Guerre 800 miliardi per il riarmo da spendere da Trump. E chi invia armi a Kiev, non può come «coalizione dei volenterosi» essere «garante» di una pace assai incerta. Torni il ruolo dell’Onu. La scela di pace per l’Europa: recuperare lo spirito di Helsinki ’75 e, dopo l’89, l’idea di “Casa comune”
La fiera della Difesa a Parigi – Alexis Sciard /Zuma Press
La conclusione Consiglio europeo dei 27 governi Ue, sarebbe comica se non fosse tragica, da svolta epocale – con il vincolo del patto di stabilità sciolto e i fondi di coesione a disposizione, non per le spese sociali ma in funzione di un mega-programma di riarmo di 800 miliardi di euro degli Stati membri, in primis della Germania “riunificata”, più a destra e più pericolosa, e l’avallo della “battagliera” Meloni.
A deciderlo solo le leadership Ue, bypassando il Parlamento europeo. Perché mentre gli Usa, la Russia e ora anche l’Ucraina trattano le condizioni di una difficile fine della guerra a cominciare da un necessario cessate il fuoco e, certo, con giuste garanzie, ecco che l’Unione europea appare agli occhi del mondo come chi la guerra ucraina la vuole continuare. Verso una nuova cortina di ferro contro il, finalmente, ritrovato nemico russo.
E per questo – ecco il comico – mette in mimetica la propria esistenza presente e futura in un bunker che necessità di una spesa militare monstre per acquisti di nuove sofisticate armi che dovranno essere comprate dal complesso militare-digitale-industriale degli Stati uniti. In buona sostanza pretendendo di prendere le distanze da Trump la Ue fa esattamente quello che lui vuole che faccia – ricordava Vignarca sul manifesto – mentre il tycoon minaccia ancora di non proteggere più i Paesi con non raddoppiano il loro bilancio Nato: dobbiamo continuare a dipendere, come per l’energia, dal mercato Usa. Make America Great Again.
ALTRA VICENDA tragicomica è l’indignazione perché si apre una trattativa per negoziare una pace. Anche nei tre anni dell’aggressione russa ad uno stato sovrano l’Ue ha vissuto nel caos di non avere una politica estera ma di farsela surrogare dall’Alleanza atlantica che ha una dura e chiara responsabilità nella crisi ucraina per la provocatoria strategia dell’allargamento a Est. Così l’Europa in quanto tale non ha nemmeno pensato ad una sua proposta di pace e di mediazione, e alla fine ha di fatto regalato all’isolazionista e ipernazionalista, ma sempre imperiale, Trump questa vitale funzione. Una indignazione che volentieri lasciamo al fronte impavido di chi, spin doctor o governi, ha alimentato a Kiev e in Europa l’idea perversa di una possibile vittoria dell’Ucraina sulla Russia, sulla pelle dei giovani ucraini così come Putin fa con quella dei giovani russi; così come hanno convinto Kiev contro ogni evidenza che la mini-invasione del Kursk russo da parte di una armata ucraina potesse rappresentare lo scambio con il Donbass occupato e non un’ avventura militare suicida, come in queste ore drammatiche si sta rivelando e com’era evidente ben prima del «tradimento» di Trump.
UN INCITAMENTO al combattimento e alla «vittoria» che è continuato senza ritegno anche quando è apparso chiaro, perfino ai militari del Pentagono, lo stallo sul campo, – per la diserzione di massa non solo per la mancanza di mezzi – e addirittura dopo la stessa ammissione di Zelensky: «Noi non siamo in grado di riconquistare i territori occupati».
Un fronte che, nel doppiopesismo imperante, piange per le sorti dell’Ucraina tutte le lacrime che non riesce a versare per la Palestina, lì dove Trump non sospende certo gli aiuti militari a Israele, a proposito di aggrediti e aggressori; lì dove i territori palestinesi sono occupati da 58 anni. E dove la cosiddetta “tregua” è appiccicata con lo sputo e col sangue.
«VA CERCATA con convinzione, velocemente, – dichiara il presidente Mattarella – una soluzione di pace che non mortifichi nessuna delle due parti ma che sia giusta perché sia duratura, perché una pace basata sulla prepotenza non durerebbe a lungo». Come non essere d’accordo.
La redazione consiglia:
Londra e Parigi danno corpo alla «coalizione dei volenterosi»MA CI SI CHIEDE, abbiamo esperienze recenti di una pace giusta e duratura? È stata «giusta, duratura e non basate sulla prepotenza» la pace in Somalia, Iraq, Palestina, ex-Jugoslavia, Afghanistan, Libia e Siria (nell’ordine temporale delle nostre guerre occidentali). Perché è vero che Tacito parlando della vittoria sui britanni del generale Agricola, scriveva, riportando le parole del re dei britanni Calgaco: «Dove fanno il deserto lo chiamano pace», ma premetteva però a questa frase l’altra spesso dimenticata: «Rubano, massacrano rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero…». Per dire che la vera menzogna non è una pace «ingiusta» ma la guerra «giusta» spesso mascherata da spirito democratico o umanitario. L’unica vera pace giusta e di lunga durata, capace di dissuadere ogni spartizione imperiale e mire espansive di Zar Putin, sarebbe quella di costruire un vasto processo di pace in Europa che recuperi Helsinki 1975 dopo le trasformazioni del 1989 e l’idea di “Casa comune” verso l’Est, il Sud-est e il Mediterraneo – come scriveva sul manifesto Luigi Ferrajoli. Ma non pare questa l’intenzione di chi mette i bilanci a debito degli Stati europei a disposizione di un riarmo generalizzato, nazione per nazione – altro che difesa comune.
E CHE ORA, PER rilanciare un suo presunto ruolo alternativo-suppletivo al “disimpegno” Usa, mobilita le risorse del continente europeo per trasformarlo in un fortilizio armato pronto per generazioni a nuove imprese belliche, insidiando il welfare e il patto sociale che ha sorretto la democrazia, strutturando la sua esistenza anche futura sulla capacità di corrispondere al warfare. Mentre la Francia della grandeur assai debole di Macron offre la sua presuntuosa deterrenza atomica all’Europa e i revanscisti Baltici sono già partiti in missione con la richiesta di partecipazione al peacekeaping quando ancora non c’è nemmeno un cessate il fuoco sul campo ucraino e anzi ogni giorno la guerra miete nuove vittime. Ma può chi sta continuando a partecipare per interposto ruolo inviando armi all’Ucraina, proporsi «dal cielo, da terra e dal mare», come «giusto garante» e controllore neutrale di una pace sul campo che sarà assai vulnerabile? Stiamo tornando alla micidiale no-fly zone; con Giorgia Meloni che propone al fraterno Trump di estendere l’articolo 5 della Nato per l’Ucraina anche fuori della Nato. Altro che negoziato di pace.
COSÌ PER RIAFFERMARE bellicismo e protagonismo atlantico ma senza gli Stati uniti, Macron convoca per martedì a Parigi la prima riunione della «coalizione dei volenterosi» – l’Italia per ora pero ora «osserva» ma a breve dirà signorsì. Ecco, hanno dovuto addirittura ripescare questa terminologia fallimentare della sporca guerra all’Iraq del 2003 quando, ahimé, tra i “volenterosi” c’era proprio l’Ucraina come terzo contingente militare per l’invasione dell’Iraq.
Non sarebbe invece il caso, per salvare non solo a parole il diritto internazionale violato in Ucraina e per essere davvero alternativi a Trump, a Putin e ai nazionalismi di destra interni che, come Meloni, hanno fin qui profittato del clima di guerra, di richiamare a ruolo le Nazioni unite, sia nelle trattative che nell’eventuale gestione delle condizioni del cessate il fuoco, del peacekeeping e dell’ auspicabile pace?