«Nessuna base in Italia per la nuova guerra “intelligente” di Trump e Macron»: questa dovrebbe essere la posizione del nostro Paese di fronte al brutto vento che tira nel Mediterraneo orientale, per una guerra quella in Siria, aizzata nel 2011 dall’asse degli «Amici della Siria» che, non contenti del disastro provocato finora che avrebbe dovuto sortire lo stesso effetto «riuscito» della Libia, rilanciano ora quasi la stessa coalizione di guerra di cinque anni fa.
Pronti a colpire in Siria obiettivi militari di Assad, difficilmente distinguibili però da quelli di Russia e Iran che lo sostengono in armi, come dimostra l’uccisione – certo mirata – da parte del raid israeliano che ha colpito una base siriana provocando 14 vittime tra cui quattro consiglieri di Teheran.
Nessuna base in Italia – non basta dire italiana – perché la configurazione geostrategica della penisola, piena zeppa di basi militari Usa e Nato, dice che oggettivamente è già coinvolta e lo sarà ancora di più nello scenario di un conflitto che rischia di deflagrare ed estendersi nel Medio Oriente in macerie.
Deve dire di no all’uso di base militari in Italia per colpire la Siria, il governo Gentiloni rimasto in carica per il disbrigo degli affari correnti, perché partecipare ad una guerra, anche «solo» concedendo la disponibilità delle basi, operative o logistiche, non è affare che può essere etichettato come «disbrigo degli affari correnti». Che pretende il ruolo del Parlamento e di un governo effettivo. Altro che Commisione speciale.
Dovrebbe dire di no anche il variegato schieramento dei partiti alla seconda consultazione dal presidente Mattarella dopo il voto di più di un mese fa. Per la quale consultazione le chiacchiere stanno a zero.
Ma potrebbe essere l’occasione, dopo le ambiguità e le promesse della campagna elettorale, per parlare finalmentre di contenuti di governo.
Così l’ipotesi ventilata dal M5 Stelle del famoso «contratto» – malamente paragonato a quello di Cdu-Csu e Spd per la Grosse Koalition tedesca – con dentro i contenuti del probabile accordo da proporre in modo «paritario» a Salvini-Meloni-Berlusconi o al Pd, potrebbe uscire dalle nebulose.
Per contenere o la cosiddetta lealtà al fronte occidentale, come da rassicurazioni di Di Maio e Salvini in reiterata missione all’ambasciata Usa, oppure il rifiuto a partecipare all’ennesima guerra scellerata che andrebbe ad aggiungersi ad un conflitto armato che finora ha fatto 400mila vittime e milioni di profughi.
Soprattutto perché la guerra che si annuncia dai due «giustizieri», entrambi con esperienza imperiale e coloniale, come vendetta bellica per le presunte responsabilità di Damasco nell’uso di armi chimiche, proprio mentre Assad sta vincendo la guerra ed è sotto i riflettori del mondo, serve a Trump come distrazione.
Dal fatto che è braccato in patria per la vicenda «Russiagate»; e se bombarda, di quello parleranno i media invece che di pornostar, e poi andrebbe a colpire interessi strategici della Russia.
Insomma sarebbe una prova di smarcamento e «indipendenza»: first America.
Anche per Macron è una distrazione, dal legame fortissimo con gli interessi dell’alleato Arabia saudita – viene in mente chissà perché Sarkozy con Gheddafi – e dalla prima vera crisi sociale e politica che lo investe in questi giorni.
Un intervento motivato da entrambi per punire la Siria, come se il ruolo dell’Europa e degli Stati uniti in primis non l’avesse già distrutta abbastanza. E che dal punto di vista militare non fiaccherà certo Damasco, ma che Trump deve fare a tutti i costi con il soccorso di Macron – Londra sembra guardinga – e sotto impulso di Israele, perché lo ha annunciato e non può perdere la faccia.
Magari non entro 24-48 ore come ha proclamato tronfio ma, dopo lo scontro all’Onu, aspettando l’inchiesta dell’Opac (Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche) sul campo.
Ma se intanto ci sarà il bombardamento su obiettivi siriani, stavolta la vicenda promette il peggio.
Perché la Russia minaccia di reagire colpendo mezzi e basi di lancio degli eventuali bombardamenti.
Siamo a quanto pare all’addio alla guerra per procura e all’appalesarsi di un confronto bellico diretto nell’area. Che non tarderà ad espandersi.
E l’Italia mediterranea, se coinvolta, è davvero a un tiro di missili.