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Cosa è successo a Faenza, da un punto di vista elettorale? Può sembrare una domanda banale, dalla risposta scontata, ma forse per capire le dimensioni di quella è si configura come una possibile svolta epocale nella storia recente della politica del Paese e della Città, vale la pena richiamare i nudi numeri.

Ragionerò su dati elettorali degli ultimi 10 anni, dal 2008 ad oggi, concentrandomi, sia per necessità di sintesi che omogeneità di dati, sul voto alla Camera (2008, 2013, 2018 e su quello comunale, 2010, 2015). Farò alcuni riferimenti anche alle ‘anomale’ Regionali del 2014. Prenderò in esame i voti assoluti (tra perentesi le percentuali sono indicative del peso politico di quei voti rispetto al totale dei voti validi di ogni singola tornata elettorale). Cercherò di rendere più facile la comprensione dei dati con alcune tabelle. Per i voti del PD ho considerato sempre e solo quelli attribuiti alla sua lista; per la Sinistra ho fatto invece sempre la somma dei voti delle liste che, con diversa collocazione, possono richiamarsi al campo della sinistra radicale e/o a sinistra del PD. Ho sommato anche i voti delle liste chiaramente riconducibili ad un’ispirazione neofascista. FI e Polo delle libertà li ho considerati soggetti politici interni ad un unico blocco di centro-destra. Infine, per ciò che riguarda le elezioni comunali del 2015, ho sommato i voti alla Lega a quelli della lista Padovani Sindaco e ho considerato come voti di Forza Italia solo quelli dati ai partiti che sostenevano Cericola.

Il PD ottiene 17.188 voti alle elezioni per la Camera 2008 (46,35%), scende a 12.773 alle Comunali 2010 (40,76%); risale nel 2013 a 13.313 voti (37,56), crolla a 9054 preferenze nel 2015 (36,07%) e recupera meno di duecento voti tre anni dopo, fermandosi a 9221 il 4 marzo scorso, equivalente al 28,2% dei consensi. Il PD, nell’arco di tempo considerato, ottiene il suo miglior risultato nel 2008, lasciando alla lista arcobaleno le briciole, ma già due anni dopo nel 2010 (anche se deve essere scontato un sistema elettorale che prevede voto disgiunto e voto al solo sindaco), perde oltre 4000 voti che non recupererà più.

Una causa di questo calo strutturale può essere il fallito ricambio generazionale. Tra il 2008 e il 2018, complessivamente, è possibile ipotizzare (tra nascite, morti, immigrati ed emigrati interni) un turnover tra i 5000 e i 6000 voti, che non sembra aver premiato il PD.

Nelle ultime elezioni politiche il PD arriva a 9221 voti scendendo anche sotto la soglia del 30% (28,2%).

VOTI ASSOLUTI PD (2008-2018)

Pertanto, in dieci anni, il PD ha perso 7967 voti. (vedi Tabella sopra). Ma il declino, è questo il punto, non è stato improvviso, bensì costante (nascosto da alcuni exploit, come quello delle ultime Europee o da percentuali importanti come quella delle regionali del 2014 (48,31) che però si basavano su un’affluenza bassissima corrispondente a solo 8494 voti per il PD, un minimo storico evidentemente non così episodico. Da notare come al minor numero di voti assoluto corrisponda la percentuale più alta raggiunta dal PD nel decennio (vedi Tabella sotto). Non arrivo a trarre la conclusione che l’astensionismo premi il PD, ma è probabile che il PD abbia una base elettorale più ampia degli altri partiti di cittadini abituati a votare, qualsiasi sia l’appuntamento elettorale. (Si confronti questo dato con la contemporanea caduta in termini di voti assoluti del M5S alle elezioni locali 2014 e 2015).

- tab 1

PERCENTUALE VOTI PD 2008-18

La sinistra (le sinistre) non hanno raccolto molto del voto in uscita del PD, anche se i termini di voti assoluti, il trend sembra positivo. (Non dimentico che bisogna scontare il fatto che, purtroppo, questi voti, tranne nel 2015, non sono mai stati attribuiti ad un’unica lista. Essi indicano, piuttosto, l’attuale perimetro generale del voto a sinistra).

Nel 2008 le sinistre ottengono 1702 voti (4,58). Alle comunali del 2010 vanno divise e toccano il punto più basso, 1352 voti (4,31). Nel 2013, alla Camera, recuperano trecento voti e raggiungono i 1627 (4,58). Alle comunali del 2015 i voti sono 1353 (e valgono il 5,39) mentre domenica scorsa le liste della sinistra arrivano a 2224 voti complessivi, pari al 6,81. Sono quindi 500 i voti in più rispetto a dieci anni fa. (Sotto: percentuali e voti assoluti della sinistra)

  -tab 2

 

Forza Italia e la Lega vanno considerate insieme, perché hanno sempre corso in tandem. Il blocco di queste destre nazional-populiste è caratterizzato da una forte dinamicità interna, ma da verificare è l’espansione reale del loro consenso a Faenza. Vediamo. Nel  2008, FI arriva al 26% e la Lega al 6,94; il totale dei voti delle due liste è pari a 12186. Alle comunali del 2010 la loro percentuale totale supera di poco il 28%, mentre i voti scendono a 8795. Nel 2013 il M5S sembra erodere molto del loro consenso, infatti insieme non raggiungono il 15% dei consensi totali e ottengono solo 5968 voti. Alle regionali del 2014 assistiamo al sorpasso interno della Lega su FI ed anche se i voti totali sono ancora solo 4967, la percentuale, vista la bassa partecipazione, risale al 28%. Alle comunali dell’anno dopo è ancora la Lega a farla da padrone anche in un regime di concorrenza tra candidati sindaci. Comunque, i voti finali, sommati, saranno 5921 e la percentuale circa il 25%. Alle ultime elezioni c’è un forte recupero di elettori, che non basta però a ritornare ai livelli del 2008. 8971 sono i voti ottenuti dai due partiti, pari al 27,4%. Quindi, rispetto sl 2008, c’è un arretramento sia percentuale (-5,5%) sia in voti assoluti (-3215). (Le tabelle sotto riassumono i dati presentati)

voti assoluti FI+LEGA

 - tab 3

 

 

Sopra: i rapporti di forza tra Lega e FI.

  - tab 4

Sopra: le percentuali totali del blocco di centro-destra (FI+Lega)

  

Nel complesso, i due grandi blocchi che hanno dominato la politica faentina negli ultimi dieci anni (PD vs. FI+Lega) hanno perso, in questo arco di tempo, 11182 voti.

 - tab 5

 

VOTI TOTALI PD+FI+LEGA

 

 - tab 6

PERCENTUALE TOTALE RAGGIUNTA DA Pd+FI+LEGA

 Vediamo quanti di questi voti ne ha intercettati il M5S (potenzialmente, perché i flussi sono molto, molto, molto più complessi, qui ci limitiamo ad una ‘evidenza’ aritmetica). Nel 2013 il M5S ottiene 8128 voti (pari al 22,93%). Alle regionali del 2014 subisce un salasso: ottiene solo 2081 voti (11,83%). Solo parziale il recupero alle amministrative del 2015: 3530 voti (14,06), mentre domenica torna quasi esattamente al dato delle precedenti politiche: 8223 voti pari al 25,15% del totale.

 - tab 7

Da questo grafico appare evidente la perdita di forza d’attrazione del M5S nelle due elezioni locali/amministrative svoltesi tra il 2013 e il 2018. Non sembra irrealistico ipotizzare un’inversione di tendenza positiva per il M5S nel 2020, ma quanto sostenuta? Molto dipenderà dalla possibilità che il M5S diventi forza di governo nazionale, ma anche dalla tenuta del PD come garante dell’equilibrio economico-sociale del nostro territorio.

Le destre neofasciste. Sembrano più attrattive nelle elezioni locali (cosa da tenere in considerazione nel 2020, quando l’elezione di un consigliere di FN sarà pericolo politico da non sottovalutare). Nel 2013 c’era ancora la destra fiamma tricolore, e il risultato complessivo delle liste neofasciste fu di 1307 voti (3,51%). Nelle comunali del 2010 FN ottiene 439 preferenze (1,40%), mentre le liste ‘nere’ non superano l’1% nel 2013 ed ottengono 347 voti. FN ha un piccolo exploit alle ultime comunali: 847 voti pari al 3,29, ma è penalizzata dal voto utile a destra nelle ultime politiche, infatti con Casa Pound somma appena 401 voti pari all’1,23.%.

Alcune riflessioni finali

Se può sembrare scontato che il M5S abbia recuperato gran parte degli oltre 11.000 voti in libera uscita da PD e FI/LEGA, sarebbe però ingannevole considerare il dato 2013 e quello 2018 sostanzialmente identici. Infatti basta confrontare velocemente i grafici per accorgersi che cinque anni fa il movimento sembra intercettare soprattutto i voti in uscita dal blocco nazional-populista; la scorsa domenica quel blocco recupera buona parte dei propri voti (ed alcuni di quelli in uscita dal PD), mentre i cinquestelle sembrano conquistare molti voti in uscita dal PD e gran parte di quelli delle giovani generazioni (in 5 anni i nuovi elettori possono essere stimati in 2000/2500 totali). Quindi: quanto è cambiata (se è cambiata) la basa sociale del M5S tra il 2013 e il 2018?

 Il perimetro delle sinistre (quello dove noi siamo collocati), in dieci anni, si allarga molto poco rispetto allo sconquasso che ha quasi dimezzato il PD. Ciò indica con chiarezza che ‘vivere di rendita’, cioè ritenere che il voto in uscita dal PD entri automaticamente nel nostro perimetro, non ha funzionato e, a maggior ragione, non può funzionare domani, quando la storia del PCI sarà preistoria. C’è bisogno d’altro per conquistare i delusi del PD e i giovani elettori.

 Infine, i dati 2018 suggeriscono di iniziare a pensare subito alle elezioni comunali 2020: per la sinistra saranno durissime.