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Per la Palestina Alla manifestazione nazionale oltre 20mila chiedono la pace a Gaza e in tutto il Medio Oriente

Roma, alla manifestazione nazionale per la Palestina - Ansa Roma, alla manifestazione nazionale per la Palestina – Ansa

«Togliti la benda» se non vedi la Palestina, dice una canzone che ha risuonato ieri per le strade di Roma. Impossibile, per oltre 20mila persone scese in piazza per la manifestazione nazionale, ignorare la distruzione di Gaza. Un corteo che attraversa età ed etnie, e non a caso compie i suoi primi passi da piazza Vittorio Emanuele II, uno dei crocevia culturali della capitale. Da ogni negozio, bar, pizzeria si affacciano le teste e le bandiere dei residenti del quartiere, contenti di dare il via alla marea solidale da quella che è diventata casa loro. «Siamo riusciti a trovare la nostra unità per dire no alla politica dei governanti dell’estrema destra israeliana, che rappresenta un serio pericolo per l’intera umanità», ha detto al manifesto Yousef Salman, responsabile della comunità palestinese di Roma e del Lazio.

Questa volta insieme, l’associazione palestinesi d’Italia (Api), la comunità palestinese, i giovani palestinesi d’Italia (Gpi), il movimento studenti palestinesi (Msp) e l’unione democratica arabo-palestinese (Udap) hanno raggiunto piazza di porta San Paolo, passando per via Merulana, via Labicana, piazza del Colosseo. «Basta colonialismo» sopra al disegno di una catena spezzata, «ci servono più aule e non più bombe», bandiere della pace, del Libano e della Palestina, foto di giovani donne palestinesi: «Free Layan Kayed Baraa», «free Jamal Karama». Innalzata la bandiera della Palestina anche di fronte la sede della Fao (Organizzazione delle Nazioni unite per l’alimentazione e l’agricoltura). Ci sono, tra gli altri: il gruppo dei Sanitari per Gaza, Assopace Palestina, il Movimento migranti e rifugiati di Napoli, Potere al popolo, l’Usb, la rete dei comunisti, opposizione studentesca alternativa.

«Eni e Leonardo sono sempre più presenti nei nostri atenei, stanno guadagnando dal genocidio in Palestina e sulle guerre e i disastri ambientali di tutto il mondo», dice la portavoce dei collettivi studenteschi auto-organizzati di Napoli, Padova e Torino. «Non cederemo un euro, una scuola, un’università al profitto ecocida e genocida». E dello stesso avviso è Cambiare rotta, l’organizzazione studentesca coinvolta nelle occupazioni romane degli ultimi giorni. «Il governo che taglia fondi alla scuola e alla ricerca è lo stesso che ha destinato 34 miliardi della finanziaria 2025 alle spese militari», spiega Leonardo, uno degli studenti. «Sappiamo che le università israeliane sono completamente coinvolte sia nel genocidio che nell’occupazione illegale», dice al manifesto un ricercatore del Cnr, occupato, anche quello, il 28 novembre. Circa 4mila i lavoratori precari del Centro, «ma i soldi vengono investiti per le armi».

Dal quartiere San Lorenzo arriva il gruppo degli internazionalisti per la Palestina libera, da quello del Quadraro il gruppo locale di Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), che contesta la mancata adesione della sezione nazionale: «Come possiamo non esserci a una manifestazione contro il genocidio, proprio noi?». Una piazza per musulmani, cristiani, ebrei, non credenti nella definizione di Mohammad Hannoun, presidente dell’Api, che ha recentemente ottenuto un foglio di via da parte del comune di Milano per «istigazione all’odio». Uccisi nei campi di concentramento alcuni familiari di Raffaella Bolini, vicepresidente nazionale di Arci: «Ecco perché sono sempre stata al fianco della causa palestinese».
Da Maurizio Acerbo di Rifondazione comunista arriva l’appello agli assenti, e alla senatrice Liliana Segre: «Si unisca a noi nel chiedere di fermare il massacro di uomini, donne, bambini, anziani». E poi: «Con sentimenti di pace e amicizia – quelli che hanno animato la piazza – possiamo dire che il più grande produttore di antisemitismo oggi è proprio Israele».