No War. A Roma Ong, studenti, movimenti, sinistre, sindacati. Landini: «Abroghiamo la guerra»
La manifestazione di Roma contro la guerra © LaPresse
Parafrasando Bob Dylan, bisogna essere dei metereologhi per sapere che il vento gelido che spira in questi giorni dalle nostre parti arriva proprio dalla Russia. Ma non bisogna essere esperti di clima, basta essere in piazza San Giovanni, per capire che la brezza siberiana è attenuata dal calore umano delle 50 mila persone che manifestano il loro no alla guerra in Ucraina.
DOPO 24 MESI di pandemia e isolamento sociale, questa gente avrebbe voluto un’altra occasione per ritrovarsi. Ma tant’è: la piazza voluta dalla Rete italiana pace e disarmo è uno spazio pubblico smilitarizzato. La scommessa è che questa manifestazione non venga ridotta a bandierina di testimonianza sulla carta geopolitica delle guerre, che rappresenti una rete di relazioni e mutuo appoggio per resistere alla guerra. «Disarmo, neutralità attiva, stop alle armi, riduzione delle spese militari: con queste le parole il movimento per la pace ritrova in questa piazza», dicono gli organizzatori.
ALLE 13.30, orario prefissato, piazza della Repubblica è già piena. Dunque il corteo si muove dietro lo striscione d’apertura «Europe for peace», accompagnato dalle bandiere della pace, dalle Acli e dalle Ong. A tenerlo c’è anche Maurizio Landini. Dedicando questa manifestazione a Gino Strada, il segretario generale della Cgil alza l’asticella delle ambizioni: «Questo è il momento del coraggio, della responsabilità ma anche dell’utopia – scandisce – L’obiettivo non deve essere solo fermare la guerra, deve essere ancora più alto: la battaglia per un nuovo modello sociale di sviluppo deve assumere l’obiettivo di abrogare la guerra, come è stata abrogata la schiavitù».
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Commenta (0 Commenti)La diretta della Manifestazione per la pace a Roma è su
Kiev non è sola. Sabato manifestazione nazionale a Roma
«Non c’è un più minuto da perdere. Nel momento in cui la guerra uccide e divide, noi dobbiamo lavorare per la pace, per la vita e unire» dice Sergio Bassoli, coordinatore della Rete italiana Pace e disarmo. E così, dopo le tante iniziative contro la guerra dei giorni scorsi, diffuse in decine di piazze del paese, si è deciso di lanciare una manifestazione nazionale a Roma per sabato prossimo, 5 marzo. Si scenderà in piazza in nome dello slogan: «Contro la guerra, cambia la vita. Dai una possibilità alla pace».
NEL TARDO pomeriggio di ieri c’è stata la riunione online, convocata per definire i dettagli organizzativi: «Facendo seguito alle mobilitazioni dei giorni scorsi, visto il peggiorare della situazione in Ucraina, l’aggressione militare russa, gli scontri armati nelle città, le colonne di profughi, la sofferenza della popolazione civile, invitiamo tutte le associazioni, i sindacati che hanno partecipato alla manifestazione di Roma e delle altre città», dicono dalla Rete Pace e disarmo. Dunque, l’appello parte dalle organizzazioni che hanno manifestato a piazza Santi Apostoli sabato scorso: Cgil, Cisl e Uil assieme ad Arci, Anpi, Emergency, Legambiente, Forum Terzo settore.
IL CORTEO PARTIRÀ dalle 13.30 da piazza della Repubblica per arrivare a piazza San Giovanni. Gli organizzatori condannano senza mezzi termini «l’aggressione e la guerra scatenata dalla Russia in Ucraina», chiedono «il ‘cessate il fuoco’ e il ritiro delle truppe» e invocano «l’azione delle Nazioni unite per il disarmo e la neutralità attiva». «Dall’Italia e dall’Europa devono arrivare soluzioni politiche, non aiuti militari – si legge nel testo di convocazione – Protezione, assistenza, diritti alla popolazione di tutta l’Ucraina, senza distinzione di lingua e cultura. Siamo con la società civile, con le lavoratrici e i lavoratori ucraini e russi che si oppongono alla guerra con la nonviolenza». E infine si schierano contro «l’allargamento della Nato» e favore della «sicurezza condivisa». Dai promotori arrivano anche forti critiche alla scelta di inviare armamenti
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Dopo la condanna unanime di Putin, occorre decidere "che fare". Per noi pacifisti essere "contro la guerra in Ucraina" significa adesso essere "contro l'escalation militare", con terribili rischi nucleari. Dobbiamo essere contro il coinvolgimento dell'Europa che prevede l'invio di armi.
Il movimento pacifista, che si sta ristrutturando con sorprendente rapidità, deve far sentire la propria voce a sostegno di questa seconda scelta e opponendosi in modo netto alla prima.
La prima scelta, quella di inviare armi e volontari (se non addirittura mercenari), costituisce la grave premessa per un corollario non meno grave: il riarmo di tutta l'Europa e un'ingente aumento delle spese militari. Già la Germania ha stanziato, nel giro di poche ore, cento miliardi di euro per aumentare il proprio budget militare. La coalizione rosso-verde tedesca rischia di tradire gli ideali di pace di Willy Brandt, mentre mezzo milione di tedeschi hanno manifestato a Berlino per la pace. Il movimento per la pace deve prendere nettamente le distanze da questa sinistra con l'elmetto che tanti danni ha fatto in passato (basti pensare all'Afghanistan) e deve far sentire la propria voce terza e indipendente sia da Putin sia dalle sirene del riarmo e della "guerra giusta".
Noi non ci arruoliamo nella "guerra giusta", ma faremo sentire la nostra voce a favore del cessate il fuoco e la protezione dei civili. LEGGI TUTTO L'ARTICOLO
Oggi la Pace in piazza. Ora che la drammaticità di un confitto armato è entrata dirompentemente nelle nostre vite (e schermi) è importante capire che tipo di azioni di natura politica per la pace possiamo mettere in pista. Perché la strada della pace non deve mai interrompersi
Ora che la drammaticità di un confitto armato è entrata dirompentemente nelle nostre vite (e schermi) è importante capire che tipo di azioni di natura politica per la pace possiamo mettere in pista. Perché la strada della pace non deve mai interrompersi.
E deve trovare risorse di nonviolenza ogni volta. Ovviamente nel momento in cui sono i bombardamenti a farla da padrone (prendendosi tutto lo spazio mediatico) è difficile far capire che la risposta deve essere sensata, ragionata, non emotiva. Pena una escalation che potrà portare la guerra ad un livello ancora più devastante. E vicino.
Nonostante tutto quindi occorre mantenere la calma e la consapevolezza che la pace non si può fare mentre il conflitto divampa: il primo obiettivo deve essere quello di fermare la guerra. Ed è da qui che parte la proposta della Rete Italiana pace e Disarmo, che sarà la base della manifestazione di oggi, sabato 26 febbraio a Roma e di decine di altri eventi, mobilitazioni, ore di silenzio, iniziative di solidarietà che sono in programma in tutta Italia. [e anche a Faenza]
A partire da una chiara condanna della scelta di aggressione operata da Putin (ma sempre con in mente la differenza tra un governo e il suo popolo) noi come sempre pensiamo che occorra partire dalla solidarietà alle popolazioni e alle comunità. Che sono quelle che muoiono, e soffrono. Una pace (e poi un disarmo) di natura “umanitaria” nel vero senso della parola, non in quello distorto troppe volte utilizzato a sproposito. È per questo che sosteniamo tutti gli sforzi della società civile pacifista in Ucraina e Russia per arrivare ad una cessazione immediata delle ostilità e poi intraprendere una strada di vera Pace e riconciliazione.
Per tali motivi chiediamo all’Italia, all’Europa, alle Istituzioni internazionali di chiedere una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e a partire da principi di neutralità attiva (quindi evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate, anche solo come escalation di postura).
Cruciale in questa fase sarà anche garantire un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative per una assistenza umanitaria alla popolazione coinvolta dal conflitto, che già sta soffrendo troppo. Le reti internazionali della società civile per il disarmo umanitario hanno già sottolineato i problemi legati all’uso di armi esplosive negli ambiti urbani, o anche di armi proibite calle convenzioni internazionali come le cluster bombs. E soprattutto con il pericolo nucleare dietro l’angolo.
Una volta arrivati al cessate il fuoco è fondamentale operare concretamente per una de-escalation della crisi nel pieno rispetto del diritto internazionale, affidando alle Nazioni Unite il compito di gestire e risolvere i conflitti tra Stati con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, della cooperazione, del diritto internazionale. Spesso si dice che l’Onu è debole… ma il motivo vero è che non le si dà mai la forza per potere concretizzare quanto previsto dalla sua Carta. E oggi l’Onu potrebbe fare da guida in maniera positiva, durante questo conflitto: va ricordato infatti come il Segretario Generale Guterres abbia basato la propria agenda politica su una proposta di Disarmo (per l’umanità, per la vita, per le future generazioni). È quindi importante che in seconda battuta si possa favorire l’avvio di trattative per un sistema di reciproca sicurezza che garantisca sia l’Ue che la Federazione Russa.
La Rete Italiana Pace e Disarmo lo ha detto chiaramente nella sua presa di posizione sulla crisi dell’Ucraina: «Come è possibile la costruzione di una Europa con “sicurezza condivisa” tra e per tutti gli Stati ed i popoli, come auspicava lo svedese Olof Palme, se si continua con questa politica di contrapposizione militare che, vista dall’altra parte, è sinonimo di accerchiamento, di minaccia alla propria sicurezza?»
Noi pensiamo che la strada da intraprendere sia invece quella della cooperazione, degli investimenti, dei contratti e del commercio equo, della mobilità, degli scambi, della solidarietà, del disarmo climatico, della neutralità attiva per costruire un’Europa di benessere, di sicurezza, di cooperazione, nel rispetto delle diversità. Solo così si potrà vivere in pace.
Per costruire un’Europa smilitarizzata dall’Atlantico agli Urali, di pace, di sicurezza per tutti, di libertà e di democrazia. Un’Europa allargata ed aperta al mondo, dove l’Alleanza Atlantica sia una collocazione culturale, di emancipazione collettiva, di condivisione di un progetto globale di pace.
Tutto questo significa dire «Sì alla pace» e «No alla guerra».
*Coordinatore Campagne – Rete Italiana Pace e Disarmo
Commenta (0 Commenti)Il commento. Un uomo che mentre denuncia di voler denazificare l’Ucraina, descrivendola come un regime di fascisti, nazisti e oligarchi, sembra in realtà preda di un transfert assoluto perché, fascisti, nazisti e oligarchi (presenti e forti a Kiev) sono fratelli gemelli dei suoi compagni di banco oggi al potere in Russia
Vladimir Putin © Ap
Non volevamo credere a quel che temevamo, una guerra d’invasione in un paese sovrano dell’est europeo. Questa volta non sono i carri armati dell’Unione sovietica che invadono la Cecoslovacchia, sono i carri armati e i missili di Putin che occupano e bombardano l’Ucraina per rovesciarne il legittimo governo e per sostituirlo con un regime controllato da Mosca.
Ridisegnando così il confine di una nuova guerra fredda che l’invasione alimenta, rafforzando proprio la Nato sulla frontiera est dell’Europa. In un’escalation che dal 2014 (seguita dai disattesi accordi di Minsk) tutti hanno finto di non vedere.
Naturalmente il disegno di Putin, in un paese che nel 1991 ha scelto al 90 per cento l’indipendenza dalla Russia, mette nel conto un bagno di sangue e milioni di cittadini ucraini in fuga. Ma, oltre i ragionamenti, le analisi economiche e geopolitiche, dobbiamo fermarci un momento a riflettere sul fatto che questa è una guerra organizzata, studiata e voluta da un uomo solo al comando. Che non conosce opposizione interna perché nel suo paese gli oppositori rischiano la vita. Una guerra agita da un nemico delle democrazie, derise come incapaci di soddisfare i bisogni del popolo, e per questo diventato il beniamino degli autocrati di tutto il mondo: Trump in testa che considera Putin un genio.
Un uomo che mentre denuncia di voler denazificare l’Ucraina, descrivendola come un regime di fascisti, nazisti e oligarchi, sembra in realtà preda di un transfert assoluto perché, fascisti, nazisti e oligarchi (presenti e forti a Kiev) sono fratelli gemelli dei suoi compagni di banco oggi al potere in Russia.
Non c’è salvezza da questa guerra se non nella pace. Che non è una paradisiaca condizione originaria ma qualcosa che cerchiamo di immaginare, un ideale. L’unico ideale per cui vale la pena di spendersi, di lottare, di credere. E quella forza che l’Europa non ha, né militarmente, né politicamente perché divisa tra cinismo e impotenza, può trovarla solo nelle sue opinioni pubbliche se saranno in grado di suscitare un’onda pacifista contro una guerra capace solo di nutrire se stessa.
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