«Guardiamo in faccia la realtà», aveva detto Macron. Ma la realtà ha guardato lui: 3,5 milioni di persone in tutte le piazze di Francia, scuole occupate, blocchi a strade e ferrovie, mezzo paese fermo. E martedì si ricomincia. Manon Aubry: «Questa riforma è l’ultima goccia». Non si tratta più di pensioni, ma di democrazia
IL MARZO FRANCESE. Nono sciopero generale contro la riforma delle pensioni, tutti compatti: studenti, lavoratori, ambientalisti, persone Lgbtqia+. La polizia attacca il corteo, prova a dividere la testa «radicale» dalla coda: ma va in tilt. Da una parte idranti e gas, dall’altra spray sui muri e fiamme: «Questa mobilitazione è storica»
Parigi, Place de la Bastille gremita durante lo sciopero generale di ieri - Ap/Thomas Padilla
La «testa» del corteo, dove si sono radunati i leader dell’intersindacale, è assediata dai giornalisti. È il nono sciopero generale contro la riforma delle pensioni di Macron, tutti i colleghi dei media francesi e internazionali cercano di passare il filtro del servizio d’ordine per fare qualche domanda ai dirigenti dei sindacati.
Una vera e propria tonnara che si concentra attorno a Philippe Martinez, il segretario della Cgt, appena udibile mentre risponde a una tv francese: «Noi glielo abbiamo scritto al presidente della Repubblica – dice in riferimento agli scontri di piazza degli ultimi giorni – nero su bianco, che la situazione era esplosiva. Ha scelto di fregarsene».
POCO DIETRO, Marie Buisson ascolta in silenzio. L’attuale membra della direzione Cgt dovrebbe succedergli alla testa della centrale in una settimana, alla fine del congresso del sindacato (salvo sorprese).
«C’è una crisi sociale profonda in Francia, che si esprime sulle pensioni, ma soprattutto sulle lotte per i salari» dice Buisson al manifesto. Ora si è aggiunta «una crisi democratica, nella quale ci ha gettato questo governo irresponsabile. È inquietante». Alla tv, mercoledì, Macron «ha detto che bisognava guardare in faccia la realtà e approvare la riforma. Non ha capito che la realtà è
qua, in questa mobilitazione storica. È emblematico del suo modo di fare dal 2017: ignorare i sindacati e il mondo del lavoro. Ora siamo qua per ricordargli che non può farlo».
Quale sia l’obiettivo, la giornata è un successo incontestabile. La manifestazione parigina è immensa, blocca l’intera città, tagliandola in due come un grande serpente che si snoda da est a ovest. Un enorme gruppo di testa raccoglie i manifestanti più giovani e i movimenti più radicali, decine di migliaia di persone che marciano prima del corteo sindacale. Liceali, movimenti ambientalisti, studenti, scandiscono slogan contro Macron e la polizia, lasciano scritte sui muri, bruciano la spazzatura sparsa lungo il percorso.
Un gruppetto di ragazzine adolescenti ridacchia mentre un ragazzo finisce di scrivere un lungo slogan con la vernice spray. Una delle ragazze gli chiede di prestargli la bomboletta, il ragazzo bardato di nero esita, poi gliela consegna. La ragazza, con un’agilità insospettabile, traccia un grande «ACAB» sul muro mentre la folla attorno esulta.
DURANTE TUTTO il percorso i giovani vengono caricati a ripetizione dalla polizia e sommersi dai gas. È l’abituale strategia della prefettura parigina di cercare di dividere il «cortège de tête» da quello sindacale, con l’altrettanto abituale – e prevedibile – unico risultato di bloccare il corteo per ore, aumentando le tensioni.
Mentre i ragazzi più giovani si passano le gocce per gli occhi, o si travestono di nero in mezzo al corteo, con la folla a proteggerli da telecamere e poliziotti in borghese, gli altri spezzoni seguono a passo di marcia. Nessuno sembra scandalizzarsi più di tanto, anzi. «Io personalmente sono infuriata», dice Elodie, infermiera parigina di 49 anni, con 25 anni di servizio sulle spalle. Col camicie bianco, cammina tranquilla in mezzo alla spazzatura in fiamme, toccandosi il naso ogni tanto per l’effetto dei lacrimogeni.
«Durante il Covid eravamo delle eroine, ora… Zero rivalutazione del salario, annullamento dei criteri di prepensionamento per i mestieri usuranti e ora la riforma che mi farà andare in pensione due anni dopo», dice. «Il lusso vero è il tempo, la possibilità di spenderlo coi propri nipoti, leggendo, militando in associazioni, non c’è scritto da nessuna parte che dobbiamo regalarlo a capitalisti che si riempiono le tasche coi nostri soldi», asserisce, con un certo aplomb.
È uno di quei momenti dove tutte le lotte convergono. Per la prima volta, un nutrito pink bloc popola un pezzo del corteo sindacale: lo si riconosce dallo sventolare di grandi bandiere dorate. È lo spezzone degli «inverti.e.s », gli ‘invertiti’, il cui simbolo è una falce e martello inscritta sulla bandiera arcobaleno.
«NOI SIAMO dei proletari – dice Tarik, uno degli ideatori del gruppo – e siamo anche trans, froci, lesbiche. La riforma delle pensioni, le diseguaglianze nel mondo del lavoro, sono cose che ci riguardano, per questo siamo qua, perché siamo tutti coinvolti da queste politiche neoliberali».
Pian piano, il corteo si avvicina a place de l’Opéra, termine ufficiale della manifestazione. Un fumo nero e spesso annuncia il traguardo: un’edicola è in fiamme. La piazza intera è circondata da un imponente schieramento di polizia, con barriere e camion idranti.
La polizia cerca di nuovo di separare il corteo di testa dal seguito sindacale riuscendoci, di nuovo, a metà. Una piazza bloccata, un corteo incontenibile, una polizia fuori controllo e in confusione: l’immagine della Francia di Macron in questa primavera 2023