La vertenza Gkn ha un piano: sociale, ecologico e industriale.
Un piano che, se realizzato, costituirebbe un precedente a favore di tutte e tutti. Di fatto avremmo scardinato, dal basso, sia un processo di delocalizzazione sia quello delle false reindustrializzazioni, sia la tattica dell’investitore fantasma che non arriva mai, sia quella dei tavoli istituzionali che spariscono nel nulla e riappaiono solo per essere inconcludenti.
Il tutto rivendicando una transizione ecologica reale e un modello di fabbrica socialmente integrata con il territorio e i suoi bisogni, sociali, associativi, mutualistici e culturali.
Proprio per questo, siamo certi, tutto verrà provato pur di impedire questo precedente. Siamo consapevoli della complessità di tale piano e della nostra fragilità: veniamo da 21 mesi di assemblea permanente e 7 mesi senza stipendio.
Se il futuro è incerto, il passato in parte è stato scritto. Noi non abbiamo inteso con questa lotta dettare modelli o insegnamenti. Abbiamo fatto semplicemente quello che era necessario per provare a vincere.
Tuttavia alcuni elementi ci sembrano oggi emergere. Il rafforzamento dello strumento sindacale classico con altre forme di sindacalismo partecipativo, come il Collettivo di Fabbrica, i delegati di raccordo, ci ha permesso di reggere le sfide dell’assemblea permanente.
Non reggi la ferocia e la complessità delle tattiche della controparte, sia essa la speculazione finanziaria, immobiliare o la massimizzazione del profitto a tutti i costi, se il luogo di lavoro non è un luogo di comunità con i propri strumenti di mutualismo solidale.
Per questo abbiamo creato, appellandoci all’articolo 11 dello Statuto dei Lavoratori, una Aps Società Operaia di Mutuo Soccorso. L’avremmo dovuto fare molti anni fa, in verità.
L’intervento pubblico è una variabile imprescindibile per contrastare precarietà e licenziamenti. Lo Stato avrebbe potuto chiudere in positivo la nostra partita in cinque minuti: legiferando contro le delocalizzazioni, decretando la sospensione dei licenziamenti, adottando una politica industriale di transizione ecologica reale dell’automotive, facendo intervenire Invitalia, ecc.
Non esiste oggi alcun processo di reindustrializzazione dove il grande capitale non invochi a larghe mani i soldi pubblici. Il punto è che quasi sempre li chiedono per prolungare l’agonia delle aziende, non per farle ripartire.
L’intervento pubblico positivo che oggi noi invochiamo non esiste nell’etere astratto. Si dovrebbe comporre di personale tecnico, di ricerca, di organi preposti alla politica industriale. Tutto questo, se mai è esistito come avremmo voluto, è stato smantellato. I legami che la classe riesce a creare con le competenze solidali, scientifiche, industriali e di ricerca, diventano per questo fondamentali.
Il recupero cooperativistico dell’azienda, in assenza di un intervento pubblico complessivo, diventa in verità l’intervento pubblico più avanzato nel contesto dato, e scardina completamente l’immobilismo sia del grande capitale sia della politica.
Anche questo l’avremmo dovuto fare prima. Una vertenza, qualsiasi vertenza oseremmo dire, non vince parlando di sé o a sé. In un paese dove la povertà assoluta è triplicata in quindici anni, in un mondo che corre verso la terza guerra mondiale, nel pieno del disastro climatico, in un mondo del lavoro dove il lavoro precario è stato introiettato, non vinci parlando di te o a te.
La convergenza della lotta sindacale, sociale, climatica, antifascista, contro il patriarcato, non è semplicemente un ideale. È l’unica tattica di lotta che ci è sembrata adeguata ai compiti.
In Francia gli spezzoni operai e ambientalisti cantano nei cortei contro la controriforma pensionistica: lotta climatica: “Retraites, climat, méme combat. Pas de retraitès, sur une planet brulèe” (Pensioni, clima, stessa lotta. Non puoi andare in pensione su un pianeta bruciato).
In questa vicenda purtroppo non dipende tutto da noi, ma da noi tutti. E la vittoria minima sarebbe non ripetere gli errori passati e lasciare almeno qualcosa da tramandare.
Noi ci auguriamo che questo qualcosa non siano quei 500 posti di lavoro bruciati dalla delocalizzazione. Se non vi riusciremo, almeno si lasci la consapevolezza di quello che è stato.
Tutti gli aggiornamenti sulla vertenza Gkn su www.insorgiamo.org o sulle pagine social del Collettivo di Fabbrica (Fb e Instagram).
È in corso il reward crowdfunding per la prima capitalizzazione della cooperativa che chiederà di ripartire in regime di workers buy out.
Tutte le info sul nostro piano su: https://www.produzionidalbasso.com/project/gknfor-future/