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Sfratto atlantico I missili del Cremlino si abbattono a Dobropillia, e uccidono 11 persone. 30 i feriti. «Situazione critica»: dei 1.300 km quadrati in mano ucraina all’inizio dell’operazione ne sono rimasti 400

Pompieri ucraini spengono il fuoco generato dagli attacchi russi a Dobropillia, nel Donetsk Pompieri ucraini spengono il fuoco generato dagli attacchi russi a Dobropillia, nel Donetsk – Ap

Quando è iniziata lo scorso agosto, nella repentina sorpresa di tutti e poi con un generale clamore, l’incursione ucraina dentro la regione russa di Kursk sembrava poter segnare una svolta nel conflitto. Oggi, rischia di assumere il valore opposto a quello che sperava Kiev allora: è da ventiquattr’ore, infatti, che si assommano testimonianze di un imminente accerchiamento da parte di Mosca. Anche la stampa ucraina riporta voci di militari che parlando di una «situazione critica», in cui gli avversari starebbero per chiudere definitivamente l’unica linea di rifornimento che alimenta l’avamposto stabilito dalle truppe di Kiev in territorio russo (che ha centro nella città di Sudzha, a est della regione ucraina di Sumy).

SI TRATTA, probabilmente, del culmine di una controffensiva che il Cremlino ha messo in campo poco dopo l’apertura della breccia aperta dall’Ucraina nel corso dell’estate passata e che ha ripreso forza durante l’ultimo mese. Dei circa 1.300 chilometri quadrati in mano ucraina all’inizio dell’operazione ne sono restati infatti soltanto 400, nonostante i russi si siano esposti a elevate perdite per riconquistare terreno. Verso gennaio, inoltre, le truppe di Mosca sono riuscite a mettere sotto tiro la strada che consentiva l’approvvigionamento di munizioni delle brigate avversarie, deteriorando sempre di più la capacità di queste ultime di difendersi.

Alle difficoltà ucraine nella regione di Kursk, si aggiunge poi un ennesimo attacco russo, stavolta particolarmente letale, che è arrivato dal cielo nella notte di ieri: presso la città di Dobropillia (a nord di Pokrovsk, uno dei punti del fronte nel Donbass) due missili balistici si sono abbattuti su edifici e automobili, causando 11 morti e oltre 30 feriti – riferiscono le autorità locali. È stato segnalato inoltre l’impiego del «doppio tocco», con attacchi consecutivi diretti allo stesso bersaglio per colpire personale medico e soccorritori in arrivo. In generale, negli ultimi tre giorni Il Cremlino sembra aver intensificato la propria iniziativa aerea: oltre ai droni, che costituiscono da tempo il grosso delle attrezzature impiegate in tal senso, in questo mese si è segnato il record di uso da parte di Mosca di arsenale missilistico dall’inizio dell’anno.

Le tempistiche difficilmente sono casuali: non solo Kiev è sempre più abbandonata dalla Casa bianca a livello diplomatico, dentro un groviglio di detti e contraddetti retorici a opera di Trump e dei suoi, ma soprattutto iniziano a mancare le risorse di intelligence fornite dagli Usa. Un articolo pubblicato sul Time riporta il panico crescente nelle fila ucraine per la montante carenza di informazioni che venivano garantite dall’ormai ex-alleato: «Come risultato di questa “pausa” – dice un ufficiale in condizione di anonimato – ci sono centinaia di morti in più. Ma il più grande problema è il morale». Anche la Maxar Technologies, azienda con sede in Colorado che condivideva con l’Ucraina immagini satellitari attraverso un programma del Pentagono, ha confermato la sospensione degli aiuti.

Panico nelle fila ucraine per la carenza di informazioni garantite dall’ ex-alleato Usa: «Centinaia di morti in più. Ma il più grande problema è il morale»

IL CREMLINO ringrazia e colpisce. Kiev mantiene le posizioni nel Donbass, in qualche località anche riprendendo l’iniziativa. Ma, appunto, in queste ore quasi tutta l’attenzione è puntata su Kursk: il significato dell’incursione ucraina era soprattutto strategico e, anzi, più propriamente diplomatico. Da una parte si cercava di dirottare forze russe da altri territori e alleggerire la pressione sul fronte, dall’altra – come è stato ripetutamente affermato, anche nei giorni scorsi, da parte delle autorità di Kiev – l’obiettivo era quello di entrare in possesso di territori nemici da poter «scambiare» in un’eventuale trattativa.

ANCORA, SONO probabilmente importanti le tempistiche: Putin sente (o magari sa, imbeccato dai colloqui avuti con funzionari statunitensi) di avere l’inerzia dalla sua e prova a dare la spallata definitiva a Kursk, togliendo all’avversario una delle poche leve che potrebbe giocarsi se si dovessero aprire dei negoziati (le famose “carte” evocate da Trump durante il surriscaldato colloquio con Zelensky nello studio ovale a favore di telecamere). A maggior ragione se, a stretto giro, potrebbe materializzarsi un’occasione in cui Kiev verrà spinta (o si deciderà) a fare concessioni.

Zelensky mantiene toni rassicuranti: Ci sono «proposte realistiche» per una pace rapida

LUNEDÌ PROSSIMO, infatti, una delegazione ucraina composta da Andriy Yermak, Andriy Sybiha, Rustem Umerov e Pavlo Palisa (ministri e figure di primo piano) è attesa in Arabia Saudita per un incontro con le controparti statunitensi. Nonostante la giornata di attacchi feroci da parte russa e la crisi di Kursk, il presidente Zelensky sui social continua a mantenere toni rassicuranti e, anzi, assicura che ci sono sul tavolo «proposte realistiche» per una pace rapida. Come rapidi, e imprevisti, sono gli ultimi sviluppi sul campo.