Riunione della cabina di regia a Palazzo Chigi. "I ritardi si accumulano - dice il segretario confederale Ferrari - ma l'esecutivo non dice cosa vuole fare"
"Un metodo di confronto occasionale, estemporaneo, senza elementi di merito precisi per esprimere una valutazione compiuta”. Questo il commento del segretario confederale Cgil Christian Ferrari, uscendo oggi (mercoledì 19 luglio) da Palazzo Chigi dove si è concluso il secondo giorno di incontri della cabina di regia sul Pnrr voluta dal ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.
“A queste condizioni non possiamo parlare di governance partecipata, prevista dalla legge e dai regolamenti europei, che dovrebbe garantire un dialogo preventivo con le parti sociali”, prosegue l’esponente sindacale, dicendosi “fortemente preoccupato per i ritardi accumulati e per la condizione di stallo e di incertezza rispetto sia all’implementazione sia all'ipotetica rimodulazione dei contenuti del piano”.
Il segretario confederale afferma che la Cgil “non ha pregiudiziali sulle revisioni, se necessarie a garantire la realizzazione del Piano e l’utilizzo, fino all'ultimo centesimo, di tutte le risorse stanziate, ma non siamo d'accordo con chi vuole stravolgerlo”.
Per Ferrari bisogna “rispettare gli obiettivi strategici e trasversali: la riduzione dei divari territoriali e delle disuguaglianze; la riconversione ecologica del nostro sistema produttivo; il rigoroso rispetto del vincolo di destinazione di almeno il 40% delle risorse al Meridione e delle clausole occupazionali che dovrebbero garantire almeno il 30% di nuovi posti di lavoro ai giovani e alle donne, clausola che fino a oggi è rimasta solo sulla carta”.
Quanto alla rimodulazione, Ferrari dichiara di “non condividere l’ipotesi di eliminare investimenti e progetti per destinare risorse, ancora una volta a pioggia, alle imprese attraverso i crediti di imposta. Una ricetta che si è dimostrata inefficace e che penalizza soprattutto il Sud”.
Per il dirigente sindacale “il vero nodo è l’attuazione del Pnrr, sulla quale si registrano notevolissimi ritardi. Da qui bisogna ripartire, rafforzando la capacità amministrativa, in particolare degli enti locali, con un piano straordinario di assunzioni, ripensando la logica sbagliata dei bandi selettivi, soprattutto per alcuni interventi come quelli finalizzati alla realizzazione degli asili nido”.
Ferrari, inoltre, ritiene necessario “affiancare all’attuazione del Piano una coerente programmazione della spesa corrente ordinaria in grado di garantire, a regime, la gestione pubblica delle strutture realizzate, dalla sanità territoriale agli asili”.
Il segretario confederale Cgil così conclude: “Possiamo portare a compimento questo Piano, che riguarda l’intero Paese, solo coinvolgendo tutti. Il governo ha il dovere della chiarezza: deve dire al Parlamento e al Paese quali progetti rischiano di sforare il 2026, quali progetti saranno modificati e soprattutto per quali obiettivi”
La Fisac chiude la porta al ministro Salvini. Per Esposito "parlare dell'ennesimo condono rappresenta un insulto a chi le tasse le paga"
La discussione sulla proposta di una nuova pace fiscale è irricevibile. L’evasione è illegale. Va solo applicata la Costituzione, per la quale ‘tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva’, cioè tutti hanno il dovere di pagare le tasse”. Ad affermarlo è la segretaria generale della Fisac Cgil, Susy Esposito, che aggiunge: “Parlare dell’ennesimo condono rappresenta un insulto a chi le tasse le paga, tutte, onestamente, ogni mese, ovvero sempre gli stessi: lavoratrici e lavoratori dipendenti, pensionate e pensionati. In generale i contribuenti onesti che sostengono il Bilancio dello Stato e consentono l’intervento pubblico in economia, il welfare e i servizi pubblici, di cui tutti beneficiano”.
“Più evadono e più paghiamo - osserva la dirigente sindacale -. Meno entrate nelle casse dello Stato generano, nella migliore delle ipotesi, un aumento della pressione fiscale su chi paga le imposte regolarmente, nella peggiore, un taglio anche della sanità, dell’istruzione, delle prestazioni sociali, ma anche dell’occupazione pubblica, degli investimenti, del perimetro pubblico. Solo negli ultimi trent’anni si contano almeno una dozzina di misure, a vario titolo, di ‘condono’. Inoltre, se il governo sceglie di creare continue aspettative di condono e pace fiscale, tutti i soggetti che devono versare le imposte saranno indotti a non farlo per vedersi ‘perdonare’ l’evasione e l’elusione fiscale e contributiva che hanno realizzato, in attesa di nuovi provvedimenti”.
Inoltre, prosegue Esposito, “l’evasione fiscale continua a superare i 100 miliardi di euro ogni anno, ma si fa sempre troppa fatica a recuperare risorse per varare provvedimenti di riduzione del carico fiscale su lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, anche quando recessione o inflazione ne richiederebbero l’immediata introduzione. Basti pensare alla decontribuzione sui redditi bassi, misura ad oggi temporanea. Per i comparti del credito, delle assicurazioni e della finanza, basti citare l’innalzamento della soglia di esenzione sui fringe benefit, come i mutui e i prestiti agevolati, misura ad oggi temporanea e, per di più, condizionata alla presenza di figli come carichi familiari”.
Come Fisac Cgil, poi, aggiunge la segretaria generale, “ricordiamo la centralità della riscossione, pilastro fondamentale per accertare e recuperare il gettito evaso e con esso i crediti fiscali. Eppure, le misure previste sin qui dai vari governi e, in particolare, la riorganizzazione descritta nel disegno di legge delega di riforma fiscale, prevedono di indebolire e superare l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, quando invece andrebbero garantita la salvaguardia dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori del settore, della disciplina privatistica dei rapporti di lavoro, sia sotto il profilo giuridico che economico e previdenziale, nonché rafforzata la struttura organizzativa dell’Ente attraverso un’implementazione degli organici e una maggiore valorizzazione delle professionalità esistenti, specifiche e non sostituibili, proprio per rendere l’azione della riscossione più efficace e tempestiva”, conclude Esposito.
Per Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum del terzo settore, welfare pubblico, salari dignitosi e lotta alla precarietà sono battaglie di tutti
Guardare oltre il 2026, a un orizzonte più lontano, che arrivi almeno fino al 2030. E poi non trascurare i giovani e le donne, fondamentali per superare i divari, target cosiddetti trasversali su cui però si sta andando in deroga. C’è preoccupazione sulla realizzazione dei progetti del Pnrr da parte del Forum del terzo settore, che insieme a Openpolis ha realizzato un report per analizzare investimenti e misure previsti dal Piano di ripresa e resilienza italiano.
Varato dopo la pandemia, per dare al Paese gli strumenti per recuperare terreno a seguito dello tsunami economico e sociale provocato dal Covid, su alcune sfide sta arretrando, soprattutto su quelle che riguardano i soggetti più fragili: “Per questo sollecitiamo un maggiore protagonismo e chiediamo un approccio di coprogettazione e coprogrammazione – afferma la portavoce del Forum, Vanessa Pallucchi -. Si sta giocando una grande partita e noi questa partita non la vogliamo sprecare”.
Che cosa manca per la cosiddetta messa a terra dei progetti?
Innanzitutto un maggiore coinvolgimento dei corpi intermedi, a cominciare dai soggetti di rappresentanza, anche a livello territoriale, per fare in modo di dare un contributo e un sostegno a quelle realtà in difficoltà nel costruire servizi. È emblematico il caso degli asili nido nel Sud Italia, dove queste risorse non si riesce a capitalizzarle.
Quindi, che cosa propone?
Quello che raccomandiamo è di aprire tavoli territoriali che consentano una progettazione e un’integrazione condivise per la pianificazione e la gestione delle risorse, che vanno integrate. Occorre restituire ai cittadini l’accesso ai diritti, dare risposte pubbliche nell’ambito del welfare e della sanità, settori che stanno vivendo una dismissione e un impoverimento, con passi indietro sulla qualità della vita e sull’aspettativa di benessere delle persone. Il Pnrr non nasce con l’obiettivo di lavorare nel mio giardino ma per cambiare paradigma di sviluppo e dare risposte finora inevase ai bisogni emergenti.
Tante associazioni laiche e cattoliche del terzo settore, firmatarie dell’appello Insieme per la Costituzione, si sono alleate con la Cgil nella grande manifestazione del 24 giugno scorso a Roma, per il diritto alla salute e per la sicurezza nei posti di lavoro. Quanto è importante una comunione di intenti della società civile per riuscire a realizzare una società più giusta e un cambio di paradigma?
Dobbiamo ripristinare il dialogo sociale. Molte delle nostre organizzazioni hanno aderito a questa iniziativa sulla questione centrale della sanità pubblica ed è davvero importante creare un asse trasversale, che non è un posizionamento di carattere ideologico ma l’emersione dei bisogni reali delle persone, che in questo momento rappresentano il freno più grande: non dare risposte significa ostacolare le opportunità di crescita del nostro Paese. Certo, non è stato premiante avere tre diversi governi che non hanno dato importanza alla continuità che poteva rappresentare un serio e vero coinvolgimento dei soggetti sociali, associazioni e sindacati, per costruire un filo rosso, nell’interesse del Paese e per la lettura concreta dei bisogni.
Filo rosso che si sta cercando di costruire adesso.
Questo è un lavoro che noi corpi intermedi non dobbiamo abbandonare, c’è una crisi sociale e di partecipazione e lo abbiamo visto alle ultime elezioni. Molto spesso quando vediamo il lavoro che fanno i corpi intermedi vediamo la tenuta del Paese, una tenuta dei nostri valori costituzionali. È molto importante che anche se non veniamo convocati dalle istituzioni, costruiamo dei tavoli per confrontarci e riuscire a raggiungere insieme obiettivi comuni di partecipazione.
Le organizzazioni del no profit in Italia sono oltre 363 mila, con 870 mila lavoratori e più di 4,6 milioni di volontari. Quale contributo può dare questo settore alla costruzione di una società più giusta?
Sicuramente un contributo per la facilitazione delle opportunità e l’avvicinamento ai bisogni dei cittadini. Il terzo settore è sul campo e tocca con mano ogni giorno ed è vicino alle categorie dei più fragili, senza fissa dimora, anziani, disabili. In tutti questi anni si è sporcato le mani provando a innovare i servizi, a integrare pubblico e privato, in un’ottica di sussidiarietà e non di sostituzione.
Dopo la pandemia registriamo 6 milioni di poveri, 3 milioni di neet, giovani che non studiano e non lavorano. A tutto questo possiamo dare una risposta se questa è integrata a un rilancio delle politiche pubbliche in campo sociale. Ma di queste politiche vediamo una costante erosione e il terzo settore ne risente profondamente.
Quello avviato a giugno è l’inizio di un percorso di rivendicazioni su lavoro, precarietà, salari che vedrà la Cgil e il mondo dell'associazionismo nuovamente in piazza a Roma il 30 settembre, anche in difesa della Costituzione. Quanto precarietà e stipendi miseri contribuiscono ad acuire e approfondire le disuguaglianze?
Stiamo assistendo a un fenomeno che prima non conoscevamo. Si stanno impoverendo le persone che lavorano. Si sta perdendo la capacità di avere una vita dignitosa e normale pur avendo un lavoro. Che il potere di acquisto dei cittadini sia crollato lo vediamo in tante occasioni, non ultima il rincaro dei mutui. Questo vuol dire che qualcosa non funziona nel livello salariale nel nostro Paese.
Poi ci sono le carenze del welfare, che hanno un ruolo determinante.
A complicare la situazione è la crisi del welfare di cui parlavamo. C’è una ricchezza comune che è rappresentata dall’accesso ad alcuni diritti di base: scuola di qualità, sanità che funziona, servizi pubblici. Questi diritti non sono garantiti a tutti. Le liste d’attesa per avere una prestazione sanitaria ne sono un esempio. Se un giovane o una famiglia ha una necessità di carattere sociale, se la vive sulle proprie spalle, perché non ottiene risposte dal welfare. Questa è una perdita di ricchezza che contribuisce a impoverire le persone.
Che cosa bisognerebbe fare, allora?
Da un lato rivendicare salari più dignitosi, dall’altro ripristinare le opportunità e i diritti che sono sanciti in maniera forte dalla nostra Costituzione, l’unica tra quelle dei Paesi occidentali, che su questo ha davvero fatto scuola
Nel Consiglio Comunale di Faenza di mercoledì 12 luglio, dopo una serie di interpellanze sull'emergenza alluvione (alcune per la verità un po' sconclusionate) è emerso un grande spirito di “unità nazionale” in specifico sulla mozione “Richiesta di azzeramento del pagamento delle bollette e avvisi pagamenti utenze” e sull'Ordine del giorno “Pulizia e tutela dell'officiosità idraulica degli alvei dei fiumi”, votati all'unanimità da tutti i presenti.
E' certamente importante che di fronte alle emergenze ci sia il massimo di convergenza, ma ancora più importante è il merito su cui si converge. Proprio sul merito rileviamo diversi limiti (forse dovuti proprio a questa ampia convergenza).
Naturalmente condividiamo pienamente l'impegno, contenuto nella mozione, a battersi per l'azzeramento delle bollette per le circa 10.800 utenze colpite dall'alluvione (richiesta che abbiamo avanzato da subito, sostenendo che deve essere coperto dai ristori al 100% dichiarati dal Governo).
Utile pure lo “stimolo” al patto di sindacato di Hera affinchè metta a dispozione risorse dovute a extraprofitti in solidarietà a cittadini e imprese, ma noi crediamo che a Hera vada chiesto soprattutto altro.
Ad esempio, se ormai è evidente che gli allagamenti non sono venuti solo dalle esondazioni e dalle rotture degli argini ma, ancora prima, dalle fogne che hanno rimandato l'acqua in senso contrario, forse è stato almeno in parte dovuto anche a paratie che non hanno funzionato a dovere (se vi sono responsabilità di Hera, come è avvenuto anche in passato, dovrà farsene carico) ma forse il problema più rilevante è che il sistema fognario, specie in alcune zone, è sottodimensionato, questa sarà una questione da approfondire e per la quale chiedere che anche Hera contribuisca con i necessari investimenti.
Per quanto riguarda l'Ordine del giorno sull'officiosità idraulica dei fiumi, a noi sembra sia carente per diversi motivi.
Si mette un'enfasi esagerata quasi esclusivamente sulla pulizia dei corsi d'acqua, in linea con una tesi diffusa, ma falsa, che un po' di vegetazione sul fiume sia la causa di tutti i danni. La pulizia è naturalmente necessaria, ma con le opportune modalità, i fiumi sono reatà naturali vive, non da trasformare in tubi lineari.
L'accenno a sistemi di laminazione e ai bacini di espansione dovrà essere approfondito, riprendendo e aggiornando anche vecchi progetti commissionati dalla Regione e che riguardavano i bacini del Lamone e del Marzeno, e che sono rimasti solo sulla carta.
La descrizione è circoscritta ai soli Comuni dell'URF, quando invece i bacini idrografici vanno considerati nella loro interezza, l'acqua viene da monte e infatti i tanti fenomeni franosi lo dimostrano e hanno poi effetti anche in pianura.
Per questo serve un coordinamento di tutti gli enti preposti coinvolgendo anche la regione Toscana oltre che i Comuni forlivesi e di Marradi, per quanto riguarda il percorso del Marzeno.
Poi c'è una mancanza particolarmente rilevante, non si fa cenno al necessario blocco delle edificazioni non solo a meno di 150 – 200 metri dai corpi idrici, ma in tutte le zone, vecchie e nuove, classificate a rischio di esondazione.
Questa sarà una questione da mettere nel conto per quanto riguarda i futuri Piani Urbanistici Generali, sia quelli già fatti e da rivedere, sia quelli ancora da fare, affermando sul serio che non si può ricostruire come prima, ma va completamente cambiata la gestione del territorio e il rapporto con la natura.
I riferimenti ai “Contratti di fiume”, per coinvolgere la cittadinanza e l'associazionismo, oltre che l'impegno delle Istituzioni, sono importanti, è da molto che se ne parla, purtroppo ancora con scarsi risultati.
Su tutto questo, non bastano evidentemente documenti più o meno precisi e documentati, servono riflessioni approfondite con la messa a confronto delle varie competenze tecniche e scientifiche, oltre che delle istituzioni, per riprogettare un diverso rapporto con la natura.
Per parte nostra, come Legambiente tenteremo di organizzare incontri con persone competenti per riportare la discussione, entro un ambito documentato, su quanto l’accaduto ci interpella in merito a ciò che dovremo fare nei prossimi anni per ridare sicurezza ai nostri territori.
Faenza, 13 luglio 2023 Circolo Legambiente Lamone Faenza
Incremento del gioco d'azzardo per dare 45 milioni alle zone disastrate. Il segretario regionale Cgil Bussandri boccia la misura e denuncia storture e ritardi
Il governo ha varato un decreto che prevede di finanziare la ricostruzione delle zone alluvionate della Romagna attraverso il gioco d’azzardo. Il testo dispone che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisca estrazioni settimanali aggiuntive di Lotto, Superenalotto, 10eLotto, Simbolotto e SuperStar allo scopo di reperire 45 milioni. Immediato l’allarme della Consulta nazionale antiusura San Giovanni Paolo II, che ha portato alla luce una notizia passata sotto traccia.
Per il segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri, “fa specie sino a un cerro punto che le risorse vengano reperite da quella voce, alimentando così il gioco d’azzardo, incrementando ludopatie, prendendo soldi da fonti di finanziamento assolutamente sbagliate quasi raccapriccianti”. I 45 milioni saranno solamente le tasse pagate in realtà su un totale di 200 milioni che gli italiani spenderanno in più per le lotterie, alimentando le così anche le entrate del sistema delle concessionarie.
Il sindacalista dice di avere avuto contezza del modo sbagliato di procedere del governo già quando si è saputo del reperimento di denaro per le zone alluvionate dal taglio della spesa sociale (del Fis e del reddito di cittadinanza): “Ora aggiungono il tema del gioco d’azzardo, dimostrando una evidente incapacità di reperire risorse dove andrebbero realmente prese. Io sarei stato d’accordo con una tassa di scopo da fare pagare a coloro che si sono arricchiti in questi anni con profitti enormi, piuttosto che andare vicini alla spesa sociale che riguarda le fasce più deboli della popolazione, comprese quelle delle zone alluvionate. Il meccanismo è quello che prendono i soldi con una mano e te ne danno un pochino con l’altra, ricorrendo a fonti finanziamento moralmente
Leggi tutto: Alluvione in Romagna, quei fondi immorali - di Simona Ciaramitaro
SINISTRA. Un gruppo di amministratori della sinistra civica ed ecologista per «una piattaforma politica che, partendo dall’esperienza di Avs, vada oltre e allarghi l’alleanza stessa con un'agenda di lavoro serrata e chiara»
Dopo una prolungata assenza di una componente vivace e propositiva tra i banchi del Parlamento, grazie all’impegno di Alleanza Verdi Sinistra, una forza di sinistra ed ecologista ha saputo riconquistare uno spazio e, con pazienza, continua a ottenere risultati positivi in tutto il Paese, da ultimo l’incoraggiante 4,8% in Molise.
Basti rileggere i numeri degli ultimi turni nelle diverse regionali e soprattutto osservare la complessa e variegata galassia delle esperienze civiche rossoverdi attive ed esuberanti in tante municipalità italiane. Forti di questa consapevolezza, dovremmo avere il coraggio di lasciare gli ormeggi, alzare le vele e avviare la nostra navigazione nel solco delle istanze fin qui rappresentate dal gruppo parlamentare.
Di certo è necessario continuare nel tentativo di accorciare le distanze tra tutte le forze politiche di opposizione a Meloni. Eppure è altrettanto necessario non abbandonare quel profilo autonomo e indipendente che ha caratterizzato l’iniziativa politica rossoverde fin qui intrapresa. Dobbiamo essere pronti a dare battaglia sui temi che riteniamo indisponibili per costruire una società più giusta e più equa. E cercare consensi nel gorgo della società italiana e non nel recinto, sempre più piccolo, di chi ancora vota a sinistra.
Per questo accogliamo positivamente la proposta avanzata da Angelo Bonelli di lavorare a una piattaforma politica che, partendo dall’esperienza di Avs, vada oltre e allarghi l’alleanza stessa con un’agenda di lavoro serrata e chiara.
Per prima cosa mettere al centro il tema della sovranità europea contro l’Europa delle nazioni, il disegno a cui lavorano i conservatori di Meloni per smantellare l’impianto comunitario. Battersi per la democrazia europea contro le oligarchie nazionaliste.
Contrastare con decisione il riarmo forsennato dei paesi Ue, lavorare al cessate il fuoco immediato in Ucraina e cercare ostinatamente una soluzione diplomatica per mettere fine alla guerra di aggressione voluta dalla Russia.
Favorire un patto per il clima per rispondere ai conservatori e ai popolari che già oggi attaccano la transizione ecologica per smantellare le politiche green europee. Un patto attraverso cui difendere l’ambiente e contrastare il cambiamento climatico, ricucendo la diaspora delle mille vertenze che arricchiscono il senso civico del nostro Paese.
Lavorare al contrasto alle disuguaglianze con una battaglia dura per l’aumento dei salari, la creazione di un reddito universale e la tutela del welfare pubblico che non passi nelle mani dei privati.
Impegnarci per un nuovo lessico e per politiche di lotta al patriarcato, quale cifra discriminante dell’attuale modello di società. Avere il coraggio di guardare in faccia la violenza femminicida e senza più indugi stanarla da ogni angolo pubblico e privato.
Sono battaglie spesso disattese dalle forze politiche in campo e che dovremmo praticare, ribaltando la modalità di uomini o donne soli al comando, investendo piuttosto sulla dimensione collettiva della politica, senza la quale rimane solamente carrierismo.
Per fare tutto ciò, occorrono radicalità e radicamento, occorre aprire porte e finestre. Dare fiducia al contributo di donne, uomini, associazioni, reti municipaliste e pacifiste pronte a offrire supporto affinché si rafforzi un punto di vista critico e autonomo sul presente e cresca quindi il consenso e l’adesione all’Alleanza Verdi Sinistra e reti civiche.
Europa Verde e Sinistra Italiana hanno aperto la strada: non era scontato. Proprio per questo ora crediamo di dover contribuire a fare con decisione un salto ambizioso, sentire tutti insieme la responsabilità di dare una piattaforma comune, confederata, ai tanti ecologisti, ai pacifisti, alle persone di sinistra.
Dobbiamo farlo con uno sguardo lungo, che rafforzi le alleanze per dare risposte concrete ai nostri territori, in vista delle elezioni europee e delle prossime amministrative e regionali.
I nostri amici boliviani del Movimento al socialismo dicono di cambiare paradigma: non più «un altro mondo è possibile» ma «il nostro mondo è possibile». Un atto di bonaria superbia per dire che abbiamo idee, testa, gambe e cuore per cambiare il modello di sviluppo e le relazioni tra gli esseri umani, l’ambiente e il vivente non umano.
Noi siamo pronti.
***Rosario Andreozzi, Consigliere comunale Napoli; Selena Candia, Consigliera regionale Liguria; Amedeo Ciaccheri, Presidente Municipio Roma VIII; Sergio D’Angelo, Consigliere comunale Napoli; Francesca Ghio, Consigliera comunale Genova; Francesca Ghirra, Deputata; Claudio Marotta, Consigliere regionale Lazio; Anita Pirovano, Presidente Municipio IX Milano; Massimo Zedda, Consigliere regionale Sardegna