LA SPAGNA RIBOLLE. Siglata l’intesa con Puigdemont, ora il leader socialista ha i numeri per formare il nuovo governo. Mentre la destra soffia sul fuoco . Al centro del patto l’amnistia per i condannati dopo i referendum del 2014 e 2017
E accordo fu. Dopo più di quattro mesi di faticosi negoziati, i socialisti e il partito indipendentista catalano hanno finalmente trovato il modo di siglare un patto politico. Quattro pagine firmate ieri a Bruxelles in cui però manca il testo della proposta di legge sull’amnistia. Lo presenteranno i partiti al Congresso lunedì – il governo si è affrettato ad assicurare al commissario europeo che chiedeva lumi in proposito, che la legge dell’amnistia non è cosa del governo ma solo del parlamento. Ma c’è già la data dell’investitura: la sessione si terrà mercoledì e giovedì prossimo.
Nell’accordo, in realtà, la novità è soprattutto nel linguaggio e nella formula utilizzata: una sorta di «siamo d’accordo di non essere d’accordo», ma «ci proviamo lo stesso». Sembra poco, ma in realtà è un cambiamento a 180 gradi del quadro politico.
In questo, sia Pedro Sánchez, sia Carles Puigdemont hanno dimostrato di essere all’altezza del momento politico. Assediati da una destra ormai golpista, i due politici, assieme agli indipendentisti di sinistra di Esquerra e agli altri partiti che sommeranno i propri voti per fare di nuovo presidente Sánchez, sono stati capaci di trovare una formula che garantirà la poltrona al leader socialista, e, ancora più importante, mette le basi per chiudere la crisi politica che in Catalogna si trascina ormai da anni, da molto prima del 2017.
L’ASPETTO più interessante dell’accordo è che i due partiti sono arrivati a trovare l’intesa sulla ricostruzione dei “fatti”, dei quali poi ciascuno fa una lettura diversa – e anche questo viene specificato nelle quattro pagine. I fatti: il tribunale costituzionale nel 2010 ha cancellato parti sostanziali dello statuto catalano votato nel 2006 da parlamento catalano, parlamento spagnolo e da un referendum. E quindi, ricostruisce l’accordo, la Catalogna è «l’unica comunità con uno statuto non votato dai suoi cittadini». Sembra un’ovvietà, ma finora c’era discrepanza anche su questa lettura. Per questo, continua l’accordo, è scoppiata una crisi politica in Catalogna, gli indipendentisti hanno ottenuto diverse volte maggioranze parlamentari, si sono celebrati due referendum – il primo proprio un 9 novembre (la data di ieri non era casuale) del 2014, e il secondo, un referendum per l’indipendenza, il 1 ottobre 2017. Psoe e Junts per Catalunya si dicono d’accordo anche sul «tentativo del governo (guidato allora dal Pp di Mariano Rajoy, ndr) di impedire il referendum, dando luogo a reazioni che colpirono tutti, dentro e fuori le nostre frontiere». Le famose manganellate ai votanti inermi che tanto era costato ai socialisti condannare. «Purtroppo, i governi di allora non favorirono il negoziato politico», aggiungono.
NON SI PARLA esplicitamente di persecuzione giudiziaria, ma fra le righe si capisce quando si fa riferimento alle molte persone condannate per i fatti del 2014 e 2017, che saranno i futuri beneficiari dell’amnistia. Ed è anche qui che arriva il manifesto programmatico: «Nonostante le discrepanze strutturali che esistono, date le distanze fra i nostri progetti nazionali, siamo pronti ad aprire una nuova tappa nella quale, a partire dal rispetto e il riconoscimento dell’altro, si cerchi una soluzione politica e negoziata del conflitto». Un conflitto che finora il Psoe non aveva voluto riconoscere in questi termini.
JUNTS SPECIFICA di voler raccoglie il mandato politico dei referendum e della dichiarazione di indipendenza, mentre il Psoe li respinge, così come ogni dichiarazione di indipendenza unilaterale. Ma nonostante questo, collaboreranno.
Ma, a parte la narrazione, quali sono i frutti concreti dell’accordo? Da un lato, senza dubbio l’amnistia, che includerà anche i poliziotti dal manganello facile, così come i pompieri che gli si paravano contro. Una concessione di peso, certo, ma – al contrario di quanto sbraita la destra – non c’è molto altro.
Dall’altra, anche se non si dice esplicitamente, per Junts, la rinuncia all’unilateralità. Proprio ieri, nel parlamento catalano Junts e Esquerra si sono astenuti su una mozione della Cup (indipendentisti anticapitalisti) proprio a favore dell’unilateralità: impensabile fino a non molto tempo fa. Si limiteranno a “proporre”, ma non imporre, un referendum consultivo secondo l’articolo 92 della costituzione, che deve essere proposto dal governo e votato dal parlamento.
L’ALTRO ASPETTO è che, davanti all’esigenza catalana di gestire il 100% delle imposte (come nei Paesi baschi), i socialisti si impegnano vagamente a «puntare a misure che garantiscano l’autonomia finanziaria» della Catalogna.
È previsto inoltre un «mediatore internazionale» che verificherà il compimento dell’accordo, così come di quello con Esquerra, proprio come chiedevano i catalani, ma ancora non ci sono dettagli su chi sarà e come sarà questo controllo