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  Anche l'Associazione politico-culturale “L'Altra Faenza” da la propria adesione alla manifestazione del 12 maggio a Ravenna, in Piazza Kennedy alle 17 , contro il progetto dell'ENI sullo stoccaggio sotterraneo di anidride carbonica, (il cosiddetto CCS) e per una reale transizione ecologica.

La transizione ecologica, ed energetica, è di particolare attualità, non solo per la recente costituzione del super Ministero, ma soprattutto per le emergenze climatiche e ambientali ampiamente conosciute.

In Europa, il programma Next Generation EU, e i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza, pur con diverse ambiguità, mettono in campo significative risorse per raggiungere gli obiettivi del Green New Deal europeo, la neutralità climatica entro il 2050, lo sviluppo dell'economia Verde e digitale.

La Regione Emilia-Romagna addirittura dichiara di voler raggiungere il 100% di energie pulite e rinnovabili entro il 2035.

Questa transizione significa uscire progressivamente dall'uso delle fonti fossili, ossia dal carbone, dal petrolio, dal gas naturale, per usare solo fonti rinnovabili e utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali.

Questi obiettivi non riguardano solo gli “ambientalisti”, ma tutte le forze progressiste e di sinistra, che dovrebbero essere in prima fila per un diverso modello di sviluppo che tenga assieme giustizia sociale e giustizia ambientale, una “Giusta Transizione”, come scrivono i sindacati.

Questo significa un profondo cambiamento nella produzione e nell'uso dell'energia, nelle politiche industriali, produttive, della mobilità, nei modi di abitare e di consumare, che deve coinvolgere tutti i soggetti, privati e pubblici, tutti i settori economici e produttivi, le Pubbliche Amministrazioni, ai vari livelli, fino alle scelte individuali di tutti i cittadini.

Noi conveniamo con la famosa affermazione di Alexander Langer del 1994: “la conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile”, ed infatti, proprio perché è sempre più urgente questa conversione, è necessario lavorare per farla diventare presto desiderabile e realizzabile da quanti più soggetti sociali, economici, comunità e singole persone.

A parte le forze che sono dichiaratamente schierate con la “lobby del fossile”, particolarmente forte a Ravenna, riteniamo utile aprire un confronto di merito con tutti i soggetti in campo, a partire dalle parti più sensibili delle associazioni, dei sindacati, degli imprenditori, degli amministratori, incluso chi ha manifestato qualche ambiguità (magari solidarizzando contemporaneamente con i ragazzi dei Friday For Future e con ENI) per progetti e investimenti per avviare sul serio una transizione ecologica ed energetica.

Noi continueremo a batterci contro progetti arretrati, che vogliono restare nel fossile come il CCS di ENI (invece di sotterrarla, la Co2 non va emessa) e contemporaneamente per sviluppare invece progetti sulle fonti rinnovabili e l'efficienza energetica (come il parco eolico off-shore, per il quale andrebbero semplificate le autorizzazioni) ma anche perché gli strumenti di programmazione territoriale, siano coerenti con la transizione ecologica.

In ogni territorio si possono verificare queste coerenze, a partire: dai Piani di Azione per l'Energia Sostenibile e il Clima (PAESC); dai Piani Urbanistici Generali (PUG); dai Piani Urbani per la Mobilità Sostenibile (PUMS); dai Piani di Gestione dei Rifiuti; dallo sviluppo delle “Comunità energetiche”...

Il percorso per la transizione ecologica deve partire contemporaneamente dall'alto e dal basso.

Faenza, 10 maggio 2021

Associazione politico-culturale “L'Altra Faenza”

 

 

 

 

 

 

 

Il progetto Bee Kind

Semplice: prevede che nel parco del Museo Malmerendi a Faenza si collochi, nel periodo primaverile-estivo, un apiario composto da una ventina di alveari, ai quali aggiungere la speciale arnia B-BOX da osservazione.

L’idea è nata all’interno della collaborazione tra il Museo Malmerendi e Legambiente Lamone Faenza, il progetto è stato condiviso con altre organizzazioni del territorio e si è creata una rete di collaborazioni.

Gli scopi:

  • raccontare agli studenti la storia delle api aprendo un alveare e guardando cosa vi succede;
  • nell’ambito del progetto “Api e Orti Urbani” gestito dal CONAPI, in collaborazione con l’Università di Bologna, utilizzare le api per monitorare lo stato dell’inquinamento urbano;
  • produrre un miele speciale, il “Miele di Bea”, l’ape protagonista della nostra idea.

La campagna di crowdfunding

Ma per fare tutto questo, soprattutto per sostenere le spese per le analisi delle api e del miele, occorre disporre di adeguati finanziamenti.

Pertanto è stata attivata una campagna di crowdfunding, gestita da Idea Ginger di Bologna.

Con il seguente link: https://www.ideaginger.it/progetti/bee-kind.html

accederete alla pagina dedicata al progetto BeeKind e avrete tutte le necessarie informazioni sul progetto e sulle modalità necessarie per sostenerlo.

Una possibilità alternativa per effettuare una donazione è ricorrere a Satispay, tramite il seguente numero telefonico: 338 2132370.

Di seguito i link alle pagine Facebook e Instagram per seguire gli sviluppi della campagna e del progetto:

https://www.facebook.com/beekindfaenza/

https://www.instagram.com/beekindfaenza/

Attenti ai dinosauri. La rubrica a cura della Task Force Natura e Lavoro

No, con il PNRR non si farà la“rivoluzione verde”, come ha voluto definirla Draghi con un trionfalismo che non si addice al suo tono usuale. Diciamo piuttosto che nel piano approvato dal Parlamento c’è una sottile linea di verde che tuttavia, per esser riconosciuta come tale, ha bisogno vengano spiegate ufficialmente molte scelte fino ad ora lasciate nell’ambiguità perché frutto di decisioni prese in incontri non resi pubblici, primo fra tutti per il rilievo delle rispettive aziende, quello, il 13 aprile scorso, fra Draghi e Cingolani, con i manager dei cinque gruppi – uno privato, quattro sotto controllo pubblico: Stellantis, Eni, Enel, Snam e Terna.

Solo quando sapremo bene cosa hanno concordato potremo così capire cosa si intende realmente fare e cosa si impedirà che venga fatto. Come, per esempio, usare l’idrogeno per sdoganare il metano, che dovrebbe invece esser del tutto eliminato. Un’ipotesi che non è peregrina, visto che Snam punta esplicitamente a rilanciare i metanodotti affinché trasportino un po’ di idrogeno e molto gas.

L’intervista rilasciata il 28 scorso a Repubblica dal ministro Cingolani aggiunge oltretutto ulteriori perplessità. Non solo perché viene per la prima volta ufficialmente confermato il mega-progetto di interramento della CO2 previsto a Ravenna e il fatto che riceverebbe anche un finanziamento dal Recovery. L’Eni, del resto, a una recente assemblea dei suoi azionisti, aveva già presentato un piano di investimenti per il quadriennio 2020-2023 di 24 miliardi per il settore degli idrocarburi, di cui il 70% destinato alle fonti fossili, e solo l’8% a quelle rinnovabili.

Ora 1,35 di questi miliardi sarebbero – è stato annunciato – destinati al megadeposito previsto a Ravenna, un’impresa per nulla garantita dalla scienza, anche per via della criticità ambientale della costa adriatica. Sarà il più grande del mondo, e non sembra presentare alcun vantaggio dal punto di vista economico: il solo impianto simile esistente, quello nel Texas, del resto, verrà chiuso il 26 giugno prossimo perché i suoi costi si sono rivelati troppo alti. (E vista la conclusione negativa che dell’esperimento ha tratto questa grossa azienda privata americana non ha molta credibilità l’accenno fatto in questi ultimi giorni da Biden in favore di quella soluzione).

Preoccupante, più in generale, è comunque l’insistenza con cui Cingolani continua a indicare il gas come soluzione indispensabile per una lunghissima fase di transizione. Cosa per nulla vera, quando è noto che si potrebbe ricorrere, per l’accumulo, agli impianti di ripompaggio idrico nelle centrali idriche esistenti. (E nelle altre che potrebbero farsi).

Se non si fa lì è, di nuovo, per via di calcoli di convenienza aziendale delle due grandi partecipate italiane, in questo caso dell’Enel che detiene il monopolio di queste e di altre centrali e preferisce continuare col gas, pur nocivo quasi come il carbone.

Più pessimista ancora divento quando vedo fino a che punto si è nell’ultimo periodo intensificata l’attività delle lobby fossili a Bruxelles.

Come forse sapete, da noi in Italia la parola lobby si riferisce all’illecito tampinamento delle ditte private per ottenere da Parlamenti e istituzioni pubbliche quanto chiedono. Non è così nel mondo anglosassone, dove esse hanno piena liceità; nel Parlamento europeo addirittura un riconoscimento ufficiale della loro attività di “convincimento”.

Da uno studio recente fatto a Bruxelles risulta ora che fra il 2019 e il 2020 i lobbisti dell’industria del gas hanno incontrato 163 volte i commissari o i direttori generali dei loro rispettivi dipartimenti. Senza contare il dilagare della triste abitudine del continuo passaggio di funzionari pubblici alle assai più remunerative cariche dei big privati.

“La Commissione – ha dichiarato Michael Blogs, eurodeputato verde tedesco – da un lato dice chiaramente che l’Idrogeno pulito deve essere la fonte del rinnovamento europeo ma dall’altro continua a voler investire su quello fossile”.

Io spero non sia così. Ma penso sia necessario restare vigilanti perché fortissima è, e sarà sempre di più, la pressione internazionale da parte delle big Oli&Gas per continuare a bruciare fossili e sotterrare la CO2, sostenuta anche dalla International Energy Agency.

Sulle energie rinnovabili vengono annunciati progetti, ma non c’è dubbio che persiste una sottovalutazione delle loro potenzialità, e dei vantaggi anche in termini economici che il ricorso a queste fonti può dare.

Lo stesso piano per l’eolico off shore, che con tutto il mare che abbiamo potrebbe rappresentare una enorme risorsa (quello off shore nel nord Europa già occupa 75.000 lavoratori), e invece nel nostro Piano viene, almeno per ora, considerato semplice “sperimentazione”.

Bisognerà vigilare affinché l’eolico non venga invece sviluppato a terra dove, almeno in Italia, c’è pochissimo vento e dunque serve a poco.

Preoccupante, nell’intervista del ministro della transizione, è anche quanto dice a proposito dei controlli che verranno esercitati nell’affidamento e esecuzione dei progetti.

Sin dall’inizio c’è chi invoca – Confindustria in primis – la velocità dei controlli che certo ci vuole ma a condizione di tener a mente i disastri prodotti dall’ansia dello “sbloccacantieri” (nessuno sembra tener a mente quello, pur recentissimo, causato proprio dall’assenza di controlli, del Ponte Morandi).

Preoccupante anche in questo caso per via dell’ambiguità e delle reticenze. Perché si continua a parlare di una sorta di super commissione di verifica creata ad hoc per il Recovery (vi accenna sia pure con qualche vaghezza la citata intervista di Cingolani) che dovrebbe rimpiazzare la qualificatissima commissione già esistente nel Ministero dell’ambiente e che eventualmente potrebbe esser rafforzata ma non sostituita. (Ne ha parlato sul manifesto del 29 scorso Silvio Greco). Perché?

Stralci del rapporto dell'IRES-CGIL sul mercato del lavoro in Italia e in Emilia-Romagna: dati Istat riferiti al 2020 a cura di Giuliano Guietti marzo 2021

L'accesso al mondo del Lavoro. Guida alle dinamiche di Dipendenti e Partite  Iva - Arci Dallò

Leggi il rapporto completo

Finalmente, con la pubblicazione dei dati Istat relativi all’andamento del mercato del lavoro nel corso di tutto il 2020, possiamo avere un quadro completo dell’impatto straordinario che su di esso ha avuto la pandemia.

Come sempre proponiamo un confronto a breve termine, con i dati relativi all’anno precedente, il 2019, ed uno a più lungo termine, per verificare i cambiamenti intervenuti negli ultimi 10 anni, quindi in questo caso l’anno di riferimento è il 2010.

È chiaro tuttavia che l’assoluta eccezionalità di quanto avvenuto nel corso del 2020 rende meno significativo il confronto su base decennale e impone invece di prestare maggiore attenzione a quello annuale.

Inoltre è sempre bene ricordare che il dato medio annuale è il frutto di andamenti che nel corso del 2020 sono stati quanto mai differenziati nel corso dei mesi e dei trimestri. 

....

A fronte di un calo medio rispetto al 2019 pari all’11%, l’andamento della seconda parte dell’anno è stato decisamente meno negativo rispetto alla prima parte.

Fatte queste premesse, passiamo a vedere i principali risultati relativi alle medie annuali del 2020. Gli occupati calano, rispetto all’anno precedente di circa il 2% (2,1% a livello regionale).

In valori assoluti si tratta di oltre 450.000 persone a livello nazionale e di quasi 43.000 in Emilia-Romagna. Più che mai considerevoli sono però le disparità contenute dentro questa percentuale media. Come abbiamo visto anche nella nota precedente (dicembre 2020, riferita al III trimestre di quell’anno), il calo degli occupati è particolarmente concentrato sulla componente femminile (-2,5% a livello nazionale e addirittura -3,2% in regione), nonché sul lavoro autonomo (-2,9% e -3,4% rispettivamente in Italia e in Emilia-Romagna).

Gli occupati indipendenti erano fortemente calati anche negli anni precedenti, cosicché la loro riduzione su base decennale è particolarmente rilevante (-9,4% in Italia e -10,8% in Emilia-Romagna). Vedremo più avanti come dentro questo calo occupazionale medio si nascondano altre importanti differenze di carattere settoriale, generazionale e territoriale.   ......

L’andamento dell’occupazione per macrosettori mette in evidenza come il calo percentualmente più significativo riguardi quello che afferisce a “commercio, alberghi e ristoranti”, mentre “agricoltura, silvicoltura e pesca” e “costruzioni” presentano un saldo addirittura positivo.

In Emilia-Romagna il saldo positivo dell’agricoltura è rilevante, pari addirittura al + 13,4% (+ 9.704 addetti). Unito a quello della Lombardia (+ 8.418) è tale da trascinare in positivo anche la media nazionale. Resta da capire che nesso possano avere questi dati con i percorsi di regolarizzazione degli stranieri sperimentati durante l’estate, anche se la crescita in verità riguarda in modo omogeneo sia i dipendenti sia gli autonomi.

L’Emilia-Romagna si distingue, questa volta in negativo, rispetto all’andamento medio nazionale anche nel settore dell’industria in senso stretto, settore nel quale registra un calo del 5,0%, a fronte di un calo medio in Italia pari allo 0,4%. In valori assoluti si tratta del calo più alto tra tutte le regioni italiane, seguito da quello della Lombardia, mentre in percentuale il calo maggiore si registra in Puglia, ma ci sono anche regioni, come Veneto e Campania che invece registrano in questo settore una crescita anche apprezzabile degli occupati.

.....

 

Il mercato del lavoro del 2020 ha risentito insomma della pandemia e del conseguente lockdown in modo certamente pesante, ma anche sicuramente molto differenziato tra aree, settori, sesso e tipologie di lavoratori. La riduzione a livello nazionale dei disoccupati e del tasso di disoccupazione è il dato certamente meno atteso e meno facilmente interpretabile per i non addetti ai lavori, ma ampiamente prevedibile, visto soprattutto quanto era avvenuto nella prima parte dell’anno, nei mesi caratterizzati dal lockdown più restrittivo.

La tenuta complessiva dell’occupazione dipendente a tempo indeterminato è chiaramente da mettere in relazione con il blocco dei licenziamenti disposto fin dal momento iniziale della pandemia.

Si conferma invece la maggiore difficoltà vissuta nel corso dell’anno dai lavoratori autonomi e dai dipendenti con contratti a tempo determinato, nonostante il parziale recupero che hanno registrato durante i mesi estivi. Restano infine da approfondire alcuni aspetti molto differenziati dell’andamento dei mercati del lavoro in ambito territoriale.

LEGGI TUTTO IL RAPPORTO IRES-CGIL

Attenti ai dinosauri. Il testo che segue raccoglie le prime osservazioni dei membri della Task Force Natura e Lavoro sul testo del PNRR approvato l'altra notte dal Parlamento. Nei prossimi giorni, su questo stesso spazio on line messo a disposizione dal manifesto, ciascuno dei nostri specialisti farà i propri approfondimenti. Seguiteci e commentate anche voi!

M2C2 Transizione energetica

Sulle energie rinnovabili vengono annunciati progetti, ma non c’è dubbio che persiste una sottovalutazione delle loro potenzialità e dei vantaggi, anche in termini economici, che il ricorso a queste fonti può dare. Lo stesso piano per l’eolico offshore, che con tutto il mare che abbiamo potrebbe rappresentare una enorme risorsa (quello offshore nel nord Europa già occupa 75.000 lavoratori), viene considerato semplice “sperimentazione”.

Nessun cenno, inoltre, viene fatto al tema dell’accumulo mediante impianti di ripompaggio, utilizzando intanto bacini artificiali già esistenti e creandone eventualmente di nuovi. Una lacuna da colmare.

Di positivo fra i piani previsti da questa Missione c’è la riqualificazione degli edifici pubblici (eliminati di fatto i distretti militari previsti dal PNRR di Conte) con un esplicito riferimento alle scuole. Estesi al 2023, inoltre, gli incentivi per rendere energeticamente efficienti gli edifici residenziali pubblici e privati (ecobonus e sisma bonus 110% per 13,81 mld) e risorse per lo sviluppo di sistemi di teleriscaldamento (200milioni).

Quanto all’importantissimo piano per la creazione delle Comunità energetiche, non sembra se ne sia colta la valenza, non solo in termini di quantità di energia che potrebbero produrre, ma di nuovo modello, anche sociale, di produzione. Le misure di sostegno risultano infatti riservate ai Comuni con meno di 5.000 abitanti, buona cosa in sé, perché aiuta il rilancio di tanti borghi abbandonati.

Altre utili misure sono quelle previste a sostegno della valorizzazione del verde urbano ed extraurbano nelle 14 città metropolitane (e speriamo che si sia capito che non possono esser piantati alberi tutti uguali) e ai privati che investiranno in edilizia universitaria e in alloggi per fuori sede.

Missione 5 Inclusione e coesione

Assai meglio, sebbene le risorse previste siano molto limitate, è quanto previsto per le zone urbane, abitazioni private ed edifici pubblici, e per la ristrutturazione del quartiere.

A differenza del PNRR di gennaio questo inserisce 9,2 mld per la rigenerazione urbana, cui si aggiungono 700 mln per le aree sportive, e compare l’attenzione allo spazio pubblico e la connessione tra interventi per il sociale, il recupero e la rifunzionalizzazione dello spazio urbano. Inoltre, ed è importante, si prevede per le attività di pianificazione la collaborazione con il terzo settore e processi di progettazione partecipata dei cittadini.

Nella missione “Inclusione e coesione” sono previsti interventi di costruzione o ristrutturazione di immobili esistenti, pubblici o privati, destinati a persone con gravi disabilità o anziani non autosufficienti, con potenziali ricadute sulla riqualificazione dei tessuti urbani più vulnerabili, quali periferie e aree interne del Paese (Investimento 1.2: Percorsi di autonomia per persone con disabilità 500 mln).

Sempre la missione M5 affronta il tema dell’emergenza abitativa e della rigenerazione sul Programma innovativo per la Qualità dell’Abitare (già partito) cui vengono aggiunte nuove risorse per un totale complessivo di 2,8 mld. L’obiettivo è la realizzazione di nuove strutture di edilizia residenziale pubblica, per ridurre le difficoltà abitative, con particolare riferimento al patrimonio pubblico esistente, e alla riqualificazione delle aree degradate, puntando principalmente sull’innovazione verde e sulla sostenibilità.

M5C2.2 Rigenerazione

Sono tre le misure principali inserite al punto M5C2.2 Rigenerazione urbana e housing sociale: Investimenti in progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, finalizzato a fornire ai Comuni (con popolazione superiore ai 15.000 abitanti) contributi per investimenti nella rigenerazione urbana, al fine di ridurre le situazioni di emarginazione e degrado sociale nonché di migliorare la qualità del decoro urbano oltre che del contesto sociale e ambientale; investimenti per Piani Urbani Integrati dedicati alle periferie delle Città Metropolitane. Prevedono una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile. Obiettivo primario è recuperare spazi urbani e aree già esistenti, allo scopo di migliorare la qualità della vita promuovendo processi di partecipazione sociale e imprenditoriale. I progetti dovranno restituire alle comunità una identità attraverso la promozione di attività sociali, culturali ed economiche con particolare attenzione agli aspetti ambientali; Programma innovativo della qualità dell’abitare (2,80 mld) per il quale si prevede un investimento che si articola in due linee di interventi, da realizzare senza consumo di nuovo suolo: 1) riqualificazione e aumento dell’housing sociale, ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana, miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza, riduzione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale, utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione, l’inclusione e il benessere urbano; 2) interventi sull’edilizia residenziale pubblica ad alto impatto strategico sul territorio nazionale.

A questi interventi se ne aggiungono altri coerenti con le politiche di inclusione sociale, quali ad esempio l’Investimento – Sport e Inclusione sociale (700 mln) – finalizzato a favorire il recupero delle aree urbane puntando sugli impianti sportivi e la realizzazione di parchi urbani attrezzati, al fine di favorire l’inclusione e l’integrazione sociale, soprattutto nelle zone più degradate e con particolare attenzione alle persone svantaggiate.

Un altro elemento su cui mantenere viva l’attenzione è la legge sul Consumo di Suolo solo nominata dal PNRR rispetto alla quale il governo assume un impegno ma non calendarizza i tempi.

M2C1: Agricoltura sostenibile ed economia circolare

Se si guarda alle Missioni, e specificamente ad una come questa che è fra le più importanti, l’allarme è ancora maggiore. Nessun accenno infatti alla necessità di una drastica progressiva eliminazione dei giganteschi allevamenti industriali, che incentivano pratiche insostenibili e che sono fra le cause principali del cambiamento climatico, dell’alterazione dei cicli biogeochimci, così come del consumo di acqua e dell’inquinamento. Nessun riferimento alla biodiversità, se non qualche citazione confusa, mentre manca qualsiasi riferimento a due delle più importanti Strategie UE – “Farm to Fork” e “Biodiversità 2030” – fondamentali e prioritarie per qualsiasi transizione ecologica. Manca, soprattutto, qualsiasi accenno a sostegni all’agroecologia, condizione essenziale per avere una transizione ecologica nelle campagne. Senza, sarà anche difficile incoraggiare il prezioso ritorno al lavoro dei campi da parte dei giovani. Solo soldi per l’agricoltura di precisione, la meccanizzazione, la logistica, ma il modello produttivo non si tocca.

Senza parlare del fatto che non è pensabile di poter incidere sulle alterazioni climatiche senza un cambiamento dei sistemi di produzione e senza garantire una tutela del territorio e del suo assetto idrogeologico.

Economia circolare

Pur essendo l’economia circolare inclusa già dal titolo fra i compiti cui la Missione dovrebbe provvedere, il tema viene rinviato a quando, nel 2022 verrà adottata la specifica “nuova strategia nazionale”. Si rimanda così non una questione marginale, ma uno dei punti cardine del nuovo modello cui si deve arrivare: passare dall’usa-e-getta e poi produci di nuovo, consumando materia che non si rinnova e fra non molto sarà esaurita per sempre, alla manutenzione. Un settore di occupazione tutto da rilanciare, un’attività artigianale ma collettiva, che si potrebbe dire sia il succo di ogni seria azione intesa a salvare la Terra, ipotesi che invece il green deal europeo pone alla base del proprio progetto. Al punto da prevedere che ogni prodotto debba essere accompagnato da un certificato che ne provi la propria “impronta” di carbonio e di materiali che deve garantire che le sue componenti siano durevoli, riparabili, riusabili, riciclabili, rimodernabili. Un certificato già reso obbligatorio in alcuni paesi europei.

Missione mare

Biodiversità e habitat marini, nel Pnrr si apre uno spiraglio. Grazie all’intervento della senatrice la Mura, all’ultimo momento sono stati inseriti due pilastri delle linee guida europee per la transizione ecologica: la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi, con un focus sulla necessità di acquisire nuove conoscenze anche potenziando le infrastrutture di ricerca, come le navi oceanografiche.

Si tratta di una breccia che mitiga almeno in parte l’assenza di una politica marina nel PNRR, e però la messa in funzione di tali misure richiede un centro di coordinamento strategico di tutte le forze che, ora, operano in modo frammentato per la conoscenza e la sostenibilità marina. Un Istituto Nazionale su Biodiversità ed Ecosistemi, con una sezione focalizzata sul mare, sarebbe altamente auspicabile, così come si sarebbe dovuto pensare all’elaborazione di una carta vocazionale dei mari italiani e prima ancora a un piano di bonifiche e risanamento (SIN, siti di interesse nazionale e navi dei veleni – sono 90).

Infine, in un paese che con 8.000 km di costa è al 5° posto tra i Paesi europei, nulla si dice riguardo alle coste pericolosamente erose e dunque minacciate dagli innalzamenti.

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Non ci siano soffermati sugli altri capitoli del PNRR, ma solo specificamente sul la linea “verde”, quella di cui si occupa la nostra Task Force.

E però non possiamo mancare di sottolineare quanto sia grave, anche per tutti gli altri settori di intervento, la riduzione del sostegno alla sanità che è stata operata dal nuovo piano. Non solo perché colpisce il rilancio della medicina sul territorio, ma anche perché indica quanto sia scarsa la consapevolezza della stretta connessione fra la salute dell’essere umano e la salute della Terra, Appunto: one health!

E infine: chi controlla e come.

Parlare di sveltimento delle pratiche d’appalto e della semplificazione è necessario, ma dietro “lo sblocca cantieri” ci sono, come sappiamo, i pericoli maggiori. Già si sente parlare di un’altra commissione destinata a controllare i progetti del PNRR, diversa da quella, assai competente, già inserita nella Pubblica Amministrazione: perché? A chi dovrebbe far capo? Sarebbe bene che fosse chiaro.

Ma la questione più grossa resta sempre una: sarà difficile fare qualsiasi cosa se i cittadini del mondo non saranno coscienti delle dimensioni della catastrofe che si prepara se non cambiamo davvero il nostro rapporto con la natura. E se dunque non riusciremo ad imporre a chi oggi profitta della piena libertà di mercato di un mutamento di fondo.

Ci siamo auto-invitati al 25 aprile in Piazza.
Alle ore 11.15 canteremo DALLE BELLE CITTÀ e intoneremo un BELLA CIAO da cantare tutti assieme!!
VENITE A CANTARE PER LA LIBERTÀ!!