Corte costituzionale Camere riunite per l’ottavo scrutinio per un giudice costituzionale. I messaggi ai deputati di Fdi, Lega e FI: «Presenza obbligatoria». Tra i favoriti due nomi vicini a Fdi: Francesco Marini, padre del premierato, e Carlo Deodato, segretario generale di palazzo Chigi. La maggioranza punta a raccattare i 363 voti necessari per l’elezione senza coinvolgere le opposizioni
Una votazione a Montecitorio per la Corte costituzionale – Ansa
Un messaggio perentorio apparso ieri sui telefoni dei parlamentari di Fdi smuove la palude che dura ormai da 11 mesi sull’elezione del giudice mancante della Corte costituzionale. Le camere si riuniranno martedì alle 12.30 per l’ottava votazione, dopo sette andate a vuoto da novembre 2023, per rimpiazzare Silvana Sciarra. «Non sono ammesse assenze da parte di alcun deputato (vale anche per ministri, viceministri e sottosegretari)», si legge nel messaggio partito dai vertici di Fdi. «Eventuali missioni – si precisa – vanno rimandate o annullate» e così anche «eventuali impegni – istituzionali e/o politici – già assunti». Vista l’aria che tira sui treni, con ritardi record, si raccomanda di «organizzare il viaggio in modo di essere presenti alla Camera con largo anticipo».
STAVOLTA MELONI SEMBRA fare sul serio, dopo 11 mesi di melina: sulla carta il centrodestra potrebbe avere i tre quinti dei componenti di Camera e Senato necessari per eleggere il giudice, dunque 363. Fdi, Lega, Forza Italia e Noi Moderati ne sommano infatti 355, cui potrebbero aggiungersi i sei deputati delle minoranze linguistiche e qualcuno di quelli che hanno appena lasciato Azione e Iv, da Carfagna a Gelmini e Versace e altri dei gruppi misti.
Quota 363 dunque è teoricamente raggiungibile, ma molto difficile: c’è sempre una quota fisiologica di assenti e il voto è segreto. I nomi che circolano a Montecitorio sono quelli del costituzionalista Francesco Saverio Marini, consigliere di Meloni e padre della riforma sul premierato, e di Carlo Deodato, segretario generale della presidenza del Consiglio. Nomi di fiducia della premier, e dunque difficilmente in grado di ottenere voti fuori dal perimetro della maggioranza. Nei prossimi giorni potrebbe dunque spuntare qualche altro nome finora coperto e in grado di pescare anche tra le fila delle opposizioni. «L’accordo sul nome c’è per cui c’è bisogno del voto di tutti anche di chi ha il diritto alla missione», il messaggio arrivato ai parlamentari della Lega.
FINORA ERA PARSO che Meloni volesse attendere dicembre, quando scadono altri tre membri della Consulta, il presidente Augusto Barbera e i vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti. A quel punto il Parlamento potrebbe procedere all’elezione in blocco di 4 giudici, uno per ogni partito di maggioranza, lasciandone uno alle opposizioni. L’accelerazione fa pensare che invece la premier voglia tentare di mettere a segno almeno una nomina prima del 12 novembre, quando la Corte sarà chiamata a esaminare i ricorsi di 4 regioni contro l’autonomia differenziata, a partire da quelli di Toscana e Puglia.
Difficile che si tratti di un improvviso soprassalto di responsabilità istituzionale, visto che da mesi il presidente della Repubblica definisce la mancata nomina del giudice mancante « un vulnus alla Costituzione compiuto dal Parlamento» e non smetta di invitare garbatamente il Parlamento ad adempiere ai suoi doveri.
IN CASA PD L’ACCELERAZIONE è arrivata del tutto inaspettata. I dem affermano che da parte della maggioranza non è stato proposto alcun dialogo per un nome condiviso, nonostante la Costituzione abbia previsto un quorum così alto proprio per evitare nomine di parte. Né risultano accordi con altre forze di opposizione. La chiamata via whatsapp è arrivata anche ai parlamentari di Forza Italia. Anche in questo messaggio si lascia intendere che l’accordo in maggioranza +è stato trovato, dunque si chiede una «presenza inderogabile» e il «massimo sostegno per arrivare al quorum prescritto»