I tagli agli italiani Una decisione conforme allo spirito dell'Europa autoritaria: transizione verde Ko, miliardi alla guerra. La decisione presa nella manovra dal governo Meloni premia l'industria delle armi. Il settore è nel panico. I lavoratori preoccupati
Armi invece della transizione ecologica. All’aeronautica e alla marina andranno oltre 11,3 miliardi di euro fino al 2039, dal 2025 al 2030 saranno tagliati 4,6 miliardi al Fondo per la transizione verde, la ricerca, gli investimenti del settore automotive, cioè l’insieme delle industrie coinvolte nella produzione e nella vendita automobilistica in Italia.
Dopo avere preso nella legge di bilancio una decisione che esemplifica la tendenza verso la quale è avviata un’Europa sempre più autoritaria, ieri il governo ha cercato di cambiare discorso. Ad avviso del vicepremier ministro dei trasporti Matteo Salvini, e del ministro dell’industria («Made in Italy») Adolfo Urso i problema principale del settore è quello che accadrà nel 2035 quando l’Europa proibirà la vendita e l’acquisto dei motori endotermici.
Salvini ha parlato di cosa farà il 5 dicembre. Tra più di un mese. In effetti si sentiva l’esigenza di saperlo. Ebbene il vicepremier andrà a Bruxelles al Consiglio Europeo dei Trasporti. Ribadirà la richiesta italiana di anticipare al 2025 «la revisione della folle normativa che mette al bando i motori endotermici: è un suicidio economico, ambientale, sociale, lavorativo, commerciale» ha detto. Urso ha invece detto che «la transizione deve esserci ma occorrono le condizioni per raggiungerla. Il processo va sostenuto con una forte immissione di risorse pubbliche ad oggi fuori dalla portata dei bilanci pubblici non solo dell’Italia».
Cosa fare allora di meglio se non anticipare quello che Salvini e Urso hanno definito «suicidio» tagliando 4,6 miliardi dal fondo che dovrebbe permettere di trovare un’alternativa? Visto che le risorse erano già poche, le tagliano del tutto. E così non ci sarà alcuna transizione. Una posizione che rivela un cortocircuito in cui è piombato il governo.
Tutti gli attori industriali della filiera italiana dell’automotive sono nel panico. «Di fronte alle difficoltà che il sistema automotive sta affrontando – ha detto il presidente di Federauto, Massimo Artusi, – c’era da attendersi una manovra che mettesse in priorità misure di sostegno al settore, anziché tagli draconiani e misure penalizzanti». I concessionari ribadiscono la necessità di «avviare una profonda revisione della fiscalità sugli autoveicoli, nel solco di quanto previsto dalla Legge Delega approvata lo scorso anno».
Il problema è che qualcosa è cambiato in Italia dall’anno scorso. E sono ancora in moltissimi a non averlo capito. Nel frattempo il governo si è impegnato a rispettare il nuovo patto di stabilità Ue e ha iniziato a tagliare tutto il tagliabile.
Il cambiamento o è stato così repentino da lasciare di sasso chi, fino a pochi giorni fa, aveva ancora creduto agli annunci su un settore, come quello dell’automotive, che sta attraversando una situazione molto complicata. «La decisione del governo contraddice clamorosamente non solo le dichiarazioni di intenti del ministro Urso il 7 agosto scorso, ma anche altri autorevoli esponenti dell’esecutivo che si sono pronunciati fino a pochi giorni fa» ha sostenuto l’associazione Unrae dei rappresentanti di veicoli esteri.
Le opposizioni hanno attaccato un esecutivo in stato confusionale. Per Giuseppe Conte (5 Stelle) «ha firmato la morte del settore». «Questa è un’autentica follia, il tradimento di imprese e lavoratori» ha detto Antonio Misiani del Pd. Per Tino Magni (Avs) «il governo deve ripristinare il fondo automotive»