"Tante le buone pratiche in regione, ma per alcune amministrazioni c'è ancora molta strada da fare. Adesso occorre impegnarsi seriamente per il nuovo Piano"
Sulla gestione dei rifiuti urbani si registrano ancora notevoli differenze fra le amministrazioni della regione, che si divide tra territori eccelsi e promotori di ottime pratiche di prevenzione e comuni con performance rimaste agli obiettivi di dieci anni fa.
È il quadro emerso durante l’Ecoforum Emilia-Romagna 2021, che si è concluso stamattina con la contestuale premiazione “Comuni Ricicloni” (dossier disponibile a questo link), un riconoscimento ai migliori risultati delle amministrazioni comunali in tema di gestione dei rifiuti nel corso del 2020.
Una quattordicesima edizione in cui ci si è soffermati più che sulle notizie positive dell'anno precedente, che di certo non sono mancate, sulla strada ancora da percorrere per tante amministrazioni regionali; soprattutto alla luce del fatto che con il 2021 sono scaduti sia i termini di validità del precedente Piano Regionale Rifiuti, sia l'orizzonte temporale fissato dalla legge regionale 16/2015 sull’economia circolare per adeguare le modalità di raccolta e tariffazione puntuale dei comuni, che prevede l'obiettivo di rimanere sotto i 150 kg/abitante/anno di rifiuti mandati a smaltimento ed il 73% di raccolta differenziata.
Infatti, se è vero che nel 2020 ben 56 comuni hanno smaltito meno di 100 kg/abitante (nel 2013 solo 2 comuni riuscivano a stare sotto i 100 kg) e 7 comuni si sono fermati addirittura sotto i 50 kg/abitante, sono ancora 71 quelli che hanno smaltito più di 300 kg/abitante. Pur registrando miglioramenti continui sono ancora tante le amministrazioni poco virtuose.
È il caso dell’intera provincia di Ravenna, dove non si raggiunge nemmeno l'obiettivo del 65% di raccolta differenziata fissato in Italia per il 2012, si smaltisce il doppio di quanto prevede il Piano regionale, e nessun comune ha applicato la tariffa puntuale.
Risultati scarsi e forti ritardi anche per la città di Bologna, con 253,4 kg/abitante di rifiuti smaltiti e il 51,4% di raccolta differenziata. Pessimi risultati anche a Piacenza, dove l'intera provincia non raggiunge gli obiettivi di legge.
Dando uno sguardo alle zone virtuose ritroviamo l'intera provincia di Parma e Ferrara, seguite da Reggio Emilia; sul podio delle performance migliori dei capoluoghi troviamo Forlì, Parma e Ferrara, mentre i singoli comuni che svettano nelle classifiche si trovano nella bassa modenese e nell’area del forlivese (vedi tabelle sotto). È importante evidenziare che non può essere un caso il fatto che i comuni che mostrano i risultati migliori adottino il sistema di raccolta porta a porta e la tariffazione puntuale, che come sappiamo rappresentano strumenti che contribuiscono a indurre il cittadino ad una gestione più responsabile dei rifiuti domestici e a una raccolta differenziata più attenta ed efficace.
In sostanza anche nel 2020 è comunque proseguito il trend positivo del calo dei quantitativi di rifiuto avviato a smaltimento: 225.000 t in meno rispetto al 2017 e ben 150.000 t rispetto al 2016. In un decennio i rifiuti urbani smaltiti annualmente in regione si sono ridotti di 670.000 t. Per questo motivo risulta legittimo aspettarsi una contestuale riduzione degli impianti per mostrare coerenza ai cittadini e alle amministrazioni che si sono mostrati più virtuose. In contemporanea è necessario stimolare maggiori politiche di riciclo e prevenzione anche per i rifiuti speciali, quelli del mondo produttivo.
«Alla luce dei dati emersi crediamo sia necessario stringere le maglie sia sui rifiuti urbani che speciali e pretendere dai gestori un maggiore lavoro sull'effettivo recupero di materia dalle raccolte differenziate – sottolinea Legambiente - Occorre una leva tariffaria sugli smaltimenti speciali e urbani che sfavoriscano le amministrazioni in ritardo e strumenti che penalizzino o vietino i rifiuti speciali che arrivano da bacini troppo distanti. Gli inceneritori inoltre dovrebbero gestire solo i rifiuti per i quali non è possibile prevedere il recupero e il riciclo».
I PREMIATI
Tra i Comuni sotto i 5000 abitanti, Civitella di Romagna (FC) si conferma primo classificato per minor quantitativo pro capite di rifiuti avviati a smaltimento (33,2 kg/ab/anno), seguito da San Possidonio (MO) con 46,2 kg/ab/anno di rifiuti avviati a smaltimento e Camposanto (MO) con 46,4 kg/ab/anno di rifiuti a smaltimento. Per la migliore % di RD primo è il comune di San Possidonio (MO) con 94,1 %, seguito da Camposanto (MO) con 91,8 % e Mordano (BO) con 91,6 %.
Nella categoria dei Comuni tra 5000 e 25000 abitanti, si aggiudica il primo posto per i minori quantitativi di rifiuti a smaltimento San Prospero (MO) con 35,7 kg/ab/anno, seguito da Cavezzo (MO) con 45,8 kg/ab/anno e Concordia sulla secchia (MO) con 48,5 kg/ab/anno di rifiuti a smaltimento. Sulle performance per la migliore % di RD si aggiudica il primo posto il comune di Medolla (MO) con 92,9 % di RD, seguito da San Prospero (MO) con 91,7 % di RD e infine terzo classificato si posiziona Concordia sulla secchia (MO) con 91,4 % di RD.
Per la categoria dei comuni oltre i 25000 abitanti si conferma il podio dello scorso anno che vede primo Castelfranco Emilia (MO) con 63,7 kg/ab/anno di rifiuto avviato a smaltimento, seguito da Carpi (MO) con 65,0 kg/ab/anno e Vignola con 82,5 kg/ab/anno di rifiuti a smaltimento. Sulla migliore % di RD il primo posto è assegnato sempre al comune di Castelfranco Emilia con 86,3 % di RD, a pari merito Correggio (RE) con 86,3 % di RD e terzo classificato San Giovanni in Persiceto (BO) con 84,6 % di RD.
Per la classifica relativa ai comuni che hanno registrato un maggiore incremento della quota di %RD vediamo il comune di Terre del Reno (FE) (+23,2 %) scalzando Civitella di Romagna (FC) che dal 2018 deteneva il primato. A seguire troviamo Albinea (RE) (+18,2 %) e infine Riolo Terme (RA) che registra +16,4 %.
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Ufficio Stampa - Legambiente Emilia Romagna
IL MINISTRO CINGOLANI DA’ RAGIONE AI COMITATI ACQUA PUBBLICA SULL’ ILLEGITTIMITA’ DELLA LEGGE REGIONALE:
LA REGIONE ORA RITIRI IL PROVVEDIMENTO SULLA PROROGA DEGLI AFFIDAMENTI DEL SERVIZIO IDRICO
Nei giorni scorsi l’on Fassina, riprendendo le argomentazione avanzate dal Coordinamento
regionale comitati acqua pubblica, ha presentato un’interpellanza urgente alla Camera dei Deputati
per sostenere l’illegittimità costituzionale della legge approvata dall’Assemblea legislativa
dell’Emilia-Romagna che ha prorogato gli affidamenti del servizio idrico fino alla fine del 2027,
proprio quando stavano per arrivare in scadenza le concessioni a Hera in importanti territori, a
partire da Bologna, e, quindi, chiedere la sua impugnazione davanti alla Corte Costituzionale. Il
ministro Cingolani, in risposta all’interpellanza, ha confermato quanto da noi sostenuto in
proposito, e cioè che la legge regionale è in contrasto con la legislazione nazionale in materia, in
specifico con il Codice ambientale che dispone che gli affidamenti e le eventuali proroghe vengono
decise dagli Ambiti di governo territoriale e non per legge regionale, e ha comunicato di aver già
inviato tale orientamento al Consiglio dei Ministri perché discuta e decida sulla possibilità di
impugnare la legge regionale davanti alla Corte Costituzionale.
Tale pronunciamento ci sembra particolarmente importante non solo perché supporta le ragioni da
noi avanzate, ma anche perché avviene in un contesto politico, quello delineato con il recente
disegno di legge del governo sulla concorrenza, che intende spingere per ulteriori privatizzazioni
del servizio idrico e affermare in tutto il paese il modello di gestione delle grandi multiutilities
quotate in Borsa, arrivando così a contraddire definitivamente l’esito dei referendum sull’acqua del
2011.
Ci attendiamo, ora, che il Consiglio dei Ministri proceda coerentemente con le considerazioni
espresse dal ministro Cingolani e impugni la legge regionale davanti alla Corte costituzionale. Nello
stesso tempo, riteniamo necessario e opportuno che l’Assemblea regionale riveda le proprie
decisioni, abrogando le disposizioni approvate in materia di proroga degli affidamenti del servizio
idrico e riaprendo da capo la discussione con i soggetti interessati alla materia, a partire dai
Comitati dell’acqua pubblica. Anche perché le giustificazioni fornite per arrivare a quelle decisioni
continuano a non stare in piedi, da ultimo quelle avanzate dall’assessore Priolo, che fa finta di non
aver visto le argomentazioni del ministro Cingolani, che parla propriamente di violazione della
legge nazionale sugli affidamenti prima ancora che di tutela della concorrenza. Infatti, non si può
continuare a sostenere la necessità di dover dare continuità ai gestori per effettuare gli investimenti
derivanti dal PNRR, visto che anche eventuali nuovi soggetti gestori li porterebbero avanti,
tantomeno quella di dover andare subito a nuove gare, dato che non esiste alcun obbligo in materia
e gli affidamenti in essere proseguono fino a quando non vengono individuati nuovi gestori. A
riprova di ciò, basta far riferimento alla vicenda recente che ha interessato la gara del servizio rifiuti
a Bologna, che è approdata a conclusione proprio in questi giorni, quando l’affidamento precedente
era scaduto sin dalla fine del 2011.
Per parte nostra, continueremo, in varie forme, le iniziative di mobilitazione e contrasto alle scelte
contenute nella legge regionale, con l’obiettivo che esse vengano ritirate e si possa compiere una
discussione seria e approfondita sul futuro del servizio idrico in Regione.
COORDINAMENTO REGIONALE COMITATI ACQUA PUBBLICA
La rete di associazioni aderenti a Overall Faenza Multiculturale e singoli cittadini, hanno inviato una lettera aperta (allegata) al Presidente dell’Unione della Romagna Faentina, a tutti gli Amministratori e Consiglieri Comunali dell’Unione e dei singoli Comuni, dal titolo “Creare il Precedente !!! Proposta di solidarietà umanitaria”.
La riflessione e la proposta che viene avanzata, riguarda la realtà delle migliaia di essere umani intrappolati fra Bielorussia e Polonia e da ogni parte respinti, anche con una sostanziale impotenza da parte dei Governi Europei.
“Questa situazione dovrebbe imporre a tutte le persone di buona volontà, ognuna secondo il proprio ruolo e le proprie competenze, di farsi carico di una situazione intollerabile da qualsiasi punto di vista la si osservi.”
Per questo viene avanzata una proposta, che potrebbe apparire provocatoria: “Stiamo parlando di circa quattromila persone. Significa che se anche un solo Paese, poniamo l’Italia (che conta ottomila comuni) decidesse di farsene carico per scelta totalmente autonoma, in pratica si tratterebbe di accogliere una (una!) persona ogni due (ogni due!) comuni. Nella pratica, se qualche città si offrisse di ospitarne anche solo una decina, la maggioranza delle località non ne verrebbe nemmeno sfiorata” dichiarano le associazioni e i cittadini di Overall Rete Multiculturale Faenza .
Sarebbe importantissimo che la comunità locale, che in diverse occasioni ha mostrato di saper usare saggezza e solidarietà, desse un segnale preciso al Paese e a tutta l’ Europa, dichiarando la volontà di tutta l’Unione dei Comuni di ospitare almeno una famiglia, o un gruppo di profughi, imprigionati fra i fili spinati di Bielorussia e Polonia.”
“Intorno a questa proposta già avanzata in altre realtà, a partire da Ravenna, vorremmo si aprisse una riflessione con gli Amministratori, nei Consigli Comunali e tra tutta la cittadinanza, per una reale solidarietà umanitaria.”
Il testo della lettera-appello inviata:
Gentili Sindaci e Gentil* Assessor*,
conoscendo la Vostra sensibilità, il Vostro senso di solidarietà umana e convinzioni di Pace, ci rivolgiamo a Voi per sottoporVi una nostra riflessione e farVi una proposta.
“La concreta realtà delle migliaia di esseri umani, intrappolati fra Bielorussia e Polonia e da ogni parte respinti, impone a tutte le persone di buona volontà, ognuna secondo il proprio ruolo e le proprie competenze, di farsi carico di una situazione intollerabile da qualsiasi punto di vista la si osservi.
Purtroppo la partita che si gioca sulla vita di queste persone è dettata da calcoli e preoccupazioni che si situano unicamente nell’ambito della geopolitica. Perché dal punto di vista pratico, la risoluzione del problema immediato sarebbe tanto semplice, che nessuno – se venisse attuata – nemmeno se ne accorgerebbe.
Stiamo parlando di circa quattromila persone. Significa che se anche un solo Paese, poniamo l’Italia (che conta ottomila comuni) decidesse di farsene carico per scelta totalmente autonoma, in pratica si tratterebbe di accogliere una (una!) persona ogni due (ogni due!) comuni. Nella pratica, se qualche città si offrisse di ospitarne anche solo una decina, la maggioranza delle località non ne verrebbe nemmeno sfiorata.
Qualcun* dirà che si rischierebbe di “creare il precedente”. Ma non è che, invece, “creare il precedente” è proprio quello che bisogna fare oggi? Dimostrerebbe che una politica di accoglienza praticata dalla volontà anche dei singoli Paesi e delle singole Comunità locali, senza aspettare le decisioni delle cancellerie internazionali, è in grado di affrontare i problemi, anziché acuirli, allentare le tensioni anziché esasperarle, e soprattutto di salvare vite umane anziché abbandonarle al loro destino di gelo, violenze e naufragi.
Ma forse i governi europei non hanno intenzione alcuna di allentare le tensioni e risolvere i problemi, perché i calcoli della geopolitica suggeriscono altro.
Sarebbe importantissimo che una città come Faenza che in diverse occasioni ha mostrato di saper usare saggezza e solidarietà, desse un segnale preciso alla propria comunità, a tutti i Comuni, al Paese e a tutta l’ Europa.
Vi chiediamo di agire, subito, e dichiarare la volontà di tutta l’Unione dei Comuni di ospitare almeno una famiglia, o un gruppo di profugh*, imprigionat* fra i fili spinati di Bielorussia e Polonia.
Certi che vorrete prendere in seria considerazione questa idea, Vi inviamo rispettosi saluti”
Le associazioni e liberi cittadini aderenti a Overall Faenza Multiculturale .
Il metano non ci dà più una mano. Le trivellazioni del giacimento Longanesi della Gas Plus fra Lugo e Bagnacavallo perpetuano il vecchio modello energetico
Comunicato stampa
Apprendiamo dagli organi d’informazione che in questi giorni sono iniziate le trivellazioni del giacimento Longanesi dell’ azienda Gas Plus fra Lugo e Bagnacavallo. Non ci risulta che da parte delle istituzioni, né da parte (figuriamoci !) dell’azienda beneficiaria sia stato fatto molto per informare la popolazione, e tantomeno ascoltarne il parere. Si tratta di un giacimento scoperto e autorizzato decenni fa, al tempo del fortunato slogan “Il metano ci dà una mano!”, quando ancora il gas naturale veniva, comprensibilmente, visto come il principale strumento della transizione energetica, per ridurre l’impatto del carbone e del petrolio, e per sbarrare la strada al nucleare, allora identificato con la catastrofe, ancora fresca, di Chernobyl.
Ma da allora molta acqua è passata sotto i ponti: non solo le competenze e le tecnologie per avviare una radicale trasformazione basata sulle rinnovabili si sono enormemente sviluppate, ma si sono evidenziate le micidiali conseguenze del metano sul disastro climatico. Infatti, se è vero che la combustione del gas naturale risulta moderatamente meno inquinante di quella dell’ olio combustibile e del carbone, si è progressivamente chiarito che le fughe di metano libero in atmosfera hanno un effetto climalterante potentissimo, decine di volte più della stessa anidride carbonica. E nessuna struttura metanifera al mondo (dalle piattaforme di estrazione, ai metanodotti, ai depositi di gas liquido, alle pompe dei distributori) è mai riuscita ad azzerare le fughe di gas in atmosfera.
Si dice che il giacimento Longanesi, di grandi dimensioni, è destinato a soddisfare la domanda dell’area di Lugo per un decennio. Il che vuol dire che nei prossimi dieci anni, proprio il periodo cruciale in cui bisognerebbe comprimere drasticamente le emissioni e dedicarsi alla riconversione per costruire l’alternativa , saranno caratterizzati dall’ espansione del modello estrattivista nei nostri territori, e dalle sue conseguenze in termini di inquinamento atmosferico, di subsidenza, di contributo all’aumento della temperatura globale. Senza contare che, nelle zone interessate, avremo probabilmente un aumento dell’inquinamento acustico, danneggiamento delle falde acquifere. A solo beneficio dei profitti dell’azienda: la Gas Plus, compagnia petrolifera emiliano-milanese, ha appena guadagnato in borsa un 10,09%.
Una scelta sbagliata, sulla quale bisognava avere il coraggio di bloccare l’opera e avviare, in alternativa, la promozione della produzione energetica diffusa da rinnovabili, tramite la realizzazione delle Comunità Energetiche (scelta molto adatta alle nostre zone) e del risparmio energetico di territorio.
Gli studi, incessanti e maggiormente aggiornati, degli scienziati di tutto il mondo, da decenni confermano che dobbiamo smettere di bruciare combustibili fossili. Ma le istituzioni, nazionali regionali e locali, che ogni giorno affermano di volersi impegnare nella transizione ecologica, non vogliono mettere in discussione il quadro energetico attuale e addirittura prevedono un aumento dell’utilizzo delle fonti fossili.
Il movimento per la giustizia climatica non si ferma. La mobilitazione intergenerazionale di chi non vuole rassegnarsi a un futuro invivibile, non può che continuare ed allargarsi e produrre iniziative. Chiediamo a tutte e tutti di schierarsi e di rivendicare al mondo politico, alle istituzioni e alla società intera di scegliere da che parte stare, anche avendo il coraggio di tornare sui propri passi rispetto a decisioni prese in passato.
Il metano non ci dà più una mano. Le fonti fossili devono rimanere sotto terra !
Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”
Ravenna 27 novembre 2021
Se le notizie che arrivano in queste ore sono attendibili, la Commissione europea ha bocciato il progetto di CCS, negando i finanziamenti che Eni aveva richiesto tramite il Fondo Europeo per l’Innovazione. L’impianto CCS Eni di Ravenna non rientrerà tra i progetti aggiudicatari dei finanziamenti, e neppure fra quelli che riceveranno l’assistenza della Banca Europea per gli Investimenti.
La notizia non può che riempirci di gioia, ma manteniamo una prudente diffidenza.
Comunque si profila una probabile bocciatura per ENI e per quanti hanno fino ad ora acriticamente appoggiato il colosso energetico.
Come movimento e come Campagna “Per il Clima – Fuori dal Fossile” intendiamo mantenere alta la guardia, e non diamo troppo credito alle notizie prima che siano suffragate da solidi elementi. Speriamo che al più presto si conoscano le motivazioni della bocciatura, e paventiamo che a questo punto possa essere il governo italiano a finanziare l’opera.
Crediamo che la politica locale e regionale debba uscire dalle ambiguità e pronunciarsi definitivamente contro un’ opera inutile, dannosa, costosa e destinata a rinviare sine die l’inizio della fuoriuscita dal modello estrattivista.
Il Governo dovrebbe invece aprire un confronto serio che metta sul tavolo il tema di una profonda riforma di ENI, intanto sostituendo i vertici del colosso energetico nazionale che, al di là di qualche proclama e di qualche operazione di greenwashing, continuano a contrastare l’avvio di una giusta transizione energetica, orientata verso la rapida decarbonizzazione (che – ricordiamolo – non significa solo rinuncia all’uso del carbone, ma superamento di tutte le fonti producenti anidride carbonica).
I progetti industriali energeticamente insensati, come appunto quello progettato a Ravenna, devono essere abbandonati, come pure devono essere bloccate tutte le procedure e i finanziamenti relativi ad ampliamenti e potenziamenti delle strutture dedicate alle fonti fossili, come le trivellazioni previste nel lughese e la realizzazione della cosiddetta Linea Adriatica. La Legge sul Clima europea fissa al 2030 il target di riduzione della CO2 del 55%, ma i programmi di ENI, e l’insieme della volontà politica, per ora vanno in senso ben diverso.
Coordinamento Ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”
Una mattinata di confronto sul ruolo fondamentale della cooperazione sociale nel coniugare ambiente, lavoro e inclusione sociale
Legambiente “Fondamentale fare rete tra istituzioni, cooperative e mondo profit per avviare percorsi virtuosi e di impatto per le comunità”
Le politiche ambientali possono essere un campo importantissimo per promuovere lavoro, coesione sociale e welfare in Emilia-Romagna. Un connubio particolarmente evidente nel settore dell’economia circolare, che già oggi vede impiegate numerose cooperative che si occupano di inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati.
È la considerazione unanime emersa stamattina durante la presentazione dell’Atlante, curato da Legambiente, sull’Economia Circolare e le cooperative di inserimento lavorativo in Emilia-Romagna.
L’Atlante, realizzato in collaborazione con Legacoop e Confcooperative Emilia-Romagna, è frutto di una ricerca che ha analizzato nello specifico le cooperative di tipo B dell’Emilia-Romagna, avvalendosi di un questionario su base volontaria a cui hanno partecipato realtà di tutta la regione.
Degli oltre 6000 addetti totali censiti dal campione dello studio, sono quasi 2000 i lavoratori impiegati a vario titolo nel settore dei rifiuti. Un numero importante, ma che risulta certamente al di sotto dei numeri totali presenti nel territorio regionale.
Oltre al dato numerico, emerge in maniera significativa l’evidenza che le cooperative coprono in modo virtuoso diversi segmenti della filiera dell’economia circolare: prevenzione, raccolta, operazioni preliminari al riciclaggio, riciclaggio, arrivando nei casi più strutturati al compimento dell’End of Waste (cioè alla produzione di nuove materie prime partendo dai rifiuti), con soggetti che presentano un know how e una professionalità di alto livello tecnico. I dati, infine, dimostrano che il numero più consistente di addetti dell’economia circolare è legato alle raccolte differenziate , in particolare alle modalità di porta a porta. Numeri comunque in crescita grazie alle politiche sull’economia circolare.
Tipi di attività per vari segmenti dell’economia circolare:
Prevenzione rifiuti |
- gestione centri del riuso, - laboratori di riparazione, - compostaggio domestico e di comunità |
Raccolta |
- raccolte stradali (in particolare di tipo domiciliare, o raccolte di ingombranti) - gestioni centri post raccolta |
Trattamento e riciclo |
- disassemblaggio RAEE - impianti di trattamento verde, legno, plastiche |
Nel contesto delle cooperative analizzate anche l’aspetto sociale è rilevantissimo: il numero di soggetti svantaggiati coinvolti supera i 2100, secondo quanto previsto dagli inserimenti regolati dalla legge n.381 del 1991 e in parte da quelli della LR 14/2015. Si tratta di normative fondamentali, che hanno consentito alle cooperative di coniugare ambiente e inclusione sociale: per le persone normalmente escluse dal mercato del lavoro, infatti, le opportunità di impiego offerte dalle cooperative di tipo B sono ottimi percorsi verso la più ampia integrazione nella società.
«Le esperienze raccolte rappresentano molti dei settori su cui più ci sarà da lavorare per dare corpo agli obiettivi europei sull’Economia Circolare. – dichiara Lorenzo Frattini, Presidente di Legambiente Emilia-Romagna – In particolare: i centri del riuso, i laboratori di disassemblaggio dei RAEE e quelli artigianali di riparazione o di recupero di scarti di produzione, il compostaggio domestico e di comunità volto ad evitare l’immissione degli scarti organici nel circuito di raccolta. Ma è importante anche fare un cenno alle ciclofficine e a tutte le attività di promozione della mobilità dolce che le accompagnano, e le tante cooperative impegnate nella manutenzione del verde urbano e nell’agricoltura sociale e sostenibile. Procedure dalla forte eterogeneità, difficili da meccanizzare, con una necessaria componente manuale, ma non per questo meno rilevanti da un punto di vista dei risultati ambientali».
Altre attività censite |
Numero cooperative |
Gestione del verde |
25 |
Recupero e rigenerazione biciclette |
2 |
Macinazione e recupero plastiche |
1 |
Agricoltura sociale |
3 |
Compostaggio comunità |
2 |
Produzione di energia da fonti rinnovabili |
3 |
Mobilità sostenibile |
2 |
Raccolta e vendita di abiti e mobili usati |
1 |
Raccolta Toner usati |
1 |
Altro (es. spazzature, servizi cimiteriali ecc.) |
6 |
«Le cooperative sociali di inserimento lavorativo ancora oggi mantengono una specificità che le differenzia dalle altre imprese. – dichiara Alberto Alberani, Resp.le Settore Coop Sociali Legacoop Emilia-Romagna – Purtroppo una specificità poco riconosciuta nonostante siamo la vera originale espressione dell’economia circolare tanto sbandierata e poco praticata. Siamo la realizzazione concreta della parola sostenibilità, e non è necessario fare troppi studi per scoprire come si integra sociale, ambientale, economico; si può fare, lo stiamo facendo, basta visitare una Cooperativa sociale di tipo b per vederlo concretamente. »
«Abbiamo bisogno di questi lavori di ricerca poiché purtroppo c'è una scarsa conoscenza di cosa fanno le cooperative di tipo B – dichiara Mauro Marconi, vicepresidente Confcooperative Federsolidarietà Emilia-Romagna con delega alle cooperative di tipo B – E se non capiamo come funzionano rischiamo di omologarle alle altre imprese perdendo quello che è il plus che le cooperative sociali possono offrire: quello dell'inclusione sociale e lavorativa e della coesione. Giornate come questa servono per confrontarci insieme ad altri attori nelle diversità delle vedute, per costruire un obiettivo comune che è quello del benessere della comunità.»
L’evento è stato il primo dei due appuntamenti dell’edizione 2021 di Ecoforum Emilia-Romagna, che seguirà il 2 dicembre con un approfondimento sul nuovo Piano Rifiuti in Emilia-Romagna e la presentazione del nuovo dossier Comuni Ricicloni, che premia le realtà locali più virtuose nella raccolta dei rifiuti. Qui il programma della giornata.
Il dossier integrale è disponibile a questo link.
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Ufficio Stampa - Legambiente Emilia Romagna
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