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Stop alla produzione in tutto il paese, si fermano 66mila operai. In Germania il primo sciopero «di avvertimento» alla Volkswagen è un successo: no ai licenziamenti ma anche più salario. Una lezione per tutta l’Europa alle prese con la crisi dell’auto. A cominciare dall’Italia

Scuola guida Il manager che ha arricchito francesi e famiglia Agnelli ha lasciato Ora tutti lo accusano ma il problema è strutturale. Governo inerte

Produzione di furgoni Stellantis in Abruzzo foto Ansa Produzione di furgoni Stellantis in Abruzzo – Ansa

Ora che Carlos Tavares se n’è andato sembra che la crisi dell’auto fosse tutta colpa sua. Le dimissioni del ceo di Stellantis sono arrivate domenica sera, a sorpresa. Il 66enne manager franco-portoghese fino a poche settimane fa era considerato un vero re Mida del settore automobilistico. Da ieri invece è partita la gran cassa mediatica italiana: è il capro espiatorio della crisi che da più di un decennio nessuno ha voluto vedere.

GLI SI IMPUTA UN CROLLO VERTICALE addirittura della Fiat, come se fossimo ancora negli anni Novanta. Invece siamo negli anni ’20 e nel frattempo l’Italia ha perso la sua storica azienda, spostata in Olanda da Marchionne che con la fusione con Chrysler ha portato cuore e testa (e lavoro) del gruppo negli Stati uniti, mentre tutto il settore dell’auto sta vivendo un cambio tecnologico epocale su cui il governo italiano può fare poco ma certamente non ha fatto niente per impedire che nel nostro paese alla fine di quest’anno saranno prodotte solo 350mila auto, come nel 1957.

Le colpe di Tavares – manager strapagato dai suoi azionisti a cui ha sempre staccato dividendi miliardari record – sono invece quelle di aver voluto credere per primo nella svolta elettrica – Psa è il gruppo occidentale con più modelli che hanno abbandonato il motore endotermico – ma di non aver saputo gestire i testacoda delle regolamentazioni europee: criteri stringenti senza adeguate risorse per garantire socialmente il cambio di paradigma tecnologico.

Tavares – come ha dimostrato l’incredibile audizione al parlamento italiano che ne immortalerà l’uscita nel nostro provincialismo – ha puntato tutto su forti sussidi pubblici, scelta condivisa dalla proprietà che punta a

posticipare la scadenza del 2035 per l’eliminazione dei motori endotermici.

IN ATTESA DEGLI «INCENTIVI», Tavares ha deciso che costava meno congelare la produzione – in tutta Europa, a partire alla Francia, non solo in Italia – invece che riempire di auto un mercato senza domanda.
Credere che l’addio di Tavares possa portare a una Stellantis che produrrà più modelli in Italia e che magari acceleri la gigafactory di batterie elettriche congelata a Termoli è una pia illusione.

ALLO STESSO MODO LO È pensare che nella partita della successione il derelitto presidente John Elkann e l’Italia tocchino palla. A comandare sono e saranno sempre i francesi con i soci nord americani in seconda posizione. Paradossalmente proprio la debolezza del governo francese – che a differenza di quello italiano è azionista decisivo del gruppo – rende ancora più problematica una situazione già molto intricata.

I mercati ne sono consapevoli e difatti ieri il titolo Stellantis è crollato del 6,3% a 11,7 euro, il livello più basso degli ultimi due anni. Un tracollo che avuto ripercussioni anche su Renault, considerata in pole position per un possibile consolidamento con una mega-fusione che cambierebbe il profilo dell’automotive mondiale. Il titolo della casa francese ha segnato una discesa del 2,05%, fissandosi a 39,7 euro.

IL COMUNICATO di ieri pomeriggio dell’azienda è un tentativo disperato di spacciare certezze ai mercati stessi. Definire «in fase avanzata» «il processo di nomina del nuovo amministratore delegato di Stellantis» quando nella riga sottostante si conferma come la nomina stessa avverrà «entro la prima metà del 2025» – e dunque fra sette mesi – è una contraddizione in termini.

In attesa della nomina del nuovo Ceo, il Comitato esecutivo ad interim (Cei) sarà responsabile della direzione e della supervisione della società per conto del Consiglio di amministrazione. Il Cei sarà presieduto da John Elkann e composto dalle prime linee di management del gruppo. Al manager di derivazione Peugeot Maxim Picat spetterà il compito di seguire l’alleanza con il gruppo cinese Leapmotor. L’ex Cfo Richard Palmer invece è stato nominato special advisor del presidente e parteciperà al Cei come consulente per il gruppo dirigente. Si tratta di manager che rispetto a Tavares sono totali sconosciuti.

IN SERATA JOHN ELKANN, sempre nel tentativo di parare il colpo delle conseguenze dell’addio di Tavares, ha reso pubblico anche un video messaggio ai dipendenti. «Molti di voi si chiederanno cosa ci sia dietro la sua partenza anticipata. La semplice verità è che nelle ultime settimane sono emersi punti di vista diversi. In particolare, il Consiglio ha ritenuto che l’attenzione per la nostra azienda e per i nostri stakeholder dovesse essere orientata al lungo termine. Come sapete meglio di chiunque altro – sottolinea beffardamente il presidente di Stellantis – , questi sono tempi duri per il nostro settore. Li abbiamo già affrontati in passato e li abbiamo sempre indirizzati a nostro vantaggio. Insieme, lo faremo di nuovo». Per finire con un invito che suona stonato: «Ora guardiamo avanti, concentrati sui prossimi capitoli, concentrati sui nostri clienti e concentrati nel continuare a costruire una grande azienda. In avanti». Usando lo stesso slogan – dare forward 2030 – usato da Tavares. L’erede Agnelli non ha nemmeno fantasia.