EDITORIALE. Quando Fanpage ha mostrato come Mieli, per quanto meloniana fino al midollo e di casa tra quelle mura di orgogliosi fascisti, sia poi diventata oggetto di scherno e insulti in quanto ebrea, ecco allora che l’argine si è rotto. E sono arrivate le condanne
Aderenti a Gioventù nazionale ad una manifestazione di Fratelli d'Italia - foto di Andrea Sabbadini
Richieste e un po’ troppo attese, le prese di distanza sono finalmente arrivate. E continuano ad arrivare numerose e tutte uguali come quando si rompe un argine o arriva un ordine. Durissimi, ministri e dirigenti di Fratelli d’Italia ora condannano con foga l’antisemitismo dei loro ragazzi, raccontato e mostrato così bene da Fanpage. Cosa c’è che non va? Il tempo e il modo.
Per molti giorni, capi e vice capi di Fratelli d’Italia hanno avvolto di silenzio la prima parte del racconto dai bassifondi meloniani. E se qualche parola hanno detto è stata di critica ai giornalisti che sono entrati in circoli e cantine di Gioventù nazionale, riprendendo braccia tese, inni al duce, cori contro i «negri» e «sieg heil». Hanno taciuto anche quando il nostro giornale, non da solo, in quel video ha riconosciuto tra i partecipanti ai raduni una senatrice del partito di Meloni, Ester Mieli, ex portavoce della comunità ebraica romana. In quel caso, silenzio. Non uno, o una, che abbia fatto notare l’orrida incongruenza, tanto meno la stessa Mieli che tra l’altro è vicepresidente della commissione parlamentare contro i crimini di odio.
Ma quando Fanpage ha mostrato come proprio Mieli, per quanto meloniana fino al midollo e di casa tra quelle mura di orgogliosi fascisti, sia poi diventata oggetto di scherno e insulti in quanto ebrea, ecco allora che l’argine si è rotto. E sono arrivate le condanne.
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Come dice il braccio (flesso) destro di Meloni, Donzelli, «l’antisemitismo è un limite non superabile». Tutto il resto evidentemente sì, si può mettere da parte, si possono nascondere nell’ombra gli inni al duce, le braccia tese, le violenze. Logico e coerente: la linea Meloni-La Russa sul fascismo è sempre stata quella di condannare le leggi razziali, in modo tanto più vibrante e rumoroso quanto necessario a restare in silenzio su tutto il resto.
Mussolini, riconoscono, ha fatto anche cose cattive, la persecuzione degli ebrei appunto. Su tutto il resto glissano, dedicandosi al ma anche, antifascismo «militante» innanzitutto. È nel rispetto di questa linea che Meloni e i suoi possono tacere o sfilarsi quando c’è l’anniversario dell’omicidio Matteotti (che precede di 14 anni le leggi razziali), balbettare quando si festeggia la Liberazione, nascondersi quando fascisti in carne e ossa rievocano lo squadrismo bastonando, dieci contro uno, ragazzini di sinistra.
Tutto questo no, non supera il limite. L’antisemitismo invece sì, perché l’immagine pubblica della destra meloniana verrebbe crepata da scivoloni o fuori onda sul tema. La patente di più fidati amici di Israele ormai ce l’hanno, gliela riconoscono non solo liberali e moderati di ogni risma, ma anche molti, troppi, nelle comunità ebraiche.
Trenta secondi di videoracconto dal vero di un circolo giovanile di Fratelli d’Italia, arredato come il salotto di La Russa, basterebbero da soli a farla ritirare a vita, quella patente. Ma crollerebbe così il racconto della destra come argine alla minaccia antisemita della sinistra, fondamentale per sorreggere tutte altre scelte politiche che con l’antisemitismo non hanno nulla a che fare. Succede in Francia, in queste ore, come in Italia. Le politiche di destra sull’economia, sui migranti e soprattutto sulla guerra a sostegno della barbarie di Netanyahu a Gaza (e non solo, come raccontiamo oggi) trovano il facile appoggio della minaccia antisemita. Riconosciuta e additata sempre dall’altra parte rispetto a quella dove milita e canta la peggio gioventù meloniana. Questa versione dei fatti, questa vera e propria favola giustificazionista, altamente pericolosa proprio perché ispirato da basse convenienze quando l’antisemitismo è un mostro che va combattuto dove c’è, Fratelli d’Italia sa che deve tenersela stretta a tutti i costi. Fa parte ormai della sua ragion d’essere ed è la sponda che le serve per tenersi a galla.
Ed ecco allora di nuovo Donzelli – lo stesso che considera una goliardata travestirsi da soldato nazista – sostenere senza vergogna che l’antisemitismo «sta nei centri sociali» e «non deve contagiare la destra». Obbligate e tardive, arrivano così finalmente e di rincorsa le piene condanne e le mezze dimissioni. Piovono le prese di distanza dei meloniani adulti verso i loro figliocci, goliardici adoratori del duce. Ma chi ci crede, chi dimentica, chi si distrae non può essere assolto