Nella foto: Manifestanti assaltano un centro di accoglienza per richiedenti asilo, a Rotherham, in Gran Bretagna @GettyImages
Oggi un lunedì rosso che interroga il labile confine tra vero e falso.
La verità è sempre un punto di vista o si può restare ancorati ai fatti? Ne ha pagato le spese l’atleta algerina Imane Khelif travolta da una bufera mediatica che ha preteso di determinare la sua identità sessuale e il suo diritto alla competizione sportiva.
Ma anche la verità storica sullo stragismo è, ad ogni ricorrenza, minata dalle sfumature politiche che di volta in volta la interpretano. Si confrontano qui tre livelli: storico, politico e giudiziario.
Il punto fermo, e forse più scomodo, è la matrice neofascista. Fascismo che nonostante i buoni propositi aleggia minaccioso sul presente d’Europa.
Ne sono un esempio i riot e pogrom anti migranti che hanno scosso la Gran Bretagna. Anche quelli partiti da una fake news.
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Leggi ultimo numero«Combatto per la libertà di ogni donna», la pugile algerina Imane Khelif batte la rivale ungherese e conquista la semifinale. Un pugno alla campagna di fake news agitata dalle destre. L’Iba offre un premio in soldi a Carini, che rifiuta. Il Cio: «Basta odio»
BULLI E PUPA. Imane Khelif batte ai punti l’ungherese Luca Hamori che aveva accettato di buon grado di essere la rappresentante del castello di cartone della destra mondiale dopo lo stralunato ritiro dell’altra sfidante, la “nostra” Angela Carini
Era dai tempi di Rocky e Ivan Drago che il pugilato non ci consegnava storie del genere. Imane Khelif batte ai punti l’ungherese Luca Hamori che aveva accettato di buon grado di essere la rappresentante del castello di cartone della destra mondiale dopo lo stralunato ritiro dell’altra sfidante, la “nostra” Angela Carini. E già questo secondo atto solo lo sceneggiatore di Rocky avrebbe potuto scriverlo. Hamori ha dovuto accettare la sconfitta.
Il mondo riprende a girare per il verso giusto, i buoni vincono, o almeno si leccano le ferite in attesa dei prossimi scontri. Ce ne saranno. Avremmo potuto tirare fuori anche il campione dei nazisti Max Schlemmer battuto da Joe Louis nel 1938, e almeno altre dieci o cento storie in cui il pugilato ha incrociato dentro il ring i destini del mondo. Ma forse è troppo per un quarto di finale di pugilato femminile alle Olimpiadi. Eppure i nazisti a questo gioco perdono sempre, hanno sempre perso.
È una certezza. Usciamo dall’incredibile vicenda di fake news russe, vittimismo italiano, culture war grondanti di woke e gender, bullismo razzista contro una pugile algerina senza colpa alcuna se non quella di essere com’è, malafede senza vergogna contro qualsiasi rispetto delle regole sportive, quasi un tentativo di colpo di stato mentale con social e televisioni, Elon Musk e Borgonovo, Jk Rowling e Larussa.
Manipolazione politica dei corpi
Oggi per fortuna Imane non era sola, aveva dietro di sé gli algerini e i nordafricani (che sono venuti a tifarla in massa dal vivo portando le bandiere). La sosteneva pur ad esempio il buonumore scanzonato di chi ha scritto sui social post sulla «poliziotta picchiata dall’algerina», rovesciando la retorica fetida della destra che aveva
Leggi tutto: Sul ring la resistenza al peggio - di Alberto Piccinini
Commenta (0 Commenti)«Le radici del postfascismo stragista sono a pieno titolo nel governo italiano». L’affondo dei familiari delle vittime della strage di Bologna scatena il vittimismo di Meloni. E Mattarella resta solo nel denunciare con chiarezza la bomba neofascista e le complicità dello stato
L'ANNIVERSARIO. Il messaggio da Parigi: «Da Bolognesi parole gravi e pericolose» Scontro duro anche con il Pd. Schlein: «Operazione deplorevole». Mattarella e la bomba: «Strategia eversiva neofascista per aggredire la libertà degli italiani»
Botta, risposta e furiosa polemica tra il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna Paolo Bolognesi e la premier Giorgia Meloni. Il quarantaquattresimo anniversario della bomba che provocò 85 morti e oltre 200 feriti diventa così l’ennesimo episodio di scontro sulla memoria repubblicana. Ad aver infiammato la premier sono state queste parole dette da Bolognesi: «Le radici di quell’attentato affondano nella storia del postfascismo italiano: Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale oggi figurano a pieno titolo nella destra italiana di governo». E ancora, sulla stretta attualità: «La separazione delle carriere dei magistrati era un progetto della P2», cioè della loggia massonica che secondo gli inquirenti di Bologna avrebbe organizzato e finanziato la strage.
DURA LA REPLICA di Meloni, che si dice «profondamente e personalmente colpita» da quelli che ritiene «attacchi ingiustificati»: «Sostenere che le “radici di quell’attentato oggi figurano a pieno titolo nella destra di governo”, o che la riforma della giustizia varata da questo governo sia ispirata dai progetti della loggia massonica P2, è molto grave. Ed è pericoloso, anche per l’incolumità personale di chi, democraticamente eletto dai cittadini, cerca solo di fare del suo meglio per il bene di questa Nazione». In apertura anche un altro passaggio controverso, là dove si parla della strage «che le sentenze attribuiscono a esponenti di organizzazioni neofasciste». Un giro di parole poco prima utilizzato anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa. La verità, in sostanza, è solo giudiziaria, non necessariamente anche storica: sembra una sfumatura, ma è quasi mezzo secolo che l’equivoco prospera.
Un passo indietro rispetto a quanto sostenuto dal ministro degli Interni Matteo Piantedosi nella sua intervista uscita ieri sul Corriere della Sera, in cui la definizione è netta: «Strage neofascista». A voler essere precisi, però, anche in questo discorso manca un particolare: la partecipazione di pezzi dello stato, a partire da Federico Umberto d’Amato, forse il poliziotto più celebre della storia italiana. Un passaggio che troppo spesso viene dimenticato.
AD OGNI MODO, le parole di Meloni hanno scatenato diverse reazioni, a partire da quella della segretaria del Pd Elly Schlein: «Fare la vittima attaccando il presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime nel giorno in cui si commemorano gli 85 morti e i 200 feriti dell’infame strage neofascista alla stazione di Bologna è un’operazione deplorevole», ha detto. E
Leggi tutto: Strage di Bologna, Meloni attacca i parenti delle vittime - di Mario Di Vito
Commenta (0 Commenti)Un missile israeliano uccide a Teheran il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh. In un colpo solo Netanyahu infiamma lo scontro con l’Iran e si fa beffe della diplomazia globale: dialogo su Gaza affossato, ostaggi sacrificati e l’intero Medio Oriente sull’orlo di un rogo
MEDIO ORIENTE. Haniyeh era in Iran per incontrare gli alleati. Medio Oriente sull’orlo della guerra totale. La Repubblica islamica promette di reagire, ma c’è chi spera che prevalga la via diplomatica
Teheran, in marcia per Haniyeh - Ap/Vahid Salemi
Il silenzio della calda notte del 30 luglio nel ricco quartiere nord della capitale iraniana viene interrotto da una forte esplosione alle 1.45 ora locale. Quattro ore dopo, un comunicato delle Guardie della Rivoluzione conferma l’assassinio di Ismail Haniyeh, leader dell’ufficio politico del movimento palestinese Hamas, e di una delle sue guardie del corpo.
Anche senza una dichiarazione ufficiale, è evidente il coinvolgimento israeliano, che segna un’importante escalation e aumenta i timori di una guerra totale in Medio Oriente. E che arriva meno di 24 ore dopo l’attacco israeliano, definito «operazione di assassinio mirato», contro il comandante di Hezbollah Fuad Shukr a Beirut.
HANIYEH si trovava in Iran per partecipare alla cerimonia di giuramento del neoeletto presidente iraniano, Masud Pezeshkian, a cui avevano preso parte decine di delegazioni straniere, tra cui ministri e funzionari di Cina, Turchia, Arabia saudita, Egitto e Sudafrica. «Il legame tra le orgogliose nazioni dell’Iran e della Palestina sarà più forte di prima, e il percorso della resistenza e della difesa degli oppressi sarà seguito con maggiore determinazione – ha scritto il neo-presidente iraniano – Difenderemo la nostra integrità territoriale, il nostro onore e la nostra dignità e faremo pentire gli occupanti codardi delle loro azioni».
Il leader supremo Ali Khamenei ha dichiarato: «Il regime criminale e terrorista sionista ha martirizzato il nostro caro ospite nella nostra casa e ci ha rattristati, ma ha anche preparato per sé una dura punizione». Da anni, Israele ricorre a sabotaggi, rapimenti e omicidi mirati sul territorio iraniano. Tuttavia, dopo la rappresaglia missilistica e con droni dell’Iran su territorio israeliano in risposta al bombardamento del suo consolato a Damasco, sembrava che la tensione fosse momentaneamente diminuita.
«L’uccisione del leader di Hamas sul suolo iraniano soddisfa sia i falchi israeliani, che non hanno remore nel creare una guerra totale e non si preoccupano nemmeno della vita dei loro ostaggi, sia i super-falchi del nostro regime, che vogliono affossare il nuovo governo riformista e mantenere i loro poteri e privilegi – spiega un analista iraniano al manifesto, che ha chiesto l’anonimato – La precisione dell’attacco mostra non solo il fallimento del nostro sistema di sicurezza, ma anche, con molte probabilità, la complicità all’interno dei servizi di sicurezza del paese e delle guardie del
Leggi tutto: Missile israeliano su Teheran, ucciso il capo politico di Hamas - di Francesca Luci
Commenta (0 Commenti)Israele bombarda Beirut e rivendica l’uccisione del numero 2 dell’ala militare di Hezbollah. Altre fonti smentiscono: Fouad Shukr è vivo. Almeno tre gli uccisi. La guerra è fuori controllo, il Medio Oriente è sul baratro. E la città drusa di Majdal Shams implora: «Fermatevi»
ISRAELE/LIBANO. Tel Aviv rivendica: abbiamo colpito Fouad Shukr, numero 2 dell’ala militare del gruppo. Ma altre fonti smentiscono: è vivo
Le macerie del palazzo colpito nel quartiere di Haret Hreik - foto Ap/Hussein Malla
Sono ore di grande confusione a Beirut, tra notizie e smentite. Dopo le sette di sera locali è risuonata una fortissima esplosione nella Dahieh, periferia a sud di Beirut a maggioranza sciita, roccaforte nella capitale di Hezbollah: è stato colpito l’ultimo piano di un palazzo nei pressi dell’ospedale Bahman, nel quartiere di Haret Hreik, centrato da un drone israeliano.
Subito dopo l’impatto, centinaia di abitanti del quartiere si sono riversati in strada, tra la paura e la curiosità di capire quale fosse stato l’effetto della tanto attesa e temuta ritorsione israeliana nei confronti di Hezbollah, dopo la morte sabato di 12 tra bambini e adolescenti nell’esplosione di un razzo a Majdal Shams, nel Golan siriano occupato.
La notizia che inizia a girare è che Fouad Shukr, numero due dell’ala militare di Hezbollah, è stato ucciso. «Il comandante responsabile dell’uccisione dei bambini a Majdal Shams è stato ucciso a Beirut», annuncia il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari su X subito dopo l’esplosione.
Per Haaretz «l’obiettivo dell’attacco israeliano a Beirut è Fouad Shukr, conosciuto anche come Hajj Mouhassin (…) considerato il numero due di Hezbollah e responsabile delle operazioni militari dell’organizzazione». Sempre su X la brevissima rivendicazione di Gallant, ministro della difesa israeliano: «Hezbollah ha attraversato la linea rossa». Notizie poi smentite dalla Reuters e da fonti interne di Hezbollah meno di un’ora dopo. Hajj Mouhassin morto o vivo non è il punto: colpisce l’approssimazione con cui viene da subito data la notizia da fonti governative israeliane – non solo dai giornali -, mettendo in evidenza la grande fretta di chiudere la partita prima ancora di avere notizie certe e una irrequietudine da parte del governo e dell’esercito israeliano.
Alle 10 di ieri sera non era nemmeno chiaro il numero dei feriti, mentre sarebbero due o tre i morti, tra loro una donna. L’uccisione di Shukr avrebbe dovuto rappresentare il secondo e importantissimo colpo messo a segno nella capitale libanese dall’inizio di questo conflitto l’8 ottobre, dopo l’uccisione di Saleh al Aruri, numero due di Hamas colpito il 2 gennaio nel quartier generale di Hamas a Mshrafieh, sempre nella Dahieh.
GLI STATI UNITI – che secondo la Cnn erano stati avvisati da Israele dell’attacco – avevano offerto
Leggi tutto: Israele bombarda Beirut: ucciso un leader di Hezbollah, forse - di Pasquale Porciello
Commenta (0 Commenti)«La risposta sarà durissima». Il premier israeliano Netanyahu minaccia il Libano dopo la strage di bambini drusi di sabato. Hezbollah: non c’entriamo, ma siamo pronti. Voli sospesi all’aeroporto di Beirut, diplomazie al lavoro per impedire l’ennesima escalation
UNA GUERRA TIRA L'ALTRA. Dopo la strage di sabato, il Libano attende la reazione israeliana. Diplomazie al lavoro per fermare un nuovo, più feroce conflitto
La cittadina libanese di Qlayaa colpita ieri da ordigni israeliani foto Ap
Si attende. Da un momento all’altro potrebbe scatenarsi la furia israeliana sul Libano, su Beirut, sui centri più importanti del paese. È una delle opzioni. L’altra potrebbe essere un attacco agli obiettivi militari sensibili di Hezbollah e quindi una prosecuzione – seppure su un piano diverso – dello scontro già in atto tra Israele e la milizia sciita dall’8 ottobre. Così si eviterebbe in teoria una guerra totale che potrebbe vedere coinvolto, oltre al Libano, l’Iran, la Turchia e altre potenze dell’area e internazionali.
HEZBOLLAH ha fatto sapere ieri che in caso di necessità ha già posizionato missili di precisione pronti all’utilizzo. La posizione della milizia non è cambiata – dichiarano dall’interno del partito – e Hezbollah non vuole una guerra totale, ma se dovesse accadere si batterà «senza limiti».
«Abbracciamo tutte le famiglie che stanno affrontando questo indescrivibile dolore. Lo stato di Israele non può ignorare quello che è successo e non lo farà. La nostra risposta arriverà e sarà durissima», ha detto Netanyahu ieri a Majd el Sham ai funerali dei 12 ragazzini che hanno perso la vita sabato e dove si è recato con il ministro dell’economia di estrema destra Smotrich e altri ministri. L’Afp ha messo a disposizione i video delle contestazioni da parte della comunità drusa che ha accolto il premier e i ministri con slogan come «Andate via da qui criminali. Non vi vogliamo nel Golan».
I lotofagi della politica Usa (e italiana)
Occupato dal 1967 dopo averlo sottratto alla Siria e la cui annessione a Israele è stata dichiarata illegale e nulla dall’Onu, è a maggioranza drusa. Appelli anche dalla comunità drusa libanese e dal suo leader storico Jumblatt a non strumentalizzare la tragedia. Hezbollah ha da subito negato ogni coinvolgimento e continua a proclamarsi estraneo
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