Accedi Registrati

Login to your account

Username *
Password *
Remember Me

Create an account

Fields marked with an asterisk (*) are required.
Name *
Username *
Password *
Verify password *
Email *
Verify email *

Manifestazione nazionale il 24 giugno a Roma per difendere la sanità pubblica: aderiscono Cgil, Anpi, Arci, Acli e Libera dell’Emilia-Romagna

 

 Cgil 

Cgil, Anpi, Arci, Acli e Libera dell’Emilia-Romagna saranno sabato 24 giugno a Roma per difendere la sanità pubblica. E poi il 30 settembre sempre in piazza contro l’autonomia differenziata. Si tratta, dicono, di “due manifestazioni nazionali per proporre un vero cambiamento: applicare la Costituzione e lottare contro la precarietà dilagante. Sono i due appuntamenti che un’ampia rete di associazioni laiche e cattoliche riunite nell’Assemblea ‘Insieme per la Costituzione’, organizzano e promuovono per tentare di rianimare il dibattito pubblico e scuotere il Paese dall’apatia democratica testimoniata anche dai continui record di astensione alle urne. Diritto al lavoro, diritto alla salute, diritto all’istruzione, ad un ambiente sano e sicuro, contrasto alla povertà, una politica di pace: sono questi i cardini del modello sociale e di sviluppo disegnato dalla Costituzione che secondo le associazioni aderenti deve essere favorito da adeguate e coerenti politiche.”

La manifestazione nazionale del 24 giugno a Roma – con concentramento in Piazza della Repubblica ore 10 e comizio conclusivo in Piazza del Popolo – si focalizza sulla difesa del diritto alla salute delle persone e nei luoghi di lavoro e per la difesa e rilancio del Servizio Sanitario Nazionale, pubblico e universale. “Oggi infatti, a causa dei continui tagli e definanziamenti al Fondo nazionale, quello alla salute non è più un diritto costituzionalmente garantito ma un diritto finanziariamente condizionato, legato, cioè, alla quota di risorse che ciascuna famiglia è in grado di destinare dal proprio bilancio familiare” dicono le associazioni.
“Liste di attesa infinite, ricorso sempre maggiore a prestazioni rese dal privato spostamento di posti letto dal pubblico al privato, introduzione di ‘prestazione a gettone’, ticket onerosi, definanziamento del Ssn, della riabilitazione e della tutela della salute mentale. In altre parole, in tutto il territorio nazionale va avanti la corsa a privatizzare il sistema sanitario nazionale, che un tempo era il migliore al mondo e che oggi si trova al diciassettesimo posto.
In questo modo, ogni giorno tantissimi cittadini, in particolare fragili e a basso reddito, sono costretti a rinunciare alle cure. Si è visto durante la pandemia, cosa significa occuparsi della salute dell’intera popolazione e non solo dei “clienti” che consumano le prestazioni sanitarie dei privati. In quei drammatici momenti è stato dunque ribadito il concetto di salute come diritto fondamentale sottolineando il fatto che lo è sia per l’individuo sia per la collettività così come scritto nella Costituzione.
Per questo non ci rassegneremo al disegno del governo Meloni che, dietro a una cortina di propaganda, sta procedendo ad una privatizzazione di fatto del nostro Sistema Sanitario Nazionale.”

EUROPA. Verso il voto del 23 luglio. Il prezzo da pagare per il nuovo cartello elettorale è la rinuncia a presentare in lista Irene Montero, ministra delle Pari opportunità

«Un patto per la speranza»: in Spagna nasce la coalizione di sinistra Sumar Yolanda Díaz, leader di Sumar - Ap

«Non domanderò che ci votino per paura. Il nostro è un grande patto per la speranza, vinceremo il paese»: così Yolanda Díaz, ministra del Lavoro e vicepresidente del governo spagnolo, nel suo primo discorso pubblico come leader del nuovo cartello elettorale Sumar, finito di allestire venerdì, mettendo insieme tutte le formazioni alla sinistra del Psoe, in un’unica lista per concorrere alle elezioni politiche del 23 luglio. «Una notizia più che positiva», argomentava un’ora prima il presidente del governo Pedro Sánchez, aprendo la riunione del Comitato federale socialista, in riferimento all’accordo siglato tra Podemos e Sumar.

UN’INTESA RAGGIUNTA venerdì, ultimo giorno utile per presentare le coalizioni elettorali, sbloccata dalla decisione di Podemos di esserne parte. Indispensabile per provare a impedire che PP e Vox totalizzino la maggioranza assoluta dei voti per installarsi al governo e iniziare così un’epoca di arretramento nei diritti sociali e di cittadinanza. Pensata per mobilitare il voto dell’elettorato di sinistra da reinvestire in una nuova scommessa di governo progressista. Non esente però da strascichi di conflitti personali e politici, che potrebbero screditare il successo dell’iniziativa.

Era stata infatti la segretaria di Podemos e ministra dei Diritti sociali Ione Belarra a sciogliere la riserva del suo partito, poco prima delle 14 di venerdì: «Oggi la firma di Podemos nella coalizione è garantita, concorreremo alle elezioni con Sumar», diceva, dopo avere ringraziato gli iscritti che avevano partecipato alla consultazione online sul negoziato e averne avuto l’avallo con il 93% dei voti. Da quando Sánchez ha convocato le elezioni anticipate, dopo l’ascesa delle destre nelle elezioni locali dello scorso 28 maggio, il negoziato con Sumar delle diverse forze alla sinistra del Psoe ha subito una forte accelerazione. E dalle strutture territoriali di Podemos sono arrivati alla direzione del partito numerosi appelli alla lista unitaria. Senso di responsabilità per arrestare l’avanzata delle destre e senso del limite nel riconoscere la sconfitta di maggio come un presagio, hanno poi fatto il resto.

MA L’ACCORDO di Podemos con Sumar ha un prezzo elevato, perché implica la rinuncia della formazione viola a presentare in lista Irene Montero, ministra delle Pari opportunità, nonostante abbia guidato una legislatura spiccatamente femminista. Sacrificio imposto da Sumar all’esponente di Podemos per avere promosso la legge del Solo sì è sì che, nel riunificare le fattispecie di aggressione sessuale in un unico reato, ha comportato l’abbassamento delle pene di prigione in circa un migliaio di casi. Perciò Belarra, venerdì, nell’annunciare l’adesione a Sumar, insisteva per voler arrivare a un accordo giusto, senza veti. La firma però giungeva in serata senza cambiamenti. E il rischio è che questa vicenda sia ancora al centro della cronaca politica per altri dieci giorni, fino alla scadenza del termine di presentazione delle liste.

NELLA COALIZIONE Sumar si sono integrati una quindicina di partiti. Oltre a Podemos, Izquierda Unida e una serie di formazioni locali tra cui Más Madrid, presente nella capitale del paese e nell’omonima Comunità, Compromís, radicata nella Comunità valenciana e i Comuns in Catalogna. Nelle ultime municipali di maggio, questi partiti hanno totalizzato 2,2 milioni di voti, nel 2019 ne avevano ottenuti 2,9 milioni. Más Madrid ha perso circa 200.000 voti nella capitale; mentre Podemos ha perso cinque dei sei governi di cui faceva parte ed è rimasto fuori dai consigli di Madrid e Valencia. L’ambizione è che la lista unitaria sia almeno capace di recuperare quanto perso negli ultimi tre anni e mezzo

LE AUDIZIONI IN COMMISSIONE. Costituzionalisti, ma anche banche e Confindustria, attaccano il progetto del ministro Calderoli. Domani arrivano le firme al disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare. Intanto il presidente del Coordinamento, Villone, porta ai senatori i suoi emendamenti per mettere dei limiti alla devoluzione e salvare il ruolo del parlamento

Autonomia, al senato piovono critiche Il ministro degli affari regionali Roberto Calderoli - Ansa

È la seconda settimana di audizioni in commissione affari costituzionali del senato e il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata continua a prendere colpi. Andrà avanti così fino al 6 gennaio, quando in conclusione sarà ascoltato anche il servizio bilancio del senato che ha scritto la nota critica che ha fatto inviperire il ministro per gli affari regionali. Ieri a demolire in radice lo strumento scelto dal ministro della legge ordinaria per disegnare la cornice entro la quale inserire le intese stato-regioni, cornice giudicata inadeguata e instabile, sono stati diversi costituzionalisti, da Calvano a Villone, da Azzariti a De Siervo, anche Staiano ha avanzato dubbi sullo strumento legislativo scelto.

Ma la giornata di audizioni ieri è cominciata con l’intervento del vice presidente di Confindustria Grassi, il quale ha definito astrattamente condivisibile l’autonomia differenziata, a patto però di una «concreta» attuazione del «principio di perequazione al fine di compensare gli squilibri sofferti dai territori con minore capacità fiscale». Condividendo «i timori di chi ritiene che il raggiungimento di questi obiettivi, in assenza di uno stanziamento aggiuntivo di risorse, possa non risultare scontato». Come sia possibile concedere alle regioni più ricche di trattenere quote maggiori di tributi, senza impoverire ulteriormente le regioni più povere e senza aumentare le spese per lo stato centrale – così promette il disegno di legge – evidentemente è un dubbio che è venuto anche a Confindustria. Intanto dall’esterno del senato è arrivato sempre ieri l’allarme dell’Associazione bancaria italiana, che in un documento ha ricordato come prevedere competenze regionali in materia bancaria si ponga in contrasto con la regolamentazione che ormai è di livello europeo.

Nella sua audizione Villone ha proposto anche alcuni emendamenti al disegno di legge Calderoli, sia per far recuperare spazio di azione al parlamento, altrimenti emarginato nel disegno attuale, sia per mettere dei limiti al progetto di autonomia. «Grazie al lavoro del ministero di Calderoli che ha elencato oltre 500 funzioni statali» astrattamente delegabili dallo stato alle regioni «possiamo adesso guardare dentro le materie», quelle indicate dall’articolo 117 della Costituzione. In pratica Villone rovescia contro Calderoli il lavoro dei suoi uffici, prevedendo, con gli emendamenti, un divieto assoluto al governo di trattare la devoluzione per alcune funzioni, un divieto relativo per altre, mentre per alcune funzioni residuali resterebbe la possibilità di trattare. Villone è anche presidente del Coordinamento per la democrazia costituzionale che domani consegnerà in senato le firme raccolte per un disegno di legge costituzionale di iniziativa popolare che ha la stessa finalità di bloccare la devoluzione regionale (ne servivano 50mila, sono più del doppio). Questa legge costituzionali sarà discussa in parallelo a quella ordinaria firmata da Calderoli, mentre gli emendamenti alla legge quadro proposti da Villone saranno certamente presentati dal gruppo di Alleanza sinistra-verdi e sono giudicati interessanti anche dal Pd. «Anche se – dice il senatore e costituzionalista del Pd Giorgis – io continuo a sperare che di fronte alla quantità e qualità di critiche al suo progetto di autonomia differenziata il governo a un certo punto decida di fermarsi». In ogni caso c’è ancora un bel po’ di strada da fare per arrivare ai primi voti in commissione

POLITICA. Intervista al responsabile sud del Partito Democratico

Sarracino: «Le europee il banco di prova. Saremo la forza del lavoro» Marco Sarracino - foto Ansa

Marco Sarracino, deputato Pd e responsabile sud della segreteria. La destra ha vinto le comunali, anche in città che per voi non erano impossibili.

Una sconfitta chiara, che deve spingerci ad una analisi molto seria. Siamo in un contesto europeo che vede una netta avanzata delle destre, dalla Grecia alla Spagna. C’è una domanda di protezione sociale fortissima cui il fronte progressista non ha ancora dato risposte adeguate. Infine, non c’è nessuna correlazione tra i due tipi di elezione: negli ultimi due anni abbiamo vinto moltissime elezioni comunali, e poi abbiamo perso male le politiche. Al tempo stesso, se avessimo vinto queste comunali non sarebbe stato un avviso di sfratto a Meloni, per intenderci.

I critici di Schlein sostengono che il Pd si sia spostato troppo a sinistra.

Le primarie hanno dato un esito chiaro e non scontato. È evidente che da un lato non possiamo dimenticare la piattaforma congressuale che ha vinto il congresso e dall’altro occorre muoversi in un’ottica unitaria. D’altronde, senza l’unità non saremo credibili per battere questa destra. Lavoreremo nelle prossime settimane affinché il Pd sia percepito innanzitutto come il partito del lavoro e della lotta alle ingiustizie facendo vivere queste battaglie nel cuore e nella testa degli italiani.

Nei capoluoghi toscani gli elettori vi hanno girato le spalle.

Parliamo di città dove 5 anni fa avevamo già perso. Questa volta, pur non vincendo, siamo stati competitivi. Ma non voglio eludere il problema. Il partito va rafforzato e rinnovato, soprattutto sui territori e senza retorica. Non parlo certo di rottamazione, ma di selezione delle classi dirigenti sulla base della qualità delle battaglie politiche. Dove è stato fatto i risultati si sono visti. Altrove è rimasta l’illusione che il Pd possa bastare a sé stesso. E questo deve cambiare. Alle primarie lo hanno detto tutti i candidati.

Non si può negare che il debutto elettorale di Schlein sia andato peggio delle aspettative.

Il lavoro di costruzione del nuovo Pd deve andare avanti in modo spedito. Saremo il partito del lavoro che fa della questione salariale la priorità dell’agenda politica, che difende davvero chi è sottopagato, sfruttato o disoccupato, il partito di quei tanti giovani costretti ad andare via dalle proprie città. Il partito che difende la sanità e la scuola pubblica. Saremo inoltre molto netti anche sull’autonomia differenziata che penalizza milioni di cittadini del sud e spacca il paese. Mobilitiamo immediatamente il popolo che è venuto a votare alle primarie: donne e uomini che vogliono sentirsi protagonisti dell’opposizione al governo.

Il nuovo profilo del Pd però non si è visto nelle urne.

Era complicato che questo messaggio diventasse maggioritario nella società in meno di tre mesi. Il vero banco di prova per il Pd di Schlein saranno le europee del 2024. Dopo la sconfitta di settembre eravamo tutti consapevoli che si era rotto qualcosa e che non sarebbe bastato votare un nuovo leader per risolverlo. La fase costituente deve andare avanti, il lavoro non è finito. L’alternativa alla destra si costruisce anche nelle battaglie comuni da fare con le forze d’opposizione.

Le prove di alleanza col M5S sono andate male, da Brindisi a Pisa.

Ci sono state luci e ombre. In provincia di Napoli, in grandi comuni Torre del Greco e Quarto abbiamo vinto in alleanza coi 5S. Non esistono modelli da calare sui territori, e le alleanze non si costruiscono in due mesi. A Napoli, la prima grande città dove ha vinto una coalizione giallorossa nel 2022, ci abbiamo lavorato per un anno.

Lo stato di salute dei rapporti tra voi e Conte esce ulteriormente indebolito da queste elezioni. E lui anche ieri ha ribadito il no ai campi larghi.

Noi continueremo a lavorare per unire un campo progressista e riformista. Meloni vince anche perché ha una coalizione, da sola non ce la farebbe. E non credo che questa volta dalla nostra parte prevarranno vocazioni minoritarie o suicide.

Pensa ad alleanze anche con l’ex terzo polo? Loro in alcune città si sono alleati con le destre, come a Brindisi.

Tutte le opposizioni al governo sono nostri interlocutori. Le cose che ci uniscono sono più di quelle che ci dividono, i risultati delle comunali e le politiche di questo governo, devono spingerci a fare dei passi in avanti.

Che effetti ci saranno sulla segreteria del Pd? Schlein è accusata di muoversi troppo in solitudine.

Siamo una squadra larga e plurale, consapevole che l’unità va coltivata ascoltando tutti. Ma ora pensiamo solo a lavorare consci dell’importanza delle sfide che abbiamo davanti

Soccorso e assistenza alla popolazione, contributi per l’autonoma sistemazione, volontariato di Protezione civile. Ma anche opere sui corsi d’acqua

Dall’attività di soccorso e assistenza alla popolazione, ai contributi per l’autonoma sistemazione, passando per i primi interventi di somma urgenza sui corsi d’acqua

I Comuni possono chiedere da subito un’anticipazione del 50% delle spese sostenute. Il provvedimento è rivolto a Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini

Il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, in qualità di Commissario delegato per l’emergenza, ha approvato un primo stralcio del Piano di interventi urgenti  di protezione civile  che  definisce  la destinazione dei primi 10 milioni di euro,  stanziati dal Consiglio dei ministri con la deliberazione dello stato di emergenza, a favore dei  sette territori provinciali colpiti dagli eventi alluvionali del mese di maggio: Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini.

Cosa stabilisce il decreto

Il decreto firmato dal Commissario per l’emergenza stabilisce che dei 10 milioni di euro a disposizione, 3,1 serviranno a far fronte alle spese sostenute dagli Enti locali  per le attività di soccorso e assistenza alla popolazione; 3 milioni rappresentano un primo stanziamento per i Cas, i Contributi per l’autonoma sistemazione, a copertura dei costi sostenuti dai nuclei famigliari che hanno dovuto lasciare la propria abitazione e hanno provveduto autonomamente a reperire un alloggio; 1,2 milioni  sono destinati a rimborsare le spese sostenute dal volontariato di Protezione civile per le attività di  intervento sul territorio.  Infine 2,7 milioni di euro sono rivolti a primi interventi di somma urgenza, realizzati sui corsi d’acqua a seguito del primo evento alluvionale che all’inizio di maggio ha colpito il territorio regionale.

I Comuni possono già chiedere all’Agenzia regionale per la Sicurezza territoriale  e la Protezione civile l’anticipazione del 50% dei costi sostenuti, nell’attesa  che venga realizzata una più complessiva ricognizione delle spese sostenute e dei danneggiamenti pubblici.

“Con questo Piano diamo una prima copertura agli interventi  che da subito, nei giorni più drammatici dell’emergenza,  sono stati adottati per portare soccorso e assistenza alla popolazione. Di fronte a una tragedia di queste proporzioni, con gravissimi danni alle nostre comunità  e al territorio, il nostro obiettivo è fare presto e bene e ristorare gli enti intervenuti a supporto della popolazione e per le opere di somma urgenza approntate. Nessuno deve rimanere solo”.

IRENE PRIOLO vicepresidente Regione Emilia-Romagna
 
 

Azioni sul documento