimi,
“Quelli che vengono definiti “salvataggi della Libia” non lo sono: sono recuperi forzati in mare che si concludono in lager, torture, violenze, abusi e violazioni. Pochi giorni fa l’inviato Onu a Tripoli ha riferito al Consiglio di sicurezza che «attualmente sono circa 3.858 i migranti detenuti in centri di detenzione ufficiali in condizioni estreme, senza un giusto processo e con restrizioni all’accesso umanitario».
Anche l’ultimo rapporto di Amnesty International conferma che molte persone sono intrappolate nel Paese con l’obiettivo di “contenere” il presunto “assalto” di migranti africani”.
Con queste parole EMERGENCY spiega il suo disappunto per le parole pronunciate da Draghi in visita alla Libia.
“Secondo il Report 2020 della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović, «l'arretramento nella protezione delle vite e dei diritti dei rifugiati e dei migranti sta peggiorando e causa migliaia di morti evitabili ogni anno».
In questo senso la Libia non ha di certo dimostrato di essere un buon interlocutore nella gestione delle migrazioni.
Eppure tutto questo non basta alla politica italiana per evitare di stabilire alleanze con un Paese coinvolto in sparizioni forzate di rifugiati e migranti trasferiti in centri di detenzione non ufficiali. No, non c’è nulla di cui essere soddisfatti”.
In particolare, Unicredit e Intesa Sanpaolo sono i principali responsabili (80%) delle emissioni causate da banche ed investitori in Italia. Generali Assicurazioni (Trieste) oltre a investire nelle società fossili, fornisce anche coperture assicurative ai loro progetti, come nel caso delle centrali a carbone della polacca PGE e la Ceca CEZ, che stanno ostacolando attivamente la transizione energetica nel continente europeo. Intesa e Unicredit continuano a prestare miliardi a chi continua a realizzare nuove centrali e miniere a carbone, come la tedesca RWE e la finlandese Fortum.
Dobbiamo cambiare un sistema basato sull'energia derivata dai combustibili fossili, che sta portando il pianeta verso il collasso climatico e degli ecosistemi.
Firma questa iniziativa dei cittadini europei per essere sicuri che la Commissione europea faccia tutto quanto in suo potere per rendere i vaccini e le cure anti-pandemiche un bene pubblico globale, accessibile gratuitamente a tutti e tutte.
https://eci.ec.europa.eu/015/public https://eci.ec.europa.eu/015/public
Abbiamo tutti diritto alla salute. In una pandemia, la ricerca e le tecnologie dovrebbero essere condivise ampiamente, velocemente, in tutto il mondo. Un’azienda privata non dovrebbe avere il potere di decidere chi ha accesso a cure o vaccini e a quale prezzo. I brevetti forniscono ad una singola azienda il controllo monopolistico sui prodotti farmaceutici essenziali. Questo limita la loro disponibilità e aumenta il loro costo per chi ne ha bisogno.
I dati sui costi di produzione, i contributi pubblici, l’efficacia e la sicurezza dei vaccini e dei farmaci dovrebbero essere pubblici. I contratti tra autorità pubbliche e aziende farmaceutiche devono essere resi pubblici.
I contribuenti hanno pagato per la ricerca e lo sviluppo di vaccini e trattamenti. Ciò che è stato pagato dal popolo dovrebbe rimanere nelle mani delle persone. Non possiamo permettere alle grandi aziende farmaceutiche di privatizzare tecnologie sanitarie fondamentali che sono state sviluppate con risorse pubbliche.
Le grandi aziende farmaceutiche non dovrebbero trarre profitto da questa pandemia a scapito della salute delle persone. Una minaccia collettiva richiede solidarietà, non profitti privati. L’erogazione di fondi pubblici per la ricerca dovrebbe sempre essere accompagnata da garanzie sulla disponibilità e su prezzi controllati ed economici . Non deve essere consentito a Big Pharma di depredare i sistemi di assistenza sociale.
Settore ceramico, Oil and gas, edilizia, trasporti e motori: ecco quali sono per Legambiente i settori da riconvertire
Legambiente torna nel dibattito sull'utilizzo delle risorse europee del Recovery Fund (o meglio, Next Generation EU) per uscire dalla pandemia rilanciando il lavoro senza aggravare la condizione del pianeta e della nostra regione.
Dopo avere presentato una proposta nazionale di PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) per accelerare la transizione ecologica e rendere il Paese più moderno e sostenibile, l'associazione punta l'attenzione sui settori produttivi dell'Emilia Romagna da accompagnare verso soluzioni green a minor impatto.
Temi cardine delle scelte regionali per i prossimi anni dovranno essere l’innovazione e la sostenibilità, come richiedono le stesse linee guida dettate dalla UE. Per attuare davvero quel Green New Deal per le future generazioni che riesca a tenere assieme lavoro e sicurezza ambientale.
Sono quattro, nello specifico, gli ambiti produttivi su cui intervenire individuati dall'associazione: settore ceramico, oil and gas offshore di Ravenna, automobilismo e motori, edilizia.
Settori attualmente connotati da rilevanti impatti e conflitti sociali (si pensi alle emissioni del comparto ceramico o al consumo di suolo dell’edilizia) o comunque legati a doppio filo agli idrocarburi (è il caso del comparto dei motori o delle estrazioni).
Su questi Legambiente chiede di investire risorse e pianificare percorsi di transizione in modo da salvaguardare l’attuale occupazione e disinnescare conflitti tra lavoro e salute.
L'urgenza del cambiamento climatico e l'opportunità storica dei fondi europei devono essere colte senza mezzi termini dalla Giunta dell’Emilia Romagna, per costruire davvero nuovi paradigmi, abbandonando invece le richieste per conservare posizioni di rendita di settori economici che guardano al passato.
Le proposte in sintesi:
Settore ceramico
Si tratta di un settore diffuso in varie zone della regione. Nel tempo ha ottimizzato l’utilizzo delle risorse, ma permangono ancora numerose situazioni di conflitto e disagi per le popolazioni limitrofe agli impianti.
È necessario quindi un ulteriore passo avanti verso l’innovazione e la riduzione degli impatti ambientali, con migliori tecnologie di depurazione e abbattimento degli inquinanti e degli odori. Oltre al processo produttivo in senso stretto, risulta opportuno rivisitare anche il segmento della logistica, che oggi poggia in modo forte sul trasporto su camion e dunque genera ulteriori esternalità. Proprio su questo il settore ceramico di Confindustria è il principale responsabile del progetto di un autostrada tra Sassuolo e Campogalliano che devasterà zone preziose a fianco del fiume Secchia.
L’evoluzione in senso ecologico del settore dovrà andare di pari passo con sistemi di etichettature premianti e da forti politiche di acquisti verdi che valorizzino sul mercato i prodotti a minor impatto ambientale.
Oil and Gas di Ravenna
Il settore delle estrazioni regionale rappresenta una delle principali lobby di pressione nazionali per riprendere una stagione di ricerca ed utilizzo di idrocarburi in Adriatico.
A queste attività sono stati concessi in passato trattamenti di favore, ad esempio non sono mai state avviate le necessarie politiche di dismissione delle piattaforme di estrazione esaurite.
Nonostante questo il comparto e il suo indotto hanno perso migliaia di addetti nel giro di vent’anni, a testimonianza di un declino fisiologico.
Oggi le componenti conservatrici di quel mondo sposano la soluzione dello stoccaggio di Carbonio (il CCS ovvero Carbon Capture and storage) proposto da ENI come un’innovazione sostenibile, ma che equivale a proseguire con i modelli energetici attuali nascondendo la polvere sotto il tappeto. Risulta sempre più urgente, invece, avviare la riconversione del distretto industriale dell’Oil and gas di Ravenna verso un futuro davvero sostenibile.
Tra le ipotesi concrete da sviluppare:
1. Una strategia forte per un’ampia produzione di eolico off-shore a distanza dalla costa (supportata con un’adeguata pianificazione e con l’adeguata infrastrutturazione della rete elettrica);
2. L’integrazione di altre forme di rinnovabili in mare (fotovoltaico ed idrogeno verde);
3. Un piano di decommissioning delle piattaforme dismesse, che – stante il numero di piattaforme al largo delle coste italiane - garantirebbe anni di attività per le imprese specializzate nei lavori di costruzione marina.
Motori
L’Emilia Romagna è connotata da una diffusa filiera motoristica e su questo ha puntato anche dal punto di vista comunicativo, col brand della Motor Valley. Un settore che non riguarda solo motociclette e auto sportive ma che incrocia anche veicoli di grossa taglia, come le macchine agricole e la produzione di autobus. Oggi questo settore è ancora fortemente ancorato al motore a scoppio e agli idrocarburi. È fondamentale dunque puntare sull’evoluzione del settore verso l'elettrico e le rinnovabili (idrogeno verde o biometano possono aiutare la transizione dei mezzi da lavoro). Si chiede dunque che le risorse per l’innovazione del settore siano tutte indirizzate in questa direzione, coinvolgendo ancor più il mondo universitario, già attualmente molto impegnato nell'innovazione della Motor Valley.
Edilizia
Seppure una parte importante dell’economia dell’Emilia Romagna – e della sua notorietà all’estero – poggi sull’agroalimentare, la campagna è stata sempre sacrificata alle dinamiche delle costruzioni e della trasformazione del suolo.
Sul settore dell'edilizia è soprattutto il pubblico a dover intervenire, ponendo le condizioni perché sia sempre più orientato verso il recupero di aree dismesse e la riqualificazione sismica ed energetica del patrimonio esistente, soprattutto abbandonando la soluzione del consumo di suolo.
Occorre dunque che vengano potenziati sempre più i bandi per la rigenerazione urbana, per la bonifica dei siti inquinati, per il riutilizzo dei cosiddetti “brown fileds”. Non si tratta solo di risorse da mettere a disposizione ma anche di strumenti amministrativi: nei comuni dell’Emilia-Romagna deve diventare obbligatoria la costituzione del catasto delle aree dismesse e dei capannoni abbandonati. Tali catasti dovranno fornire la prima scelta di aree da proporre alle aziende produttive e terziarie interessate ad insediarsi, favorendo e semplificando questo tipo di percorsi, e disincentivando davvero l’utilizzo della campagna vergine.
Le proposte di Legambiente per l'utilizzo delle risorse del PNRR a livello regionale riguardano anche altri punti e possono essere scaricate cliccando su questo link.