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Le firme di questo appello sono individuali e non implicano il coinvolgimento delle rispettive istituzioni di afferenza. Se vuoi sostenere l’appello, firma qui! https://forms.office.com/e/4tmcnd9GB

Bologna for Climate Justice | Bologna

Nel 1954 l'allora segretario generale Cgil propone una legge che fissi un minimo garantito di retribuzione per tutti i lavoratori. Ma non verrà mai approvata

La fase successiva alle scissioni è una delle più difficili per il sindacato italiano. La Cgil prova a uscirne attraverso una proposta politica forte, lanciata al II Congresso di Genova (1949) e nota con il nome di “Piano del lavoro”. Nelle intenzioni dei promotori il Piano, che prevedeva la nazionalizzazione dell’energia elettrica e un programma esteso di lavori pubblici in edilizia e agricoltura, doveva sollecitare le classi dirigenti sul tema delle cosiddette “riforme di struttura”.

Dopo il Piano, Di Vittorio lancia al III Congresso di Napoli (1952) l’idea di uno Statuto dei diritti dei lavoratori. Il clima politico del centrismo democristiano non è tuttavia favorevole a questo tipo di iniziative. Lo dimostrano nel 1953 lo scontro frontale sulla nuova legge elettorale maggioritaria (la cosiddetta “legge truffa”) e nel 1954 la dura vertenza sul conglobamento che si conclude con un accordo separato senza la Cgil.

Sempre nel 1954, però, Giuseppe Di Vittorio è - insieme a Teresa Noce - tra i primi firmatari di una proposta di legge, annunciata il 14 maggio (tra gli altri firmatari - citandone solo alcune e alcuni - Bei, Santi, Foa, Pessi, Roasio, Maglietta, Ravera, Li Causi, Cianca), relativa alla fissazione di un minimo garantito di retribuzione per tutti i lavoratori.

 

Obiettivo dichiarato della proposta è quello di dare applicazione all’articolo 36 della Costituzione, garantendo ai lavoratori e alle lavoratrici una retribuzione non solo commisurata alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, ma anche sufficiente ad assicurare a loro e alle rispettive famiglie un’esistenza libera e dignitosa.

“Onorevoli Colleghi!”, recita in apertura il testo di presentazione: “La proposta di legge che sottoponiamo alla vostra attenzione trova essenzialmente il suo fondamento nelle gravissime condizioni in cui versano centinaia di migliaia di lavoratori che pur sono regolarmente occupati. (…) La fissazione di un minimo salariale, non rappresenta, (…)  esclusivamente un atto di riparazione sociale e giustizia, essa costituisce anche il primo passo per la concreta attuazione dell’art. 36 della Carta costituzionale che testualmente stabilisce: Il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. È ben noto che la situazione salariale del nostro Paese sia particolarmente precaria (…) Fra questi salari bassissimi e comunque insufficienti ve ne sono taluni corrisposti per certe categorie o in determinate zone, che per la loro avvilente irrisorietà, acquistano le caratteristiche di veri e propri salari schiavisti”.

Recita l’articolo 1: “Tutti i lavoratori, indipendentemente dal sesso e dall’età, occupati nell’industria, nel commercio e nell’artigianato, lavoranti a domicilio o presso terzi, non potranno in nessun caso ricevere una retribuzione inferiore alle lire 100 orarie e alle 800 per il normale orario giornaliero di otto ore, comprensive della paga base e della contingenza, qualunque sia la misura di questa nelle singole province”. 

E così continua: “La retribuzione minima nazionale di lire 100 orarie e di lire 800 giornaliere per otto ore di lavoro, spettante indistintamente a tutti i lavoratori indipendentemente dalla loro qualifica - specifica l’art. 2 - subirà le variazioni in più derivanti dal congegno della scala mobile. A questa retribuzione minima dovranno essere aggiunti, per i lavoratori a cottimo o a norma o in qualunque modo impegnati a un determinato rendimento, la percentuale e i guadagni di cottimo fissati dai contratti collettivi per le singole categorie”.

Per completare e rafforzare la misura, la legge - proposta e mai approvata - sancisce che (art. 6) “ogni pattuizione in deroga alla presente legge deve considerarsi nulla. I datori di lavoro che la trasgrediscono saranno puniti con una multa dalle 10 mila alle 100 mila lire e dovranno corrispondere ai lavoratori defraudati del minimo tutti gli arretrati dovuti. Parimenti dovranno essere riassunti al lavoro i lavoratori eventualmente licenziati dall’imprenditore per sottrarsi all’applicazione della legge”.

“È giusto - tornerà a dire Di Vittorio pochi anni dopo in quello che rimarrà il suo ultimo discorso pubblico (1957) - che in Italia, mentre i grandi monopoli continuano a moltiplicare i loro profitti e le loro ricchezze, ai lavoratori non rimangano che le briciole? È giusto che il salario dei lavoratori sia al di sotto dei bisogni vitali dei lavoratori stessi e delle loro famiglie, delle loro creature? È giusto questo? Di questo dobbiamo parlare, perché questo è il compito del sindacato”

Goletta Verde nello Stretto di Messina per dire no al Ponte sullo Stretto considerato solo un grande abbaglio. I principali nodi della questione e le fake news al centro del dossier  “Il grande bluff. La verità sul ponte sullo Stretto” diffuso oggi da Legambiente.  

In Calabria il 70% dei km ferroviari è a binario unico, in Sicilia l’85% .

L’associazione ambientalista: “È folle spendere 13,5 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto  per collegare più velocemente Calabria e Sicilia, dove per andare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando 4 treni regionali. Il paese investa in infrastrutture per rendere civile il sistema dei trasporti di quelle due regioni”. 

Blitz di Goletta Verde di Legambiente nello Stretto di Messina, nel tratto di mare che collega la Sicilia e la Calabria per dire No al Ponte sullo Stretto. L’associazione ambientalista con uno striscione di sei metri con scritto NO PONTE, esposto via terra su una spiaggia di Messina, e con la sua storica imbarcazione in “azione” via mare lungo lo Stretto, ha espresso la sua contrarietà per un’opera faraonica utile solo a sperperare altri soldi pubblici, oltre al miliardo di euro che fino ad oggi sono costati studi, consulenze e stipendi della Società Stretto di Messina. Un’opera che di fatto ha distolto l’attenzione dalle vere priorità su cui in realtà si dovrebbe lavorare: in primis migliorare il trasporto su ferro per collegare meglio le due regioni con il resto della Penisola; migliorare quello via nave con l’acquisto dei traghetti Ro-Ro (Roll-on/Roll-off) e convertire le flotte attuali in traghetti elettrici, replicando anche quelle esperienze virtuose sull’utilizzo dei traghetti elettrici che arrivano dall’estero; rendere più efficienti i servizi coordinando l’offerta dei diversi servizi per semplificare gli spostamenti e gli scambi tra treni, autobus locali e regionali, traghetti; integrare tariffe e biglietti dei vari gestori, migliorando l’offerta di viaggio per i pendolari con costi minimi per le casse pubbliche. Solo così in Sicilia e Calabria si potrannofar spostare persone e merci in modo civile e da Paese moderno.   

Per Legambiente il Ponte sullo Stretto di Messina rappresenta solo un grande abbaglio come ben racconta nel dossier “Il grande bluff. La verità sul ponte sullo Stretto” diffuso e presentato oggi a Messina e in cui l’associazione ambientalista mette in luce alcuni nodi del decreto-legge approvato il 16 marzo scorso dal Consiglio dei Ministri e della relazione del Gruppo di Lavoro2 incaricato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile e in cui analizza alcune fake news sul Ponte. Tre in particolare i nodi che Legambiente evidenzia insieme a cinque bufale sul Ponte.   

I nodi: in primis c’è da sottolineare che il decreto-legge in questione, che riporta in vita la Società Stretto di Messina con una dote finanziaria di 50 milioni di euro per il 2023, non specifica la copertura finanziaria dell’opera né l’iter per le autorizzazioni ambientali. Seconda questione riguarda laRelazione del Gruppo di Lavoro2 incaricato dal Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, del 2021, in cui si si legge che il 76,2% degli spostamenti su nave in ambito locale avviene da parte di passeggeri senza auto al seguito, e complessivamente sono 4.500 le persone che ogni giorno si muovono tra le due sponde, un numero assai esiguo a confronto con altre direttrici nazionali. Legambiente ricorda che per questi spostamenti oggi esiste un’offerta articolata con cinque compagnie che operano con servizio passeggeri e auto al seguito o treno con tempi medi di percorrenza di 30 minuti: 1. lungo la direttrice Messina-Reggio Calabria per le persone con la possibilità di auto al seguito; 2. sulla rotta Messina-Villa San Giovanni per persone, auto e camion, treni; 3. da Tremestieri verso Villa San Giovanni per camion e auto.   

Terza questione, la citata Relazione del Gruppo di Lavoro al Ministero, evidenziava i veri punti critici di questi spostamenti, ossia la bassa qualità dei terminali passeggeri, la bassa accessibilità alle stazioni dei treni, la vetustà dei traghetti, la scarsa organizzazione delle coincidenze con il trasporto pubblico locale, oltre alla carenza di percorsi pedonali e ciclabili. Tutti interventi urgenti, che per Legambiente sono realizzabili in tempi brevi e che potrebbero rendere più attraente, anche per i turisti, queste aree della Sicilia e della Calabria e aiutare studenti e pendolari, ma che sono continuamente rinviati perché assurdamente considerati alternativi al Ponte. Eppure, le risorse ci sono. Il PNRR prevede risorse per la riqualificazione delle stazioni ferroviarie e dei terminali marittimi, e destina 60 milioni a Rete Ferroviaria Italiana Spa per l’acquisto di tre nuove navi passeggeri per l’attraversamento dello Stretto e 20 milioni per le navi che traghetteranno i treni con alimentazione ibrida.  Per le flotte private sono inoltre disponibili 35 milioni per il rinnovo dei mezzi. Infine, per i collegamenti di lunga distanza è previsto l’acquisto di 12 treni Frecciarossa da 4 vagoni ciascuno, capaci di essere traghettati attraverso lo Stretto senza scomporli, risparmiando nei tempi. Risorse e interventi che permetterebbero di migliorare la situazione: Legambiente ricorda che ad oggi in Sicilia e in Calabria, ad esempio, le corse dei treni regionali sono ogni giorno rispettivamente 506 e 333 contro ad esempio le 2.173 della Lombardia. In Calabria la flotta dei rotabili è composta da 99 treni regionali (tra Trenitalia e Ferrovie della Calabria), mentre in Sicilia sono 122 (Trenitalia e Circumetnea). Lontanissimi dalle flotte di regioni quali la Toscana (253) o l’Emilia-Romagna (166). In Calabria sono 686 i km a binario unico su 965 km totali di rete ferroviaria, ossia il 69,6%. In Sicilia i numeri parlano ancora più chiaro: qui sono addirittura 1.267 i km di linee a binario unico, l’85% del totale di 1.490 km. Ci sono poi tante linee che hanno un enorme potenziale, ma che al momento non esistono, sono sospese o vedono transitare pochissimi treni al giorno perché in attesa di lavori infrastrutturali.  

“Per risolvere i problemi di mobilità del Mezzogiorno, per l’ennesima volta nella storia del Paese – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente - si torna a discutere paradossalmente della realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, il cui costo è stato stimato recentemente dal DEF in almeno 13,5 miliardi di euro, per collegare più velocemente Calabria e Sicilia, dove oggi per arrivare da Trapani a Ragusa ci si impiegano 13 ore e 14 minuti, cambiando quattro treni regionali. È davvero senza senso continuare a parlare di una simile cattedrale nel deserto che non serve né ai siciliani, né ai calabresi, né a chi va in queste regioni per turismo o lavoro. Ci sono, infatti, tantissimi investimenti e opere pubbliche da fare nel settore dei trasporti, meno visibili mediaticamente del Ponte sullo Stretto, ma molto più utili alla collettività e all’economia del nostro Paese, a partire dai territori direttamente interessati, dove persone e merci non si muovono come in qualsiasi paese civile. È arrivato il momento di concretizzarli, aprendo i tanti cantieri della transizione ecologica che servono al Paese, potenziando e non indebolendo gli strumenti di partecipazione previsti dal Codice degli appalti approvato dall’attuale esecutivo”.   

“In Sicilia e Calabria quello che è sempre mancato – aggiungono il presidente di Legambiente Sicilia Giuseppe Alfieri e Anna Parretta presidente di Legambiente Calabria - è un progetto per rendere più semplice la vita e gli spostamenti tra Messina, Reggio Calabria, Villa San Giovanni, Tremestieri, per i pendolari, i cittadini e i tanti turisti, con servizi integrati e coincidenze per ridurre i tempi di spostamenti. Bisogna migliorare il trasporto su ferro e i servizi di traghettamento esistenti e sviluppare una seria alternativa progettuale, tramite interventi sul sistema infrastrutturale e logistico, con innovazioni tecnologiche per favorire l’instradamento dei treni e l’accessibilità degli autoveicoli per i collegamenti tra continente e Sicilia”. 

Cinque Bufale sul Ponte

1) Non è vero che infrastrutture di questo tipo e di questa lunghezza si fanno ovunque. Il progetto prevede una campata unica di 3,3 km di lunghezza, mentre la campata più lunga al mondo, quella del Ponte dei Dardanelli in Turchia, è di circa 2 km di lunghezza ed è solo stradale, senza binari ferroviari. L’area dello Stretto di Messina è ad elevata attività geologica e sismica: la Calabria meridionale e la Sicilia Orientale sono ricomprese nella Zona sismica 1 (a maggiore pericolosità), secondo la Classificazione sismica – aggiornata al novembre 2020, del Dipartimento della Protezione Civile.  

2) Non è vero che il Ponte serve a chi ogni giorno si sposta da una sponda all’altra dello stretto. ll punto minimo di attraversamento, considerato come condizione necessaria alla realizzazione del Ponte a campata unica, allontana l’attraversamento dai baricentri delle aree metropolitane di Messina e Reggio Calabria, peggiorando o non migliorando nei fatti gli spostamenti e i tempi di percorrenza tra i due centri principali dell’area alle 4.500 persone che ogni giorno si muovono tra le due sponde.

3)Non è vero che il Ponte collegherebbe le città siciliane rapidamente con Roma grazie all’alta velocità. Secondo le previsioni di Ferrovie dello Stato, il tempo di percorrenza tra Roma e Palermo sarà di sette ore; questo, tra l’altro, solo quando anche i lavori dell’alta velocità tra Palermo e Messina e tra Reggio Calabria e Salerno saranno completati. Chiaramente tempi non competitivi rispetto ai collegamenti aerei.

4) Non è vero che il ponte sarà sostenibile dal punto di vista ambientale. Qualunque sforzo per rendere sostenibile ambientalmente un’infrastruttura di questo tipo verrebbe annullato dall’impatto generato sulle due Zone di Protezione Speciale presenti (sul lato calabrese la ZPS della Costa Viola e su quello siciliano dalla ZPS dei Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antenna a Mare e area marina dello Stretto) oltre che da un sistema di ben 11 ZSC (Zone Speciali di Conservazione). 

5) Non è vero che il ponte è economicamente sostenibile. È stato già speso circa 1 miliardo di euro in progetti, senza realizzare alcuna opera, mentre ancora non si ha idea di quanto effettivamente, a fine lavori, costerebbe. Si tratta inoltre di un’infrastruttura che è passata dai quasi 5 miliardi del 2001 (delibera Cipe 121/2001) ai 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011, fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente. Nell’ultimo aggiornamento del Documento di economia e finanza dello scorso aprile, il costo per la realizzazione del Ponte (escluse le opere connesse su entrambe le sponde) è di 13,5 miliardi di euro.  

>> il video sulle fake news

>> dossier Il grande bluff. La verità sul ponte dello Stretto

>> Le tappe di Goletta Verde  

AUTUNNO DI LOTTA. L'assemblea generale della Confederazione dà l'ok a nuove mobilitazioni. Consultazione straordinaria fra settembre e ottobre in vista dello sciopero generale, e legge di iniziativa popolare per la rappresentanza e il salario minimo. Intanto prosegue la raccolta delle firme di Unione popolare per una paga oraria di almeno 10 euro.

Cgil avanti tutta, fino allo sciopero generale Il segretario generale Maurizio Landini - Ansa

Cgil avanti tutta, fino allo sciopero generale. Alla manifestazione già in cantiere il 30 settembre prossimo per la difesa e l’attuazione della Costituzione, per la pace e contro l’autonomia differenziata e lo stravolgimento della Repubblica parlamentare, il sindacato di Corso d’Italia aggiunge altre due mobilitazioni autunnali. Al termine della pausa estiva, di fronte all’inazione governativa sui vari tavoli teoricamente aperti – sanità, fisco, pensioni, politiche industriali – fra settembre e ottobre ci sarà “una consultazione straordinaria certificata delle lavoratrici e dei lavoratori, dei pensionati e delle pensionate, sulle nostre proposte alternative alle politiche economiche e sociali del governo, e per chiedere l’impegno alla mobilitazione fino allo sciopero generale”. Uno sciopero per la cui riuscita l’assemblea della Confederazione, riunita per due giorni ai Frentani, dà mandato alla segreteria “di discutere la proclamazione e la collocazione nel rapporto con Cisl e Uil”. E che dovrebbe comunque svolgersi mentre il governo Meloni sarà impegnato con la legge di bilancio.

L’ex direttivo nazionale batte poi un secondo colpo, chiedendo alla segreteria guidata da Maurizio Landini “di valutare, a sostegno della nostra iniziativa contrattuale, la predisposizione di una proposta di legge di iniziativa popolare per una legge sulla rappresentanza di sostegno alla contrattazione nazionale e per il salario minimo, a partire dall’attuazione degli articoli 39 e 36 della Costituzione e con una soglia salariale oraria sotto cui nessuno sia costretto a lavorare, e di istruire la possibilità di ricorrere allo strumento di referendum abrogativi delle leggi che hanno incentivato la precarietà del lavoro”.

Nel documento finale dell’assemblea si approva il cammino fin qui seguito dalla Cgil nello scontro con il governo sulle politiche economiche, di fronte ad un’inflazione ancora molto alta che pesa su livelli salariali generalmente bassi, spesso in assenza di rinnovi contrattuali, e con il lavoro vittima di una endemica precarietà. Delegate e delegati mettono nero su bianco la loro soddisfazione “per la riuscita della manifestazione del 24 giugno in difesa del diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro e per il rilancio del Servizio sanitario nazionale, indetta insieme ad una vasta rete di associazioni, e per la riuscita degli scioperi unitari dei metalmeccanici e dei settori dei trasporti. Ed è importante l’assemblea unitaria di delegate e delegati del commercio e del turismo in programma domani (oggi per i lettori, ndr) a Bologna, per il rinnovo dei contratti nazionali del settore scaduti da anni”. Tre per la precisione, con sette milioni di addetti interessati.

I percorsi di mobilitazione che stanno andando avanti anche in questo torrido mese di luglio hanno bisogno, spiega ancora il documento approvato dall’assemblea Cgil, “del massimo impegno di tutto il sindacato, per allargare il confronto sulle nostre proposte a sostegno dei diritti costituzionali, per il lavoro stabile e sicuro, per l’aumento dei salari ed il rinnovo dei contratti, contro la precarietà del lavoro, per un fisco giusto e giuste pensioni, per la sanità pubblica, la scuola pubblica, politiche nazionali di sistema per il turismo e per la cultura, politiche industriali per un nuovo modello di sviluppo e a salvaguardia dell’occupazione”.

La proposta di legge sul salario minimo, tema di fronte al quale il governo Meloni sta facendo muro, incrocia l’analoga iniziativa già in corso da più di un mese ad opera di Unione popolare, che ieri ha presentato il comitato di sostegno all’iniziativa. “La campagna di raccolta firme, con banchetti nelle piazze, nei mercati e nei luoghi di lavoro, sta incontrando l’interesse e l’adesione convinta di moltissimi cittadini – evidenzia il coordinamento di Up – perché con l’introduzione per legge di un salario minimo di 10 euro l’ora, agganciato automaticamente all’inflazione in base all’Ipca non depurato dai prezzi dell’energia, si vuol dare una risposta ai milioni di lavoratori e lavoratrici che ricevono salari letteralmente da fame, ed anche a quelli con remunerazioni non sufficienti a garantire una vita dignitosa”

Comitato Spontaneo di vicinato solidale “Borgo Allagato”

Incontro con Amministrazione Comunale 17/07/2023

 

Buona sera

Intanto un sincero ringraziamento all’Amministrazione per aver accettato l’invito per questo incontro, per questa assemblea, con gli alluvionati del Borgo. Grazie.

E un altro grazie, di riconoscimento, ai dipendenti comunali di Faenza che in questa situazione di emergenza, stanno dando disponibilità straordinarie per dare il proprio supporto alla cittadinanza.

Scusate il gioco di parole ma In una situazione straordinaria, dove è stato nominato Commissario “straordinario” chiediamo all’Amministrazione cose straordinarie che auspichiamo vengano realizzate non con modalità ordinarie ma straordinarie.

Quindi, o cambiamo passo, oppure i cittadini saranno costretti a manifestare pubblicamente il loro malcontento e insoddisfazione in quanto la situazione è apparsa nuovamente drammatica in seguito al breve temporale di giovedì 13 luglio, ore 17 circa.

Detto questo, cercherò di formalizzate una serie di richieste di interventi ed una serie di richieste di informazioni che appaiono particolarmente stringenti.

Passo ai punti che sottopongo uno ad uno in ordine sparso:

1) Buona parte delle fogne di via Silvio Pellico, via d’Azeglio, Via Cimatti, via De Gasperi, via Ragazzini sono fuori uso. E’ necessario un intervento da parte di HERA o del Comune, poco importa, URGENTE, con tempi rapidi, per capirci, straordinari. Non siamo più disponibili ad aspettare il prossimo evento. Al momento non vediamo ditte impegnate in tal senso;

2) In alcune zone del Borgo, come via De Gasperi, l’immondizia regna sovrana. Occorre procedere da domani con rimozione giornalieri de rifiuti. Non si capisce perché questo avvenga a rilento;

3) Nelle strade del Borgo, come via Cimatti, vi è una polverosità paragonabile alle strade del Cairo, in Egitto. Non si comprende la mancanza di lavaggio e di pulizia stradale da parte di HERA. Non siamo più disponibili ad aspettare;

4) Gli argini del Lamone sono in fase di ripristino e manutenzione da parte della Regione ER. Chiediamo un cronoprogramma dei lavori e che siano rispettati i tempi; chiediamo inoltre aggiornamenti e cronoprogramma relativi al Marzeno

5) Le casse di espansione a monte di Faenza ipotizzate nello studio della Regione ER commissionato al prof. Armando Brath nel 2007, perché non sono state realizzate? E’ uno studio ancora valido? Sara consegnata questa ipotesi progettuale al Commissario straordinario?

6) Sui rimborsi, ad oggi quanti cittadini di Faenza hanno ricevuto il Contributo Prime Misure? Il 15 luglio dovevano ricevere i contributi i cittadini che avevano presentato domanda entro il 30 giugno.

7) Chiediamo che l’Amministrazione Comunale interpelli ufficialmente entro 5 gg. Romagna Acque riguardo le somme dovute dai cittadini per il consumo acqua di maggio e giugno, e chiediamo che ci venga fornita copia della comunicazione non appena trasmessa

8) Chiediamo notizie certe sulla possibilità di rimborso delle auto alluvionate e sul loro deposito presso Baldini

9) Chiediamo notizie certe e tempestive sull’utilizzo delle donazioni ricevute: come sono/saranno ripartite e tempistiche

10) Il Ponte delle Grazie: sembra che Modigliana abbia già un progetto esecutivo pronto per essere appaltato. E Faenza?

11) L’alluvione ha modificato la città ed i cittadini. Occorre rivedere gli studi propedeutici al PUG ed aprire una fase straordinaria di partecipazione pubblica, anche attraverso i Comitati, sul futuro urbanistioco della città;

12) Chiediamo, come chiesto nelle altre città alluvionate, l’istituzione di una Commissione consiliare specifica (o Consulta di Quartiere?) sulla tematica alluvione alla quale possano partecipare anche i rappresentati dei 4-5 comitati faentini