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Usa, il vincitore Trump si prepara a fare a pezzi lo Stato e i suoi rivendicano la famigerata agenda “Project 2025”:
«È tutto vero, la realizzeremo». Tra i vinti volano gli stracci, il capro espiatorio Biden non fa autocritica. Sanders e la sinistra dei democratici avanzano una spiegazione: i lavoratori vogliono un cambio, e hanno ragione

Stati uniti Biden e Harris promettono una transizione pacifica ma non si assumono responsabilità. Ci pensa la sinistra di Sanders e Ocasio-Cortez. Dopo averlo negato per mesi, ora l’entourage trumpiano rivendica l’agenda: è il Project 2025. Sms e mail dalle città democratiche: terapia gratis per superare il trauma e farne resistenza

Joe Biden alla fine del suo discorso alla Casa Bianca - foto Ansa Joe Biden alla fine del suo discorso alla Casa Bianca - foto Ansa

In campagna elettorale Donald Trump si è più volte distanziato dal «Project 2025», programma politico lanciato dalla super conservatrice Heritage Foundation, per ridefinire i ruoli istituzionali del governo federale. Ora che ha vinto, tutto il suo entourage più destrorso rivendica la validità di quel progetto.

Da quando ha fatto il suo discorso da vincitore, Trump non ha parlato pubblicamente; a gongolare e a rivendicare le posizioni più a destra ci ha pensato Matt Walsh, podcaster di estrema destra, che su X ha scritto: «Penso che possiamo finalmente dire che sì, in realtà il Progetto 2025 è l’agenda. Lol». Subito dopo l’ex consigliere della Casa bianca Steve Bannon nel suo podcast ha elogiato Walsh, così come ha fatto l’influencer di destra Benny Johnson, sempre su X: «È un onore per me informarvi che il Progetto 2025 è sempre stato molto reale per tutto il tempo». E anche Bo French, un funzionario repubblicano del Texas ha scritto su X: «Quindi ora possiamo ammettere che implementeremo il Project 2025».

MENTRE SI ATTENDE di capire in che modo The Donald vorrà mantenere le sue promesse elettorali, la parola è ancora del partito sconfitto. «In democrazia prevale sempre la scelta del popolo, e noi lo accettiamo: non si può amare il Paese solo quando si vince» ha detto Joe Biden nel suo primo discorso dopo la sconfitta, promettendo una «transizione dei poteri pacifica e ordinata», sottolineando che avrebbe «onorato la Costituzione» e ricordando alcuni dei successi della sua amministrazione.

Anche Kamala Harris, quando mercoledì pomeriggio si è rivolta ai suoi sostenitori, ha parlato di «transizione pacifica» e rispetto della costituzione, così come Nancy Pelosi e il comitato elettorale democratico, per rimarcare la differenza fra questa amministrazione e quella che l’ha preceduta e che la seguirà.

MAGRA SODDISFAZIONE di stile, per un Paese che si è consapevolmente avviato verso l’autoritarismo. Dopo essersi assicurati Casa bianca e Senato (alla Corte suprema aveva pensato Trump già nel primo mandato), i repubblicani sono pronti a prendere il controllo della Camera: decine di seggi sono ancora impegnati in testa a testa troppo vicini per decretare un vincitore. Per i dem però, non sembra tirare una buona aria, neppure lì. Chiunque vincerà avrà una maggioranza risicata, ma se per i repubblicani sarebbe solo una facilitazione, per i Dem rappresenta l’unico appiglio.

«Mentre la leadership democratica difende lo status quo, il popolo americano è arrabbiato e vuole il cambiamento. E ha ragione», ha detto il socialista Bernie Sanders commentando la catastrofica sconfitta elettorale, dopo essere stato rieletto per la quarta volta come senatore del Vermont. Sanders ha sottolineato il distacco del partito dalla sua base: «Non ci deve sorprendere che un partito democratico che ha abbandonato la classe lavoratrice scopra che la classe lavoratrice gli ha voltato le spalle alle urne. All’inizio è stata la classe operaia bianca, ora anche i lavoratori ispanici e neri».

SANDERS HA PARLATO di «grandi interessi economici e consulenti ben pagati che controllano il partito democratico» e si è chiesto: «Impareranno qualche vera lezione dalla

loro disastrosa campagna? Hanno qualche idea su come affrontare la sempre più potente oligarchia che ha così tanto potere economico e politico? Probabilmente no». La fiducia Sanders la ripone nella base e invita tutti gli appassionati di democrazia di base e giustizia economica ad avere «serie discussioni politiche» nei prossimi mesi.

Messaggio simile anche da Alexandria Ocasio-Cortez che in una diretta su Instagram durata quasi un’ora ha parlato con tono estremamente serio, dicendo di non voler «indorare la pillola»: bisogna aspettarsi un periodo molto buio, difficile, ed è necessario usare questi tre mesi per organizzare una resistenza all’autoritarismo, possibile attraverso la costruzione di reti sociali di base pronte a intervenire a sostegno delle fasce che, di volta in volta, verranno colpite.

CHE QUESTO sia un momento molto delicato per l’equilibrio collettivo è chiaro anche dai messaggi che arrivano via mail o sms a chi vive in stati democratici. A New York la Manhattan Mental Health Counseling ha fatto girare una mail offrendo supporto psicologico gratuito per superare il trauma dell’elezione di Trump e convertirlo in resistenza.

Anche House of Yes, il più trasgressivo dei collettivi di poliamore e sex positivity con base a Brooklyn, ha informato di aver aperto le porte a tutte e tutti per «un grido catartico collettivo. Siamo coraggiosi, andiamo avanti e prendiamoci cura l’uno dell’altro»