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Alternative. In Italia è nata la rete delle Famiglie senz’auto. Le storie di chi ha deciso di aderire. Dal 17 al 22 settembre la settimana europea della mobilità sostenibile

Dal 17 al 22 settembre è la settimana europea della mobilità sostenibile: perché non provare a rottamare l’auto? Sembra una sfida irrealistica, esagerata, eppure se andiamo nei quartieri car free di Friburgo, Copenaghen, Malmoe, vivere senz’auto è la prassi.

E così per resistere, per testimoniare, per reclamare il diritto a fare a meno dell’auto, in Italia è nata la rete delle «famiglie senz’auto» (gruppo Facebook e blog www.famigliesenzauto.blogpost.com). Il primo raduno a Bologna, nel giugno scorso. Tante sono le famiglie che ne fanno parte, dal Nord al Sud Italia, dai paesini alle metropoli.
Angela Sorrentino, che vive a Napoli con marito e figlio quindicenne, senz’auto dal 2011 racconta: «Quando abbiamo finalmente deciso di rottamare l’auto è stata una liberazione, non dovevo più preoccuparmi di alcun parcheggio, di fare benzina, di fare la manutenzione, l’assicurazione. Giro a piedi o coi mezzi pubblici. Mi sento più abitante, più cittadina. Ma le difficoltà ci sono state e ci sono tutt’ora. Linee di bus cancellate, tariffe che aumentano, ritardi, servizi inefficienti…ma in tutto questo noi resistiamo».

Dante Cecili e Francesca vivono senz’auto a Roma col figlio di 11 anni. «Circa dieci anni fa si è rotta l’unica auto che possedevamo. Ci siamo organizzati dapprima col servizio del car sharing appena sbarcato a Roma, poi bici e bus. Non avere l’auto ci ha resi molto più liberi. Le motivazioni sono economiche (secondo un rapporto di Federconsumatori il risparmio si aggira sui 7 mila euro l’anno ndr) ma anche etiche ed ecologiche».

DALLE METROPOLI AI PAESINI SPERDUTI. Angelo Boezi vive in un piccolo paese dell’Appennino laziale tutto salite e discese: «Ho organizzato la vita in modo da poter vivere a piedi, oppure vado in bici. Ho imparato a fare i conti con il freddo, il caldo, la pioggia… a vestirmi in modo appropriato. A gestire la spesa in maniera umana».
C’è poi chi, come Mirko di Fusignano (Ra), non solo vive e va al lavoro senz’auto, (dieci chilometri andata e ritorno in bici), ma con la sua cargobike, nel tempo libero, fa il bibliotecario: «Volevo rimettere in circolo i libri da me letti, condividendoli con altre persone, così ho creato una biblioteca ambulante a zero emissioni».
E per andare in vacanza? Basta scegliere luoghi raggiungibili coi mezzi pubblici, o treno più bici. Raccogliendo le testimonianze di vacanze senz’auto, Roberto Luffarelli ha creato il sito Turismo senz’auto, con vari itinerari e mete (https://turismosenzauto.jimdo.com/).

VIVERE SENZ’AUTO NON È RADICAL CHIC, è anche un modo per essere solidali con chi è più povero, con i migranti, che sono i nostri più assidui compagni di viaggio, in bici e nei mezzi pubblici: mio marito va al lavoro in bici e percorre una strada (da Faenza a Castelbolognese) pericolosa e trafficata. Una strada percorsa in bici soprattutto da giovani africani che vanno al lavoro nei campi. Da anni chiediamo una ciclabile, ma invano. È vero quello che dice l’antropologo Franco La Cecla: «La forza e la prepotenza, l’impunità e il privilegio si giocano sull’asfalto delle nostre città».

Vivere senz’auto è una scelta di solidarietà, pacifismo e non violenza: l’auto non solo uccide negli incidenti stradali (almeno 3400 morti ogni anno secondo l’Istat), ma uccide anche per l’inquinamento dell’aria, e per le guerre causate dal petrolio. Per l’auto si devasta il paesaggio, cementificandolo. Le auto hanno ridotto le nostre città a immensi parcheggi, togliendo spazio ai pedoni, alla vita comunitaria, ai giochi dei bambini. Per le auto, le città si espandono (urban sprawl) e i centri commerciali in periferia proliferano, distruggendo il commercio locale.
Chi vive senz’auto, per forza o per amore, alimenta l’economia locale, etica e solidale. Al centro commerciale in bici non riusciamo ad arrivare, compriamo dai Gas (gruppi di acquisto solidali), nei mercatini rionali, nei negozi di quartiere. Per la spesa più pesante usiamo rimorchi per la bici o cargobike.

LA DOMANDA PIÙ FREQUENTE, quando la gente scopre che viviamo senz’auto è sempre la stessa: «E se piove come fate?» e noi rispondiamo: «Ci vestiamo bene!« Come dice un detto nordico, non c’è buono né cattivo tempo, ma buono o cattivo abbigliamento. «E i bambini non si ammalano?» I bambini sono i primi a non voler tornare ad avere l’auto! Sono i primi a beneficiare del movimento all’aperto, anche col freddo, anche sotto la pioggia: si divertono, rafforzano le difese immunitarie, ne giova il senso di autonomia, di autostima, di orientamento.

Con 62 auto ogni 100 abitanti, circa 2 auto ogni 3 persone (compresi i bambini), siamo il paese con il tasso di motorizzazione più alto in Europa (dopo il Lussemburgo). Le nostre auto per lo più viaggiano vuote e per pochi km (secondo l’Isfort il 60% dei viaggi motorizzati è sotto i 5 km).

La soluzione non può essere quella di sostituire il parco auto attuale con auto elettriche, perché il traffico, gli incidenti, la cementificazione, il furto di spazio resterebbero invariati. Bisogna ridurre la quantità di auto in circolazione! Dobbiamo puntare ad avere 1 auto ogni 3 famiglie, mentre ora siamo in media a 2-3 auto ogni famiglia.

VIVERE SENZ’AUTO NEL NOSTRO PAESE PERÒ NON È FACILE. Il rapporto Pendolaria di Legambiente fotografa un’Italia che investe poco nelle ferrovie, contro il grande investimento su strade e autostrade. Noi famiglie senz’auto chiediamo quindi ai ministri dell’Ambiente e dei Trasporti più democrazia nelle strade (con la riforma del Codice Stradale), più piste ciclabili, incentivi a chi ha auto di proprietà, una politica nazionale di bike to work, mezzi pubblici capillari e efficienti, treni e bus gratis per ragazzi almeno fino a 15 anni, così come succede all’estero e in Lombardia e Alto Adige. Nessuno di noi è un pazzo o un eroe, siamo persone comuni, che fanno scelte controcorrenti in un paese ancora troppo ostaggio delle auto. Affrancarsi dalla proprietà delle auto, è un passo necessario verso un mondo più giusto, più sano, più umano.