Il futuro è di sinistra o non è!
Una sinistra che di mestiere fa la sinistra e non finge come chi ha la tuta della sinistra ma nella pancia ha budella di destra.
Una sinistra che applica la “Costituzione più bella del mondo” e manda a casa chi la vuole stravolgere e gli fa da stampella.
Una sinistra che dà al Paese una sanità che previene e cura malattie per tutti i cittadini. Che non sia un affare per alcuni privati, che arricchiscono sulle altrui sofferenze. Che sia quindi una salute pubblica e gratuita.
Una sinistra che dia servizi efficienti e non li riduca.
Una sinistra che non riduce le tasse a chi può pagarle.
Una sinistra che tiene l'operaio tra le persone e non tra le merci. Che fa del lavoro una dignità e non un “mercato”.
Una sinistra che fa politiche di sviluppo per l' impresa e per lavoro dignitoso e che non fa regali al padrone.
Una sinistra che tutela l' ambiente e lo ama. Che non lo consuma e lo distrugge.
Una sinistra che faccia vincere la guerra duramente condotta, tra la Terra con i suoi abitanti, contro il profitto che li distrugge entrambi.
Una sinistra che considera la caccia non uno sport ma un assassinio.
Una sinistra che porti più verde che non sia quello di Salvini.
Una sinistra che dia una “buona scuola” ma che non sia quella di Renzi che buona non è. Che sia quella degli studenti, degli insegnanti, delle famiglie e dei cittadini.
Una sinistra che non obbedisce all' Europa dei padroni, dei banchieri e dei ricchi, ma obbedisce a quella dei popoli.
Una sinistra che non manda uomini e armi in giro per il mondo.
Una sinistra che accoglie ed aiuta chi arriva.
Se ho dimenticato qualcosa non chiedo scusa. Chiedo al popolo della sinistra di aggiungerla.
Questa sinistra è una utopia? Se così è, allora: BUONA UTOPIA A TUTTI!!!
Germano Zanzi
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La Caritas opera a Faenza da 25 anni, dal 1990. La sua presenza si è fatta più evidente da quando, con la crisi economica scoppiata nel 2008, è aumentato il numero delle persone (molti i faentini) che si rivolgono al Centro di Ascolto e da quando, nel 2011, è iniziato l’arrivo dei profughi richiedenti asilo. La sua attività è in costante crescita, declinando gli interventi in relazione ai bisogni.
“L’opera della Caritas – dichiara Nerio Tura, direttore da quattro anni – rientra nella pastorale della Diocesi, presieduta dal Vescovo. L’Associazione ha una propria autonomia statutaria, ma non ha personalità giuridica. Per cui la sua guida viene affidata a un direttore che a sua volta si avvale di più collaborazioni: le parrocchie, alcuni dipendenti, cooperative, associazioni come Farsi prossimo, circa 140 volontari. La sua attività spazia a 360 gradi, non limitandosi a iniziative legate alla contingenza, ma sviluppando azioni che promuovono l’accoglienza e il rispetto dell’altro. Il Centro di Ascolto riceve tutte le persone senza distinzione di nazionalità di religione e di condizione sociale”.
Nelle scuole, la Caritas promuove ogni anno progetti di educazione alla mondialità, incontra oltre mille giovani e fa formazione fra gli insegnanti. “I giovani – sottolinea Tura – devono conoscere, uscire da schemi e luoghi comuni, saper cogliere le connessioni fra azione quotidiana e problemi globali per costruire la pace e una forte interculturalità. Il risultato di questo lavoro è che molti chiedono di svolgere il servizio civile presso l’Associazione stessa”.
Sempre ai giovani è rivolto il progetto nazionale Policoro (nato in Calabria, la Caritas con la Pastorale giovanile vi partecipa dal 2013), che aiuta a crescere nel mondo del lavoro promuovendo fra l’altro la nascita di piccole cooperative col supporto di tutor in grado di mettere a disposizione utili esperienze.
“E’ tuttavia la scuola – continua il direttore Tura – l’ambito dal quale vengono più stimoli e richieste, soprattutto per favorire l’integrazione dei giovani stranieri. Lo scorso anno è stato attuato
Per il ministro Poletti l’orario di lavoro non dev’essere più il parametro al quale rapportare la prestazione di lavoro e quindi la retribuzione. Lui dice che vanno presi a riferimento il risultato e la produttività. Non è un’idea nuova: è la riedizione del cottimo, un sistema iniquo di sfruttamento superato da decenni.
Siamo ad un’ulteriore fase nell’attacco del governo Renzi al mondo del lavoro. Via l’articolo 18, via i contratti, via i sindacati e i patronati. Largo invece ai voucher (riguardano già un milione e mezzo di persone), buoni perché non prevedono robe antiquate come i diritti, le indennità di malattia e di maternità, le ferie e la 13ª, una pensione per vivere.
Viene da chiedersi quale modello di società hanno in testa. Viene da chiedersi quando lavoratori e disoccupati si stuferanno e li manderanno a casa. O a lavorare davvero, ma alle condizioni che loro stessi stanno imponendoci.
Ognuno di noi è consapevole della crisi economica, finanziaria e soprattutto sociale del nostro paese.
Allo stesso tempo, siamo tutti consapevoli di come il nostro paese sia in preda ad un immobilismo che non credo sia esagerato definire preoccupante.
Nel frattempo però il governo del democratico Renzi continua a portare un attacco pesante alla gente che rappresentiamo.
Una vera e propria aggressione che non si limita solo all'ambito sindacale, ma anche ai diritti e ai valori contenuti nella nostra carta costituzionale.
Pensiamo che sia il momento di dire basta, ma soprattutto crediamo sia necessario dimostrarlo.
Per questo chiedo a chiunque sia in condizione di farlo, di venire sabato 21 novembre a Roma alla manifestazione nazionale della Fiom.
Una manifestazione che si colloca all'interno del percorso della coalizione sociale.
Un Saluto a tutti voi.
Milco Cassani - Fiom Cgil Ravenna.
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Ripristinare il diritto contro il caos
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, interpretando i sentimenti più profondi di tutti i suoi aderenti e del popolo italiano, condivide il dolore delle famiglie delle vittime ed esprime la propria vicinanza all’intero popolo francese per l’orribile strage ed il vile attacco alla democrazia francese, culla dei diritti dell’uomo.
I tragici fatti di Parigi, difficili persino da immaginare prima che accadessero, sono una dimostrazione eclatante della crisi dell’ordine pubblico internazionale e del fallimento delle politiche di potenza con cui, al termine della guerra fredda, le principali potenze occidentali hanno ritenuto di regolare le relazioni internazionali con la pretesa di sostituire la forza al diritto.
Dopo l’89 è stato sprecato il patrimonio di saggezza elaborato dalle nazioni che avevano sconfitto il nazismo e che puntava a creare un nuovo ordine internazionale in cui la pace era assicurata dal diritto.
L'umanità, nel corso della prima metà del secolo scorso, ha sperimentato con le due guerre mondiali, con Auschwitz, con Hiroshima, una vera e propria discesa agli inferi. Nel 1945 i leaders delle principali potenze alleate, per necessità storica, hanno deciso di chiudere la porta dell'inferno, sbarrandola con pesanti lastre di acciaio. Quelle lastre si chiamano ripudio della guerra, astensione dalla minaccia o dall'uso della forza nelle relazioni internazionali, eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne e delle nazioni grandi e piccole, risoluzione pacifica delle controversie, cooperazione internazionale per lo sviluppo, rispetto del diritto internazionale, repressione di ogni violazione della pace, ricorrendo, come estrema ratio all’uso della forza attraverso una forza armata dell’ONU.
Il diritto internazionale, con le garanzie previste dalla Carta dell’ONU, costituiva il principale e più efficiente sistema di sicurezza collettivo. Il diritto dei diritti umani, fondato sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, e le Costituzioni democratiche del dopoguerra operavano per il rafforzamento ed il rilancio del diritto internazionale e, quindi, della sicurezza collettiva.
La Costituzione italiana, traendo insegnamento dai tragici fatti della storia, coerentemente con lo Statuto della Nazioni Unite, aveva ripudiato lo strumento della guerra ed impegnato l’Italia ad operare nelle relazioni internazionali per costruire la pace attraverso la giustizia nel rispetto del diritto internazionale.
A partire dalla prima guerra del Golfo nel 1991, il diritto internazionale è stato brutalmente calpestato ed è stato abrogato il sistema di sicurezza collettivo bastato sul diritto e sul ruolo di mediazione e di garanzia dell’ONU. Le nazioni che avevano in mano le chiavi della forza le hanno utilizzate per imporre i propri interessi nazionali al di fuori di ogni contesto di giustizia. In questo modo è stata avviato un percorso verso il caos, che ha raggiunto il suo massimo sviluppo con la nascita ed il radicamento dell’Isis.
Gli eventi di questi giorni sono una tragica conferma che non vi può essere sicurezza collettiva senza diritto.
Occorre ripristinare i principi di pace e giustizia e le garanzie del diritto internazionale che si realizzano attraverso l’intervento dell’ONU, occorre ricostruire l’unità fra le nazioni che sconfissero il nazismo per ripristinare i principi ed i valori del diritto internazionale, a cominciare dall’inviolabilità delle frontiere e dal dovere di reprimere il genocidio, nel rispetto delle procedure e con le sanzioni previste dal diritto internazionale.
Domenico Gallo - Alfiero Grandi
Commenta (0 Commenti)Deformata la Costituzione, nasce il Comitato per il No
Il Coordinamento per la Democrazia Costituzionale annuncia la costituzione del Comitato che sosterra' il No nel referendum confermativo sulle modifiche della Costituzione, che sono state fortemente volute dal governo Renzi ed imposte al Parlamento come parte essenziale del suo programma politico. Il Senato il 13 ottobre ha approvato il ddl Boschi Renzi con modifiche marginali, senza ascoltare gli appelli a non manomettere la Costituzione, nata dalla Resistenza, provenienti da autorevoli costituzionalisti e da tanti cittadini che pensano che i principi fondamentali su cui si regge la democrazia in Italia dovrebbero essere affrontati con la prudenza e il rispetto che meritano.
Il giudizio negativo sul testo della riforma approvata dal Parlamento si fonda anche sull’interazione fra le modifiche costituzionali e la nuova legge elettorale (l’Italicum) che ripropone amplificandoli gli stessi aspetti di incostituzionalità del porcellum che la Consulta ha censurato con la sentenza n. 1/2014. Con queste riforme si crea un contesto istituzionale che sterilizza il sistema di pesi e contrappesi che i Costituenti vollero instaurare per evitare pericolose concentrazioni di potere nelle mani di un unico soggetto politico (un uomo solo al comando).
Per contrastare gli effetti perversi dell’Italicum il Coordinamento ha già depositato in Cassazione, il 16 ottobre la richiesta di due referendum abrogativi e si prepara ad organizzare la campagna di raccolta di firme.
Per contrastare la riforma costituzionale è stato deciso di costituire in via anticipata il Comitato per il No.
Naturalmente la speranza è che il Parlamento, riveda le sue posizioni. Se ciò non dovesse avvenire sarà giocoforza affrontare il referendum previsto dall’art. 138 della Costituzione, che permetterà
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