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Aleppo è in mano ai jihadisti. I miliziani sostenuti dalla Turchia approfittano dei colpi inferti dai raid israeliani all’esercito siriano e all’alleato Hezbollah. A difesa della città solo jet russi e forze curde. Civili in fuga, la Siria ripiomba in una guerra mai finita. Voci di golpe a Damasco

Siria Esercito siriano in ritirata, unico freno i raid russi e le forze curde. Voci di golpe a Damasco: scontri in strada, Assad fuori dal paese. A Tel Aviv si ritiene che proprio i raid israeliani abbiano favorito i disegni turchi e dei jihadisti. Riappare al Julani, leader qaedista che parla di «liberazione», ma a Idlib ha istituito un regno del terrore

Civili siriani in fuga da Aleppo foto Getty Images/Rami Alsayed Civili siriani in fuga da Aleppo – Getty Images/Rami Alsayed

Era un quadro fluido, suscettibile di sviluppi rapidi e drammatici, quello che arrivava ieri dalla Siria. In serata si sono diffuse voci senza controllo di un colpo di stato in atto a Damasco, quindi di scontri a fuoco tra unità dell’esercito e infine di Bashar Assad che avrebbe abbandonato il paese per rifugiarsi a Mosca.

Questo mentre i media governativi siriani riferivano delle dichiarazioni del presidente sulla Siria che «continua a difendere la propria stabilità e integrità territoriale contro tutti i terroristi e i loro sostenitori ed è capace, con l’aiuto dei suoi alleati e amici, di sconfiggerli ed eliminarli». Assad avrebbe anche parlato con il premier iracheno Al Sudani, secondo l’agenzia Al-Ikhbariyah.

Di certo c’è che 400 chilometri quadrati di territorio e buona parte di Aleppo, la seconda città del paese e la più importante economicamente, sono ora sotto il controllo delle forze jihadiste filo-turche che fanno capo a Hay’at Tahrir al Sham – l’ex Fronte al Nusra, il ramo siriano di Al Qaeda – dopo il crollo delle forze governative apparse oltremodo deboli.

QUI I MILIZIANI – tra i quali anche jihadisti giunti dal Caucaso, dall’Asia centrale e anche uiguri dello Xinjang – hanno preso ieri in meno di un’ora Tayibet al Imam e una decina di villaggi mettendo in fuga il personale amministrativo del governo, senza incontrare resistenza. Appare evidente che il ritorno in Libano nei mesi scorsi di gran parte dei combattenti di Hezbollah, poi schierati contro Israele, e lo spostamento verso il confine orientale tra Siria e Iraq delle formazioni armate filo Iran, hanno lasciato da solo l’esercito governativo che appare troppo debole e demotivato per affrontare una minaccia militare ben armata, equipaggiata e preparata forse per mesi.

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Sulla strada Khanaser-Athriya, intanto, un fiume di auto di siriani che scappano dai

centri nordoccidentali e da Aleppo procede lentamente verso sud. Sono 28 i civili uccisi sino a ieri, gli altri 277 morti sono jihadisti e soldati governativi.

A frenare concretamente Hts ci sono in queste ore l’aviazione russa e le Sdf, le Forze democratiche siriane, federazione multietnica di difesa sorta nei territori a maggioranza curda. Gli aerei di Mosca nella notte di venerdì e ieri ha bombardato avamposti e convogli di uomini e mezzi dei jihadisti, ma anche, per la prima volta dal 2016, alcune aree di Aleppo, facendo anche 16 vittime civili secondo l’Osservatorio per i diritti umani in Siria ritenuto vicino all’attivismo anti-Bashar Assad.

Mosca ha ribadito il suo pieno sostegno a Damasco e promesso rifornimenti di armi e munizioni per l’esercito siriano ma è stata colta di sorpresa dall’offensiva di Hts appoggiata da Ankara con cui aveva raggiunto anni fa l’accordo di de-escalation in Siria e tenuto i negoziati di Astana. Ieri i ministri degli esteri di Turchia e Russia, Hakan Fidan e Sergey Lavrov, hanno avuto un colloquio telefonico senza raggiungere, scrivono fonti arabe, alcuna intesa su come fermare la nuova guerra.

ANKARA da un lato segnala da tempo di volersi riconciliare con Damasco, e dall’altro non rinuncia a indebolire Assad. Sul terreno a bloccare i jihadisti ci sono al momento solo le Sdf che presidiano i rioni di Aleppo a maggioranza curda di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh e altri quartieri della città, oltre al locale aeroporto internazionale e le cittadine sciite di Nubl e Al Zahraa, anche se in serata l’aeroporto era dato in mano ai jihadisti.

Il via libera ad Hts dato da Ankara, che considera Idlib come un suo protettorato, ha fatto scattare l’allarme nel nord-est della Siria sotto il controllo dell’autoproclamata autonomia curda. D’altronde le dichiarazioni rilasciate da Fidan non lasciano dubbi sul favore con cui la Turchia guarda all’avanzata di Hts che tiene sotto pressione quello che definisce «lo Stato terrorista» curdo sorto nel nord della Siria.

Israele segue cosa accade in Siria, paese che il premier Netanyahu ha minacciato e fatto bombardare intensamente più volte nelle ultime settimane, incluse Damasco e Palmira, perché Assad non ferma i rifornimenti di armi per Hezbollah. A Tel Aviv si ritiene che proprio i bombardamenti aerei israeliani e il rientro in Libano di gran parte dei combattenti di Hezbollah, abbiano favorito i disegni turchi e dei jihadisti sunniti contro l’«infedele alawita» Bashar Assad. Aiuto indiretto che continuerà nel prossimo futuro: Israele andrà avanti nei raid contro gli arrivi di armi iraniane, colpendo anche quelle destinate all’esercito governativo siriano.

Da quando è partita l’operazione «Deterrenza dall’aggressione», i miliziani di Hts stanno cercando di mostrare un volto «umano» alle popolazioni civili. I siti anti-Assad parlano di «liberazione» in atto nel nord-ovest e mostrano foto e video di «ribelli» (jihadisti) che abbracciano familiari ad Aleppo e altre località che non incontravano da anni dopo essere stati cacciati via dall’offensiva governativa, aiutata dall’aviazione russa, di otto anni fa.

UNA STRATEGIA di comunicazione che si scontra con le immagini postate sui social in cui si vedono miliziani che giustiziano senza pietà soldati siriani catturati lungo la strada. Si presenta in queste ore come un attivista della società civile e un protettore delle minoranze religiose persino Abu Muhammad al Julani, il capo di Hts, che in un messaggio agli «eroi mujaheddin sul campo» esorta i suoi «combattenti della fede» a trattare con rispetto tutti i cittadini di Aleppo.

Un richiamo alla tolleranza difficile da credere se si tiene conto che Al Julani e il suo gruppo da anni mantengono il controllo della provincia di Idlib attraverso il cosiddetto Governo della Salvezza che attua politiche repressive di ispirazione religiosa, oltre a assassinii, arresti arbitrari e torture contro attivisti e giornalisti come il noto Raed Al Fares ucciso da «sconosciuti» nel 2018 per aver denunciato nel suo programma radiofonico gli abusi di Hts. Al Julani è noto a tutti i siriani come un agente della Turchia.